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  1. #81
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    Predefinito Re: dalla parte di Israele :)

    Citazione Originariamente Scritto da Crescenzo Garofalo Visualizza Messaggio
    Li hanno scelti loro (i palestinesi,intendo) i politici.Responsabilità anche loro.
    e quindi? anche qui possiamo scegliere solo tra Renzi, Salvini e Grillo, questa è l'offerta...
    "L'odio per la propria Nazione è l'internazionalismo degli imbecilli"- Lenin
    "Solo i ricchi possono permettersi il lusso di non avere Patria."- Ledesma Ramos
    "O siamo un Popolo rivoluzionario o cesseremo di essere un popolo libero" - Niekisch

  2. #82
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    Predefinito Re: dalla parte di Israele :)

    Citazione Originariamente Scritto da Kavalerists Visualizza Messaggio
    e quindi? anche qui possiamo scegliere solo tra Renzi, Salvini e Grillo, questa è l'offerta...
    Veramente Renzi e co. è stata la gente ad elevarli dove sono.L'offerta è ampia,ma da noi piglia solo il populismo purtroppo.

  3. #83
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    Predefinito Re: dalla parte di Israele :)

    Siamo in Italia, Renzi rappresenta al momento attuale, il male minore. Gli altri due sono due completi idioti.

    Il sionismo vero era un movimento legato al partito laburista, quello di Netanyahu è il nazionalismo dell'Irgun, volevano pure la Giordania in quanto parte del mandato di Palestina, ma almeno quella l'hanno lasciata, con Gaza (per gentile concessione di Sharon), agli arabi.

  4. #84
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    Predefinito Re: dalla parte di Israele :)

    E' bene ricordare che ad inizio millennio il governo laburista di Barak riuscì a far passare un'offerta di riconoscimento dello Stato palestinese nei territori noti con piccole concessioni territoriali da ambo i lati.Dopo mesi di tergiversazione Arafat rifiutò,beccandosi le critiche dei membri del suo stesso partito.Un suo vecchio collaboratore lo accusò pubblicamente di aver reso la rivoluzione palestinese l'unica del XX secolo ad aver fallito.

    Nella situazione attuale credo che l'OLP farebbe carte false per poter avere ancora quella possibilità,ma era troppo vantaggiosa perché Bibi possa seriamente rifletterci un secondo.

  5. #85
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    Predefinito Re: dalla parte di Israele :)

    Israele: alleati e nemici, la mappa - Lookout News

    Il mondo secondo Israele: la mappa



    In una cartina presentata dal premier Netanyahu l’andamento delle relazioni estere di Gerusalemme. Tra gli Stati nemici “solo” Iran, Iraq, Siria, Afghanistan e Corea del Nord
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    di Rocco Bellantone @RoccoBellantone

    Da tempo il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahuutilizza mappe e infografiche per illustrare in parlamento, ai media e all’opinione pubblica la sua visione della situazione globale. Lo ha fatto un anno fa per lanciare l’allarme sui rischi del raggiungimento di un accordo sul programma nucleare iraniano. Ed è tornato a farlo lunedì 25 luglio alla Knesset nel corso di un suo intervento alla Commissione di sicurezza nazionale.



    Nella nuova cartina presentata dal premier israeliano i Paesi del mondo sono contrassegnati con quattro colori diversi: rosso per gli Stati con cui i rapporti sono migliorati recentemente; blu per quelli con cui le relazioni sono buone;nero per gli Stati nemici e apertamente ostili; verde per le nazioni con cui non vi sono “relazioni particolari”.




    Paesi in rosso
    Nell’analizzare i rapporti con i Paesi contrassegnati in rosso, Netanyahu ha evidenziato i passi in avanti fatti negli ultimi mesi sul piano diplomatico ed economico con grandi potenze come Giappone (stretti accordi per lo sviluppo congiunto di nuove tecnologie), Cina (firmato un accordo di libero scambio),Russia (operazioni militari congiunte nello scacchiere mediorientale), Corea del Sud, Singapore e India (scambi commerciali aumentati del 30%). Netanyahu ha tenuto a sottolineare inoltre il buon andamento dei rapporti conGrecia e Cipro, che insieme a Israele hanno in cantiere la costruzione di un nuovo gasdotto che attraverserà il Mediterraneo per raggiungere le coste dell’Europa, e con l’Azerbaigian, dove il primo ministro si recherà in visita a breve. Colore rosso anche per la Turchia dopo che a fine giugno è stato riavviato il dialogo a sei anni dalla disputa diplomatica innescata dal caso della Mavi Marmara.

