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    Exclamation SUD AFRICA : UNA MESSA A PUNTO

    L'AFRICA SUBSAHARIANA E IL SUD AFRICA
    􀀁
    Il caso 'Sud Africa' è sicuramente uno dei più interessanti, forse il più interessante, fenomeno politico-storico degli ultimi cinquant'anni. Appunto in Sud
    Africa, chi abbia seguìto i fatti politici con un po' di intelligenza avrà potuto vedere come un paese civile viene demolito secondo un piano: piano del tutto
    ovvio non solo nel suo sviluppo, ma nei suoi esecutori, nei suoi originatori, nei suoi beneficiari, nei suoi fini. Sotto questa prospettiva, non c'è forse
    sviluppo storico che possa essere seguìto in maggiore dettaglio. Una sfacciata ingerenza angloamericana nei fatti di un altro paese non è forse mai stata
    documentata tanto chiaramente: non a caso potè essere affermato che al traballante colosso americano è stata affidata un'ultima 'missione storica' prima
    di sprofondare nel caos: la liquidazione della nazione boer [boera]. Tutto questo, contro lo sfondo di assoluta stranezza del Sud Africa: la sua posizione
    geografica, l'incredibile congerie di etnie e di razze che qui si sono trovate a coabitare, la sua astronomica ricchezza (non si tratta di un paese
    eccessivamente grande: ha una superficie di poco più di 1.200.000 km&#1048578. Il Sud Africa, non è azzardato affermarlo, è di gran lunga il paese più ricco del
    mondo; con riferimento alla sua ricchezza mineraria è stato denominato 'la camera del tesoro del mondo'. Lì, in termini di risorse mondiali, si trovano 1l
    70% del platino, il 55% del cromo, il 51% dell'oro, il 45% del manganese, il 33% del vanadio, il 25% dei diamanti, il 12% dell'uranio. Ma non mancano
    ingenti depositi di carbone, di ferro, di alluminio, di rame, di piombo, di zinco, ecc. Eppure in questo paese ricchissimo l'economia traballa da moltissimo
    tempo e adesso più che mai come risultato di un'artificiale manovra della grande finanza internazionale. Lo studio del dramma sudafricano, pur non
    ancora concluso, è della massima utilità per capire gli strumenti e gli obiettivi degli usurai internazionali.
    Prima di entrare direttamente nell'argomento 'Sud Africa', è indispensabile fare un excursus sull'Africa subsahariana - l'Africa nera -, considerandone le
    fenomenologie soprattutto dopo la decolonizzazione. Ciò in quanto il Sud Africa fa parte del continente africano non solo geograficamente, ma anche, in
    gran parte, etnicamente, in ragione delle grandi masse di razza congoide che con loro portano quelle caratteristiche genetiche che le accomunano al
    resto del continente africano. Si darà qualche attenzione a come - dopo che sviluppi recenti hanno un po' alla volta demolito l'apartheid - le
    fenomenologie africane abbiano incominciato a avere un'influenza anche sulla popolazione di origine europea, soprattutto se appartenente alle classi
    meno abbienti. Una volta considerato ciò, si passerà alla considerazione della storia e della casistica contemporanea del Sud Africa: che ruotano
    interamente attorno allo strano e piccolo popolo boer, dotato di una caparbia volontà di sopravvivenza di fronte a incredibili difficoltà e a potentissimi
    nemici. Per chi fosse interessato a sapere quale sia stata la vera cronaca sudafricana negli ultimi decenni non c'è forse compendio migliore che quello di
    Klaus Vaqué (1).
    Non si entrerà qui in nessun dettaglio sul processo di decolonizzazione in sè: in riguardo non si saprebbero citare opere migliori di quelle di Ivor Benson
    (2), nelle quali, fra l'altro, viene messo in chiaro il ruolo dei sionisti, soprattutto in Rhodesia. Per una visione d'insieme utilissimo è il libro di Bernard Lugan
    (3); mentre il film italiano Africa addio di G. Jacopetti rimane insuperato per dare una visione a nudo di che cosa veramente siano stati la
    decolonizzazione e i suoi precedenti.
    Con riguardo specificamente all'Africa Sud-occidentale (adesso 'Namibia'), oltre all'ottimo libro dello svizzero Hans Jenny (4), può essere ancora
    consultata con profitto l'opera ormai un po' invecchiata ma ancora valida di Frederik Strauss (5).
    Prima di entrare in pieno nel nostro assunto si notino brevemente due particolari, sconosciuti al gran pubblico: a. Ian Smith sarebbe stato un infiltrato nel
    Partito Indipendentista Rhodesiano per portare l'indipendenza della Rhodesia alla conclusione che tutti sanno: questa tesi, sostenuta fra l'altro dal già
    citato Ivor Benson, ha tutta l'aria di essere vera; b. quel generale Spinola che nel 1974 liquidò l'Impero coloniale portoghese a danno del Sud Africa (e per
    conto di chi è inutile ripetere) era un marrano (6). Gli Spinola, famiglia della più alta nobiltà andaluso-napoletana con diramazioni in Portogallo, avrebbero
    soltanto (come era allora l'uso) prestato il loro nome a un qualche suo antenato quando quegli decise di farsi battezzare e di divenire così ufficialmente
    'cattolico'.
    Il lato economico dell''amministrazione bantù' è il più ovvio di tutti, e sarà toccato per primo. Negli anni Sessanta, quando ci fu la decolonizzazione, gli
    aborigeni ereditarono dagli Europei delle infrastrutture che in certi luoghi erano addirittura allo stesso livello che in Europa, e delle risorse naturali (flora,
    fauna, risorse minerarie) praticamente intatte: è né più né meno che falso ciò che dissero (e vanno ancora dicendo) i mass media, secondo i quali i
    problemi dell'Africa sarebbero conseguenza dello sfruttamento coloniale. Dopo la decolonizzazione, l'unica cosa che ha mostrato un bilancio positivo (un
    'progresso' per usare un termine di moda) è stata la pullulante crescita demografica. Con un tasso di crescita del 3% all'anno, il più alto del mondo, la
    popolazione si è raddoppiata in una quindicina di anni (da 275 a 546 milioni dal 1956 al 1970) e, verso il 1980, potrebbe avere sorpassato il traguardo
    degli 800 milioni, nonostante una mortalità infantile che ancora nel 1986 era del 15%, e, almeno in certe zone, era superiore al 30%. Come conseguenza
    della pandemia di AIDS, c'è da credere che adesso la popolazione sia regredita sotto i 600 milioni e che stia ancora diminuendo (7). Tutto il resto è stato
    in 'negativo'. L'Africa, autosufficiente in cibo al tempo della decolonizzazione, vive adesso di carità internazionale. Essendo la produzione dimezzata fra la
    decolonizzazione e il 1987, in quell'anno già 140 milioni di Negri sopravvivevano solo grazie agli aiuti internazionali. È diventato normale e corrente che,
    soprattutto in tempi di siccità, torme di babbuini affamati sciamino fuori dal bosveld (la boscaglia xerofila africana) per contendere il poco cibo disponibile a
    scheletriche capre e bovini - e qualche volta anche a umani. La disoccupazione supera di molto il 50% - in tante zone supera addirittura l'80% - e la
    desertificazione procede a un tasso di circa 100.000 km􀀁 all'anno. Dopo la decolonizzazione, il massacro immediato della fauna (a scopo alimentare o per
    vendere pelli, zanne, trofei a qualsiasi prezzo) è stato automatico in tutta l'Africa: si raccomanda di rivedere il già citato film di Jacopetti. - Con una
    diminuzione economica globale del 2,6% all'anno a partire dalla decolonizzazione, l'Africa nera ha praticamente cessato di essere un fattore
    significativonell'economia mondiale.
    Tutto questo ha da essere visto alla luce della particolare mentalità dell'aborigeno africano (e non soltanto, come certuni sostengono, del suo basso
    livello di intelligenza quale è dato dai test di quoziente di intelligenza). Il Negro non riesce a concepire assolutamente come ci possa essere una
    concatenazione logica fra lavoro e produzione e fra produzione e ricchezza - e tanto meno, non avendo alcuna percezione del futuro, egli può dare
    importanza al risparmio. Di massima, la ricchezza è per lui qualcosa di 'piovuto dal cielo': chi ne ha è perchè è stato più forte o più furbo per prendersela
    prima o a dispetto degli altri. Quindi nessun diritto morale di qualcuno a avere più di un altro: si tratta solo di fortuna o di sopraffazione. A chi ha, si può
    togliere: con l'unica limitazione costituita dalla sua abilità e forza nel difendere i suoi averi. Quindi la proprietà - sia pure acquisita con mezzi leciti - non è
    mai, per il Negro, un fatto etico (sia qui rapidamente osservato che in ciò il marxismo si accosta alla visione dei Naturvölker). È questa psicologia (tanto
    importante come la proverbiale incapacità tecnica e l'indolenza dell'Africano) a far sì che mai e in nessun modo esso possa inserirsi in una compagine
    economica la cui struttura è determinata da una forma mentis europea. Gli 'aiuti umanitari' gettati a piene mani in Africa grazie al contribuente bianco e
    alle donazioni di tanti benintenzionati dalle idee confuse non potevano se non cadere in un pozzo senza fondo.

  2. #2
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    Exclamation Rif: SUD AFRICA : UNA MESSA A PUNTO

