L'AFRICA SUBSAHARIANA E IL SUD AFRICA
Il caso 'Sud Africa' è sicuramente uno dei più interessanti, forse il più interessante, fenomeno politico-storico degli ultimi cinquant'anni. Appunto in Sud
Africa, chi abbia seguìto i fatti politici con un po' di intelligenza avrà potuto vedere come un paese civile viene demolito secondo un piano: piano del tutto
ovvio non solo nel suo sviluppo, ma nei suoi esecutori, nei suoi originatori, nei suoi beneficiari, nei suoi fini. Sotto questa prospettiva, non c'è forse
sviluppo storico che possa essere seguìto in maggiore dettaglio. Una sfacciata ingerenza angloamericana nei fatti di un altro paese non è forse mai stata
documentata tanto chiaramente: non a caso potè essere affermato che al traballante colosso americano è stata affidata un'ultima 'missione storica' prima
di sprofondare nel caos: la liquidazione della nazione boer [boera]. Tutto questo, contro lo sfondo di assoluta stranezza del Sud Africa: la sua posizione
geografica, l'incredibile congerie di etnie e di razze che qui si sono trovate a coabitare, la sua astronomica ricchezza (non si tratta di un paese
eccessivamente grande: ha una superficie di poco più di 1.200.000 km􀀂. Il Sud Africa, non è azzardato affermarlo, è di gran lunga il paese più ricco del
mondo; con riferimento alla sua ricchezza mineraria è stato denominato 'la camera del tesoro del mondo'. Lì, in termini di risorse mondiali, si trovano 1l
70% del platino, il 55% del cromo, il 51% dell'oro, il 45% del manganese, il 33% del vanadio, il 25% dei diamanti, il 12% dell'uranio. Ma non mancano
ingenti depositi di carbone, di ferro, di alluminio, di rame, di piombo, di zinco, ecc. Eppure in questo paese ricchissimo l'economia traballa da moltissimo
tempo e adesso più che mai come risultato di un'artificiale manovra della grande finanza internazionale. Lo studio del dramma sudafricano, pur non
ancora concluso, è della massima utilità per capire gli strumenti e gli obiettivi degli usurai internazionali.
Prima di entrare direttamente nell'argomento 'Sud Africa', è indispensabile fare un excursus sull'Africa subsahariana - l'Africa nera -, considerandone le
fenomenologie soprattutto dopo la decolonizzazione. Ciò in quanto il Sud Africa fa parte del continente africano non solo geograficamente, ma anche, in
gran parte, etnicamente, in ragione delle grandi masse di razza congoide che con loro portano quelle caratteristiche genetiche che le accomunano al
resto del continente africano. Si darà qualche attenzione a come - dopo che sviluppi recenti hanno un po' alla volta demolito l'apartheid - le
fenomenologie africane abbiano incominciato a avere un'influenza anche sulla popolazione di origine europea, soprattutto se appartenente alle classi
meno abbienti. Una volta considerato ciò, si passerà alla considerazione della storia e della casistica contemporanea del Sud Africa: che ruotano
interamente attorno allo strano e piccolo popolo boer, dotato di una caparbia volontà di sopravvivenza di fronte a incredibili difficoltà e a potentissimi
nemici. Per chi fosse interessato a sapere quale sia stata la vera cronaca sudafricana negli ultimi decenni non c'è forse compendio migliore che quello di
Klaus Vaqué (1).
Non si entrerà qui in nessun dettaglio sul processo di decolonizzazione in sè: in riguardo non si saprebbero citare opere migliori di quelle di Ivor Benson
(2), nelle quali, fra l'altro, viene messo in chiaro il ruolo dei sionisti, soprattutto in Rhodesia. Per una visione d'insieme utilissimo è il libro di Bernard Lugan
(3); mentre il film italiano Africa addio di G. Jacopetti rimane insuperato per dare una visione a nudo di che cosa veramente siano stati la
decolonizzazione e i suoi precedenti.
Con riguardo specificamente all'Africa Sud-occidentale (adesso 'Namibia'), oltre all'ottimo libro dello svizzero Hans Jenny (4), può essere ancora
consultata con profitto l'opera ormai un po' invecchiata ma ancora valida di Frederik Strauss (5).
