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    Predefinito Mussolini non ha ucciso Matteotti, Arrigo Petacco

    Mussolini non ha ucciso Matteotti, Arrigo Petacco

    Video: Passaparola: Mussolini non ha ucciso Matteotti, Arrigo Petacco


    Arrigo Petacco- Buongiorno cari amici, io sono Arrigo Petacco e sono stato invitato a parlare, per il vostro blog, di un caso molto clamoroso, anche essere un po’ vecchio: il caso Matteotti e vi dico la mia opinione.
    Blog- Un momento di svolta del fascismo fu il delitto Matteotti del 1924 dopo il quale fu, in modo aperto, istituita la dittatura, ma Il Duce affermò di essere totalmente estraneo al delitto Matteotti.e che i mandanti del delitto andavano ricercati presso certi putridi ambienti finanziari e capitalisti, sui quali era in corso una indagine riservata; senza però fare nomi e senza precisare a quali ambienti si riferisse. Lei pensa che Mussolini sia stato veramente estraneo al delitto?
    Arrigo Petacco- Ne sono certissimo, quel delitto è molto strano, anche se poi ci hanno versato sopra valanghe di propaganda e di bugie, etc.
    È un delitto stranissimo perché io, che oltre lo storico ho fatto anche il giornalista di cronaca nera, ho seguito il fatto come è accaduto veramente, senza tutto il ciarpame che ci hanno fatto sopra.
    Il fatto è questo, un pomeriggio di Domenica, Matteotti passeggia del lungo Tevere arriva una macchina, una Lancia Lamda con tanto di targa che il portiere si affretta anche a registrare, scendono giù 4 manigoldi, squadristi e lo caricano in macchina, non gli sparano, non lo ammazzano, lo caricano in macchina, evidentemente è solo un rapimento, solo che durante il tragitto in macchina, il Matteotti cacciato addirittura a forza sotto il seggiolino posteriore della macchina, scalcia, era un uomo forte robusto e coraggioso, scalcia, smadonna, addirittura morde i polpacci di quelli che gli stanno seduti sopra, alla fine uno dei 4 con una mano trova sotto il lunotto posteriore una lima arrugginita e con quella colpisce alla testa Matteotti e lo uccide.
    Mussolini nel 24 ha ottenuto il 68,8% dei voti vi rendete conto? Altro che violenza e che minaccia! E i socialisti, il povero Matteotti era al 18-20 %. A questo punto la domanda che faccio io è: voi pensate che, 10 giorni prima che aveva stravinto le elezioni politiche, il capo del governo, non ancora dittatore, per fare uccidere il capo dell’opposizione manda 4 manigoldi con una lima arrugginita? Ecco, io proprio per questo non ho mai creduto che Mussolini avesse fatto il delitto.

    Blog- Nel libro “La storia ci ha mentito” lei fa riferimento a testimonianze di Edda Ciano, figlia di Mussolini, che farebbero pensare alla volontà del Duce di un riavvicinamento al Partito socialista di allora per un governo di pacificazione nazionale, è una tesi plausibile?
    Arrigo Petacco- Non c’è dubbio, ma anche lo stesso De Felice lo riconosce, solo che c’è stata tutta questa retorica antifascista che ha confuso le idee a tutti, Mussolini in quel periodo lì voleva agganciare la parte morbida del socialismo, in molti erano già d’accordo con lui a entrare nel governo, solo che la lotta era tra gli estremisti fascisti e gli estremisti socialisti.
    E sono i due estremisti che cercavano di staccare Mussolini dalla sinistra, a destra avevano paura che Mussolini aprisse ai socialisti e gli estremisti fascisti avevano la stessa paura, quindi ci fu praticamente una specie di accordo virtuale tra gli estremisti di destra e di sinistra per impedire l’incontro tra socialisti e fascisti moderati.
    Questo delitto non si è mai spiegato bene e probabilmente aveva ragione Mussolini, perché lui si occupò di quella indagine ancora nel 43, quando era ancora a villa Feltrinelli a Salò, gli bruciava questa accusa che lui ha sempre respinto per tutta la sua vita e francamente a mio parere aveva perfettamente ragione! Lui fu casomai vittima di uno scontro tra la destra estremista fascista e la sinistra estremista sociale comunista che volevano impedire a Mussolini di creare un governo moderato, perché Mussolini in quei giorni lì sognava ancora di avvicinare i socialisti moderati e fare un partito con loro.