    A parte il fatto che la maggior parte del
    denaro è finito in tasca a politicanti (un argomento sul quale si ritornerà più avanti) o speso in armi o in opere suntuarie, rimane il fatto che moltissimi
    indigeni i quali prima riuscivano, bene o male, a procurarsi direttamente i mezzi di sopravvivenza, da quando ricevono aiuti in cibo non fanno più niente,
    dato che il loro problema alimentare viene ora risolto da altri. Fra il 1975 e il 1985 in Africa circa 180 miliardi di dollari sono evaporati (di massima in tasca
    a politicanti), ma ancora nel 1988 era riportato che circa un miliardo di dollari all'anno semplicemente scomparivano. Questo pattern è assolutamente
    tipico e invariabile: lo ha seguìto con velocità allucinante (meno di un anno) anche l'Africa Sud-occidentale, divenuta 'indipendente' nel 1990 con il nome
    di fantasia di 'Namibia', e divenuta sùbito un tipico Stato africano - anche per quel che riguarda l'immediato massacro della fauna, naturalmente (8).
    Un caso solo servirà a illustrare la sorte di certi 'aiuti': si tratta del progetto della fabbrica di pesce congelato sul lago Turkana (Kenia), eseguito negli anni
    Settanta da Norvegesi (9). Questo progetto era diretto a 'migliorare' la vita di 20.000 Turkana, Negri nomadi che erano sempre vissuti in zona
    semidesertica con temperatura diurne di oltre 35º, e dipendendo interamente per la propria alimentazione dall'allevamento del bestiame. I Norvegesi
    istallarono sia la fabbrica di pesce congelato sia un sistema di irrigazione per rendere i Turkana meno vulnerabili alla siccità (endemica nella zona).
    Passo preliminare fu una campagna psicologica per convincere i Turkana a cambiare la loro dieta, basata normalmente sul latte e i latticini, per fare di
    loro degli ittiofagi, essendo il lago Turkana ricchissimo di pesce. Inoltre, bisognava convincere i Turkana a smettere di fare unicamente i pastori per
    divenire pescatori. La fabbrica di pesce congelato includeva una istallazione di produzione di ghiaccio per congelare i filetti di pesce, e fu lì che sorsero i
    primi problemi: perchè con temperature di 35º il costo del combustibile per il funzionamento delle ghiacciaie era superiore al valore commerciale del
    pesce. Intervennero anche gravi problemi per ottenere acque potabili con conseguente aggiunta di spese per il riciclaggio e la purificazione dell'acqua
    degli scoli, che era l'unica disponibile. La fabbrica congelatrice venne dunque presto chiusa e si decise di produrre invece del (carissimo) pesce secco.
    Nel 1981, come avviene circa una volta ogni trent'anni, il lago cominciò a prosciugarsi diminuendo molto di livello: la pesca risultò difficoltosa e fu
    abbandonata, assieme alle barche e agli attrezzi che ben presto divennero inservibili. I 20.000 Turkana che i Norvegesi avevano convinto, con l'offerta di
    una buona paga, a lavorare nell'industria peschereccia avevano intanto abbandonato i loro armenti che si erano dispersi o erano morti o erano stati
    rubati. La concentrazione permanente degli aborigeni sulla sponda del lago aveva determinato la distruzione della scarsa vegetazione che prima esisteva
    per farne legna da ardere. - Il progetto andò in rovina e quei Turkana che dovevano diventare ittiofagi sono adesso ammucchiati nelle nelle bidonvilles di
    Nairobi.
    Questo potrà dare un'idea, fra l'altro, di quali siano le possibilità reali di convincere (o magari, 'a fin di bene', di obbligare) dei Negri a vivere come degli
    Europei - pretesa, oltre che errata, ingiusta vista la loro diversa struttura psicologica. In riguardo si riportano, a titolo di esempio, due casi tolti dal 'taccuino
    personale' dell'autore. Un caso si riferisce all'Africa Sud-occidentale, dove un suo conoscente possedeva un'azienda per l'allevamento di bestiame, dotata
    di una bella casa in stile coloniale olandese circondata da un parco nel quale viveva una piccola mandra di gazzelle semidomestiche (che la mattina
    venivano a 'dare il buon giorno' ricevendone in cambio qualche zolla di zucchero). Verso il 1980 egli fu costretto a vendere l'azienda al governo, che poi la
    diede a una famiglia di allevatori Negri - gente 'colta e incivilita', essendo stati istruita in apposite scuole tecniche. Pochi anni dopo egli rivisitò la sua exazienda:
    l'abitazione era ridotta a un guscio - i soli muri - dentro al quale pernottava una mandra di capre di proprietà dei nuovi abitanti; il tetto, di
    amianto, era stato utilizzato per costruire nel giardino una catapecchia che serviva loro da abitazione, mentre porte, finestre, pavimenti, mobilia e
    qualsiasi altra parte in legno erano stati usati per ricavare legna da ardere e la mandra di gazzelle semidomestiche era stata massacrata, per cibo o
    anche solo per divertimento. Il secondo esempio si riferisce al paese di Seymour, in origine nella Provincia del Capo (Sud Africa), visitato dall'autore nel
    1990, quando già da diversi anni era inserito nella zona autonoma bantù del Ciskei. Si trattava di un tipico paese sudafricano, con il kafferwoonbuurt (10)
    a circa un chilometro dal paese vero e proprio, composto di villini che erano stati abitati da Bianchi. Dopo che il tutto fu dato ai Bantù, e ancora diversi
    anni dopo, essi continuavano a abitare nella lokasie, mentre quello che era stato il villaggio bianco risultava abbandonato. Le case erano vuote, a
    qualcuna mancava il tetto, a qualcun'altra le porte o le finestre, altre, almeno dal di fuori, sembravano intatte: ma non ci abitava nessuno.
    In parallelo con la risorgenza del tribalismo (su cui si tornerà in séguito) non sorprende affatto che nell'Africa nera decolonizzata sia risorta, nel modo più
    naturale, la schiavitù (11): infatti il Negro, indolente per natura, difficilmente può essere obbligato a eseguire del lavoro sistematico e continuativo se non
    con mezzi coercitivi. Ed è come schiavi, per salari da fame e sotto terrore militare e poliziesco, che i Negri adesso lavorano in tante piantagioni e miniere
    dell'Africa per conto di capi tribali - ora divenuti 'presidenti' -, fino a pochi anni fa erano generalmente 'marxisti' (adesso non più). Questi presidenti, a loro
    volta, erano e sono quasi sempre alle dipendenze dei magnati della grande finanza, che pagano loro un lauto stipendio per avere a loro disposizione
    esclusiva le ricchezze dei rispettivi paesi, estratte con lavoro servile (12). Il caso di Mobutu, un tempo presidente-dittatore del Congo-Zaire è illuminante
    (13): Mobutu è sempre stato 'pro-occidentale' e pupilla dell'occhio destro dei capitalisti liberali del mondo. Nell'ex-campo marxista, per fare un altro
    esempio, ancora nel 1984 nel Congo-Brazzaville le milizie governative reclutavano - a legnate - i piccoli coltivatori di granoturco, obbligandoli a
    abbandonare le loro coltivazioni, per costringerli a lavorare nelle miniere di piombo. In Mozambico successe qualcosa del genere quando i piccoli
    coltivatori delle vicinanze di Lourenço Marques (oggi: Maputo) furono costretti - sempre a legnate - a coltivare arance in certe specie di kolchoz - arance
    che poi si imputridivano sul luogo mancando di mezzi i trasporto per la distribuzione e l'esportazione. - Questi esempi riflettono un'addizionale luce sinistra
    sull'imbroglio degli 'aiuti umanitari', in gran parte intascati da svariati politicanti: un modo, questo, di fare pagare le 'bustarelle' al contibuente europeo,
    risparmiando così al supercapitalista di farlo di tasca propria.
    Dovrebbere essere a questo punto chiarissimo quali siano stati gli obiettivi - ormai praticamentye raggiunti - dei grandi capitalisti, con Harry Oppenheimer
    in testa, in Sud Africa: farne un'altra repubblica bananiera dove essi potranno pagare un lauto stipendio al Mobutu di turno (a Nelson Mandela e a coloro
    che sarebbero venuti dopo di lui), in modo da avere totalmente a loro disposizione le ricchezze minerali del paese, estratte virtualmente da schiavi. Nel
    resto dell'Africa subsahariana hanno raggiunto questo obiettivo attraverso la decolonizzazione; in Sud Africa si propongono di farlo attraverso la
    bantuizzazione completa del paese e la liquidazione - altrettanto completa, se ci riusciranno - della popolazione bianca boer.
    In attesa di questo, il Sud Africa sta già da un pezzo subendo, nel campo economico e anche non economico (si veda più sotto) le conseguenze della
    presenza massiccia di una popolazione cafra non più disciplinata da un sia pure approssimativo apartheid - popolazione cafra caratterizzata da quella
    psicologia economica parassitaria di cui si è detto (e che facilmente si trasforma da parassitaria in criminale quando il Bantù sia costretto a un modo di
    vita a lui non conforme). È pur vero che l'economia sudafricana per molto tempo ebbe bisogno del lavoro bantù: lavoro che poté riuscire produttivo finché
    il Bantù veniva 'tenuto a guinzaglio' (14). Tolto il guinzaglio e recise anche le radici con il suo modo di vita tradizionale, questi diventa automaticamente un
    parassita. Da notare che il crimine è la forma terminale e completa del parassitismo: da quando (nel 1986) fu tolto ai Negri il passaporto interno e
    permesso di spostarsi liberamente sul territorio sudafricano, la criminalità arrivò a quintuplicarsi nel giro di pochi mesi.
    A dire il vero, il fenomeno del parassitismo è sempre esistito fra gli indigeni. Anche quando il Cafro, vigendo l'apartheid, veniva costretto nelle sue
    lokasies e i suoi movimenti erano limitati, non si era potuto impedire che ogni Negro il quale disponesse di un'entrata fissa venisse parassitato da una
    torma di amici e parenti che erigevano le loro catapecchie ("zozo"-huisies) nel giardino della casina che, all'interno della lokasie, gli veniva data (a costo
    nominale) dal governo: ciò rientrava nelle abitudini cafre. Scomparso l'apartheid il fenomeno dei plakkers (15) ha assunto dimensioni enormi e del tutto
    incontrollate. Le catapecchie vengono erette in continuazione da Negri che arrivano in qualsiasi luogo in qualsiasi momento e con qualsiasi mezzo (16):
    con l'obiettivo, visto come affatto naturale, di venire a vivere di furti e di elemosine. Nel settembre del 1991 la polizia fece sloggiare alcuni Bantù che
    nottetempo avevano eretto le loro 'abitazioni' in piena piazza centrale di Pretoria; mentre a partire dal 1990, a Johannesburg è cosa di ordinaria
    amministrazione che dei Negri, arrivati con il treno magari da oltrefrontiera, si mettano a costruire le loro capanne sulla piattaforma della stazione, da
    dove devono essere allontanati dalla polizia.
    Il Cafro, dunque, non più disciplinato, non solo non dà un contributo all'economia sudafricana, ma la sua presenza costituisce un peso su di essa:
    disordine generalizzato, criminalità in spirale crescente, inquinamento delle riserve idriche, infrequentabilità dei luoghi pubblici, ecc. A farne le spese è chi
    ancora lavora e produce qualcosa - in linea di massima il Bianco, che paga quasi tutte le tasse (17). Delle cifre pubblicate nel marzo 1988 (quando in Sud
    Africa esisteva ancora una parvenza di ordine) sono davvero significative: l'implementazione dell'apartheid totale (18), cioè il trasferimento in massa di
    tutti i Bantù in apposite tuislande (19) dove sarebbero stati del tutto indipendenti, si sarebbe potuto fare con un investimento unico di circa 13 miliardi di
    rand (20). Invece, la diffusione di Negri dappertutto e una montante plakkery (inurbamento abusivo) stava già allora costando 15 miliardi di rand all'anno,
    dei quali 8 miliardi venivano impiegati in sussidi (affitti, acqua, telefoni, elettricità, televisione, ecc. non pagati) ai Cafri urbani. L'85% di queste somme
    erano pagate dal contribuente (bianco). Non a caso si assiste attualmente in Sudafrica al drastico impoverimento dei Bianchi. Le categorie bianche più
    povere - e in modo particolare i pensionati - sono arrivate a condizioni veramente drammatiche. Fino a pochi anni addietro il Bianco più povero, che però
    aveva sempre lavorato e non aveva rubato né parassitato, poteva sperare - magari con qualche sussidio governativo -, protetto dall'apartheid, di
    condurre una vecchiaia dignitosa anche se molto povera. Adesso, esposto alla violenza delle turbe di colore, senza protezione, costretto a convivere negli
    stessi quartieri con ogni sorta di elementi esogeni, è destinato, se le cose non cambieranno, alla liquidazione fisica o all'assorbimento biologico da parte
    della marea montante di meticci senza volto.
    Un altro aspetto importante dell'Africa decolonizzata è quello sanitario. Che il Bantù, in termini generali, sia sempre stato portatore e distributore di ogni
    sorta di malattie pericolose (dalla peste bubbonica oltre 4.000 anni fa fino all'AIDS in tempi recenti) è cosa risaputa: ma ciò era stato in parte risolto nei
    tempi coloniali. Dopo circa trent'anni di 'indipendenza' le cose sono di nuovo come prima, se non ancora peggio a causa dello smodato aumento
    demografico. A ciò ha contribuito, oltre all'appena menzionata affinità del Negro con le malattie, la sua completa incomprensione per la nozione di
    ospedale: il concetto che ci possa essere un luogo dove i malati vengono internati per ricevere cure che con un po' di fortuna li guariranno, e dove (in
    ogni caso) si impedirà che essi propaghino la malattia fra persone ancora sane, è un concetto a lui totalmente alieno. Una volta introdotti in Africa dagli
    Europei, gli ospedali vennero automaticamente visti come istituzioni di beneficenza frequentate da diecine di parenti di ciascun internato, i quali

  3. #3
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    Exclamation Rif: SUD AFRICA : UNA MESSA A PUNTO

