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Discussione: Il popolo Dogon

  1. #11
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    Predefinito Rif: Il popolo Dogon

    E del popolo Topòn ne vogliamo parlare?

  2. #12
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    Predefinito Rif: Il popolo Dogon

    Ciao Shambler!

  3. #13
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    Predefinito Rif: Il popolo Dogon

    Citazione Originariamente Scritto da Shambler Visualizza Messaggio
    E del popolo Topòn ne vogliamo parlare?
    Ehilà, Shambler...

    Un salutone a questo storico e cricetale utente, per chi non lo sapesse accanito cultore della teoria della terra cava , si imponeva davvero...
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 21-12-12 alle 01:13
    "Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)

  4. #14
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    Predefinito Rif: Il popolo Dogon

    Citazione Originariamente Scritto da Tomás de Torquemada Visualizza Messaggio
    Ehilà, Shambler...

    Un salutone a questo storico e cricetale utente, per chi non lo sapesse accanito cultore della teoria della terra cava , si imponeva davvero... )
    Mi ricordo, sulla vecchia POL...

    R.
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 21-12-12 alle 01:13

  5. #15
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    Predefinito Re: Rif: Il popolo Dogon

    DOPO DIO, IL SENO


    Villaggio dogon


    Nel cuore dell'ansa del Niger, una falaise rocciosa si affaccia per più di 70 chilometri sull'altopiano che digrada lentamente verso le regioni settentrionali del Burkina Faso. È la falaise di Bandiagara. È qui, all'ombra di questa muraglia, che abitano i Dogon, una delle popolazioni più conosciute del Mali e in generale dell'Africa.

    I villaggi dogon più caratteristici - quelli che si vedono nelle cartoline e nei reportage sul paese - sorgono ai piedi di questa falaise. In alto, sulla roccia che sovrasta le case, ci sono le grotte. In passato ci vivevano i Tellem, un popolo di pigmei che con acrobatiche manovre di corde riuscivano a raggiungere le grotte che costituivano le loro abitazioni. I Tellem vennero poi "invasi" dai Dogon e finirono per spostarsi verso sud, raggiungendo - forse - le foreste dell'Africa centrale. Oggi dentro quelle grotte i Dogon seppelliscono i loro morti.

    I villaggi dogon sono pesantemente caricati di simbologia. Di solito sono orientati da nord verso sud e la loro pianta rappresenta il corpo umano. La testa è la To-guna, la Casa della Parola, dove gli anziani si riuniscono per prendere le decisioni più importanti; accanto c'è la fucina in cui lavorano i fabbri, misteriosi manipolatori del ferro, simili agli stregoni.

    Il petto, per continuare nella rappresentazione antropomorfica, è costituito dalle case delle famiglie con i granai. La mano destra è la Casa delle Donne, e queste ultime vi si rinchiudono durante il periodo mestruale, quando sono impure. Infine, la pietra usata come frantoio rappresenta gli organi genitali femminili, mentre il feticcio dei villaggio, dalla caratteristica forma fallica, simboleggia l'organo maschile. Gli altari del villaggio, sotto, sono i piedi.

    Ma non è finita. Perché il simbolismo dogon raggiunge ogni più piccolo e all'apparenza insignificante oggetto: il paniere intrecciato, con la base quadrata e l'apertura tonda, se capovolto rappresenta l'universo, perché il cielo è quadrato e la terra rotonda. I principali elementi dei granai simboleggiano gli otto organi della forza vitale di Nommo, emanazione dei dio supremo. I solchi nei campi sono tracciati a serie di otto e sempre in direzione est-ovest.

    Anche i pilastri della To-guna sono ricchi di simboli: l'antilope, apportatrice di vita, la volpe, il coccodrillo e, soprattutto, il seno femminile. Perché, come sintetizzano efficacemente i Dogon, "dopo Dio c'è il seno". (Marco Aime)


  6. #16
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    Predefinito Re: Il popolo Dogon

    La parte più importante della vita spirituale e sociale dei Dogon consiste nel culto e nella danza della maschera, che trova la sua espressione più caratteristica durante i funerali con i "canti della morte", che durano due giorni e devono essere eseguiti integralmente e senza alcuna omissione: in caso di errore, occorre ricominciare. Questi canti rituali hanno una struttura arcaica e quindi di difficile comprensione, gli esecutori hanno pertanto l'obbligo di non rivelarne il significato. Se i riti non vengono celebrati secondo la tradizione, lo spirito del defunto rimane errante e si teme possa ritornare nel villaggio con lo scopo di nuocere.