    Blog- Mussolini ebbe a dire che Matteotti era “un cadavere gettato davanti ai miei piedi per farmi inciampare”. Chi aveva interesse a farlo?
    Arrigo Petacco- Io penso che, come ho detto prima, questo cadavere servì moltissimo a alla destra reazionaria, quella per intenderci di Farinacci e altri che voleva impedire i Mussolini di avvicinarsi a socialisti, tanto è vero che dopo poco nacque la dittatura. Quindi Mussolini fu spinto,come dire a destra da chi voleva impedirgli il suo avvicinamento ai socialisti e la situazione fu tale che a un certo punto lui stesso fu io dico costretto a proclamare la dittatura il 3 gennaio del 1925 in quella occasione lì,visto che non riusciva più a liberarsi di questa colpa, fece un discorso alla camera in cui disse se i fascisti sono una massa di delinquenti io sono il comandante di questa banda di delinquenti e da quel momento comando io, cioè praticamente da quel momento ci fu la dittatura.
    Blog- Possono esserci delle attinenze dal punto di vista storico tra i delitti Moro e Matteotti?
    Arrigo Petacco- Con un po’ di fantasia forse sì, perché anche Moro fu ucciso perché voleva aprire ai comunisti e quindi sì, c’è qualche affinità, però è un po’ difficile volere collegare i due episodi.
    Blog- Alla fine rimangono in piedi almeno tre ipotesi: Matteotti venne ucciso perché si apprestava a rendere di pubblico dominio intrighi e traffici sporchi di autorevoli personaggi del governo, coperti da potenti coalizioni finanziarie. Oppure Matteotti venne ucciso perché era uno dei principali esponenti del partito socialista, al quale Mussolini meditava di rivolgersi affinché non impedisse la formazione di un nuovo governo basato sulla più stretta collaborazione con la Confederazione generale del lavoro e con le masse operaie. L’ultima per il coraggioso discorso in Parlamento in cui accusava il fascismo di aver manipolato i risultati elettorali. " [...] Contestiamo in questo luogo e in tronco la validità delle elezioni della maggioranza. [...] L'elezione secondo noi è essenzialmente non valida, e aggiungiamo che non è valida in tutte le circoscrizioni. [...] Per vostra stessa conferma (dei parlamentari fascisti) dunque nessun elettore italiano si è trovato libero di decidere con la sua volontà... [...] Vi è una milizia armata, composta di cittadini di un solo Partito, la quale ha il compito dichiarato di sostenere un determinato Governo con la forza, anche se ad esso il consenso mancasse."
    Qual è la sua opinione a riguardo? Ci sono altre ipotesi?

    Arrigo Petacco- Io credo soprattutto che una soluzione precisa non esiste, perché francamente Mussolini cercò in tutti i modi di scoprire, anzi pare che nel '43 ai tempi di Salò avesse già individuato gli industriali che avevano organizzato il colpo e si trattava tra l’altro di industriali tutti genovesi, così almeno diceva lui, la mia opinione a riguardo è che Mussolini fu coinvolto involontariamente nel delitto Matteotti, lui non c’entrava affatto, non aveva nessun motivo per uccidere il capo dell’opposizione, che aveva battuto clamorosamente alle elezioni di un mese prima, la mia ipotesi su un delitto è un’altra, intanto non volevano ucciderlo, con qualche ricatto, a denunciare quei documenti che pare che avesse in possesso, per denunciare una compagnia petrolifera americana che faceva delle trivellazioni in Puglia proprio in quel periodo lì, ma anche questa è ipotesi molto vaga. Per il resto è tutta fantasia politica e strumentalizzata che ha praticamente falsato questa vicenda. Comunque il delitto Matteotti fu casuale, non era premeditato, questo è molto chiaro.
    Passate parola.