    , i quali
    sistemavano i loro giacigli nei corridoi e fra i letti, accendevano fuochi per scaldare o cucinare, ecc., usufruendo al contempo del cibo del malato che
    veniva distribuito fra tutti. Adesso che gli Europei se ne sono andati, nella visione africana l'ospedale è diventato semplicemente un luogo dove i malati
    vengono ammucchiati in attesa di morire. Nel 1992 la vita media di chi avesse avuto la disgrazia di essere internato nell'ospedale centrale di Abidjan
    (Costa d'Avorio) era di sette ore. Un altro caso illustrativo e illuminante, è quello dell'ospedale di Nairobi, un edificio di dieci piani, uno dei più grandi
    dell'Africa. Il tetto di quell'ospedale è permanentemente, giorno e notte, ricoperto di corvi che fanno un'incredibile schiamazzo. Degli ascensori di un
    tempo rimangono adesso solo i pozzi: a soddisfare il bisogno di suicidio di cinque o sei 'pazienti' che ogni giorno vi si gettano dentro - e a ogni tonfo i
    corvi scendono in torma per cibarsi dei cadaveri.
    Non c'è bisogno di dilungarsi a spiegare che cosa succede a un sistema ospedaliero quando viene pervaso dalla 'modalità africana'. Eppure - con
    l'eccezione, ancora, delle cliniche migliori, accessibili però solo a chi abbia un'assicurazione o disponga di un reddito discreto - ciò sta incominciando a
    succedere anche in Sud Africa. Sotto l'apartheid un certo ordine, disciplina, igiene, erano forzati anche negli ospedali per Negri, con la conseguenza che
    anche costoro godevano di un trattamento di un certo livello ed erano di massima liberi da quelle malattie che invece sono comunissime nel resto del
    continente africano. Con la cosiddetta 'integrazione dei servizi ospedalieri', annunciata nel 1990, le cose sono immediatamente cambiate: l'ospedaleaccampamento
    è diventato cosa normale; mentre la malaria, la tubercolosi, la peste, la lebbra, la sifilide (per non parlare dell'AIDS) sono di nuovo
    all'ordine del giorno fra i Cafri e incominciano a infiltrarsi fra i Bianchi meno abbienti (21). Inoltre, è già ampiamente risaputo che negli ospedali per poveri,
    dove ormai i Bianchi meno abbienti vengono ammucchiati con meticci e Bantù, i Bianchi sono spessissimo abbandonati, maltrattati, terrorizzati da un
    personale ospedaliero negro che è stato indottrinato dall'ANC, PAC, ecc. e che quindi adesso è 'consapevole' di quali, democraticamente, sono i suoi
    'diritti'.
    Da prendersi in considerazione è anche il lato magico-religioso dell'Africa subsahariana. Già Ivor Benson (21) aveva fatto notare il fallimento totale dello
    sforzo missionario europeo (cristiano) nell'Africa nera; dove le chiese hanno sprecato mezzi ingenti e molto del loro migliore personale. Il vuoto lasciato
    dal cristianesimo è in via di essere rapidamente riempito dall'islam, religione molto più appropriata per certi tipi umani. Ma, a ben vedere le cose, fra i
    Negri la religione vera e propria non fu mai sviluppata se non in modo crepuscolare e indefinito, a differenza della stregoneria (la 'magia nera'), un ramo
    della vita psichica umana che è sempre esistito anche in parallelo con quasi tutte le religioni. Presso gli Africani essa ha raggiunto dimensioni ipertrofiche
    al punto di essere elemento quasi unico della loro vita 'spirituale': fra di loro, tante 'tecniche' che in Europa sono riscontrabili solo nel de Sade o nei
    manuali di psicopatologia sessuale erano e sono cose di ordinaria amministrazione (23).
    Uno degli aspetti della stregoneria bantù mira a convincere gruppi (più raramente degli individui) di essere invulnerabili, per poi ciecamente spronarli ad
    attacchi su determinati obiettivi: per esempio, la polizia (24). Con una certa regolarità l'ANC stipulava accordi con alcuni stregoni, generalmente
    oltrefrontiera, con risultati che hanno fatto parte della cronaca sudafricana negli ultimi quarant'anni.
    Un secondo aspetto importante della stregoneria bantù è quello del muti (la 'fattura', l''envoûtement'), ai cui fini l'assassinio, soprattutto di bambini, e il
    disseppellimento di cadaveri (per usi di cannibalismo e di necrofilia, pratica quest'ultima della massima importanza nella stregoneria bantù) hanno
    acquistato una straordinaria diffusione. Stando alle cronache, uno dei paesi più colpiti sarebbe la Liberia, popolata da ex-schiavi provenienti dall'America
    dove erano stati opportunamente cristianizzati e 'occidentalizzati': non c'è dubbio però che una volta ritornati in Africa la loro conformazione genetica ha
    avuto la meglio sulla loro 'educazione'. Un tipo di muti molto diffuso, soprattutto nel Golfo di Guinea, è quello delle teste (generalmente di bambini),
    appositamente 'benedette' che, sostenute per i capelli servono a indicare tesori nascosti. Per questo impiego si possono trovare teste, sia fresche che
    incartapecorite, praticamente a qualsiasi prezzo (anche di pochi dollari). Esiste un vero e proprio commercio di teste di assassinati - non escluso il ramo
    'esportazione', a uso dei satanisti d'America e magari anche d'Europa - che in certi luoghi sono offerte in vendita addirittura sui pubblici mercati.
    Questo tipo di fenomenologia magico-religiosa accompagna il Cafro ovunque egli si trovi: tanto in Africa quanto ad Haïti e in Brasile o in Europa. Il Sud-
    Africa, ovviamente, non poteva rimanere immune: fatti di cronaca abbastanza conosciuti sono stati quelli di avvelenamento in massa di animali nel Parco
    Kruger, per utilizzarne certi organi a scopi stregonici; meno pubblicità ricevono casi in cui le vittime sono umane. Che di nascosto nelle kafferwoonbuurte
    questo tipo di cose succedessero e succedano, è cosa scontata: tanto per fare un esempio, nel 1987, dalle parti di Vereeniging (Transvaal) un caso fu
    scoperto accidentalmente dalla polizia perché il corpo della vittima (un bambino negro sui cinque anni la cui testa era stata usata a scopi rituali) era stato
    dato in pasto a dei cani che si aggiravano con le membra del cadavere in bocca. Più recentemente la cosa ha preso proporzioni tali, soprattutto a
    Johannesburg (dei cui 6􀀁 milioni di abitanti oltre 5􀀁 sono Bantù), che nell'agosto 1992 la polizia sudafricana ha creato una sezione speciale che si
    occupa esclusivamente di "muti"-moorde (assassinii a scopo di muti). La popolazione bianca, a quanto si sappia, fino adesso è stata risparmiata, ma
    questo 'privilegio' difficilmente ha da vedersi come permanente. Forse qualcuno si ricorderà come nel 1991 le cronache avessero riferito del progetto di
    trasferire in Sud Africa, per ragioni 'umanitarie', un certo numero di bambini 'romeni' (magari zingari): dietro a questo progetto stava un ricco
    commerciante indostano di Durban. Si scoperse poi che l'intenzione era di vendere quei bambini ai Cafri che li avrebbero utilizzati a scopo di assassinio
    rituale e per pratiche cannibalistiche.
    In ultima, va detta una parola sul fenomeno del tribalismo. Fra i Negri gli esclusivismi tribali sono estremamente forti e il governo tribale è l'unico che il
    Negro, lasciato a sé stesso, sia capace di darsi. Quindi, non sorprende il fatto che il tribalismo, soppresso durante il periodo coloniale, sia esploso in modo
    virulento e incontrollato subito dopo la decolonizzazione (i fatti del Ruanda dovrebbero aver aperto gli occhi a tutti, salvo a coloro che non vogliono
    vedere). Ogni nuovo paese africano si è trovato e si trova in stato di permanente guerra civile fra tribù; e non a caso la metà dei rifugiati del mondo
    (secondo cifre delle Nazioni Unite) sono in Africa: il genocidio del Biafra (1967-1970), che forse è il più conosciuto ma non certo l'unico, fece a suo tempo
    oltre un milione di morti. In Africa nessuna tribù perde occasione per perpetrare il genocidio o quanto meno per sottoporre a dura schiavitù quelle vicine.
    Ciò succede in Rhodesia (oggi 'Zimbabwe'), dove la tribù del primo ministro Robert Mugabe perseguita gli zulù Matabele; in Kenia, dove i Masai sono stati
    praticamente sterminati dai Kikuyu; in Ruanda, con i conosciuti fatti fra Hutu e Tutsi; in Mauritania, dove i musulmani (arabi e mulatti) tengo sotto schiavitù
    gli 'infedeli' ('cafri'). Questa situazione è resa ancora peggiore dalla compressione di diverse etnìe dentro a frontiere artificiali che non tengono conto delle
    differenze tribali: non a caso gli Stati africani sono in realtà degli Stati fantasma, con un governo posticcio (riconosciuto dai soliti 'organismi internazionali')
    generalmente privo di qualsiasi controllo sul 'suo' territorio che è in mano a svariati capi locali. La cosa è soprattutto evidente nello Zaire, nella Costa
    d'Avorio, in Somalia: ma si tratta di un fenomeno del tutto generalizzato. Quanto allo svolgimento delle vicende africane e alle 'personalità politiche' che
    l'Africa decolonizzata ha messo in evidenza - per esempio, Amin in Uganda e Aidid in Somalia, dei quali tanto male si è parlato -, siffatte vicende e tali
    protagonisti non avrebbero dovuto suscitare alcuna sorpresa in chi li avesse esaminati con mente intelligente e occhio non offuscato - magari con l'ausilio
    di qualche informazione sul lato storico dell'Africa pre-coloniale (25). In tal caso si sarebbe compreso che Amin e Aidid sono quanto di più genuino l'Africa
    ha potuto e può dare nel campo del 'politico'.
    Per quanto riguarda il Sud Africa, la situazione è potenzialmente la stessa che in qualsiasi altro luogo del continente africano. Nel momento in cui i boer
    dovessero essere veramente spogliati di ogni residuo di potere reale, e tutto dovesse passare sotto l'egida di elementi di razza congoide anche il Sud
    Africa diverrebbe un ribollente caos, campo di battaglia fra svariate etnìe, tutti contro tutti. Particolarmente radicato è l'odio fra le due principali tribù: i
    Xhosa (la tribù di Nelson Mandela) e gli Zulù (quella di Mangosuthu Buthelezi). Quando - come è stato oculatamente osservato dallo storico inglese
    David Irving - i soliti imbonitori di cervelli si mettono a parlare dei 'Negri' del Sud Africa (delle loro 'aspirazioni', dei loro 'diritti', ecc.), bisognerebbe subito
    interromperli per domandare loro a quale tribù si stanno riferendo. Mangosuthu Buthelezi è un Cafro per il quale si può senz'altro provare rispetto, nel
    senso che egli è molto meno complessato di quasi tutti gli altri: per quanto avidissimo di potere personale (26), ebbe a dichiarare che, in fondo, per lui e
    per gli Zulù in generale sarebbe stato meno peggio rimanere sotto i boer che finire sotto i Xhosa: e qui ha certamente ragione. È da considerarsi che,
