Al via entro febbraio la fabbrica militare di cannabis terapeutica - Corriere.it


Nessun imbarazzo: «Tutto sommato questo intervento nel settore della cannabis rientra in modo organico e fisiologico nel quadro delle nostre attività per sopperire alle carenze di medicinali a livello nazionale». Negli uffici al primo piano della palazzina bianca di via Giuliani, quartiere Rifredi di Firenze, i riflettori dei media puntati addosso e le polemiche dei mesi scorsi non sembrano impensierire il generale Giocondo Santoni, direttore dello Stabilimento chimico farmaceutico militare, che fa parte dell' Agenzia industrie difesa (AID). Dentro la cittadella, la vita scorre tranquilla anche per lo staff di militari e civili dell'unica azienda farmaceutica dello Stato.


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La fabbrica militare della cannabis terapeutica




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Chi lavora nella fabbrica

In base all'accordo di collaborazione siglato il 18 settembre scorso, i ministeri della Salute e della Difesa hanno affidato allo Stabilimento il delicato compito di produrre i 100 chilogrammi di cannabis terapeutica l'anno stimati come fabbisogno nazionale (56 i chilogrammi importati nel 2014). E gli uomini con le stellette sono consapevoli di vivere un'occasione irripetibile: «Siamo tutti professionisti dell'ambito chimico-farmaceutico, ma ovviamente il nostro approccio non è così neutro - ammette il direttore - . È una situazione decisamente stimolante, anche dal punto di vista culturale e scientifico. L'obbiettivo e l'auspicio è di dare un esempio di come la pubblica amministrazione funzioni bene e possa diventare addirittura un modello da esportare». Conferma il generale Gian Carlo Anselmino, direttore dell'Agenzia industrie difesa: «Lo Stabilimento farmaceutico militare di Firenze è una vera eccellenza italiana ed è un unicum in campo europeo, non solo con la produzione dei cosiddetti farmaci orfani o difficilmente reperibili, ma ora anche con il progetto della cannabis ad uso terapeutico».

Quando si arriverà a regime con la produzione

Assieme al colonnello Antonio Medica, responsabile della Produzione, e al primo maresciallo Camillo Borzacchiello, entriamo nel "cuore" dello stabilimento. Comandate da una tastiera a codice, le porte scorrevoli dell'ingresso si aprono su un lungo corridoio di mattonelle rosse. A metà circa, svoltiamo nel padiglione della "Sezione Forme Solide, Liquide e Prodotti Industriali". In fondo, una porta a vetri con i maniglioni antipanico segna il confine della nuova area "riservata" alla coltivazione della canapa. I lavori sono a buon punto ed entro fine mese dovrebbe essere pronta la serra-pilota. «Dobbiamo partire con una produzione di tipo sperimentale - spiega il colonnello Medica - . È il primo passo per completare l'iter autorizzativo e amministrativo previsto». Se ministero della Salute e Agenzia italiana del farmaco daranno il nullaosta a questo primo nucleo, entro l'estate dovrebbe entrare a regime una serra di 50 metri quadrati. Per raggiungere il traguardo di un quintale di prodotto finito all'anno bisognerà allestire altre serre e i responsabili dello Stabilimento hanno già pronta un'area di 600 metri quadrati nello stesso capannone dove fino agli anni 80 si fabbricava sapone. Il via definitivo? «Secondo me, - calcola il generale Santoni - se parliamo di capacità produttiva complessiva dovremo aspettare almeno la fine del 2016».


Come si producono le medicine

La nuova area produttiva ha già preso forma: porte da laboratorio farmaceutico, con un sistema di interblocco che consente di aprirne solo una alla volta per evitare l'inquinamento dei locali; spogliatoi per il personale che dovrà indossare camici, mascherine e guanti. L'intero complesso avrà tutta una serie di sistemi di sicurezza, di accessi e di controlli. Alla serra potrà accedere solo personale munito di badge, monitorato da impianti di videosorveglianza. Come si svolgerà il processo di lavorazione? «Il ciclo di sviluppo della pianta di cannabis sativa dura mediamente dai 90 ai 110 giorni - spiega Medica - . Viene fatto il raccolto, tagliando solo la parte che ci interessa, cioè le infiorescenze femminili non fecondate. Le infiorescenze sono messe ad asciugare in un essiccatoio, in una stanza dove un impianto di trattamento immette aria a bassissimo contenuto di umidità. Poi si passa alla fase di lavorazione vera e propria sotto una cappa a flusso laminare di aria, che garantisce un ambiente sterile. Infine, le infiorescenze vengono macinate in un box dove sarà montato un mulino. Quindi gli operatori prenderanno il principio attivo ottenuto, lo peseranno e lo confezioneranno in contenitori da 5 grammi. I flaconi o le bustine saranno etichettate, conservate in un'area blindata e pronte per la distribuzione».


Il farmacista deve preparare le dosi

Lo Stabilimento riceverà gli ordini dalle farmacie e provvederà alla consegna anche tramite distributori esterni. «Sarà compito del farmacista preparare le dosi - precisa Medica - . Sappiamo che in base al tipo di patologia sono previsti dosaggi diversi. Ecco perché non possiamo fare il prodotto finito, come è accaduto altre volte. I quantitativi medi di prodotto essiccato variano dai 20 ai 100 milligrammi al giorno per paziente, pari a 30-35 grammi l'anno per paziente. Quindi i 100 chili di produzione previsti dal ministero della Salute dovrebbero essere sufficienti a coprire le prime esigenze». Quanto costa l'intero progetto? L'Agenzia industrie difesa preferisce non rispondere. «Grazie alla vendita del prodotto, - dice il generale Santoni - gli investimenti saranno ammortizzati nel giro di pochi anni e potrebbero essere reinvestiti per sviluppi futuri».