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    Predefinito Re: Mussolini non ha ucciso Matteotti, Arrigo Petacco

    Grande intervista. Chiarisce che il Duce voleva veramente questo accordo con il Partito Socialista. Poi il fatto che stesse ancora indagando sul delitto Matteoti ancora nel 1943, indica che il Duce non poteva aver ordito il sequestro di Matteoti.
    Interessante il fatto che sia stato pubblicato sul sito del Movimento 5 Stelle. Oggi compare una frase di un tale Emil Cioran, intellettuale vicino al fascismo mi pare. A ottobre ci fu un discorso della senatrice M5S Paola Taverna in cui veniva lodato il Duce per aver introdotto lo stato sociale.
    Certe cose se dette dal Movimento 5 Stelle aiutano a portare in buona luce il fascismo, in una prospettiva non più becera ed exnofoba, se il movimento grillino ha sposato tra le sue battaglie il revisionismo storico, apprezziamo l' iniziativa. Doverosa dopo la caduta in basso dei pseudo-fascisti andati al seguito di Matteo Salvini.
    Ultima modifica di Avanguardia; 25-11-14 alle 11:04
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    "NELLA MIA TOMBA NON OCCORRE SCRIVERE ALCUN NOME! SE DOVRO' MORIRE, LO FARO' NEL DESERTO, IN MEZZO ALLE BATTAGLIE." Ken il Guerriero, cap. 27. fumetto.

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    Predefinito Re: Mussolini non ha ucciso Matteotti, Arrigo Petacco