    almeno per il momento, il fenomeno del tribalismo africano gioca nell'Africa australe a favore dell'uomo di razza bianca.
    * * *
    Avendolo inquadrato nel contesto globale dell'Africa subsahariana, in ciò che segue si parlerà specificamente e esclusivamente del Sud Africa. Per quel
    che riguarda la genesi storica del Sud Africa moderno, cioè fino al 1948, anche se è indispensabile che se ne dia qualche cenno, per ragioni di spazio ci si
    limiterà al minimo indispensabile (27). La genesi del Sud Africa - la cui storia ruota attorno a quella di un particolare popolo, quello boer - inizia con la
    fondazione di Città del Capo, nel 1652, che diede il via alla colonizzazione delle parti sud-occidentali del paese, da considerarsi completata nel 1806,
    quando avvenne la definitiva annessione inglese. La storia di questo piccolo popolo di origine europea (olandesi, tedeschi, francesi, portoghesi),
    paradossalmente venuto a trovarsi isolato nell'estremo meridionale dell'immane continente nero, è contrassegnata da una costante fondamentale: la
    volontà di mantenere la propria identità di fronte allo strapotere assorbente e abbrutente dell'ambiente africano e, dopo il 1806, alla prepotenza inglese,
    volta a sradicare i coloni dalla propria lingua e dalle proprie tradizioni per trasformarli in Inglesi. Il carattere particolare, atipico e straordinario, del Boer è
    dato dal fatto che questi, pur essendo di religione calvinista, non è mai stato un avvoltoio finanziario ma un contadino e un allevatore (28): un
    particolarissimo, praticamente unico, tipo di calvinista. - Fin dai primi tempi della Colonia del Capo lo strapotere dell'establishment biblista assunse delle
    incredibili proporzioni presso i boer. Se in qualche occasione (soprattutto ai tempi del Groot Trek, a cui si accennerà più sotto) il suo biblismo, il suo
    vedersi come una specie di replica del cosiddetto 'popolo eletto', infuse forza nel boer, alla lunga le conseguenze non potevano non essere esiziali. Nei
    tempi più recenti il suo biblismo ha sistematicamente impedito al boer di sapere identificare il suo vero nemico (l'usuraio internazionale); e a forza di
    bibbia si sta adesso procedendo (con notevole successo) a spingerlo verso l'autodistruzione.
    La Colonia del Capo fu ceduta dall'Olanda all'Inghilterra (con lo stesso documento con cui veniva ceduta la Guyana, alle frontiere orientali del Venezuela)
    nel 1796, e da quest'ultima occupata definitivamente nel 1806. La presa di possesso inglese ebbe quasi immediatamente due conseguenze. L'una fu
    l'arrivo in Sud Africa dei grandi finanzieri internazionali (i cosiddetti Hoggenheimers come si incominciò a chiamarli sullo scorcio del XX secolo) che da
    allora, con la cooperazione e protezione inglese, fanno il buono e il cattivo tempo in quella terra. L'altro fu l'insediamento in massa di una popolazione
    bianca di origine inglese che sùbito si fece strumento degli Hoggenheimers e del governo inglese per fare da contrappeso ai Boer. Questa è una
    situazione che permane ai nostri giorni quando, fra l'altro, essi hanno fatto da permanente serbatoio elettorale dei partiti liberali, 'riformisti', pro-America e
    pro-Hoggenheimers. Sta di fatto che l'anglofono, sapientemente manovrato, ha generalmente sviluppato per il Boer un odio irrazionale, morboso, isterico
    - che lo spingeva e lo spinge a atti irrazionali, fino all'autosadismo puro, quando si abbassava a rendere al Cafro ogni più squallido servigio, pur di
    contestare una società e un governo in cui predominava il Boer. Intanto, la componente anglofona della società sudafricana non ha fatto che crescere
    (adesso la proporzione è del 40% di anglofoni contro il 60% di lingua afrikaans), in parte per l'assorbimento di transfughi boer, soprattutto dopo la guerra
    del 1899-1902; e in parte - dopo il 1950 circa - con l'assorbimento di immigrati europei. Di questi, oltre il 90% imparavano solo l'inglese e si identificavano
    del tutto con l'amorfa società anglofona. Quello inglese è, in fondo, l'ambiente del denaro, del business, dentro al quale si può fare carriera e arrampicarsi
    socialmente: perchè dunque perdere tempo a imparare anche l'afrikaans? Tanto più che l'inglese è una lingua più facile e più chic...
    Nel 1836 ebbe luogo il Groot Trek (la 'Grande Migrazione'), per cui un certo numero di Boer - circa 10.000 persone, provenienti in maggioranza dalla
    parte orientale della Colonia del Capo -, che ne avevano avuto abbastanza della dominazione inglese si mossero verso l'interno del paese per fondare
    due repubbliche indipendenti: la 'Zuid Afrikaansche Republiek' (Transvaal) e l''Oranje Vrijstaat', riconosciute dall'Inghilterra rispettivamente nel 1852 e nel
    1854. Il Groot Trek, oltre a essere un fatto storico e geopolitico fondamentale per il Sud Africa, ebbe un'altra conseguenza, che il paese si trascina dietro
    fino ai giorni nostri: la scissione della nazione boer fra quelli che avevano scelto la libertà, sia pure a prezzo di notevoli disagi, e quelli che erano rimasti
    indietro e che avevano trovato un modus vivendi con gli occupanti inglesi. Questi Cape Dutch (olandesi del Capo), come erano chiamati, con una punta
    di disprezzo, sia dai loro connazionali del Nord sia dagli Inglesi, finirono in massima parte con essere i meschini ausiliari degli Hoggenheimers e,
    recentemente, con l'accomunarsi agli anglofoni come serbatoio elettorale dei partiti liberali.
    Il Transvaal e l'Oranje Vrystaat mantennero la loro indipendenza per quasi mezzo secolo, in ragione del fatto che le loro erano terre che non
    interessavano a nessuno, popolate da scarsi contadini gelosi della propria libertà ma poverissimi. Un tentativo di invasione del Transvaal da parte inglese
    ci fu nel 1881 - la cosiddetta "prima guerra per la libertà - eerste vryheidsoorlog". Gli Inglesi, sconfitti alla battaglia di Majuba, non ritennero che valesse la
    pena di ripetere il tentativo. La sorte delle repubbliche boere fu invece segnata quando si scoperse la loro straordinaria ricchezza mineraria: l'oro,
    specificamente. La loro annessione venne allora decretata dagli Hoggenheimers, per conto dei quali l'Inghilterra scatenò la guerra dei Boeri (11 ottobre
    1899 - 31 maggio 1902), dalla cui conclusione scaturì la 'nazione' sudafricana, approssimativamente con la sua presente fisionomia.
    La guerra dei Boeri - tweede vryheidsoorlog [seconda guerra per la libertà] - è bene documentata (29); qui non si entrerà nei particolari, limitandosi ad
    accennare ai punti poco conosciuti o tali da rivestire importanza per quel che riguarda gli sviluppi storici posteriori (30).
    Una volta scoppiate le ostilità il presidente Kruger del Transvaal ricevette due inattese ambascerie: quella dell'allora re degli Zulù, Ceteswayo, e quella del
    re dei Matabele (anch'essi di etnia zulù) della Rhodesia, Lobengula, che gli offrirono la loro alleanza contro l'Inghilterra. Egli ebbe sufficiente nobiltà
    d'animo per rifiutare ambedue le offerte, dicendo loro che la guerra in corso era strettamente un problema dell'uomo bianco: gli Inglesi, dal canto loro,
    mai rifiutarono l'alleanza di Cafri. Kruger sperava nell'aiuto delle nazioni europee; quale invece sia stata l'attitudine degli ignobili governi europei del
    tempo, è cosa risaputa. Meno conosciuto è il fatto che la Russia degli zar tese una mano alle repubbliche boer, mandando in Sud Africa delle ambulanze
    e delle unità mediche e mobilitando truppe sulla frontiera dell'Afganistan, inchiodando così forze inglesi che altrimenti sarebbero andate in Sud Africa (30).
    Con una popolazione totale di circa 180.000 anime, le repubbliche Boer non poterono mai opporre agli Inglesi più di circa 40.000 uomini, includendo
    ragazzi di dodici anni e vecchi di ottanta, armati soltanto di armi leggere. Gli Inglesi impegnarono 450.000 uomini pesantemente armati. Gli Inglesi ebbero
    21.000 morti in combattimento e altri 50.000 deceduti di malattie varie, soprattutto di tifo petecchiale. I Boer ebbero 7.000 morti in combattimento e altri
    2.000 che morirono nei campi di prigionia di Sant'Elena, di Bermuda, di Ceylon. In compenso 27.000 civili boer (qualcosa come il 15% della popolazione
    totale) perirono nei campi di concentramento.
    Condotta allo scorcio del secolo nell'estremo dell'Africa, questa guerra presentò sia alcuni sinistri precedenti sia alcuni tratti luminosi che poi si sarebbero
    ripetuti in tutto il secolo XX. Precedenti sinistri, caratteristici delle guerre causate dal grande capitale per i suoi specifici scopi; tratti luminosi che poi
    contrassegnarono in modo costante chi al grande capitale e ai suoi sciacalli si oppose. È stato detto che il Boer menò una guerra 'partigiana' contro gli
    Inglesi (è questa la terminologia usata anche dal Saint-Loup). Ciò è però inesatto. Se è pur vero che il boer, inferiore in numero per un fattore di dieci e in
    armamento per un fattore di cento, approfittò della sua maggiore mobilità e della sua perfetta conoscenza del terreno per condurre un'efficacissima
    guerra di colpi di mano e di attacchi di sorpresa, è ugualmente vero che egli non utilizzò mai certi stratagemmi ignobili (32) che invece caratterizzano la
    vera guerra partigiana. La tecnica bellica boer ebbe degli effetti devastanti sugli Inglesi, i quali, incapaci di spezzare il loro avversario sui campi di
    battaglia, optarono per lo sterminio sistematico della popolazione civile (33), ammassata nei campi di concentramento dove veniva lasciata morire di fame
    e di tifo. I boer, al momento della firma del trattato che segnò la loro sconfitta, rimanevano ben lontani dall'essere battuti in combattimento: gli Inglesi
    avevano infatti collezionata la loro ennesima sconfitta solo due mesi prima. La resa boer fu determinata in parte dalla volontà di risparmiare la
    popolazione civile e in parte dalla presenza nel campo boer di due abili infiltrati, ambedue massoni, i generali Louis Botha e Jan Smuts, sui quali si
    ritornerà più avanti.
    Il campo di concentramento, un'invenzione esclusivamente e tipicamente inglese, fece il suo esordio appunto in Sud Africa. Il modo talmente vigliacco
    come in cui usato - sotto istruzioni di Milner portate a termine dalla sua anima dannata, il generale Kitchener - per sterminare in massa donne e bambini,
    lasciò un'impronta non ancora cancellata sulle genti boer. Questa triste invenzione fece una grande fortuna nel XX secolo, del quale divenne una sorta di
