Il poliziotto-artista: «Dipingo i volti delle donne uccise»
Diego Testolin, analista del crimine, rende omaggio alle tante vittime di femminicidio
Francesca Visentin
«Dipingo perché sono loro che lo vogliono». Donne ammazzate, cadaveri sulla scena del crimine. Che tornano a vivere nelle tele di Diego Testolin, poliziotto padovano, analista della scena del crimine della Polizia Scientifica del Triveneto, specializzato in identikit, uno dei «Csi» più richiesti. Ma Testolin è anche un artista, che ferma sulla tela le tante storie (tutte reali) di donne uccise. Un filo d’empatia lo lega a loro e lo porta a fermare l’immagine con la pittura.
Accoltellate, sfregiate, bastonate fino a morirne, ammazzate a colpi di pistola. Le scene del crimine su cui si trova a intervenire Testolin sono tante, sempre sconvolgenti. «Il mio è un omaggio alle donne – spiega - . Non voglio spettacolarizzare la morte, ma lasciare una testimonianza di quello che queste donne uccise, “interrotte” sono state. Ognuna di loro aveva progetti, sogni, speranze, invece sono state freddate senza poter difendersi. La loro vita, piena di potenzialità, è stata fermata, interrotta appunto. Sulla scena del crimine sento tutta la loro esistenza che mi passa davanti. E non posso restare indifferente». Non a caso le opere di Testolin, che in occasione della Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne, espone al Maxxi (Museo Nazionale delle Arti) di Roma nella mostra Respect Me! #Nogenderviolence, sono state definite «urla su tela». L’artista-poliziotto con pennellate decise e tinte forti cerca di donare eternità ai molti volti cancellati dalla brutalità maschile. Pop art che fa riflettere. Testolin è da anni in prima linea nella lotta al femminicidio e alla violenza contro le donne.
Corpi muti, storie dimenticate, che acquistano vita sulle sue tele. Colpiscono, emozionano, comunicano dolore e orrore. Non lasciano indifferenti. «Voglio trasformare il dolore in gioia di vivere», spiega Testolin. Il femminicidio, la morte, il poliziotto padovano oltre a combatterle sul campo, dando la caccia agli assassini, riesce a narrarle con i quadri, rielaborandole dal punto di vista della bellezza. «Mi piace pensare che le scene che ritraggo abbiano la benedizione delle sfortunate protagoniste – rivela Testolin – , sono le donne ammazzate “che me lo chiedono”: da questa sensazione è nato tutto, vorrei donare loro una nuova dignità. Il dramma di ogni donna uccisa che ho incontrato mi è rimasto dentro, è come se avessi assorbito una specie di eredità. Spero che i miei quadri siano pugni capaci di colpire dritto nello stomaco. E fare pensare, riflettere ». L’obiettivo dell’artista-poliziotto è chiaro: «Cerco di fare prevenzione alla violenza contro le donne. Il quadro è un veicolo per attirare l’attenzione su un tema drammatico e molto importante. Tutto può aiutare a sensibilizzare, anche una mostra d’arte». E di mostre il poliziotto- artista ne fa parecchie, oltre a quella appena aperta al Maxxi di Roma, c’è stata Voci del Silenzio a Torino, Dee al contemporaneo a Rivoli e molte altre sia in Veneto, che in Italia e in Europa. Specializzato nei dipinti «crime scene», ha però anche riletto in chiave moderna il neoclassicismo di Antonio Canova. Com’è vissuta all’interno dei rigidi protocolli della polizia questa figura di «poliziotto-artista»? «Molte cose stanno cambiando, anche le forze dell’ordine oggi hanno metodi e linguaggi diversi - rivela Testolin - . Per combattere davvero i femminicidi, ci dev’essere un approccio differente, anche da parte della polizia. Ci vogliono professionalità preparate ad ascoltare e accogliere in maniera adeguata le donne che vengono a fare denuncia, le vittime di violenza devo sentire che possono fidarsi. Il Veneto su questo punto si sta attrezzando bene: il modo di avvicinare chi subisce violenza sta cambiando. Il machismo è un retaggio culturale che un po’ la volta in molti si stanno scrollando di dosso. La sinergia tra forze dell’ordine e Centri di Ascolto aiuta, è molto importante».
Diego Testolin di «mostri» ne ha individuati molti: analizzare la scena del crimine è come ricostruire un puzzle. «La scena del crimine è piena di tracce e di messaggi, saperli interpretare significa dare un volto e un nome ai killer - dice il Csi veneto - . Ma anche quando si arriva alla cattura dell’assassino, sento che il mio lavoro non è ancora finito. Con la pittura, con i quadri, le vittime tornano ad avere voce, riprendono quella vita interrotta». Proprio nella Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, il messaggio del poliziotto- artista acquista forza. Le grandi tele con i volti delle donne uccise esposte al Maxxi di Roma hanno colpito nel segno. Sorpresa e commozione tra il pubblico. «Dall’opera pittorica esce l’anima e fa male - ha commentato la curatrice della mostra Roberta Di Chiara - , un male che dev’essere raccontato per trasformare il dolore, per chi è ancora in tempo per cambiare le cose». Da poliziotto, Diego Testolin ci tiene a mettere in guardia le donne, tutte quelle che ancora subiscono la violenza o lo stalking di mariti, compagni, o ex. «Se siete riuscite a lasciarlo, diffidate sempre del famoso “ultimo appuntamento per chiarire la situazione”, “perchè senza di te non posso vivere”. Di solito si rivela sempre fatale».
25 novembre 2014 (modifica il 01 dicembre 2014)
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