    I Paesi africani colorati in rosso sono dieci: Etiopia, Uganda, Rwanda, Kenya (Stati visitati da Nethanyahu nell’ultimo mese) Tanzania (che ha recentemente annunciato l’intenzione di aprire per la prima volta una propria ambasciata in Israele), Guinea (che la scorsa settimana ha ristabilito le relazioni diplomatiche con Gerusalemme dopo uno stallo durato 49 anni), Ciad (visitato la scorsa settimana dal direttore generale del ministero degli Esteri israeliano Dor Gold), Sud Sudan, Zambia e Costa d’Avorio.

    (Addis Abeba: conferenza di Netanyahu e del premier etiope Desalegn)
    Paesi in verde
    Già nell’agosto del 2015 Netanyahu aveva definito l’America Latina come una delle principali regioni su cui lo Stato di Israele deve concentrare i propri sforzi per aprire nuovi mercati. Allo stato attuale solo tre Paesi di questa regione sono contrassegnati in rosso: Colombia, Paraguay e Argentina. Nei prossimi anni l’intenzione è di migliorare le relazioni con Messico, Cile, Panama e Brasile, con cui i rapporti si sono raffreddati dopo che Gerusalemme ha dovuto ritirare la candidatura ad ambasciatore israeliano a Brasilia di Dani Dayan, ex capo di un’associazione di coloni israeliani. A dispetto del riavvicinamento con Il Cairo, come dimostra la recente visita a Gerusalemme del ministro degli Esteri egiziano Samah Shourki, l’Egitto è colorato in verde a dimostrazione del fatto che sono ancora molti i punti in sospeso nell’agenda comune dei due Paesi, in primis i rapporti tra una parte dei servizi segreti egiziani e l’organizzazione terroristica palestinese Hamas.

    Paesi in blu
    Israele intrattiene buoni rapporti con Stati Uniti (al netto dell’accordo sul nucleare iraniano promosso in prima persona dal presidente Barack Obama),Canada, Australia, Nuova Zelanda (nonostante Israele abbia rifiutato di ricevere l’accredito dell’ambasciatore neozelandese Jonathan Curr perché la stessa richiesta era stata inviata anche all’Autorità Palestinese) e in generale con tutti i Paesi europei, anche se le critiche mosse dall’Unione Europea sulle politiche israeliane nei confronti delle comunità palestinesi hanno creato non pochi dissapori. Con due Paesi europei, in particolare, i rapporti sono piuttosto freddi: la Svezia, l’unica nazione europea che ha riconosciuto lo Stato palestinese, e l’Irlanda, considerata come uno dei Paesi più filo-palestinesi tra gli Stati membri dell’UE.

    (Washington, novembre 2015: Netanyahu a colloquio con Obama)
    Paesi in nero
    Solo cinque Paesi sono colorati in nero, quindi identificati come “Stati nemici”: Iran, Iraq, Siria, Afghanistan e Corea del Nord. Mentre per altri Paesi, storicamente in rapporti non eccellenti con Gerusalemme, è stato utilizzato il verde: Yemen, Arabia Saudita (i cui cittadini per legge non possono entrare in territorio israeliano), Qatar, Bahrain, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Oman, Sudan, Pakistan, Libia, Algeria, Tunisia, Indonesia, Cuba, Venezuela.

    È questo, secondo Nethanyahu, il dato più interessante che emerge dalla mappa, vale a dire che Israele viene percepito anche da Paesi tradizionalmente ostili come una forza “capace di avere influenza in tutto il mondo per il suo impegno contro il terrorismo e per le sue capacità tecnologiche”. Le recenti aperture nei confronti di Turchia, Egitto e Arabia Saudita – che guarda a un’alleanza con Israele principalmente in chiave anti-iraniana – vanno interpretate in quest’ottica.

