Maurizio Lupi, ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture in quota Ncd, non è indagato. Ma nell’inchiesta di Firenze che ha portato all’arresto di Ercole Incalza, signore delle ‘Grandi Opere’ per sette governi consecutivi, spunta anche il suo nome.
Secondo l’accusa, Lupi avrebbe ricevuto da Stefano Perotti – uno degli imprenditori finiti in manette, considerato l’alter ego di Incalza – alcuni benefit, tra cui un incarico all’Eni da circa 2mila euro al mese per il figlio Luca (al quale viene regalato anche un Rolex dal valore di 10mila euro in occasione della laurea) e abiti di sartoria.
Che Incalza sia un uomo influente, uno che conta davvero, lo dimostra anche un’intercettazione telefonica in cui lo stesso Incalza si vanta con un’amica di “aver trascorso la notte a redigere il programma di governo che il Nuovo Centrodestra avrebbe dovuto presentare e di essere in attesa del benestare di Alfano e di Lupi”.
Stando a quanto riportato dall’ordinanza, lo scorso 2 luglio, Lupi va in Parlamento a difendere Incalza nell’ambito di un’interrogazione del M5S, leggendo un testo preparato dall’avvocato di “Ercolino”.
La minaccia di Lupi: “Faccio cadere il governo”
Ma l’influenza di Incalza su Lupi non si esaurisce qui. La sera del 16 dicembre 2014 – scrive il giudice nell’ordinanza di cattura – il ministro Lupi chiama l’ingegner Incalza e rivendica il merito di aver bloccato l’emendamento con la richiesta di trasferire la Struttura tecnica di missione alle dipendenze della presidenza del Consiglio dei ministri: “L’altra cosa che mi dispiace e ne parlerò con la Ida domani, è questa roba per cui è evidente che… cioè ancora continuare a dire che nessuno ha difeso la Struttura tecnica di missione mi fa girare molto i c… eh! scusami, perché se non l’avessi detta io, se non fossi intervenuto io, lasciate stare il Pd che la vuole trasferire, non entrava nell’emendamento governativo questa cosa qui”.
Lupi fa capire che è disposto addirittura a minacciare una crisi di governo, pur di bloccare l’emendamento: “Vado io guarda, siccome su questa cosa, te lo dico già. Però io non voglio, cioè vorrei che tu dicessi a chi lavora con te che sennò vanno a c…! Ho capito! Ma non possono dire altre robe! Su questa roba ci sarò io lì e ti garantisco che se viene abolita la Struttura non c’è più il governo! L’hai capito, l’hanno capito?!”. La minaccia comunque rimane incompiuta, perché Incalza lascia il ministero alla fine dell’anno, ma la crisi di governo non si consuma.
Incalza avrebbe imposto a Lupi anche la scelta dei suoi due sottosegretari, l’ex socialista Riccardo Nencini e Umberto Del Basso De Caro: “Dopo che hai dato la sponsorizzazione per Nencini lo abbiamo fatto viceministro*–*dice Lupi ad Incalza al telefono*–* Ora parlagli e digli che non rompa i coglioni. E comunque complimenti, sei sempre più coperto…”.
Lupi: “Non mi dimetto, soffro per mio figlio”
In un’intervista rilasciata a Repubblica, Lupi si difende e dichiara di non essere intenzionato a dimettersi, “anche se, per la prima volta, vedendo tirato in ballo ingiustamente mio figlio, mi sono chiesto se il gioco valga la candela”. “Provo soprattutto l’amarezza di un padre – dice – nel vedere il proprio figlio sbattuto in prima pagina come un mostro senza alcuna colpa”. Lupi torna a parlare del Rolex che Stefano Perotti ha regalato al figlio Luca per la laurea: “L’avesse regalato a me, non l’avrei accettato”.
La minaccia alla stabilità del governo, invece, “era una battaglia politica, non difendevo la persona”, “ma l’integrità del ministero. Si stava discutendo di legge di Stabilità e del futuro della nuova Struttura tecnica di missione”. “Al telefono con Incalza – sottolinea Lupi – ho ripetuto quello che avevo detto nelle discussioni politiche”, “dicevo che era un errore togliere al ministero quella struttura, amputandolo di un braccio operativo.*Qualora non ci fosse più stata fiducia nel ministro si faceva prima a cambiare ministro, non depotenziando il ministero”. A proposito delle intercettazioni sul viceministro Nencini, Lupi afferma: “Questo è il limite delle intercettazioni, che non rendono il tono scherzoso delle conversazioni. Io allora conoscevo poco Nencini e Del Basso De Caro. Sapendo che erano socialisti come Incalza, lo prendevo in giro”.
Scritto da: Antonio Atte
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