    necessità.
    La guerra sudafricana fu anche la prima in cui (da parte inglese, naturalmente) si incoraggiarono sistematicamente individui di colore a infierire su
    Bianchi. Negri e Ottentotti erano istruiti e anche premiati per saccheggiare fattorie, assassinare bambini, violentare donne boer. Cose che si sarebbero
    poi ripetute nel corso delle guerre e delle decolonizzazioni del XX secolo.
    Un altro aspetto della tweede vryheidsoorlog che non cessa di avere un riscontro ai nostri giorni è l'impiego massiccio e sistematico da parte degli Inglesi
    di transfughi di lingua afrikaans, come interpreti, come guide, come infiltrati. Questi hensoppers, o joiners, come venivano sprezzantemente chiamati,
    erano soprattutto, anche se non esclusivamente, Cape Dutch; e non mancarono mai agli Inglesi né allora né dopo. La disponibilità permanente di questi
    squallidi tipi rappresentò e rappresenta una debolezza del popolo boer. Anche qui, forse, si ha da vedere una influenza sotterranea del calvinismo: se
    l'usuraio internazionale gode della raccomandazione veterotestamentaria e l'Inglese (o l'Americano più tardi) è il suo 'braccio secolare', è dovere di ogni
    buon 'cristiano' quello di piegarsi a tutte le esigenze angloamericane. Questo ipotetico (ma possibilissimo) processo subconscio del calvinista boer
    meriterebbe forse un'investigazione psicologica dettagliata.
    Dal lato luminoso, e poco conosciuto, sta il fatto che fu nella guerra sudafricana che vide la luce il fenomeno del volontarismo (34). Allora si videro per la
    prima volta giovani dalle più disparate nazionalità battersi volontariamente per una causa anche perduta solo perché essa era la causa giusta: i volontari
    europei nell'esercito boer furono genuini precursori delle Waffen-SS che si sarebbero coperte di gloria nell'ultimo conflitto mondiale. Non furono molti,
    quei giovani, al massimo forse 2.000, ma in un esercito così piccolo come quello boero il loro contributo fu ben lontano dall'essere irrilevante. Nomi come
    quelli del francese Villebois-Mareuil, dell'italiano Ricchiardi, del tedesco Schiel, dell'irlandese Filmore-Blake (nonché quello di un enigmatico Ebreo,
    Herman Judelewitz) sono poco conosciuti: eppure il loro valore di esempio e di simbolo è immenso.
    Negli anni successivi alla fine della guerra avvenne la fondazione dell'Unione Sudafricana, formata dalle due ex-repubbliche boere e dalle due colonie
    inglesi del Capo e del Natal, con capitale a Pretoria. Questa 'unione', affidata prima a Botha e poi a Smuts fu subito a disposizione degli Hoggenheimers -
    per conto dei quali Botha e poi ancora di più Smuts la amministrarono. La dittatura di quello che a buon diritto può essere definito il Grande Hensopper,
    Jan Smuts, durò fino al 1948. Mai i Hoggenheimers trovarono un servo più servile di Smuts, che a loro fece ogni più strisciante servigio anche e
    soprattutto sulla pelle della propria gente (35). Un lato poco conosciuto ma illuminante del carattere di questo personaggio fu il suo esplicito filosionismo
    (36).
    Jan Smuts riuscì a mantenersi al potere usufruendo dell'appoggio finanziario dei grandi magnati minerari e di quello politico dell'Inghilterra e della parte
    anglofona della popolazione sudafricana; di contro ai Boer che per moltissimo tempo non riuscirono a agglutinarsi attorno a un movimento o partito che
    almeno approssimativamente li rappresentasse. Fu Smuts a reprimere nel modo più spietato la ribellione anti-inglese del luglio 1914 - gennaio 1915 e a
    invischiare il Sud Africa in tutte e due le guerre mondiali, di contro alla volontà e agli interessi della parte boer della popolazione. E fu sotto di lui che
    (dettaglio poco conosciuto) la banca centrale sudafricana (la Suid-Afrikaanse Reserwebank) venne consegnata a capitalisti internazionali secondo uno
    schema del tutto analogo a quello dell'americana Federal Reserve Bank. La transazione avvenne nel 1921 e da parte dei grandi finanzieri fu negoziata da
    un certo Henry Strakosch, proveniente da Vienna. Quest'ultimo, ad affare concluso, lasciò il Sud Africa per andare negli Stati Uniti; e il possesso da parte
    degli Hoggenheimers del S. A. Reserwebank è, naturalmente, ancora un fatto al giorno d'oggi. Fu sempre sotto Smuts che in Sud Africa presero il via
    l'ANC e le organizzazioni ecclesiali a fondo sovversivo (su di cui si parlerà un po' più sotto); e che fu fondato il Partito Comunista Sudafricano, sul quale si
    diranno subito due parole (37).
    Il Partito Comunista Sudafricano - il primo a essere fondato fuori dall'Unione Sovietica - fu promosso nel 1921 da un comitato formato esclusivamente da
    Ebrei. Già nel 1924 esso aveva deciso che la sua attività rivoluzionaria doveva svolgersi fra la popolazione di colore, in concomitanza con le direttive di
    Israel Cohen (38), il quale già nel 1912 aveva proclamato in America che la distruzione della società 'capitalista' doveva essere raggiunta usando come
    ariete le masse di colore, adeguatamente 'responsabilizzate'. Dal 1924, a ogni effetto pratico, la storia del Partito Comunista Sudafricano corre parallela a
    quella dell'ANC, come ancora al giorno d'oggi - senza però perdere quella sua caratteristica di organizzazione totalmente ebraica. Qualche ulteriore
    informazione è illuminante: quando, sotto Smuts, i Negri avevano chi li 'rappresentasse' in parlamento (i rappresentanti però dovevano essere 'Bianchi'),
    questi rappresentanti erano tutti Ebrei. Ancora nel 1991 c'erano in Sud Africa circa 120.000 Ebrei (adesso parecchi sono emigrati), quasi tutti sostenitori
    dell'ANC e del Partito Comunista; e la maggioranza dei membri del "Jewish Board of Deputies" (una specie di comitato centrale ebraico per il Sud Africa)
    erano e sono ancora iscritti al Partito Comunista sudafricano, alla testa del quale stava fino al 1995 (anno della sua morte) l'Ebreo Joe Slovo, nato in
    Lituania.
    Inopinatamente, con la vittoria elettorale del 1948, il Nasionale Party (N.P.: Partito Nazionale) sbalzò Smuts dal potere e la nazione boer tornò a avere il
    controllo sulla propria terra; controllo che durò fino al 1966. Nel 1961, dopo un plebiscito, il Sud Africa uscì dal Commonwealth inglese per istituirsi a
    repubblica indipendente.
    I governi nazionalisti - di Strijdom, di Malan, di Verwoerd - procedettero subito con l'implementare l'apartheid: quel sistema sociopolitico secondo il quale a
    ogni gruppo razziale corrispondevano aree di abitazione, scuole, ospedali, prigioni, campi da gioco, governo locale, ecc. separati; nonché alla proibizione
    dei matrimoni misti, cessando così di colpo la fabbricazione di meticci e dando a quelli già esistenti (kleurlings, soprattutto nella Provincia del Capo) lo
    status di gruppo razziale a sé. In questo modo si procedeva alla protezione biologica della popolazione e, allo stesso tempo, escludendo i non-Bianchi
    dalla vita politica, si assicurava al paese la possibilità di fare una vita associativa di tipo europeo nonostante la presenza massiccia di non-Bianchi sul
    proprio territorio. Quindi l'apartheid non era una 'ideologia', ma l'unico modo funzionale di dare un ritmo europeo alla vita di un paese geograficamente
    africano. Ma sarebbe sbagliato vedere nell'apartheid soltanto una soluzione 'contingente', faut de mieux: ciò che aveva sempre preteso per sè stesso -
    cioè: il rispetto della propria identità - il Boer era disposto a riconoscerlo a tutti gli altri. Sotto l'apartheid a ogni gruppo bantù era data la possibilità di
    preservare (se lo avesse voluto) la propria identità etnica; e a ogni gruppo bantù era promessa una terra ('tuisland') nella quale avrebbe potuto essere
    del tutto indipendente. Visto sotto questo punto di vista, l'apartheid era il sistema più giusto che mai legislazione umana abbia prodotto. È stato osservato
    da alcuni individui o male informati o male intenzionati che le terre adibite a queste tuislande corrispondevano in totale soltanto al 13% dell'area globale
    del paese, dove i Negri sono quattro volte più numerosi che i Bianchi: ciò, si diceva, era ingiusto. Sta invece il fatto storico che la distribuzione di terre fu
    fatta attorno al 1910, quando non solo l'attuale territorio sudafricano ma anche le attuali Swaziland, Lesotho e Botswana venivano amministrati da Città
    del Capo. Sotto il profilo numerico i due gruppi razziali allora si equivalevano, e la divisione fu fatta metà e metà (Swaziland, Lesotho, Botswana e il 13%
    del Sud Africa ai Negri; il resto ai Bianchi). Fu soltanto in seguito che l'esplosiva riproduzione dei Cafri alterò le proporzioni fra i gruppi razziali (39).
    È del tutto ovvio che l'apartheid, nella sua forma iniziale - che era la stessa sussistente in Sud Africa nel 1992, quando esso fu abolito - non poteva non
    rappresentare una condizione di equilibrio instabile. E Hendrik Verwoerd aveva progettato di portarlo fino in fondo: con la separazione totale delle razze
    (cosa possibilissima e che avrebbe dovuto essere completata verso il 1980) ogni abitante del territorio avrebbe dovuto risiedere solo nella nazione a lui
    corrispondente, separata da ogni altra da una frontiera internazionale (40). Lo Stato bianco avrebbe ospitato i Cafri solo come lavoratori stranieri, senza
    diritto di permanenza e solo fino a quando il loro lavoro fosse stato necessario - la tendenza essendo quella di sostituire i lavoratori negri con lavoratori
    bianchi. Alla lunga i diversi gruppi etnici avrebbero condotto una vita totalmente separata, divisi da frontiere internazionali.
    Ma questo non era l'unico piano di Hendrik Verwoerd. Egli annetteva importanza non solo al perfezionamento dell'apartheid, ma sopra tutto alla
    liberazione dalla dittatura economica esercitata nel paese dai Hoggenheimers. Questo ovviamente era 'troppo': e Hendrik Verwoerd venne puntualmente
    assassinato il 6 settembre 1966 (41).
    Nel 1966 il Sud Africa entra nella fase contemporanea della sua storia, quella che nel momento della stesura di questo testo non è ancora conclusa.
    Prima di entrare in pieno nell'argomento si faranno due parentesi: una per dare una storia sommaria del movimento terrorista ANC (African National
    Congress, attualmente [anno 2000] partito politico al potere in Sud Africa); un'altra per dare, sempre sommariamente, la storia dei movimenti ecclesiastici
    progressisti politicizzati in Sud Africa.

