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    Predefinito L'omicidio di Rafiq Hariri, un caso ancora aperto

    L'omicidio di Rafiq Hariri, un caso ancora aperto - rivista italiana di geopolitica - Limes

    Il 14 febbraio di dieci anni fa veniva ucciso sul lungomare di Beirut l’ex premier libanese Rafiq Hariri assieme a 22 persone in un attentato destinato a rimanere nella storia del Medio Oriente.

    Hariri era all’epoca uno dei principali referenti nella regione di Stati Uniti, Francia e Arabia Saudita. Gli interessi di questi tre paesi erano entrati in chiara collisione sin dagli inizi del 2004 con quelli di Iran e Siria. La morte di Hariri è un passaggio cruciale di questo braccio di ferro per il controllo politico, economico e culturale di un territorio da sempre cruciale come quello libanese.



    A dieci anni da quel drammatico San Valentino, Limesonline ha contattato diverse fonti autorevoli e ben informate che a vario titolo sono state coinvolte nella vicenda. Dal 2005 al febbraio 2009 la commissione d’inchiesta internazionale è stata incaricata di far luce sulla vicenda. Dal 1 marzo 2009 l’intero dossier è passato in mano al Tribunale speciale per il Libano (Tsl).

    Tra il 2011 e il 2013 sono stati chiamati alla sbarra con l'accusa di aver partecipato all’esecuzione materiale del crimine cinque imputati, tutti membri di Hezbollah: Salim Ayyash, Mustafa Badreddin, Hussein Oneissi, Assaad Sabra e Hasan Merhi. Di loro non si hanno notizie e il leader di Hezbollah, il sayyid Hasan Nasrallah, ha minacciato di tagliare le mani a chiunque tenti di trovarli.

    Quello che segue è un collage fedele delle diverse testimonianze raccolte.

    Parte della storia Si potrebbero fare molteplici ipotesi sui mandanti dell’attentato. Tuttavia resterebbero tali. Ovvero, soltanto delle ipotesi non supportate da fatti processualmente rilevanti. Al contrario, quello che è stato portato in giudizio davanti al Tsl sono fatti, adeguatamente supportati da elementi di prova. Nessuno potrebbe quindi avere la presunzione di dire che quanto accertato rappresenti la “verità” sull’intera vicenda ma, ragionevolmente, si può affermare che quanto venuto alla luce sia almeno una parte della storia.

    Perché è stato ucciso Hariri Con molta probabilità non c’è una sola ragione. Hariri era un uomo ingombrante. E aveva accesso diretto ai vertici istituzionali di Stati Uniti e Francia. Questo, certamente, faceva paura alla Siria, che per la prima volta vedeva concretizzarsi il rischio di essere estromessa dal territorio libanese. E quindi faceva paura all’Iran. E quindi a Hezbollah. La risoluzione Onu 1559 [settembre 2004, n.d.r.] è stato uno degli ultimi eventi che si sono succeduti nell’ultimo anno e mezzo prima dell’attentato. Numerosi messaggi erano stati recapitati a Hariri. Ma, evidentemente, non sono stati recepiti (il tentato assassinio di Marwan Hamade, alcuni incontri a Damasco con i vertici del potere siriano). L’ex premier non ha mai modificato il suo atteggiamento.

