Elezioni anticipate? Per Renzi una opzione. Mattarella arbitro da martedì | Blitz quotidiano
Elezioni anticipate? Per Renzi una opzione. Mattarella arbitro da martedì


ROMA – Saliranno al Colle del Quirinale. A cominciare da martedì. Hanno già preso accordi con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha promesso di ricevere uno per uno i gruppi di opposizione che da venerdì si sono messi fuori dall’aula al grido: “Renzi uccide la democrazia, umilia il Parlamento, adesso è in un mare di guai e gli faremo vedere i sorci verdi” (copyright Renato Brunetta).
Quindi uno dopo l’altro Lega, Sel, Fratelli d’Italia, M5S, quella parte del Gruppo Misto che va verso destra incontreranno il Capo dello Stato, il cui intervento in queste ore viene quasi “preteso”. “L’arbitro non ha fischiato il fallo” dice Massimo Fedriga, capogruppo leghista. “Mattarella peggio di Napolitano” è la sintesi di Beppe Grillo.
Il Quirinale invece darà seguito alle richieste delle opposizioni. Ma è chiaro che sarà solo “cortesia istituzionale”. Lo farà, inoltre, a partire da martedì quando il menù di Montecitorio prevede l’esame di ben tre decreti in scadenza e la riforma costituzionale sarà già stata votata e messa da parte (voto finale previsto a marzo). Fuori tempo massimo, quindi, per ipotizzare ogni tipo di intervento che resta in ogni caso un’ipotesi fuori dalla prassi istituzionale. Altra cosa è la moral suasion. Per mandare avanti la legislatura, fare le riforme e invitare, magari, a valutare cosa sta succedendo nel Paese e nel mondo.

Eppure, la prospettiva delle opposizioni in marcia verso il Quirinale, sommata alle affermazioni di Matteo Renzi nella sua nottata tra il bullismo, la prova di forza e il provocatorio nell’emiciclo di Montecitorio tre le 2 e le 5 del mattino di venerdì, ha tirato fuori dal sommerso il tema elezioni anticipate. Sapendo che la finestra di un voto a maggio con le regionali resta ancora aperta. Per un mesetto almeno. “Avanti con le riforme o si va a votare. Tanto vinco io e facciamo anche un po’ di pulizia” ha detto Il premier-segretario – secondo i racconti di più deputati – a chi in quella nottata di provocazioni, insulti e cazzotti (tra Pd e Sel) chiedeva più tempo per una riforma che desta molte perplessità tra gli stessi costituzionalisti.
Certo, le truppe renziane giurano che “la legislatura deve durare fino al 2018″. (Mara Fregolent). Un refrain a cui credono sempre meno. E giustificano l’ennesimo strappo – seduta fiume, tempi contingentati, votazioni serrate – perché “non si può essere ricattati dall’ostruzionismo” (Emanuele Fiano, l’unico relatore sopravvissuto). Perchè “ci siamo stufati di sentirci dire che siamo disonesti, ladri, oh, ma chi credono d’essere questi…” (David Ermini).
Ma le munizioni di questa assurda guerra sul tavolo delle riforme, che dovevano essere condivise e non certo a maggioranza, cominciano ad essere contate.
Le opzioni disponibili restano tre:
1. avanti con la sola maggioranza e il battiquorum ad ogni passaggio al Senato dove le truppe degli “stabilizzatori” guidati da Paolo Naccarato sono pronte ad intervenire;
2. ricucire con Berlusconi che però non tiene più la sua maggioranza e ieri ha dato il via libera ai suoi di far saltare il tavolo del Nazareno;
3. il voto anticipato. Con l’Italicum 2.0. O il proporzionale puro del Consultellum.
Ancora una volta venerdì 13 Renzi ha dimostrato che lui va avanti. Magari bluffando, però avanti. Quando alle 17 di venerdì pomeriggio il “nemico comune” – Renzi – è riuscito a mettere assieme, dalla stessa parte del tavolo, Brunetta (Fi), Scotto (Sel), Fedriga (Lega), Rampelli (Fdi), Saltamartini (Misto, ex Ncd), le opposizioni hanno vissuto un’ora di di pura esaltazione. Il Pd era rimasto solo con la sua maggioranza piena però di incertezze, da Ncd a Scelta civica, da Per l’Italia passando per il Misto zeppo di ex M5S.
Per non parlare della minoranza dem in chiara sofferenza per il nuovo strappo dopo la sintesi-Mattarella (“un bel capolavoro politico, siamo riusciti a metterli tutti insieme”) Le opposizioni speravano in un ripensamento, un cedimento sotto la forma di “pausa di riflessione.
Ma non c’è stata. Renzi ha convocato due riunioni: alle 15 e alle 19.30. Niente da fare nonostante gli appelli del capogruppo Roberto Speranza perché “un’aula vuota non è un’aula più democratica. Abbiamo i numeri per andare avanti da soli ma sarebbe un errore”. Quelli di Gianni Cuperlo “per trovare una mediazione e votare insieme le riforme”. La rabbia di Rosi Bindi, più volte tentata a non entrare in quell’aula abbandonata. E quella di Bersani mentre Civati e Fassina si sono chiamati fuori.
E altri spesso hanno indugiato fuori dall’aula tra una sigaretta e un caffè. “Noi abbiamo fatto quello che dovevamo” diceva verso le sette di sera Barbara Saltamartini a un deputato della minoranza dem che ammetteva: “Hai ragione, siamo noi che non facciamo quello che dovremmo”. Cioè lasciare l’aula e lasciare Renzi da solo. Anche Ncd e Scelta civica (Renzi li ha incontrati in serata) hanno fatto pesare tutti i loro voti.
Le votazioni sono andate avanti tutta la notte. Per chiudere. E riparlarne a marzo. Dopo gli esami del sangue – e di conta di numeri – per convertire tre decreti.
Matteo Renzi ha tentato l’azzardo. L’ennesimo. E l’ha vinto. Per un’ora ha rischiato molto. Si è scoperto molto. Poi ha cominciato a sparare tweet:
“Le riforme saranno decise dai referendum. Vedremo allora se la gente sta con noi o con il Comitato del no di Brunetta, Salvini e Grillo”.
E ancora: “avanti lo stesso non accettiamo ricatti da nessuno”.
È chiaro che da solo non ce la può fare. Gli servono Ncd, Scelta civica e Per l’Italia fino all’ultimo voto. Anche qualche grillino fuori uscito. Altrimenti c’è il piano B, il voto anticipato. Ecco perché può sibilare in faccia notte tempo, nell’emiciclo: “Andiamo pure a votare. Tanto vinco io. E faccio un po’ di pulizia”. Pino Pisicchio, capogruppo del Misto alla Camera, osserva: “Renzi e Grillo stanno già parlando fuori dal Palazzo, pensano al voto”.
Adesso si tenteranno nuove mediazioni. Nel frattempo la parola passa, anche, all’arbitro. Al presidente Mattarella. Uomo di legge. Di regole. E di Costituzione.