  4. #4
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    Exclamation Rif: SUD AFRICA : UNA MESSA A PUNTO

    L'ANC ebbe modeste origini che risalgono al 1912 come 'organizzazione conservatrice e cristiana' per Negri. Cominciando a circuirla nel 1924, i comunisti
    ne ottengono il totale controllo nel 1949: è allora che si incomincia a sentire parlare di Nelson Mandela. Nel 1950 il partito comunista si da alla macchia,
    ma l'ANC ne rimane come 'organizzazione di facciata'. Nel 1951 ne diviene presidente il primo non-Negro, l'Ebreo J. B. Marks; e nel 1955 l'ANC adotta
    come suo documento dottrinario ufficiale la cosiddetta 'Freedom Charter' [Esposto della Libertà], un documento a sfondo marxista adattato all'ambiente
    sudafricano. Nel 1959 un gruppo di 'africanisti' che resiste al controllo 'bianco' sull'ANC, si separano per fondare la PAC (Pan-African Congress), gruppo
    più 'estremista' (41). La PAC conduce una vita totalmente anodina fino al 1990, quando, riammessa in Sud Africa, procede subito a portare a termine
    assassinii in campagne, ristoranti, ecc., soprattutto nella zona anglofona (sic) del Capo Orientale.
    Nel 1960, dopo i disordini di Sharpeville, l'ANC è messa fuori legge e Mandela proclama la lotta partigiana. Nel 1963 quasi tutto il direttivo dell'ANC
    (composto da Ebrei, Indiani, Negri) viene arrestato mentre preparava una insurrezione armata generale, sotto la direzione tecnica di un certo Goldreich,
    ex-specialista della Haganah israeliana in lotta partigiana. Dopo i disordini di Soweto (1976), l'ANC inizia una serie di attentati dinamitardi (le vittime dei
    quali furono quasi tutte Negri) (42).
    Nel 1986 l'unione dell'ANC con il partito comunista sudafricano diviene un fatto pubblico, quando Joe Slovo diviene simultaneamente segretario de partito
    comunista e capo dell''ala armata' dell'ANC. A partire dal 1986 ci saranno approcci sempre più frequenti fra il Nasionale Party, già interamente infiltrato (si
    veda più sotto), e l'ANC; essi culminano con la liberazione di Mandela e con la legalizzazione dell'ANC nel febbraio 1990. Nel 1994 Mandela divenne
    presidente del 'nuovo Sud Africa'.
    L'ANC rappresentò il lato 'violento', guerriglieristico della lotta contro il Boer. Contrariamente alle notizie un tempo insistentemente diffuse dai mass media
    sudafricani, l'Unione Sovietica intervenne in quella congiuntura solo come fornitrice di armi - armi che si faceva pagare con il denaro che l'ANC riceveva
    dall'America (44), dai Hoggenheimers del Sud Africa, dalle chiese, da organizzazioni 'umanitarie' europee (soprattutto scandinave). Neppure dal punto di
    vista 'dottrinale' l'Unione Sovietica c'entrava molto, a parte il fatto che qualche membro dell'ANC frquentasse l'università Patrice Lumumba di Mosca. I
    quadri 'tecnici' (si fa per dire) del 'nuovo Sud Africa' usufruirono di borse di studio della Fondazione Rockefeller e frequentarono università americane; i
    futuri quadri sindacali già negli anni Ottanta venivano istruiti in Israele.
    È del 1936 la fondazione del Christelike Raad vir Suid Afrika (CRSA; Concilio Cristiano per il Sud Africa); sùbito polemico riguardo a una predominanza
    boer nel paese, il che lo contrappose alla Nederduitse Gereformeerde Kerk (NGK: Chiesa Riformata Olandese), chiesa per eccellenza dei Boer. Il CRSA
    nel 1968 cambia il suo nome a Suid Afrikaanse Raad van Kerke (SARK: Concilio di Chiese del Sud Africa) e prende una posizione decisamente antiapartheid:
    nel 1978 esso si associa al Concilio Ecumenico delle Chiese. Nel 1985, guidato da Beyers Naudé, il SARK comincia a prendere parte attiva
    nella lotta politica per la demolizione del Sud Africa boer. Del SARK fecero e fanno parte quasi tutte le molteplici chiese presenti in Sud Africa, non esclusa
    quella cattolica.
    Questi 'cristiani di sinistra' hanno fatto molto per logorare la volontà di resistenza dei Bianchi in Sud Africa. Se chiese come la metodista, l'anglicana e la
    cattolica operavano soprattutto fra anglofoni e immigrati, che volontà di resistenza ne avevano piuttosto poca, grave fu l'effetto della 'svolta a sinistra'
    della NGK avvenuta, a poco a poco, sotto l'egida del penultimo 'papa calvinista', il moderatore Johan Heyns (assassinato poi sotto circostanze poco
    chiare nel 1994 [45]). Questo Heyns, originalmente Heinsowitz e istruito alla università teologica olandese di Overijssel, riuscì a fare approvare una
    risoluzione (al sinodo di Rustenburg nel 1990) secondo la quale l'apartheid era 'peccaminoso'. - All'atto pratico fino al 1991 questi 'pastori di anime' hanno
    svolto la funzione di 'staffette' per i terroristi, li hanno finanziati con i soldi delle elemosine, hanno usato i pulpiti per fare propaganda a favore del
    comunismo e dell'ANC e a sfavore della polizia, dell'esercito, del governo e della nazione boer. - È di Beyers Naudé la redazione del documento Kairos
    (1985), adottato come 'costituzione' dal SARK: questo documento 'religioso', scritto in chiave di teologia della liberazione, in fondo non dice gran che di
    più o di diverso dal Freedom Charter dell'ANC, sul quale è probabilmente basato.
    * * *
    A Verwoerd successe John Vorster, che rimase al potere fino al 1978. Fu questi una figura scialba, debole: non c'è dubbio che sotto di lui, persona senza
    carattere e forse intimamente convinto che ormai il dominio dei Hoggenheimers, protetti dall'America, era inevitabile, si incominciò la demolizione di
    quanto era stato raggiunto sotto Strijdom, sotto Malan e soprattutto sotto Verwoerd. I progetti per portare l'apartheid fino in fondo furono accantonati -
    anzi, si tolse l'apartheid negli eventi sportivi, come prova di "buona volontà" verso Nazioni Unite, Stati Uniti, ecc.; facendo finta di dimenticare che ogni
    concessione, per quanto piccola, non fa se non suscitare un'altra pretesa. Né si parlò più di ridurre lo strapotere economico di Harry Oppenheimer e degli
    altri supercapitalisti. Questi, che già al tempo della morte di Verwoerd controllavano oltre il 50% dell'economia sudafricana, sono oggi arrivati a essere i
    padroni di oltre l'80% del 'valore in denaro' del paese (titoli alla borsa di Johannesburg, miniere d'oro, giacimenti di diamanti, ecc.) (46). Sempre sotto
    Vorster incominciò intromissione sfacciata e insolente degli Stati Uniti nei fatti sudafricani (47). Mentre ancora sussisteva la 'guerra fredda' e l'America
    dipendeva interamente dalle forniture di minerali sudafricani per i suoi armamenti, il Sud Africa finì con l'essere classificato 'paese nemico'; eppure il
    boicottaggio minerario dell'America, che il Sud Africa avrebbe potuto effettuare facilmente, non fu mai fatto. Né l'America tralasciò di armarsi sul 'fronte
    interno' contro il Sud Africa: negli anni Ottanta i Boer rivaleggiavano nella televisione americana con i Tedeschi come 'skurke' (i 'malvagi'). In America,
    dove pochi sanno indicare la propria nazione su di un mappamondo, nel 1988 il 55% della popolazione sapeva che il Sud Africa era la terra dell'apartheid
    (senza sapere però di che cosa si trattasse: l'americano medio sapeva soltanto che l'apartheid era una qualche 'straordinaria ingiustizia').
    Fu subito del tutto chiaro per il grande capitale internazionale che la liquidazione del Sud Africa non poteva essere portata a termine come quella di un
    qualsiasi paese terzomondista, usando soltanto i movimenti guerriglieri marxisti (nel caso sudafricano, l'ANC) e proferendo minacce. Contro un paese
    retto da genti di origine europea, armate, ricche, autosufficienti e sotto un governo deciso a non cedere, l'ANC si sarebbe rivelata impotente. Con ciò non
    è detto che non si sia usato anche il terrorismo nella sua forma più abbietta (48): ma per mettere i terroristi al potere bisognava prima rammollire il paese
    con un processo di sovversione interna. Promosso sotto Vorster, questo processo proseguì acceleratamente dopo il 1980 su due fronti: quello
    governativo, con l'infiltrazione del Nasionale Party, e quello 'popolare', con la propaganda demoralizzatrice fra la popolazione bianca di lingua afrikaans
    (fra gli anglofoni, non ce n'era di bisogno).
    L'infiltrazione della classe politica nazionalista negli anni Sessanta non avvenne solo a forza di discorsi da 'anime belle', ma anche usando la forza del
    denaro e quelle tecniche per il reclutamento di spie e sabotatori ben conosciute da CIA e KGB. Così, negli anni Sessanta, fu 'reclutato' L. F. (Pik) Botha.
    Per estenuare la popolazione, punte di lancia furono le chiese - se ne è già parlato - e i mass media, in modo particolare la televisione (48). La stampa
    'progressista' godette sempre degli ampli sussidi di Oppenheimer; la televisione fu introdotta in Sud Africa sotto Vorster e fin dal primo momento fu in
    mano di liberali - anglofoni oppure Boer massoni, legatissimi ai grandi capitalisti. Il lavaggio cerebrale televisivo della popolazione incominciò subito:
    veniva ossessivamente ripetuta la tesi dell'inevitabilità del magsdeling (spartizione del potere [con l'ANC]), si sosteneva che il sistema dell'apartheid alla
    lunga non avrebbe potuto continuare di fronte allo 'sdegno' dell'opinione pubblica internazionale, che era meglio una resa negoziata che il bagno di
    sangue che altrimenti sarebbe arrivato quando i 'Negri', ormai da troppo 'oppressi', avessero finito con il rivoltarsi. La gente doveva aver fiducia nei suoi
    governanti, che erano i più adatti a negoziare quella resa, ecc. A dismisura crebbe il numero e l'influenza di quella classe di malati dello spirito che sono i
    cosiddetti liberaliste [liberali], comunissimi fra gli anglofoni e in generale fra i benestanti (la gente 'bene'). A costoro sanguinava il cuore nel vedere come i
    poveri Cafri erano privati di diritti politici; ma erano i primi a andarsene quando nel loro quartiere venivano a abitarci dei Cafri. Anche fra quelli che in
    numero crescente abbandonavano il paese negli ultimi tempi dell'apartheid predominarono questo tipo di sciagurati. Già nel 1986, quando circa 3.000
    Bianchi al mese se ne andavano dal Sud Africa, il 93% erano liberaliste; e da allora le cose non sono cambiate.
    Sempre sotto Vorster ci furono anche i primi movimenti di opposizione, di rivolta e di consapevolezza della parte migliore della popolazione boer (e di
    scarsi ma meritori anglofoni). Sul fronte della 'caccia al voto', la secessione dal Nasionale Party di una frangia con a capo Hertzog e poi Marais (fondatori
    del HNP: Herstigde Nasionale Party [Partito Nazionale Rifondato]) non ebbe fortuna. A livello 'extraparlamentare', invece, si cominciò a fare strada
    l'angosciosa visione di un incerto futuro nel quale, per l'ennesima volta, il Boer avrebbe dovuto combattere avesse voluto sopravvivere. In parallelo,
    riaffiorò nelle coscienze il desiderio di ricostruire le repubbliche boere (il Boerestaat, non necessariamente entro gli stessi confini del 1899) che sarebbero
    divenute di nuovo patria del Boer, fuori dal calderone razziale e etnico sudafricano fabbricato per conto dei Hoggenheimers dagli inglesi dopo il 1902. È
    del 1973 la fondazione, con a capo Eugène Terre'Blanche, dell'AWB (Afrikaner Weerstandbeweging, Movimento di Resistenza Afrikaner) che con il suo
    crescente numero di iscritti e con la sua insistenza sulla preparazione militare rimase per molto tempo una spina nell'occhio per i governi sudafricani,
    quello del Nasionale Party prima e quello di Mandela dopo (50). L'idea del Boerestaat oltre che dall'AWB è stata ripresa da uno dei migliori intellettuali e
    attivisti politici boer, il recentemente (1999) scomparso Robert van Tonder (51). Dal 1985 circa l'idea del Boerestaat era molto diffusa e accettata dai più
    alti vertici politici di opposizione negli ultimi tempi dell'apartheid (52).
    La successione di John Vorster venne decisa con l'esclusione dell''ala destra' del Nasionale Party - che aveva come capi Mulder e Treurnicht - per mezzo
    di una losca monovra, il cosiddetto inligtingskandaal [scandalo dell'informazione] (53), cervello pensante del quale fu Pik Botha. Eletto come successore di
    Vorster fu Piet Willem Botha, un uomo di paglia degli Hoggenheimers, dopo di che all'elemento indipendente del Nasionale Party non restò che la
    secessione, la quale avvenne nel marzo del 1982 con la fondazione del Konserwatiewe Party (KP, Partito Conservatore). Il Konserwatiewe Party agglutinò
    attorno a sé ben presto la maggioranza dei voti della gente di lingua afrikaans (salvo i Cape Dutch), sicchè il Nasionale Party si venne a trovare nella
    stessa situazione in cui si era trovato Jan Smuts, che dipendeva dai voti degli anglofoni. Un partito di 'opposizione a sinistra' (il Progressive Party, PP,
    Partito Progressista) fu mantenuto in piedi con i soldi di Oppenheimer, soltanto per dare fumo negli occhi. - Una delle prime mosse di P. W. Botha fu quella
    di riunirsi (non in segreto) con i rappresentanti dell'alta finanza per "vedere quale era il modo migliore per indirizzare la politica del paese".
    Già al principio della decade degli Ottanta la grande finanza, con centro operativo negli Stati Uniti, perse ogni ritegno e non si peritò più di rendere
    pubbliche sia le sue mire che i metodi che intendeva usare. Ci si riferisce soprattutto a tre documenti ai quali non si diede grande pubblicità ma che non
    furono neppure tenuti segreti. Si tratta di:
    a. Un documento steso dalla Rockefeller Foundation, divenuto pubblico in Sud Africa nel giugno 1981. In esso, la Rockefeller Foundation propone al Sud
    Africa cinque obiettivi da raggiungere in Sud Africa "per il bene degli Stati Uniti".