    Quando qualcuno va a porgere le condoglianze alla famiglia del defunto, prima di entrare nel villaggio, prende alcune foglie e le depone a terra con un sasso sopra per indicare al morto che non deve entrare. Con una processione funebre simbolica, il Dama, le maschere vanno a prendere il defunto nella casa dove viveva e lo accompagnano nella terra degli antenati immortali. Poi ritornano, serpeggiando attraverso le colline fino alle strade del villaggio. Qui iniziano la danza, con la quale distribuiscono tra i vivi la forza vitale del defunto, il benefico Nyama. Cosi la forza dei loro morti protegge i vivi.

    Per quanto strano possa sembrare, la birra è un elemento importante nei riti funebri dogon. I funerali sono molto costosi e, per contenere le spese, le famiglie che hanno avuto un lutto durante l’anno, li celebrano collettivamente nel periodo in cui non sono impegnati nel lavoro dei campi. La salma non viene sepolta, ma avvolta in una coperta prima di essere posta in grandi grotte comuni: all'interno di un villaggio esistono numerose grotte in cui i defunti vengono riuniti Questo lascia i morti in una sorta di limbo che crea scompiglio nei villaggi, scompiglio che può essere placato attraverso la libagione della birra, di cui i morti vengono ad abbeverarsi. Per questo l’ebbrezza in generale viene considerata positiva, perché placa i defunti portatori di confusione. "Anzi, per i vecchi ubriacarsi è quasi un dovere: perché è un disordine apparente che contribuisce al ristabilimento dell’ordine” (Marcel Griaule).

    I Dogon non si aspettano dall’aldilà nessun compenso. Non considerano la propria vita cattiva, e imparano nel loro mondo ben ordinato che si è subito ricompensati per la bontà, così come si paga subito per il male che si compie, senza dover aspettare un giudizio dopo la morte. Il paradiso dei Dogon, dove risiedono i defunti, assomiglia alla loro terra: i villaggi sono come quelli in cui vivono, i ricchi sono ricchi, i poveri sono poveri. Tutti vivono insieme alle loro famiglie, piantando miglio e cipolle come hanno fatto sulla terra. Nell’arido sottobosco vi sono gli stessi alberi, anche se i frutti hanno un colore più bello, più smagliante, cosicché i morti possano dire di trovarsi in paradiso e non più nella terra dei Dogon.



  7. #17
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    Predefinito Re: Il popolo Dogon

    Del popolo Dogon e delle ricerche di Marcel Griaule ne avevo sentito parlare, ma non avevo mai approfondito la questione. Oggi, leggendo qualche riga su questo forum, riguardo a certe conoscenze che hanno sulle stelle impossibili se non in possesso di strumenti moderni di osservazione astronomica, mi sono venute in mente alcune osservazioni. Al di fuori, che determinate conoscenze che hanno non non sono certo merito di presunti extra-terrestri provenienti da Sirio, cosa che per me è una concezione totalmente assurda e inconcludente. All’opposto sono convintissimo che questo popolo, conserva conoscenze che provengono da molto lontano nel tempo, senza adesso specificarne la portata. Interessante è il rito funerario che deve essere eseguito sul corpo del defunto affinché esso sia libero e non nuoca alla collettività. Non c’è bisogno di dire che i riti funerari – se compiuti in conformità all’ordine legittimo (non certo le….cerimonie laiche sui defunti) hanno il preciso scopo (anche) di “dissolvere” il composto psichico che all’opposto permarrebbe nei luoghi. Pensiamo a questo proposito alle “case infestate”… A suo tempo facemmo delle ricerche in questo senso, nella zona di Firenze, scoprendo dati interessanti, così come sulla battaglia di Campaldino vicino Poppi in Toscana…..ma ce ne sarebbe tantissime altri da indicare. Interessante anche la forma delle ceste - di cui vi è qui una significativa immagine – che per me rappresenta una prova in più di una lontanissima origine tradizionale di questo popolo: essa rappresenta, con la forma quadrata della base e quella tonda della sommità, una delle rappresentazioni tipologiche della Terra e del Cielo o del Paradiso terrestre e Paradiso celeste di cui si trovano gli esempi in tutte le tradizioni ortodosse dell’umanità. Interessante anche la danza nel filmato, e i costumi dei danzatori. Mi soffermo solo sullo strano copricapo di essi che è una rappresentazione stilizzata della croce e in particolare dello Swastika (ricordo che nel dialetto indo-tibetano lo Swastika è di genere maschile) di cui si trovano rappresentazioni e forme in tutte le tradizioni. Sia detto en-passant: il termine “tradizione” che i moderni applicano in ogni dove; “è tradizione la festa paesana”; è tradizione riunirsi ogni anno, ecc, ecc, rappresenta un vero e proprio abuso di linguaggio che non ha nessun senso. Questo denota l’incomprensione di un sentimentalismo deleterio e inconsistente. Come ho scritto in altra parte di questo forum, per poter trovare dei punti di incontro, bisogna prima essere d’accordo sull’impiego di alcuni termini, o ogni discorso risulta vano...