    (Foto di apertura e mappa The Times of Israel)

  6. #86
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    Predefinito Re: dalla parte di Israele :)

    Israele: alleati e nemici, la mappa - Lookout News

    Il mondo secondo Israele: la mappa



    In una cartina presentata dal premier Netanyahu l’andamento delle relazioni estere di Gerusalemme. Tra gli Stati nemici “solo” Iran, Iraq, Siria, Afghanistan e Corea del Nord
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    di Rocco Bellantone @RoccoBellantone

    Da tempo il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahuutilizza mappe e infografiche per illustrare in parlamento, ai media e all’opinione pubblica la sua visione della situazione globale. Lo ha fatto un anno fa per lanciare l’allarme sui rischi del raggiungimento di un accordo sul programma nucleare iraniano. Ed è tornato a farlo lunedì 25 luglio alla Knesset nel corso di un suo intervento alla Commissione di sicurezza nazionale.



    Nella nuova cartina presentata dal premier israeliano i Paesi del mondo sono contrassegnati con quattro colori diversi: rosso per gli Stati con cui i rapporti sono migliorati recentemente; blu per quelli con cui le relazioni sono buone;nero per gli Stati nemici e apertamente ostili; verde per le nazioni con cui non vi sono “relazioni particolari”.




    Paesi in rosso
    Nell’analizzare i rapporti con i Paesi contrassegnati in rosso, Netanyahu ha evidenziato i passi in avanti fatti negli ultimi mesi sul piano diplomatico ed economico con grandi potenze come Giappone (stretti accordi per lo sviluppo congiunto di nuove tecnologie), Cina (firmato un accordo di libero scambio),Russia (operazioni militari congiunte nello scacchiere mediorientale), Corea del Sud, Singapore e India (scambi commerciali aumentati del 30%). Netanyahu ha tenuto a sottolineare inoltre il buon andamento dei rapporti conGrecia e Cipro, che insieme a Israele hanno in cantiere la costruzione di un nuovo gasdotto che attraverserà il Mediterraneo per raggiungere le coste dell’Europa, e con l’Azerbaigian, dove il primo ministro si recherà in visita a breve. Colore rosso anche per la Turchia dopo che a fine giugno è stato riavviato il dialogo a sei anni dalla disputa diplomatica innescata dal caso della Mavi Marmara.

    I Paesi africani colorati in rosso sono dieci: Etiopia, Uganda, Rwanda, Kenya (Stati visitati da Nethanyahu nell’ultimo mese) Tanzania (che ha recentemente annunciato l’intenzione di aprire per la prima volta una propria ambasciata in Israele), Guinea (che la scorsa settimana ha ristabilito le relazioni diplomatiche con Gerusalemme dopo uno stallo durato 49 anni), Ciad (visitato la scorsa settimana dal direttore generale del ministero degli Esteri israeliano Dor Gold), Sud Sudan, Zambia e Costa d’Avorio.

    (Addis Abeba: conferenza di Netanyahu e del premier etiope Desalegn)
    Paesi in verde
    Già nell’agosto del 2015 Netanyahu aveva definito l’America Latina come una delle principali regioni su cui lo Stato di Israele deve concentrare i propri sforzi per aprire nuovi mercati. Allo stato attuale solo tre Paesi di questa regione sono contrassegnati in rosso: Colombia, Paraguay e Argentina. Nei prossimi anni l’intenzione è di migliorare le relazioni con Messico, Cile, Panama e Brasile, con cui i rapporti si sono raffreddati dopo che Gerusalemme ha dovuto ritirare la candidatura ad ambasciatore israeliano a Brasilia di Dani Dayan, ex capo di un’associazione di coloni israeliani. A dispetto del riavvicinamento con Il Cairo, come dimostra la recente visita a Gerusalemme del ministro degli Esteri egiziano Samah Shourki, l’Egitto è colorato in verde a dimostrazione del fatto che sono ancora molti i punti in sospeso nell’agenda comune dei due Paesi, in primis i rapporti tra una parte dei servizi segreti egiziani e l’organizzazione terroristica palestinese Hamas.