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    Exclamation Rif: SUD AFRICA : UNA MESSA A PUNTO

    b. Un rapporto di Chester Crocker per conto del Council of Foreign Relations (CFR), pubblicato nel 1980.
    c. Una conferenza tenuta dal prof. Samuel Huntingdon nel settembre 1981, davantia un importante gruppo di persone influenti (e resa pubblica nel
    dicembre dello stesso anno).
    Questi tre documenti sono riprodotti da I. J. Strijdom (54). Già verso il 1980 erano stati scelti i membri del 'comitato d'azione' che doveva curare la
    demolizione dello Stato boer sudafricano: il 'teorico', prof. Samuel Huntingdon; il 'braccio operativo' (da parte americana, Chester Crocker); l''infiltrato'
    nelle istituzioni del Sud Africa, Pik Botha.
    La Rockefeller Foundation raccomandava che:
    1. il governo americano prendesse apertamente posizione contro l'apartheid, 2. i Bantù venissero immessi nella struttura del governo sudafricano, 3. a
    questo scopo i Bantù venissero preparati e sussidiati dall'America, 4. venisse prestato aiuto economico agli Stati (marxisti) confinanti col Sud Africa, 5.
    l'America cercasse di rendersi indipendente dai minerali sudafricani. Huntingdon e Crocker dicevano fondamentalmente lo stesso; aggiungendo
    l'esortazione che il governo sudafricano assumesse la dittatura (nel senso di rinuncia alle elezioni) per forzare le riforme anche contro la volontà
    dell'elettorato boer. Il fattore violenza (provvisto dall'ANC) doveva inoltre essere messo al massimo di profitto per rendere accettabile la resa a una
    popolazione ormai stanca di attentati e di insicurezza.
    Il via, quindi, fu dato nei primi anni Ottanta. Ad allora risale l'inizio delle sanzioni contro il Sud Africa: sanzioni che nessuno danneggiarono (salvo forse
    qualche ricchissimo commerciante) e sotto le quali il paese, con la sua enorme ricchezza mineraria, poté egualmente procurarsi il petrolio, la tecnologia e
    tutto quanto volesse. Sotto Botha si istituì il parlamento tricamerale (Bianchi, Indiani, Meticci), passo preliminare per potere ammettere a suo tempo anche
    i Bantù.
    Fu sempre sotto Botha che si diede la legalità a una serie di organizzazioni di facciata dell'ANC, finanziate dai Hoggenheimers, dall'America, dalle chiese.
    Appoggiandosi a queste organizzazioni l'ANC poté scatenare il terrorismo in grande scala, specialmente nelle kafferwoonbuurte (55). Negli ultimi tempi di
    Botha l'ANC introdusse altri due 'mezzi di lotta' che ebbero più tardi sotto De Klerk un'impensata e vastissima applicazione. L'uno fu quello delle violenze
    e stupri contro vecchi pensionati e bambini di razza bianca; l'altro la grensoorlog (guerra delle frontiere), fenomeno che ormai in Sud Africa non si vedeva
    da un secolo e mezzo: bande armate dell'ANC, partendo dal Lesotho e dal Transkei, terrorizzavano la campagna sudafricana salvo poi scomparire dietro
    le frontiere di quei territori, che la polizia sudafricana non poteva, legalmente, attraversare.
    In extremis, sembra che P. W. Botha abbia scoperto un residuo di dignità, incominciando a far resistenza alle direttive che il grande capitale, attraverso
    Pik Botha, gli impartiva. Di conseguenza, P. W. Botha fu messo da parte nel novembre 1989 per mezzo di un colpo di stato interno al Nasionale Party e
    sostituito con Frederik De Klerk, il hensopper perfetto.
    Con De Klerk le raccomandazioni di Rockefeller, Huntingdon e Crocker furono messe diligentemente in pratica. Il suo governo ha subito sviluppò il
    démontage (terzomondializzazione) del paese (56). È di De Klerk l'affermazione che la tecnologia non ha alcuna priorità nel nuovo Sud Africa; il che,
    tradotto in pratica, ha ridotto a livello di repubblica bananiera un paese che era autosufficiente al 90% in tecnologia: fra il 1991 e il 1992 il 40% degli
    scienziati del paese erano emigrati e molti altri erano rimasti senza lavoro. - Parallelamente si procedette alla liquidazione dell'agricoltura. Il Sud Africa era
    stato più che autosufficiente in materia alimentare, nonostante la conformazione desertica del 70% del suo territorio; dopo De Klerk, non più. L'alta
    finanza aveva decretato che esso doveva importare alimenti e esportare minerali, come qualsiasi altro paese terzomondiale. Verso la metà del 1991
    c'erano ancora circa 60.000 famiglie contadine bianche in Sud Africa; già allora le banche provocavano il fallimento di circa 300 aziende rurali familiari al
    mese con il vecchio e noto espediente di negare nuovi crediti e di esigere al contempo il pagamento dei debiti già concessi. In questo modo le banche, di
    proprietà degli Hoggenheimers, si dedicarono e dedicano all'acquisto della proprietà terriera dei Bianchi, per poi venderla a tassi agevolati a Bantù. Nel
    gennaio 1993 si contavano in Sud Africa 20 milioni di individui (57) ridotti letteralmente alla fame, che dipendevano, chi più e chi meno, da varie
    organizzazioni caritatevoli per potere mangiare. Nel settembre 1993 De Klerk annunciò con enorme fanfara di avere ottenuto una strepitosa vittoria:
    quella di avere fatto cessare le sanzioni. Fondamentalmente, ciò significava che il Sud Africa aveva il permesso di attingere ai prestiti del Fondo
    Monetario Internazionale come un qualsiasi altro paese terzomondiale.
    Il referendum-truffa del marzo 1992 (vinto da De Klerk con il concorso determinante dei voti degli anglofoni) fu l'ultima opportunità - sprecata - data ai
    Bianchi sudafricani per arginare, rimanendo dentro alla legalità, l'avvento al potere dell'ANC. Con le elezioni multirazziali dell'aprile 1994, la presidenza
    andò a Mandela.
    Il Boer, di nuovo uno straniero nella sua terra, si trova a dovere affrontare un difficile futuro: su di lui (come nel 1806 e nel 1902) pesano la minaccia
    dell'etnocidio (transculturazione: assorbimento nella massa amorfa dei senza-razza di lingua inglese) se non proprio del genocidio (eliminazione fisica)
    parziale o totale. Nel futuro previsibile, essendo egli una piccola minoranza in un paese di Negri, di Inglesi, di Meticci, di Indostani, egli non ha alcuna
    speranza di poter risolvere la sua situazione per vie 'legali' (suffragiocratiche), mentre una resistenza armata è per il momento impensabile. A ciò si
    aggiunga che, come dopo il 1902, i Boer sono completamente disorientati e divisi. Il HNP non partecipa più alle elezioni; il KP - che dopo la morte di
    Andries Treurnicht (aprile 1993) è entrato in piena decadenza - cerca appoggio presso meticci e perfino Negri; e lo stesso fa l'Afrikaner Volksfron (AVF),
    movimento politico lanciato dall'ex-generale Constand Viljoen con lo scopo di cercare di ottenere da quelle che adesso sono le autorità costituite, un
    Boerestaat - con scarsissima probabilità di successo. - Il governo dell'ANC, da parte sua, scatenò subito la persecuzione giudiziaria (con processi in stile
    'Norimberga', sotto l'egida di una commissione presieduta dal Bantù Tutu e dall'Inglese Boraine) contro tutti quelli che, dentro alle strutture militari,
    poliziesche e politiche dell'apartheid, avevano fatto anche solo approssimativamente il loro dovere.
    Storicamente, il popolo Boer ha sempre dato prova di una incredibile capacità di rialzarsi dopo ogni caduta. Non è detto che non ci riesca anche questa
    volta: a suo favore lavoreranno il prossimo declino della potenza americana e la pandemia di AIDS, che in Sud Africa sta prendendo le stesse proporzioni
    che nel resto del continente nero. Se esso - paradossale frammento di razza bianca isolato nell'estremo Sud dell'Africa - riuscirà, in qualche modo, a
    conservare la sua identità e la sua integrità genetica ancora per 20 - 30 anni, non c'è ragione perché non possa ancora avere un futuro.
    (1) Klaus Vaqué: Verraad teen Suid Afrika, Varama Uitgewers, Pretoria, 1989. Chi, con buona volontà, legga questo libro - di cui esistono versioni anche in
    tedesco e in inglese - sarà in grado di disintossicarsi la mente dalle opinioni indotte dai mass-media, completamente asserviti alle forze del denaro.
    (2) Ivor Benson, The battle for South Africa, Dolphin Press, Durban (Natal, Sud Africa), 1979; Truth out of Africa, Veritas (Australia), 1984; The zionist
    factor, Veritas (Australia), 1986.
    (3) Bernard Lugan, Afrique: bilan de la décolonisation, Perrin Paris, 1991. (Ottimo resoconto dato su "Le choc du mois" [Parigi] del gennaio 1992.)
    (4) Hans Jenny, Südwestafrika: Land zwischen den Extremen, Kohlhammer, Stuttgart, 1972.
    (5) Frederik J. Strauss, SWA vir die wolwe?, Eros Uitgewers, Windhoek (SWA), 1981.
    (6) Cfr., per esempio, Jean Boyer, cit.
    (7) Il fattore AIDS spesso e volentieri era ed è ignorato anche in Sud Africa, perchè scomodo. - Un nuovo e promettente movimento politico
    extraparlamentare ne aveva fatto invece il suo cavallo di battaglia. Si intende parlare del WAB (Wêreld Aparheidsbeweging, Movimento mondiale per
    l'apartheid) fondato a Pretoria da Koos Vermeulen nell'aprile 1989; che nel 1993 cambiò il suo nome a WPB (Wêreld Preservasiebeweging, Movimento
    mondiale per la preservazione). Secondo il Vermeulen, visto che quasi tutta l'Africa sarà spopolata entro qualche decennio come conseguenza della
    pandemia di AIDS, l'uomo bianco in Sud Africa dovrebbe prepararsi a occupare tutta l'Africa meridionale, fino allo Zambesi e oltre, aumentando il proprio
    numero per mezzo di immigrazione europea selezionata. Questo movimento ebbe un notevole successo e ciò che proponeva, a media scadenza, era
    senz'altro valido (altri fattori permettendo, tipo la galoppante desertizzazione e altri dissesti ecologici). - Il Vermeulen è stato recentemente (1998) vittima
    di un attentato che ha compromesso seriamente la sua attività e quella del suo moviemento.
    (8) Un altro grottesco dettaglio sulla 'Namibia' è stata la dichiarazione immediata dell'inglese come unica lingua ufficiale. Essendo l'inglese parlato sì e no
    dal 2% della popolazione e capito da forse il 10% - mentre l'afrikaans, sùbito messo al bando, è parlato dal 30% e capito dal 90% -, questa misura ha
    portato a un collasso immediato di tutta l'istruzione pubblica.
    (9) I dettagli sono stati tratti da un eccellente articolo di Koos Bester su "Die Patriot", Pretoria, del 13 dicembre 1991.
    (10) O lokasie: ai tempi dell'apartheid la zona residenziale negra.