  8. #18
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    Predefinito Re: Il popolo Dogon

    Citazione Originariamente Scritto da Xserses Visualizza Messaggio
    Interessante anche la forma delle ceste - di cui vi è qui una significativa immagine – che per me rappresenta una prova in più di una lontanissima origine tradizionale di questo popolo: essa rappresenta, con la forma quadrata della base e quella tonda della sommità, una delle rappresentazioni tipologiche della Terra e del Cielo o del Paradiso terrestre e Paradiso celeste di cui si trovano gli esempi in tutte le tradizioni ortodosse dell’umanità.

    A proposito dei cesti dogon, scrivono Charles Jencks e Georges Baird (Il significato in architettura, Dedalo ed. 1992)…

    I fenomeni materiali e spirituali della vita dei Dogon si corrispondono reciprocamente cosicché è quasi impossibile descriverli con le nostre parole che tendono a dividere e classificare. Essi considerano anche l'oggetto più banale come parte di un sistema panteistico. Il bellissimo cesto intrecciato che la donna dogon adopera per portare il grano e le cipolle sulla propria testa e come unità di misura, ha un fondo quadrato e un bordo rotondo; il cosmo è rappresentato dal cesto capovolto: il sole è rotondo e il cielo in alto è quadrato, II granaio divino in cui Nommo portò alla terra tutti gli animali, le piante, e i vari tipi di grano, ha la forma del cesto capovolto, come pure i granai in cui i Dogon ammucchiano i loro cibi durante i lunghi mesi tra le mietiture. L'uso di un granaio o di un cesto di forma diversa disturberebbe i rapporti tra il sole e il cielo, e infetterebbe le piogge annuali. I granai rimarrebbero vuoti, e la continuità della creazione con la presente generazione verrebbe sconvolta.



  9. #19
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    Predefinito Re: Il popolo Dogon

    Da quanto riporti, mi sembra chiaro che non entri in contrasto con le deduzioni, circa l’origine primordiale della simbologia e cosmogonia Dogon. Sono stati toccati dal modernismo solo in parte, poiché non si spiegherebbe altrimenti che tali nozioni tradizionali siano arrivati pressoché intatti fino a noi. Vi è da rimarcare che lo Swastika, che è uno dei simboli del Polo, è presente, in forme e rappresentazioni diverse, in tutte le epoche e antiche civiltà, e non c’è nemmeno bisogno di ricordare, che non si prende in nessunissima considerazione, l’uso deleterio e anti-tradizionale fatto dai razzisti tedeschi, durante l’ultima guerra. Importante è anche la simbologia dell’Arca rappresentata dal cesto, in cui Nommo salvò i germi del ciclo futuro, in occasione del cataclisma cosmico. In effetti, le tradizioni ortodosse del presente ciclo umano, indicano che, al concludersi del presente Kali Yuga, che è anche la fine dell’attuale Manvantara, nel cataclisma finale che segna la fine di “un mondo” (non “del mondo” cosa ben diversa) verranno trasmessi i germi autentici del ciclo, in una nuova terra e nuovi cieli.

 

 
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