    Paesi in blu
    Israele intrattiene buoni rapporti con Stati Uniti (al netto dell’accordo sul nucleare iraniano promosso in prima persona dal presidente Barack Obama),Canada, Australia, Nuova Zelanda (nonostante Israele abbia rifiutato di ricevere l’accredito dell’ambasciatore neozelandese Jonathan Curr perché la stessa richiesta era stata inviata anche all’Autorità Palestinese) e in generale con tutti i Paesi europei, anche se le critiche mosse dall’Unione Europea sulle politiche israeliane nei confronti delle comunità palestinesi hanno creato non pochi dissapori. Con due Paesi europei, in particolare, i rapporti sono piuttosto freddi: la Svezia, l’unica nazione europea che ha riconosciuto lo Stato palestinese, e l’Irlanda, considerata come uno dei Paesi più filo-palestinesi tra gli Stati membri dell’UE.

    (Washington, novembre 2015: Netanyahu a colloquio con Obama)
    Paesi in nero
    Solo cinque Paesi sono colorati in nero, quindi identificati come “Stati nemici”: Iran, Iraq, Siria, Afghanistan e Corea del Nord. Mentre per altri Paesi, storicamente in rapporti non eccellenti con Gerusalemme, è stato utilizzato il verde: Yemen, Arabia Saudita (i cui cittadini per legge non possono entrare in territorio israeliano), Qatar, Bahrain, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Oman, Sudan, Pakistan, Libia, Algeria, Tunisia, Indonesia, Cuba, Venezuela.

    È questo, secondo Nethanyahu, il dato più interessante che emerge dalla mappa, vale a dire che Israele viene percepito anche da Paesi tradizionalmente ostili come una forza “capace di avere influenza in tutto il mondo per il suo impegno contro il terrorismo e per le sue capacità tecnologiche”. Le recenti aperture nei confronti di Turchia, Egitto e Arabia Saudita – che guarda a un’alleanza con Israele principalmente in chiave anti-iraniana – vanno interpretate in quest’ottica.

    (Foto di apertura e mappa The Times of Israel)

  7. #87
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    Predefinito Re: dalla parte di Israele :)


  8. #88
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    Predefinito Re: dalla parte di Israele :)

    Terrorismo a Istanbul: se tutti imparassimo da Israele ? La Voce di New York


    Terrorismo a Istanbul: se tutti imparassimo da Israele

    L'ennesima strage in Turchia dopo quella di Berlino dovrebbe aprirci gli occhi su come si combatte il terrorismo