    Delitto Matteotti, il mandante fu il re non Mussolini

    Una sporca questione di petrolio - di Marcello Staglieno
    La mattina del 12 giugno 1924, sui giornali di tutt’Italia, comparve il primo annuncio della scomparsa di Giacomo Matteotti, rapito due giorni prima sul Lungotevere Arnaldo da Brescia in Roma, poco lontano dalla sua abitazione al numero 21 di via Pisanelli, da una banda di squadristi (la Ceka del Viminale) composta da Amerigo Dumini, Giuseppe Viola, Augusto Malacria, Albino Volpi e Amleto Poveromo. Cominciò per il fascismo la più grave delle crisi. Soprattutto dopo il ritrovamento della salma (il 16 agosto nel bosco della Quartarella a 23 chilometri da Roma) molti fascisti si tolsero il distintivo dall’occhiello, strapparono le tessere e la pubblica opinione prese a guardare con simpatia le opposizioni che, con sconsiderato autolesionismo, avevano però abbandonato la Camera nella sterile “secessione aventiniana”.
    I dubbi di De Felice sulla colpevolezza del “duce”. Secondo la vulgata della storiografia postbellica, il mandante del delitto fu Mussolini, come anche sostiene Mauro Canali nel suo ampio saggio Il delitto Matteotti (Il Mulino 1997). Il 31 maggio - dopo un acceso intervento del deputato socialista alla Camera contro il clima di violenza in cui si erano svolte le elezioni del 6 aprile conferendo la maggioranza al “listone” fascista – il “duce” era furente. “Cosa fa questa Ceka? Cosa fa Dumini? Quell’uomo non dovrebbe più circolare…”, pare avesse detto. Renzo De Felice tuttavia mai credette che fosse il mandante del delitto.
    La tesi di una “lezione” da dare a Matteotti (morto all’improvviso per le percosse durante il rapimento come verrà sostenuto durante un processo-farsa a Chieti nel 1926) gli parve controproducente per Mussolini, “troppo buon tempista, troppo buon politico per non rendersene conto. È possibile pensare che, se anche avesse impartito l’ordine, in undici giorni la collera non gli sarebbe sbollita e non si sarebbe reso conto delle conseguenze politiche di un simile atto?”. Mussolini aveva fatto bastonare Giovanni Amendola e Piero Gobetti, ma non era un assassino: ne era convinto lo stesso Benedetto Croce che, il 24 giugno, fu il promotore del voto di fiducia al governo. Per di più, precisava De Felice, Mussolini si stava apprestando a un’apertura a sinistra, in un governo lib-lab in cui portare il “popolare” Filippo Meda alle Finanze; Argentina Altobelli all’Agricoltura; il genovese Lodovico Calda (amministratore del quotidiano socialista “Il Lavoro”) o il sindacalista Alceste De Ambris all’Assistenza sociale; e addirittura lo stesso Amendola, qualora avesse accettato, all’Istruzione. Né vi avrebbe escluso i confederali della CGdL (Confederazione Generale del Lavoro) per staccarli dai comunisti com’era risultato evidente, il 7 giugno 1924, dal suo discorso alla Camera.
    Tangenti sul petrolio a importanti uomini del fascismo. Sempre secondo De Felice, il movente del delitto doveva essere un altro: sopprimere Matteotti per sottrargli documenti da lui raccolti, e che avrebbe divulgato l’11 giugno alla Camera, su loschi affari petroliferi che coinvolgevano influentissime personalità del fascismo cui una società petrolifera americana, la Sinclair, aveva versato “tangenti” pari a 150 milioni per ottenere in esclusiva i diritti delle ricerche in Italia. Essi erano: Emilio De Bono, comandante della PS e della MVSN (Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale); il sottosegretario agli Interni Aldo Finzi (destinato a morire alle Fosse Ardeatine); il segretario amministrativo del PNF Giovanni Marinelli (finirà fucilato il 13 gennaio 1944 a Verona con gli altri “traditori” del 25 luglio 1943, lo stesso De Bono, Ciano, Gottardi e Pareschi); il capo ufficio stampa della presidenza del Consiglio Cesare Rossi; il giornalista Filippo Filippelli, direttore del “Corriere italiano” (controllato nell’assetto proprietario da Finzi). Per di più, uccidendo il deputato socialista, essi avrebbero impedito quell’”apertura a sinistra” che li avrebbe comunque travolti.
    Il movente secondo Matteo Matteotti: il re e la Sinclair. Seguendo questa duplice pista, Matteo Matteotti ebbe via via nuovi elementi, sull cui base finì per convincersi che il principale mandante del delitto, attraverso De Bono, poteva essere il re, per via d’interessi petroliferi correlati sempre al gruppo Sinclair. Nell’intervista che, grazie a De Felice, mi rilasciò nel novembre 1985 per “Storia Illustrata”, mi spiegò che ricevette da Giancarlo Fusco un articolo da questi pubblicato il 2 gennaio 1978 su “Stampa sera”.
