Cosa dicono i trattati? E soprattutto, cosa non dicono?
Prima cosa da sapere: nei trattati europei è prevista la procedura di uscita di uno Stato dall’Unione Europea tout court ma non soltanto dall’euro. A naso, quindi, la risposta sarebbe: si può uscire dall’euro uscendo del tutto dall’Unione Europea. Ma le cose sono un po’ più complicate di così.

Il Trattato sull’Unione Europea, all’articolo 50, stabilisce che uno Stato che voglia uscire dall’UE possa notificare la sua decisione al Consiglio Europeo: si aprirebbe a quel punto una negoziazione dell’Unione sulle modalità del recesso, che dovrebbero essere approvate dal Parlamento Europeo; il Consiglio dovrebbe infine deliberare sull’accordo raggiunto a maggioranza qualificata e dall’entrata in vigore dell’accordo i Trattati smetterebbero di essere applicati nell’ordinamento dello Stato uscente. Nel caso in cui non si riuscisse a trovare un accordo, il recesso dall’UE si considererebbe comunque efficace due anni dopo la data della notifica al Consiglio Europeo (a meno che lo stato non cambi idea). Se un paese volesse uscire dall’Unione Europea per uscire dall’eurozona, dovrebbe mettere in conto quindi una fase di trattative piuttosto lunga, fino a due anni: e la totalità degli analisti – anche quelli favorevoli all’uscita dall’euro – concorda che una fase di negoziati così lunga avrebbe conseguenze disastrose sull’economia e sui mercati europei.
Sebbene la possibilità di abbandonare l’uso dell’euro senza uscire dall’UE non sia contemplata in modo esplicito dai trattati, né sia mai stata prevista una specifica procedura per metterla in pratica, non esiste nemmeno un ostacolo giuridico che impedisca a uno Stato di poterlo fare. La questione è piuttosto «complicata», ha spiegato nel 2011 il francese Jacques Attali, considerato uno dei fautori del Trattato di Maastricht: «Ci si è accuratamente dimenticati di scrivere l’articolo del trattato che permettesse l’uscita da Maastricht». Il punto è: se un paese dell’eurozona dovesse avere la volontà politica di uscire dall’euro, con una decisione presa in modo inequivocabile e definitivo, gli altri paesi non potrebbero impedirglielo. Non c’è una procedura? Andrebbe trovata in quel momento. Ci sono tre strade possibili, perché un paese dica formalmente di avere la volontà politica di uscire dall’euro:
– un referendum, nei paesi in cui si possono fare referendum su questo tema (non in Italia, nonostante la proposta del Movimento 5 Stelle per la generica introduzione dei referendum consultivi);
– una revisione unilaterale di una parte dei Trattati (possibilità prevista dai Trattati stessi), decisa dal governo e dal Parlamento;
– un recesso secondo il diritto internazionale (l’articolo 62 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati prevede per esempio la cosiddetta norma “rebus sic stantibus”, per cui un cambiamento sostanziale rispetto alle circostanze in cui si è sottoscritto un trattato può portare alla possibilità di recesso da quello stesso trattato), anche questo deciso e votato da governo e Parlamento.

La risposta alla domanda iniziale è quindi: uscire dall’euro è tecnicamente (e giuridicamente) possibile, ma al momento non è previsto in modo esplicito. E questo non facilita la costruzione di un’eventuale volontà politica di farlo.
Ci sono dei precedenti?
No, per quanto riguarda l’eurozona. Molti, invece, se parliamo del cambio di valuta o dell’uscita da una moneta prima comune. Proprio mentre i paesi dell’UE ratificavano Maastricht, per esempio, la Cecoslovacchia decise di dividersi in Repubblica Ceca e Slovacchia, e i due paesi adottarono due monete nazionali differenti: la corona ceca e la corona slovacca (sostituita a sua volta dall’euro nel 2009). Un altro esempio è il Bangladesh, che dopo la separazione dal Pakistan adottò nel 1972 il taka bengalese al posto della rupia. Ci sono anche casi in cui le monete nazionali sono state cambiate: il Brasile (che è una federazione di ventisei stati più uno) nel luglio del 1994 sostituì il cruzeiro con il real.

Concretamente, come dovrebbe avvenire?
Lo studioso francese François Heisbourg – europeista, sostenitore del progetto federalista di un’unione europea e presidente del prestigioso International Institute for Strategic Studies (IISS), ma favorevole alla fine della moneta unica – ha scritto nel suo ultimo libro che «il piano di uscita dall’euro non sarebbe traumatico perché potrebbe essere attuato tecnicamente in un lungo weekend, a mercati chiusi». Questa tesi è condivisa da tutti, sia i favorevoli che i contrari: per uscire dall’euro senza gravi conseguenze bisognerebbe farlo con estrema velocità. Ma si può uscire dall’euro con estrema velocità, considerata la necessità di arrivare a una volontà politica precisa e individuare una procedura che al momento non c’è? Probabilmente no.
Come si fa a uscire dall'euro? - Il Post