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    Apprendo le notizie dell'attacco terroristico di Istanbul da Tel Aviv, dove ho trascorso un capodanno sentendomi molto sicura. L'Europa dovrebbe capire che una convivenza tra Islam moderato e Occidente è assolutamente possibile, basta visitare Israele per capire come ebrei, cristiani e musulmani possono prosperare nella sicurezza
    Una festa in un locale di Tel Aviv
    di Valentina Rebecca Soluri - 1 gennaio 2017
    Queste mie riflessioni davvero estemporanee potrebbero non essere molto popolari, e non credo che riceverò troppi “mi piace”, ma sento comunque il dovere di condividere la mia esperienza, come cittadina europea e anche come giornalista. Scrivo da Tel Aviv, dove ieri sera sono andata a una bella festa di Capodanno, una festa affollata e divertente come migliaia di feste nel mondo, e come quella dove purtroppo hanno lasciato la vita 39 persone a Istanbul. Facciamo un passo indietro.
    Un paio di anni fa, durante un mio precedente soggiorno in Israele, la polizia aeroportuale mi ha torchiato per cinque minuti buoni, esclusivamente perché avevo sul passaporto un timbro turco, avendo fatto scalo a Istanbul diretta a un’altra destinazione. Quando, mesi dopo, mi sono accorta un po’ alla volta di quanti attentati stavano capitando continuamente in Turchia, ho capito che i servizi segreti israeliani sono davvero eccellenti, perché sapendo che cosa potrebbe succedere, tutelano la sicurezza dei propri cittadini anche a costo di perdere cinque minuti su qualsiasi turista insospettabile, nel mio caso una ragazza alta un metro e sessanta, senza precedenti penali e senza alcuna connessione al mondo musulmano. Oggi leggo naturalmente le prime sciocchezze sul web di qualcuno che vorrebbe vedere un coinvolgimento diretto, indiretto o occulto di Israele persino in questa ennesima folle strage. Chiedo veramente all’Europa di aprire gli occhi.
    Aprire gli occhi non significa mettere all’indice la popolazione musulmana, ovvero circa due miliardi di persone; ci rendiamo conto, voglio sperare, che la percentuale di poveri pazzi che si fanno saltare in aria, si schiantano con un tir o fanno una strage con un kalashnikov è assolutamente infinitesimale. Dare inizio a una caccia alle streghe contro i musulmani tout court, recente delirio di molti, sarebbe una reazione politica stupida, cieca e figlia del razzismo e dell’ignoranza. Allo stesso tempo è necessario rendersi conto che esistono frange di Islam radicale che sfuggono completamente al nostro concetto occidentale del bene e del male; sono culture integraliste, mostruosamente violente nei confronti della donna e capaci di provocare centinaia di migliaia di morti – sono 200.000 in cinque anni i morti nello scontro tra sciiti e sunniti in Siria.
    Per capire invece che una convivenza tra Islam moderato e Occidente è assolutamente possibile vorrei che tutti visitassero Israele. Vedrebbero che a Gerusalemme vivono, prosperano e commerciano insieme ebrei, cristiani e musulmani; vedrebbero città completamente arabe come Nazareth, dove nessuno mette in discussione il diritto della popolazione araba a vivere esattamente come i cittadini israeliani. Vedrebbero gli arabi israeliani impegnarsi in tre anni di servizio militare obbligatorio esattamente come gli ebrei; e tra parentesi, anche se io parlo per una generazione di pappemolli che il servizio militare in Italia non l’ha proprio visto, vi assicuro che ci si sente più sicuri in un paese dove qualsiasi ragazzo o ragazza è stato addestrato a riconoscere un sospetto, e per esempio a immobilizzarlo. Senza niente togliere all’importanza delle ragioni geopolitiche palesi o latenti che possono essere alla base dei continui attentati in Turchia, viene anche il dubbio che le loro forze di polizia e loro servizi segreti facciano acqua da tutte le parti, e che le famiglie che oggi piangono gli ennesimi morti civili lo debbano anche a una totale incapacità di gestione da parte delle forze di sicurezza.
    Forse bisognerebbe anche aprire gli occhi sul fatto che continuare a ostracizzare Israele, ad esempio nelle varie risoluzioni ONU che ultimamente hanno visto scelte quantomeno discutibili, compiute per esempio dagli Stati Uniti, non è altro che un contentino ai paesi arabi signori del petrolio, spesso conniventi con l’Islam fanatico e radicale. Ebbene sì, i nostri governi scambiano un pochino della nostra sicurezza, ai mercatini di Natale, nelle discoteche, negli stadi, per non scontentare chi vende il prezioso oro nero, mentre della reale situazione dei palestinesi state tranquilli che non frega niente a nessuno. Perché altrimenti si capirebbe una buona volta che la popolazione civile palestinese avrebbe ogni interesse, per il momento e nella situazione geopolitica attuale così instabile, a essere governata da Israele anziché da un’autorità autonoma improvvisata che diventerebbe immediatamente satellite dello stato islamico. Ieri un ragazzo che aveva fatto il servizio militare a Gaza mi ha detto queste parole: “non è facile distinguere un terrorista da un civile, e non puoi sparare sui civili, perché il terrorista prende il civile, gli punta una pistola alla testa e poi gli dice, fai questo o quello per me”.
    Stamattina mi sveglio e leggo di un terribile attentato, e mi trovo a chiedermi se sarebbe potuto succedere anche a me, e mi trovo a rispondermi che per fortuna, probabilmente no, perché qui la polizia e servizi segreti funzionano, e il terrorismo hanno imparato a combatterlo. Le persone della mia età – la generazione nata negli anni ’70 e ’80 – soffrono ancora pericolosissimi pregiudizi contro Israele (il cosiddetto “antisionismo” che spesso maschera il buon vecchio antisemitismo), ma vi assicuro che chi oggi ha diciotto o vent’anni, gli adulti di domani per intenderci, inizia ad avere idee politiche completamente diverse, e sa di poter mettersi lo zaino in spalla e visitare Israele. Come ho fatto tante volte io, che oggi posso svegliarmi sapendo che mia madre ha dormito sonni tranquilli, mentre sua figlia faceva festa, al sicuro, a Tel Aviv.