    Precisandomi: “Nell’autunno del 1942, Aimone di Savoia duca d’Aosta raccontò a un gruppo di ufficiali che nel 1924 Matteotti si recò in Inghilterra [del viaggio riferirono i giornali dell’epoca] dove fu ricevuto, come massone d’alto grado, dalla Loggia The Unicorn and the Lion. E venne casualmente a sapere che in un certo ufficio della Sinclair, ditta americana associata all’Anglo Persian Oil, la futura BP, esistevano due scritture private. Dalla prima risultava che Vittorio Emanuele III, dal 1921, era entrato nel register degli azionisti senza sborsare nemmeno una lira; dalla seconda risultava l’impegno del re a mantenere il più possibile ignorati (covered) i giacimenti nel Fezzan tripolino e in altre zone del retroterra libico”. In relazione alla prima scrittura privata, Matteo Matteotti aggiunse che essa faceva comprendere come fosse “passato” tanto rapidamente il RDL sullo sfruttamento da parte della Sinclair del petrolio reperibile nel territorio italiano, in Emilia e in Sicilia. Si trattava del RDL n.677, in data 4 maggio 1924,nel quale l’articolo primo afferma: ‘È approvata e resa esecutiva la convenzione stipulata nella forma di atto pubblico, numero di repertorio 285, in data 29 aprile 1924, fra il ministero dell’Economia nazionale [presieduto da Corbino] e la Sinclair Exploration Company’. Le firme sono quattro: Vittorio Emanuele, Corbino, De Stefani, Ciano”.
    Una clausola del 1923: non cercare petrolio in Libia.
    I contenuti dell’accordo – noto come “convenzione Sinclair -Corbino” - erano stati ampiamente enfatizzati il 15 maggio da un perentorio comunicato della presidenza del Consiglio, ovvero redatto da Rossi (mentre Mussolini stava inaugurando in Roma la conferenza internazionale sull’emigrazione dopo aver trascorso l’ultima settimana in Sicilia), e poi illustrati, il 16 maggio, sul “Corriere italiano” da quella buona lana, si fa per dire, di Filippelli. Tuttavia, nonostante la firma del re, Mussolini – che già nel febbraio 1924 pur aveva avocato a sé ogni decisione in proposito - congelò tutto. E il 20 novembre 1924 incaricherà una Commissione che, valutati attentamente i termini dell’accordo con la Sinclair, il 4 dicembre lo invaliderà totalmente anche per uno scandalo che, negli Usa, stava per travolgerne il titolare, Harry Sinclair. Era poco esperto di petrolio, Mussolini: si fidava di quanto scriveva lo stesso Luigi Einaudi (sulla convenienza di comprare l’”oro nero” all’estero piuttosto che spendere milioni per cercarlo): perciò non lo insospettì una singolare clausola apposta in una relazione governativa del 19 luglio1923 dove, pur invocando la necessità di effettuare trivellazioni nelle Colonie, escludeva proprio la Tripolitania.
    Un delitto premeditato e le prove su De Bono. “De Bono volò da Vittorio Emanuele III” mi disse Matteo Matteotti “a raccontargli quanto Matteotti aveva scoperto, e i due si accordarono sulla necessità di ucciderlo anziché bastonarlo soltanto e di asportare dalla sua borsa i famigerati documenti. L’8 giugno De Bono convinse Dumini ad eseguire tutto ciò, mediante una somma di denaro, e due giorni dopo Matteotti fu rapito e assassinato. Né si sentì più parlare dei documenti riguardanti il patto fra il re e la Sinclair. Mio padre venne ucciso in modo premeditato con tre colpi di lima da Amleto Poveromo. Me lo confessò, piangente e pentito, Poveromo in persona nel carcere di Parma dov’ero andato a trovarlo nel gennaio 1951, poco prima della morte di lui. Mio padre aveva con sé quei documenti, che sparirono nel nulla”. Essi vennero presi in consegna da Dumini (lo dichiarerà lui stesso ai giudici nel secondo processo a Roma l’8 febbraio 1947) e finirono in mano di De Bono, come dimostra il testo registrato di una conversazione telefonica di questi con il questore di Roma, Bertini, la sera del 12 giugno subito dopo l’arresto, nella stazione della capitale, dello stesso Dumini.
    Un’ulteriore prova in tal senso la fornì De Felice, pubblicandola.
    Essa consiste in una “riservatissima” relazione di polizia consegnata allo stesso De Bono il 14 giugno 1924, ma con il tono di comunicargli cose che lui già conosceva. Lo informava del fatto che “l’on. Turati sarebbe in possesso di parte dei documenti originali e di parte delle fotografie di altri che possedeva il Matteotti e riguardanti affari diversi (’Sinclair’; speculazioni borsistiche; case di giuoco ed un ‘affare’ di Udine)”, aggiungendo che “il Comm. Filippelli – del “Corriere italiano” avrebbe concorso alla soppressione del Matteotti volendo rendere un servizio a S.E.Finzi ed al Fascismo”.
    La vera colpa di Mussolini: il processo-farsa del 1926.Informato del delitto da De Bono l’11 giugno: “Stanno gettandoti addosso le responsabilità”, Mussolini rispose: “Questi vigliacchi mi vogliono ricattare!”.
    Il ricatto consisteva nell’impedirgli proprio quel nuovo governo di svolta a sinistra , mettendolo alla mercè dell’estremismo squadrista che lui intendeva liquidare, ma sul quale invece avrebbe dovuto almeno temporaneamente riappoggiarsi per non essere spazzato via dalle opposizioni e dalla pubblica opinione. Il 14 giugno destituì Rossi e Finzi, costrinse alle dimissioni Corbino.
    Quanto a De Bono - ”quadrumviro”, senatore e troppo vicino al re - non poté liberarsene del tutto, ma lo esautorò da ogni incarico. La sua colpa sta nell’avere tollerato il processo-farsa istruito a Chieti dal 16 al 24 marzo 1926: Dumini, difeso da Farinacci, ebbe con Volpi e Poveromo 5 anni, 11 mesi e 20 giorni di reclusione, di cui 4 anni condonati per amnistia, mentre Malacria e Viola furono assolti. Parimenti assolto, ma da una commissione istituita in Senato, fu De Bono. Delle carte di Matteotti, nessuna traccia.
