Stato killer, le botteghe muoiono | L'Indipendenza Nuova
Ripresa, dicono. Dove? Confcommercio dice solo che per il settore è il quarto anno consecutivo di una crisi profonda e le pmi sono 28mila in meno. Se passi a guardare le cifre della Cgia di Mestre ti viene un altro colpo. Lo scorso anno il saldo dei negozi di vicinato, calcolato come differenza tra le aziende iscritte e quelle cessate, è stato pari a – 34.410. Tradotto vuol dire 93.400 posti di lavoro in meno, ripartiti tra 42.000 piccoli esercizi commerciali e tra 51.500 circa nell’artigianato. Su 88.498 imprese aperte, altre 108.891 hanno chiuso. Nel commercio, invece, le aperture hanno interessato 42.871 piccoli negozi, mentre le chiusure sono state 56.888 (saldo pari a -14.017). Altra ecatmobe. Una strage di innocenti.
Non è solo un problema di numeri ma di morte sociale ed economica delle città, dei paese, è la desertificazione di casa nostra. Viviamo sempre più dentro un grande blog commerciale dove non è più l’imprenditore, locale, a generare ricchezza e a creare indotto. Al posto delle nostre insegne arrivano i negozi etnici, le cineserie, i ricicli.
Le tasse non scendono, Equitalia non perdona. Ma una volta che è finito tutto, lo Stato di cosa si dovrà nutrire? E poi, dopo il commercio, dove si attaccherà il fisco, una volta che non c’è più lavoro e che i cittadini non sapranno come arrivare a sera?
Quale nuova patrimoniale, dopo le botteghe chiuse, se non quella sulla casa, sulla tassa di successione, sugli estimi catastali?