    Perché la Commissione d’inchiesta ha puntato il dito sulla Siria, mentre il Tribunale su Hezbollah La decisione di creare una commissione inchiesta era stata dettata da una scelta politica. La comunità internazionale si aspettava quindi una risposta rapida e, probabilmente, da utilizzare in chiave politica piuttosto che giudiziaria. Ciò non vuol dire che non si stesse ricercando la verità. Ma, verosimilmente, la necessità di individuare il contesto in cui l’assassinio (di un uomo politico) era stato deciso era considerato preminente rispetto all’individuazione di chi, materialmente, lo aveva portato a compimento.
    Di conseguenza, l’approccio investigativo della Commissione d’inchiesta è stato dall’alto verso il basso. Gli investigatori hanno mirato a individuare nell’immediato il possibile movente per poi cercare di ricostruire il contesto politico di quel che era successo. La commissione, quindi, ha di fatto interrogato in prevalenza politici e personalità di un certo livello. Anche in seguito ha ignorato importanti risultati investigativi raggiunti dalla polizia, finalizzati a ricostruire la catena degli eventi partendo dal basso, ovvero dal gruppo di fuoco. Esempio principe ne è il rapporto fornito dalla squadra dal capitano di polizia Wissam Eid, rimasto dimenticato dentro un cassetto prima di essere preso in esame soltanto nel 2008.
    La creazione del Tribunale ha, invece, cambiato le carte in tavola. La ragione è esclusivamente di natura tecnica: il Tribunale, infatti, è un organo giudiziario e, come tale, risponde solo ed unicamente alla logica delle prove: niente prove, niente processo. Questo ha comportato un cambiamento radicale dell’approccio alle indagini, procedendo all’analisi di tutti i fatti con un approccio dal basso verso l’alto. Si è ripartiti dal crimine, dalle prove e si è visto dove queste portavano.
    La catena delle prove raccolte ha, con molta probabilità, consentito di far luce sul livello strategico-operativo del crimine. Sono stati identificati alcuni dei presunti esecutori, ma non i mandanti. I collegamenti tra gli esecutori e i mandanti sono eterei, non richiedono il compimento di tutta una serie di attività sul terreno che, inevitabilmente, si presta a lasciare tracce che gli investigatori possono poi tentare di ricostruire. Mustafa Badreddin ha seguito la direzione strategica dell’operazione, ma non v’è dubbio che abbia ricevuto l’ordine di farlo. Un ordine che, con molta probabilità, sarà stato dato nel corso di una singola conversazione, avvenuta chissà dove, e di cui è difficile trovare traccia. Al livello decisionale non è necessario lasciare tracce. Il dato tecnico rintracciato dal tribunale non è bastato. Ci sarebbe voluto un testimone chiave che non c’è stato. Alcuni testimoni hanno detto le loro verità parziali, che forse sono parte della verità complessiva, ma la vicenda è talmente inquinata che in un processo come quello Hariri - che segue il diritto anglosassone - le testimonianze di questo tipo possono essere facilmente screditate. Col rischio dunque di pregiudicare anche l’attività di raccolta delle prove materiali.

    Il ruolo dei servizi siriani Chiunque abbia un minimo di conoscenza della situazione dell’epoca il Libano sarebbe pronto a giurare, in perfetta buona fede, che era impossibile che i siriani non sapessero. I servizi di sicurezza siriani erano così pervasivi da conoscere le cose ancor prima dei libanesi stessi. Tuttavia, le indagini non hanno consentito di raccogliere elementi tali da poter essere portati di fronte al giudice per lo specifico caso. Per tale ragione, nella ricostruzione effettuata non può farsi alcun riferimento a un eventuale ruolo di Damasco. Questo non è supportato dalle prove presentate al giudice. E, di conseguenza, processualmente non esiste.



    Hezbollah ha accusato Israele Hezbollah ha inviato al Tribunale il materiale che aveva già reso pubblico in precedenza. Si tratta di un montaggio di tre spezzoni video trasmesso dalla tv al Manar. La dinamica dell’attentato accertata dal punto di vista forense non è compatibile con la teoria del missile avanzata da Hezbollah, che non è mai stata supportata da materiale probatorio.

    Prospettive processuali È verosimile che il processo duri all’incirca ancora un anno. Se condannati, i cinque imputati potranno ricorrere in appello. L’assoluzione è certamente possibile; il giudice è terzo e sovrano e le sue decisioni sono frutto di un libero convincimento. In ogni caso, secondo lo statuto del Tribunale - che fonde elementi del diritto comune internazionale-anglosassone con altri elementi del diritto civile libanese - se si dimostra che per tutta la durata del processo gli imputati non hanno avuto contatti con gli avvocati affidatili dalla corte, i cinque potranno richiedere che il processo venga celebrato da capo.

  2. #2
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    Predefinito Re: L'omicidio di Rafiq Hariri, un caso ancora aperto

    Lo sanno tutti che i mandanti stanno a Damasco...
    Primo Ministro di TPol...[MENTION]
    Proudly member of the Bilderberg Group-Chtulhu Section..

  3. #3
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    Predefinito Re: L'omicidio di Rafiq Hariri, un caso ancora aperto

    Citazione Originariamente Scritto da Undertaker Visualizza Messaggio
    Lo sanno tutti che i mandanti stanno a Damasco...
    « Se "tutti sanno" che una cosa sta così, allora non sta così per niente: puoi scommetterci diecimila a uno. » (cit.)

  4. #4
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    Predefinito Re: L'omicidio di Rafiq Hariri, un caso ancora aperto

    Citazione Originariamente Scritto da Undertaker Visualizza Messaggio
    Lo sanno tutti che i mandanti stanno a Damasco...
    E' bello vedere come questo genere di risposte sia denigrato dagli atlantici quando non sono loro a darle. Diversamente, lo sanno tutti.

    ma per piacere.
    Questo è il mio caposaldo. Da qui non mi schiodo.

 

 

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