    Un documento di Matteotti ritrovato dal figlio nel 1978. Tra queste carte, mi precisò ancora Matteo Matteotti, c’era verosimilmente il testo manoscritto, su carta intestata della Camera dei Deputati, di un suo articolo pubblicato sulla rivista romana “Echi e Commenti” del 5 giugno 1924, ma in edicola due giorni dopo.
    “L’articolo” mi disse “contiene riferimenti, brevissimi, a bische e petroli. Ne ignoravo l’esistenza. Due mesi dopo l’uscita dell’articolo di Fusco, giornalista che a volte le sparava grosse ma che in questo caso nessuno s’è mai peritato di smentire, ecco saltare fuori quello scritto di mio padre.
    Con una procedura a dir poco singolare, me lo fece trovare nel marzo 1978, dentro un tubo di stufa in aperta campagna a Reggello presso Firenze, un anziano mutilato di guerra, Antonio Piron. Senza essere sino in fondo espicito, mi disse che gliel’aveva consegnato un ex-partigiano, ch’era a Dongo il 27-28 aprile 1945″. Matteo Matteotti mi pregò di omettere dall’intervista questo particolare che pure precisò, nel novembre 1985 a Segrate, anche a Giordano Bruno Guerri, allora direttore di “Storia illustrata”. E aggiunse: “Ciò mi convinse del fatto che quel manoscritto doveva essere nella grossa busta che, con le compromettenti carte di cui ho detto, mio padre (mia madre Velia se ne ricorda benissimo) aveva con sé al momento del rapimento”. Matteo Matteotti – deputato costituente, parlamentare dl PSDI di Saragat e più volte ministro - esercitò al possibile la propria influenza per ulteriori indagini. Ai primi del novembre 1985 – sempre in presenza di Giordano Bruno Guerri - aggiunse particolari che non mi aveva precisato: e cioè la verifica di persona, recandosi a Londra in quel 1978, sulla veridicità di quanto aveva scritto Fusco ( e poi ribadito da Giorgio Spini in un articolo, di cui già m’aveva consegnato il testo, inviato alla “Stampa” ma mai pubblicato). Quanto alle carte del padre, sempre gli rimnasero irreperibili.
    La sparizione delle carte Matteotti il 28 aprile 1945 a Dongo. Esse però esistevano, senz’ombra di dubbio. In proposito ci sono una testimonianza indiziaria e una prova fotografica. La testimonianza me la rilasciò (incidentalmente: ero andato a trovarlo a Bergamo nel 1975 a proposito di Galeazzo Ciano) Alessandro Minardi. Egli era stato l’unico giornalista ammesso alle udienze del processo di Verona (8-10 gennaio 1944) contro i “traditori del 25 luglio”: mi disse nel 1975 che i due fascicoli sul delitto Matteotti, rinvenuti in una grossa borsa di Mussolini al momento dell’arresto (27 aprile 1945), erano verisimilmente quelli sottratti da De Bono. Questi, a sua volta arrestato il 4 ottobre 1943 – secondo una confidenza di Pavolini allo stesso Minardi, che per l’appunto me la riferì nel 1975 – aveva preso con sé i suddetti documenti di Matteotti. E, nell’inutile tentativo di salvarsi la vita, li avrebbe consegnati a Mussolini: nella cui borsa, a Dongo, furono comunque rinvenuti. E ora la prova: essa consiste nella fotografia del verbale di consegna di quei due dossier sul delitto Matteotti: una fotografia (poi pubblicata sul “Tempo illustrato” il 16 giugno 1962) che funzionari della prefettura di Milano il 2 maggio 1945 pretesero dagli emissari governativi che avevano chiesto gli stessi dossier. Essi però mai sono stati versati, come gli altri che Mussolini aveva con sé, all’Archivio centrale dello Stato. Scrisse De Felice: “Senza esito sono riuscite le ricerche da noi [cioè De Felice] compiute al ministero degli Interni per rintracciarli”. In definitiva, sparirono.
    Un mistero che dura da 58 anni. Quali sono i motivi di tale occultamento che quasi equivale, per Mussolini, a un “mandato di non colpevolezza”? Perché, infatti, quelle carte sparirono? E perché mai continuano a essere irreperibili? Per coprire che cosa, e chi? Ipotizzando ch’esse contengano elementi di condanna per Mussolini quale mandante del delitto, perché non sono allora saltate fuori? E perché almeno oggi il governo non si decide a renderle note? Infine, se non le si trova, chi ebbe interesse a occultarle, forse a distruggerle? Seppellendole alle Botteghe Oscure, a “silenziarle” fu forse il ministro della Giustizia Palmiro Togliatti, l’uomo che addirittura, con la complicità di Giulio Einaudi, volle censurare l’opera di Gramsci? Oppure esse vennero fatte pervenire a Umberto di Savoia (assieme al dossier che lo riguardava, intitolato a “Stellassa” e alle privatissime sue faccende sessuali, rinvenuto in un’altra borsa di Mussolini)? Sono tutte domande che attendono risposta: su quel delitto i lati oscuri continuano a essere troppi.v
    "L'odio per la propria Nazione è l'internazionalismo degli imbecilli"- Lenin
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    Predefinito Re: Mussolini non ha ucciso Matteotti, Arrigo Petacco