    Valentina Rebecca Soluri, classe 1981, è laureata in Scienze della Comunicazione e Giornalista Pubblicista dal 2008. Nata e cresciuta a Bologna, dove lavora in un’azienda ICT, coltiva le passioni per la musica, i viaggi, la letteratura, la psicologia.




  9. #89
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    Terrorismo a Istanbul: se tutti imparassimo da Israele ? La Voce di New York


    Terrorismo a Istanbul: se tutti imparassimo da Israele

    L'ennesima strage in Turchia dopo quella di Berlino dovrebbe aprirci gli occhi su come si combatte il terrorismo

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    Apprendo le notizie dell'attacco terroristico di Istanbul da Tel Aviv, dove ho trascorso un capodanno sentendomi molto sicura. L'Europa dovrebbe capire che una convivenza tra Islam moderato e Occidente è assolutamente possibile, basta visitare Israele per capire come ebrei, cristiani e musulmani possono prosperare nella sicurezza
    Una festa in un locale di Tel Aviv
    di Valentina Rebecca Soluri - 1 gennaio 2017
    Queste mie riflessioni davvero estemporanee potrebbero non essere molto popolari, e non credo che riceverò troppi “mi piace”, ma sento comunque il dovere di condividere la mia esperienza, come cittadina europea e anche come giornalista. Scrivo da Tel Aviv, dove ieri sera sono andata a una bella festa di Capodanno, una festa affollata e divertente come migliaia di feste nel mondo, e come quella dove purtroppo hanno lasciato la vita 39 persone a Istanbul. Facciamo un passo indietro.
    Un paio di anni fa, durante un mio precedente soggiorno in Israele, la polizia aeroportuale mi ha torchiato per cinque minuti buoni, esclusivamente perché avevo sul passaporto un timbro turco, avendo fatto scalo a Istanbul diretta a un’altra destinazione. Quando, mesi dopo, mi sono accorta un po’ alla volta di quanti attentati stavano capitando continuamente in Turchia, ho capito che i servizi segreti israeliani sono davvero eccellenti, perché sapendo che cosa potrebbe succedere, tutelano la sicurezza dei propri cittadini anche a costo di perdere cinque minuti su qualsiasi turista insospettabile, nel mio caso una ragazza alta un metro e sessanta, senza precedenti penali e senza alcuna connessione al mondo musulmano. Oggi leggo naturalmente le prime sciocchezze sul web di qualcuno che vorrebbe vedere un coinvolgimento diretto, indiretto o occulto di Israele persino in questa ennesima folle strage. Chiedo veramente all’Europa di aprire gli occhi.
    Aprire gli occhi non significa mettere all’indice la popolazione musulmana, ovvero circa due miliardi di persone; ci rendiamo conto, voglio sperare, che la percentuale di poveri pazzi che si fanno saltare in aria, si schiantano con un tir o fanno una strage con un kalashnikov è assolutamente infinitesimale. Dare inizio a una caccia alle streghe contro i musulmani tout court, recente delirio di molti, sarebbe una reazione politica stupida, cieca e figlia del razzismo e dell’ignoranza. Allo stesso tempo è necessario rendersi conto che esistono frange di Islam radicale che sfuggono completamente al nostro concetto occidentale del bene e del male; sono culture integraliste, mostruosamente violente nei confronti della donna e capaci di provocare centinaia di migliaia di morti – sono 200.000 in cinque anni i morti nello scontro tra sciiti e sunniti in Siria.