    (11) "Una componente fondamentale del paesaggio africano" la definì lo storico spagnolo Joaquín Bochaca.
    (12) Quando erano 'marxisti' facevano lo stesso per conto dell'Unione Sovietica, che poi rivendeva i minerali sul mercato internazionale, controllato dai
    medesimi figuri.
    (13) Costui possedeva qualcosa come 4 miliardi di dollari nel suo conto personale in Svizzera.
    (14) In altre (schiette) parole: finché veniva usata nei suoi confronti una sorta di 'schiavitù' (del resto, notevolmente benevola).
    (15) Coloro che erigono abusivamente le loro catapecchie dove credono meglio.
    (16) Magari con l'incoraggiamento dell'ANC (African National Congress), del PAC (Pan-African Congress), ecc.; ma su di ciò vedi oltre.
    (17) I Bianchi, 5 milioni su 30, pagavano ancora nel 1993 il 92% delle tasse.
    (18) Come lo aveva immaginato a suo tempo Hendrik Verwoerd.
    (19) Tipo Ciskei, Transkei, Venda, Bhophuthatswana, Kwa-Zulu, ecc.
    (20) Circa 4􀀁 miliardi di dollari in termini monetari del 1988.
    (21) Una delle prime mosse dell'integrazione ospedaliera fu, tra l'altro, di introdurre a tutti i livelli personale infermieristico di colore, del quale si sapeva
    che il 35% era sieropositivo: ma ciò, si disse, non aveva alcuna importanza.
    (22) Ivor Benson: Truth out of Africa, op. cit.
    (23) Cfr. per esempio: Boris de Rachewiltz: Sesso magico nell'Africa nera, Basaia, Milano, 1983; di utile riferimento è anche il conosciutissimo testo di
    Ewald Volhard, Der Kannibalismus, Strecker und Schröder, Stuttgart, 1939.
    (24) Cfr. Klaus Vaqué, op. cit.. Un caso specifico è descritto con dovizia di particolari da Henry Clark, Witchcraft and murder in Zimbabwe, Dolphin Press,
    Durban, 1985.
    (25) Illuminanti sono, per esempio, i libri di Peter Becker, fra i quali: Rule of fear (Panther, Londra, 1966), a proposito del re zulù Dingaan oppure Path of
    blood (Panther, Londra, 1972) sul conquistatore matabele Mzilikazi.
    (26) Buthelezi and Inkatha, documento pubblicato a Durban (Natal, Sud Africa) dalla South Africa First Campaign, senza data di pubblicazione (circa
    1981).
    (27) A chi sia interessato a una panoramica della storia sudafricana, consigliamo l'agile testo di Bernard Lugan, Histoire de l'Afrique du Sud, Perrin, Paris,
    1986.
    (28) Come il suo nome indica: boere = contadini.
    (29) Cfr., per esempio, Bernard Lugan: Histoire de l'Afrique du Sud, op. cit.; J. H. Breytenbach: Geskiedenis van die tweede vryheidsoorlog, Kaapstad,
    1948.
    (30) Per il periodo che va fra i prodromi immediati dello scoppio delle ostilità alla ribellione del 1914 ottimo è il libro di P. G. Hendriks, Gewapende protes,
    Oranjewerkers, Morgenzon (Transvaal, Sud Africa), 1989. Il romanziere francese Marc Augier de Saint-Loup ne ha dato una vivida descrizione nel suo
    romanzo Le boer attaque (Presses de la Cité, Paris, 1981).
    (31) Ciò non contribuì certo a rendere la Russia simpatica ai grandi capitalisti internazionali. Non a caso, forse, troviamo più tardi Alfred Milner, agente dei
    Rothschild e governatore del Capo di Buona Speranza al tempo della guerra dei Boeri, a fare da amministratore delle sovvenzioni che, prima e durante
    la rivoluzione, furono elargite ai bolscevichi russi.
    (32) Per esempio, il deporre bombe nei bidoni delle spazzature, vezzo favorito dell'ANC.
    (33) Fu questo l'esordio della più abbietta di tutte le guerre, quella menata contro la popolazione civile ("o ti arrendi, o io stermino le tue donne, i tuoi
    bambini, i tuoi vecchi"), poi perfezionata e portata a termine in modo pandemico da altri anglosassoni, gli Americani, nel trascorso del secolo XX. Cfr. John
    Kleeves, Sacrifici umani, Il Cerchio, Rimini, 1993.
    (34) Si consultino per esempio, J. H. Breytenbach: op. cit. e Gedenkalbum van die tweede vryheidsoorlog, Kaapstad, 1949.
    (35) Si consulti per esempio, P. G. Hendriks, op. cit.
    (36) Cfr. Douglas Reed, Behind the scene, Dolphin Press, Durban (Natal, Sud Africa), 1976 (originale: 1951).
    (37) I dettagli sono tratti da una conferenza pubblica tenuta a Pretoria dal giornalista sudafricano Arthur Kemp il 3 febbraio
    1991.
    (38) Citato da Klaus Vaqué, op. cit.
    (39) I dettagli sono tratti da una conferenza pubblica tenuta alla Transvaalse Landbou Unie, a Pretoria, il 5 settembre 1992.
    (40) La percentuale del territorio da essere ceduta ai Negri sarebbe stata aumentata dal 13 al 21%.
    (41) Chi fosse dietro al crimine, lo hanno sempre saputo tutti; e il cui prodest era anche stato messo apertamente per iscritto (Cfr. per esempio: Jaap
    Marais: Afrikanernasionalisme en die nuwe Suid Afrika, Strydpers, Pretoria, 1990; C. Berentemfel: The conspiracy against South Africa, Think Right, Link
    Hills, Natal, Sud Africa, 1989), ma senza fare nomi, è chiaro, per evitarsi eventuali citazioni in tribunale o peggio. Recentemente invece un libro è stato
    pubblicato in Sud Africa (Pieter Pretorius, cit.) nel quale si afferma esplicitamente che l'assassinio fu deciso negli ambienti dei megacapitalisti di
    Johannesburg, facendo i nomi di Harry Oppenheimer e Anton Rupert e aggiungendo che anche il futuro successore di Verwoerd, John Vorster, era al
    corrente del piano. Non sorprende che l'autore si sia visto invischiato in una serie di procedimenti giudiziari.
    (42) Per intenderci, quelli che proclamano esplicitamente che "one settler, one bullet" [per ogni contadino bianco, una pallottola] e che "the killing of whites
    is beneficial" [l'uccisione di bianchi è utile].
    (43) Un vezzo dell' ANC erano le "halssnoermoorde" ("necklacing" in inglese) che consiste nel bruciare vivo il nemico con un copertone pieno di benzina
    appesogli al collo.
    (44) In particolare, dalla Fondazione Rockefeller, che all'ANC donò milioni su milioni di dollari. Nel giugno 1990 in una riunione tenuta nel New Jersey fra
    la Fondazione Rockefeller e l'ANC, si era arrivato a proporre con tutta serietà una ricostruzione del Sud Africa post-apartheid sulle stesse linee della
    ricostruzione dell'Europa dopo il 1945.
    (45) Delle notizie apparse recentemente (1996) sulla stampa sudafricana sembrerebbero indicare che si sia trattato di un banale fatto di corna fra teologi
    calvinisti.
    (46) Un eccellente opuscolo a proposito dell''annessione dell'economia sudafricana' è stato pubblicato da I. J. Strijdom: Die anneksasie van die Suid
    Afrikaanse ekonomie, edizione dell'autore, Pretoria, 1989.
    (47) Si vedano, per esempio: G. Grazer: South Africa, America's newest colony, Skilkom, Pretoria, 1985; AA. VV.: Amerika: vriend of vyand?, Volkswagpublikasies,
    Pretoria, 1986; Klaus Vaqué, op. cit.
    (48) G. Grazer en C. Derby-Lewis: Die versnelde rewolusie in Suid Afrika, Stallard-Stigting, Krugersdorp (Transvaal), 1986; ottimo un articolo del Prof. A.
    D. Pont su "Die Afrikaner", Pretoria, del 14 maggio 1986; Klaus Vaqué, op. cit.
    (49) I. J. Strijdom: Die anneksasie van die volksiel, edizione dell'autore, Pretoria, 1984; Michael Hurry: Wie swaai die septer?, Brits Eenheidskommittee,
    Brits (Transvaal, Sud Africa), 1983.
    (50) Arthur Kemp: Victory or violence, Forma Publishers, Pretoria, 1990. - Col tempo però anche Eugène Terre'Blanche, invecchiato e (si afferma)
    alcolizzato, perse in incisività: adesso (anno 2000), con la sua incarcerazione, anche l'AWB sembra essere entrata in una fase di inarrestabile declino.
    (51) Robert van Tonder: Boerestaat, edizione dell'autore, Randburg (Transvaal), senza data di pubblicazione.
    (52) Riguardo al Boerestaat vale la pena di ricordare un libro di un noto intellettuale sudafricano, Pieter Bruwer (Die derde vryheidsoorlog woed,
    Oranjewerkers, Morgenzon [Transvaal], 1986). Di positivo il libro ha che propone uno Stato a sé per il Boer, in cui egli dovrebbe essere indipendente dal
    lavoro cafro. (L'essere boer è però visto dall'autore come un fatto esclusivamente culturale e non razziale). Bruwer non si fa illusioni su quello che
    potrebbe essere a lunga scadenza il destino del Boer sotto un governo dell'ANC e si rende anche conto dell'importanza della guerra psicologica. Si rende
    conto che il nemico principale del Boer è la grande finanza - i Hoggenheimers - ma rifiuta caparbiamente di considerare il fatto che essa è internazionale.
    Per i sionisti e per lo 'Stato' d'Israele non ha che lodi e si dilunga a scovare citazioni bibliche per dimostrare che, in fondo, anche il Boer ha diritto a una
    sua terra, nello stesso modo che gli Ebrei avrebbero diritto alla Palestina. - Per un esposto documentato, pacato e sensato sulla convenienza della
    partizione del territorio sudafricano invece è da raccomandare il libretto di I. J. van der Walt (Partisie, die enigste uitweg vir Suid Afrika, Universum,
    Potchefstroom [Transvaal], 1991). Recentemente è uscita, dalla penna di A. D. Wolmarans, anche la prima analisi in afrikaans della problematica della
    sopravvivenza del Boer, vista da una prospettiva anche razziale (Derde Wêreld, waarheen?, Vaalrivier, Parys [Oranje Vrystaat], 1992).
    (53) Cfr. Eschel Rhoodie, The real information scandal, Orbis, Johannesburg, 1983; Pieter Pretorius, op. cit.
    (54) I. J. Strydom, Die anneksasie van die volksiel, op. cit.
    (55) Si intende parlare dell'UDF - United Democratic Front, Fronte Democratico Unito -; dell'MDM - Mass Democratic Movement, Movimento Democratico
    in Massa - del COSATU - Confederation of South African Trade Unions, Confederazione di Sindacati Sudafricani - e dello studentesco AZAPO - Azania
    People's Organization, Organizzazione del Popolo dell'Azania. 'Azania' è un nome di fantasia, tratto dal romanzo Black mischief dello scrittore inglese
    Evelyn Waugh, che certuni vorrebbero dare al 'nuovo Sud Africa'.
    (56) Il démontage ha subito coinvolto, naturalmente, anche le forze armate. Con De Klerk l'arsenale nucleare sudafricano sarebbe stato subito trasferito
    in blocco in Israele (cfr. rivista "Orion", Milano, marzo/aprile 1996).
    (57) Quasi i due terzi della popolazione totale: nella grande maggioranza Negri ma anche molti Bianchi.

  6. #6
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    Cool FONTE : Silvio Waldner Usa Iberoamerica Sud Africa: tre messe a punto

    http://www.archiviostorico.info/Sezi...berosudafr.pdf

    Silvio Waldner



    Usa Iberoamerica Sud Africa: tre messe a punto

 

 

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