    Citazione Originariamente Scritto da Avanguardia Visualizza Messaggio
    Grande intervista. Chiarisce che il Duce voleva veramente questo accordo con il Partito Socialista. Poi il fatto che stesse ancora indagando sul delitto Matteoti ancora nel 1943, indica che il Duce non poteva aver ordito il sequestro di Matteoti.
    Interessante il fatto che sia stato pubblicato sul sito del Movimento 5 Stelle. Oggi compare una frase di un tale Emil Cioran, intellettuale vicino al fascismo mi pare. A ottobre ci fu un discorso della senatrice M5S Paola Taverna in cui veniva lodato il Duce per aver introdotto lo stato sociale.
    Certe cose se dette dal Movimento 5 Stelle aiutano a portare in buona luce il fascismo, in una prospettiva non più becera ed exnofoba, se il movimento grillino ha sposato tra le sue battaglie il revisionismo storico, apprezziamo l' iniziativa. Doverosa dopo la caduta in basso dei pseudo-fascisti andati al seguito di Matteo Salvini.
    Il M5S inizia a piacermi sempe di più. Se ci fossero le elezioni non esiterei a votarlo.

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    Predefinito Re: Mussolini non ha ucciso Matteotti, Arrigo Petacco

    Citazione Originariamente Scritto da - SAVONAROLA - Visualizza Messaggio
    Il M5S inizia a piacermi sempe di più. Se ci fossero le elezioni non esiterei a votarlo.

    Dovete imparare a distinguere Grillo dai suoi politicanti scelti con un mi piace su facebook.
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    Predefinito Re: Mussolini non ha ucciso Matteotti, Arrigo Petacco

    Maurizio Barozzi


    IL DELITTO MATTEOTTI


    «Solo un mio nemico, che da lunghe notti avesse pensato a
    qualche cosa di diabolico, poteva effettuare questo delitto che
    oggi ci percuote di orrore e ci strappa grida di indignazione».
    [Mussolini]

    http://fncrsi.altervista.org/Il_deli...tti_141128.pdf



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    Predefinito Re: Mussolini non ha ucciso Matteotti, Arrigo Petacco

    Interessanti questi articoli, per la verità ho letto il "Golpe inglese" di Fasanella e Cereghino che inizialmente tratta, però in maniera assai confusa e limitata, del delitto Matteotti, molto più interessanti gli articoli citati nel thread.
    Se guardi troppo a lungo nell'abisso, poi l'abisso vorrà guardare dentro di te. (F. Nietzsche)

 

 

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