    Per capire invece che una convivenza tra Islam moderato e Occidente è assolutamente possibile vorrei che tutti visitassero Israele. Vedrebbero che a Gerusalemme vivono, prosperano e commerciano insieme ebrei, cristiani e musulmani; vedrebbero città completamente arabe come Nazareth, dove nessuno mette in discussione il diritto della popolazione araba a vivere esattamente come i cittadini israeliani. Vedrebbero gli arabi israeliani impegnarsi in tre anni di servizio militare obbligatorio esattamente come gli ebrei; e tra parentesi, anche se io parlo per una generazione di pappemolli che il servizio militare in Italia non l’ha proprio visto, vi assicuro che ci si sente più sicuri in un paese dove qualsiasi ragazzo o ragazza è stato addestrato a riconoscere un sospetto, e per esempio a immobilizzarlo. Senza niente togliere all’importanza delle ragioni geopolitiche palesi o latenti che possono essere alla base dei continui attentati in Turchia, viene anche il dubbio che le loro forze di polizia e loro servizi segreti facciano acqua da tutte le parti, e che le famiglie che oggi piangono gli ennesimi morti civili lo debbano anche a una totale incapacità di gestione da parte delle forze di sicurezza.
    Forse bisognerebbe anche aprire gli occhi sul fatto che continuare a ostracizzare Israele, ad esempio nelle varie risoluzioni ONU che ultimamente hanno visto scelte quantomeno discutibili, compiute per esempio dagli Stati Uniti, non è altro che un contentino ai paesi arabi signori del petrolio, spesso conniventi con l’Islam fanatico e radicale. Ebbene sì, i nostri governi scambiano un pochino della nostra sicurezza, ai mercatini di Natale, nelle discoteche, negli stadi, per non scontentare chi vende il prezioso oro nero, mentre della reale situazione dei palestinesi state tranquilli che non frega niente a nessuno. Perché altrimenti si capirebbe una buona volta che la popolazione civile palestinese avrebbe ogni interesse, per il momento e nella situazione geopolitica attuale così instabile, a essere governata da Israele anziché da un’autorità autonoma improvvisata che diventerebbe immediatamente satellite dello stato islamico. Ieri un ragazzo che aveva fatto il servizio militare a Gaza mi ha detto queste parole: “non è facile distinguere un terrorista da un civile, e non puoi sparare sui civili, perché il terrorista prende il civile, gli punta una pistola alla testa e poi gli dice, fai questo o quello per me”.
    Stamattina mi sveglio e leggo di un terribile attentato, e mi trovo a chiedermi se sarebbe potuto succedere anche a me, e mi trovo a rispondermi che per fortuna, probabilmente no, perché qui la polizia e servizi segreti funzionano, e il terrorismo hanno imparato a combatterlo. Le persone della mia età – la generazione nata negli anni ’70 e ’80 – soffrono ancora pericolosissimi pregiudizi contro Israele (il cosiddetto “antisionismo” che spesso maschera il buon vecchio antisemitismo), ma vi assicuro che chi oggi ha diciotto o vent’anni, gli adulti di domani per intenderci, inizia ad avere idee politiche completamente diverse, e sa di poter mettersi lo zaino in spalla e visitare Israele. Come ho fatto tante volte io, che oggi posso svegliarmi sapendo che mia madre ha dormito sonni tranquilli, mentre sua figlia faceva festa, al sicuro, a Tel Aviv.

    Valentina Rebecca Soluri, classe 1981, è laureata in Scienze della Comunicazione e Giornalista Pubblicista dal 2008. Nata e cresciuta a Bologna, dove lavora in un’azienda ICT, coltiva le passioni per la musica, i viaggi, la letteratura, la psicologia.




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    Predefinito Re: dalla parte di Israele :)

    rifatevi gli occhi

    Su instagram le immagini delle soldatesse israeliane più sexy - Corriere.it


    Conta oltre 95 mila follower e mostra oltre 2 mila immagini: si tratta di Hot israeli army girls, la pagina instagram che raccoglie e pubblica le immagini di diverse (e bellissime) soldatesse dell’esercito israeliano in divisa e in «borghese». Accanto alle foto con tanto di arma e uniforme, compaiono quelle in bikini e in posa da modelle




 

 
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