Prima di entrare in pieno nel nostro assunto si notino brevemente due particolari, sconosciuti al gran pubblico: a. Ian Smith sarebbe stato un infiltrato nel
Partito Indipendentista Rhodesiano per portare l'indipendenza della Rhodesia alla conclusione che tutti sanno: questa tesi, sostenuta fra l'altro dal già
citato Ivor Benson, ha tutta l'aria di essere vera; b. quel generale Spinola che nel 1974 liquidò l'Impero coloniale portoghese a danno del Sud Africa (e per
conto di chi è inutile ripetere) era un marrano (6). Gli Spinola, famiglia della più alta nobiltà andaluso-napoletana con diramazioni in Portogallo, avrebbero
soltanto (come era allora l'uso) prestato il loro nome a un qualche suo antenato quando quegli decise di farsi battezzare e di divenire così ufficialmente
'cattolico'.
Il lato economico dell''amministrazione bantù' è il più ovvio di tutti, e sarà toccato per primo. Negli anni Sessanta, quando ci fu la decolonizzazione, gli
aborigeni ereditarono dagli Europei delle infrastrutture che in certi luoghi erano addirittura allo stesso livello che in Europa, e delle risorse naturali (flora,
fauna, risorse minerarie) praticamente intatte: è né più né meno che falso ciò che dissero (e vanno ancora dicendo) i mass media, secondo i quali i
problemi dell'Africa sarebbero conseguenza dello sfruttamento coloniale. Dopo la decolonizzazione, l'unica cosa che ha mostrato un bilancio positivo (un
'progresso' per usare un termine di moda) è stata la pullulante crescita demografica. Con un tasso di crescita del 3% all'anno, il più alto del mondo, la
popolazione si è raddoppiata in una quindicina di anni (da 275 a 546 milioni dal 1956 al 1970) e, verso il 1980, potrebbe avere sorpassato il traguardo
degli 800 milioni, nonostante una mortalità infantile che ancora nel 1986 era del 15%, e, almeno in certe zone, era superiore al 30%. Come conseguenza
della pandemia di AIDS, c'è da credere che adesso la popolazione sia regredita sotto i 600 milioni e che stia ancora diminuendo (7). Tutto il resto è stato
in 'negativo'. L'Africa, autosufficiente in cibo al tempo della decolonizzazione, vive adesso di carità internazionale. Essendo la produzione dimezzata fra la
decolonizzazione e il 1987, in quell'anno già 140 milioni di Negri sopravvivevano solo grazie agli aiuti internazionali. È diventato normale e corrente che,
soprattutto in tempi di siccità, torme di babbuini affamati sciamino fuori dal bosveld (la boscaglia xerofila africana) per contendere il poco cibo disponibile a
scheletriche capre e bovini - e qualche volta anche a umani. La disoccupazione supera di molto il 50% - in tante zone supera addirittura l'80% - e la
desertificazione procede a un tasso di circa 100.000 km all'anno. Dopo la decolonizzazione, il massacro immediato della fauna (a scopo alimentare o per
vendere pelli, zanne, trofei a qualsiasi prezzo) è stato automatico in tutta l'Africa: si raccomanda di rivedere il già citato film di Jacopetti. - Con una
diminuzione economica globale del 2,6% all'anno a partire dalla decolonizzazione, l'Africa nera ha praticamente cessato di essere un fattore
significativonell'economia mondiale.
Tutto questo ha da essere visto alla luce della particolare mentalità dell'aborigeno africano (e non soltanto, come certuni sostengono, del suo basso
livello di intelligenza quale è dato dai test di quoziente di intelligenza). Il Negro non riesce a concepire assolutamente come ci possa essere una
concatenazione logica fra lavoro e produzione e fra produzione e ricchezza - e tanto meno, non avendo alcuna percezione del futuro, egli può dare
importanza al risparmio. Di massima, la ricchezza è per lui qualcosa di 'piovuto dal cielo': chi ne ha è perchè è stato più forte o più furbo per prendersela
prima o a dispetto degli altri. Quindi nessun diritto morale di qualcuno a avere più di un altro: si tratta solo di fortuna o di sopraffazione. A chi ha, si può
togliere: con l'unica limitazione costituita dalla sua abilità e forza nel difendere i suoi averi. Quindi la proprietà - sia pure acquisita con mezzi leciti - non è
mai, per il Negro, un fatto etico (sia qui rapidamente osservato che in ciò il marxismo si accosta alla visione dei Naturvölker). È questa psicologia (tanto
importante come la proverbiale incapacità tecnica e l'indolenza dell'Africano) a far sì che mai e in nessun modo esso possa inserirsi in una compagine
economica la cui struttura è determinata da una forma mentis europea. Gli 'aiuti umanitari' gettati a piene mani in Africa grazie al contribuente bianco e
alle donazioni di tanti benintenzionati dalle idee confuse non potevano se non cadere in un pozzo senza fondo.