Se in Grecia vince Syriza, l'Europa non abbia paura - rivista italiana di geopolitica - Limes

Chrìstos Bòtzios*
La probabile vittoria della sinistra alle elezioni politiche di domenica dovrebbe essere accolta con sollievo dal Vecchio Continente, scrive un ambasciatore greco.

Il piano Juncker funziona in teoria, in pratica però...



I greci si appassionano alla politica. Un pregio e un difetto insieme. Eppure il vero protagonista alle prossime elezioni che si svolgeranno il 25 gennaio non è l’elettorato bensì l'insieme dei mass media al servizio dei partiti politici e dell’attuale governo di centro-destra.




I cittadini seguono la campagna elettorale senza entusiasmo. I comizi elettorali all’aperto sono rari, rarissimi. I candidati, persino i capi dei partiti, preferiscono i luoghi coperti come le sale cinematografiche o piccoli campi sportivi più per paura di non riuscire a riempirli di gente che per ripararsi dal freddo invernale. Un giornalista straniero si è domandato se per caso si trovasse in Grecia oppure in un paese scandinavo.


Le elezioni anticipate sono state dettate dal fatto che il parlamento, dopo tre votazioni consecutive, non è riuscito a eleggere il prossimo presidente della Repubblica. Il mandato dell’attuale capo dello Stato, Carolos Papoulias, scade il prossimo marzo. D’altronde Alexis Tsipras, leader del partito di sinistra democratica Syriza, da mesi chiedeva le dimissioni del governo di Antònis Samaràs (sostenuto da un raggruppamento di centro-destra e dai socialisti). Tsipras sosteneva che il governo avesse già perso la maggioranza.


Syriza non va confuso con il Partito Comunista di Grecia (Kke) che in parlamento rappresenta quasi il 5% dell’elettorato ed è espressione di una dura linea marxista che rifiuta ogni collaborazione con Syriza, anzi lo accusa di non essere diverso nella sua filosofia politica dagli altri partiti borghesi.


Alexis Tsipras è dunque alla guida di una formazione che 4 anni fa non superava il 4% dell’elettorato. Questo partito accusa i governi attuale e quello precedente di George Papandreou di aver accettato senza nessuna riserva tutto ciò che è stato richiesto, o meglio imposto, dalla Troika con la complicità di Berlino, come la firma dei due Memorandum e dei rispettivi accordi di credito. Essi hanno imposto alla Grecia una politica economica di dura austerità.


In meno di quattro anni pensioni e salari si sono ridotti del 30/40%. La disoccupazione ha raggiunto il 27% mentre per i giovani supera il 70%. Il debito dello Stato è salito dal 125% che era nel 2012, al 175%. Centinaia di piccole imprese hanno chiuso mentre i suicidi, a causa del disagio economico, hanno interessato migliaia di persone dall’inizio della crisi.


Cosa promette dunque il partito di Alexis Tsipras? Anzitutto di dare priorità assoluta alle necessità della classe sociale più disagiata e di chi si trova al sotto della soglia di povertà (si stima si tratti di più del 5% della popolazione). In secondo luogo rinegoziare con i creditori tutto il piano economico previsto dai due Memorandum, chiedendo un taglio del debito di almeno il 50%.


Syriza sostiene che il debito greco non è ripagabile, come è stato ammesso anche da autorevoli economisti internazionali. Inoltre, Tsipras afferma che la questione del debito greco e la politica economica di austerità non riguardano solo Atene, ma l'intera Europa. Egli ha più volte ribadito che Syriza sostiene la permanenza della Grecia nell’euro e non intende per niente uscire dalla zona euro.


Samaràs e la maggior parte delle reti televisive che lo sostengono quasi con fanatismo accusano Syriza di irresponsabilità, di superficialità e di utopismo politico. I creditori - dicono - non accetteranno mai un taglio del debito. Il programma di Syriza può condurre al fallimento dello Stato come accaduto in Argentina, sostengono.



Però l’elettorato, come mostrano gli ultimi sondaggi, non dà più molto credito alle affermazioni del governo di Samaràs. Da questo punto di vista, l’attuale politica economica di dura austerità non gli concede nessuna speranza. Essa viene percepita come una punizione che ha ridotto la Grecia a una colonia e che ha quale secondo obiettivo quello di inviare un chiaro messaggio anche agli altri paesi del sud dell’Europa: Spagna, Portogallo e Italia.


Domenica sapremo a chi l’elettorato ha dato ragione. La domanda che si pone è se Syriza sarà il catalizzatore che riuscirà a far cambiare politica a un’Europa senza una visione comune e senza alcuna solidarietà. Negli anni Ottanta, quando i fast-food americani invasero persino il centro storico di Roma, gioiello artistico unico al mondo, Alberto Moravia disse: “Questa Roma non la amo più”. Se fosse ancora vivo, forse aggiungerebbe: “Questa Europa non l’amo affatto”.


Una vittoria della sinistra in Grecia, ormai quasi scontata, non deve far paura agli europei. Al contrario dovrebbe dare loro speranza e sollievo. Aristotele, il grande filosofo, diceva che “Ek ton micron arhonde ta megala”, ovvero “Le grandi cose nascono dalle piccole cose”.


Per approfondire: Nord contro Sud, il muro d'Europa


*Chrìstos Bòtzios è ex ambasciatore di Grecia presso la Santa Sede