Sparita l'origine del cibo dalle etichette, ce lo ha imposto la UE

[TEBELARUS]

Neanche perdo tempo a spiegarti le normative UE sul riconfezionamento, qui siamo proprio all'ABC.[/COLOR]

Tu mi puoi spiegare tutte le norme che vuoi ma io ho lavorato in un'azienda di commercio alimenti e sò per certo che il datore di lavoro mette le etichette che gli pare sui prodotti che compra dove gli pare; sicuramente tante volte sei andato al supermercato, hai comprato qualche prodotto col marchio made in vattelapesca e invece dentro c'era altra roba.
Voglio proprio vedere come scopri che per esempio un fico o una ciliegia proviene da una zona del pianeta piuttosto che un'altra...

[mad]

Tu mi puoi spiegare tutte le norme che vuoi ma io ho lavorato in un'azienda di commercio alimenti e sò per certo che il datore di lavoro mette le etichette che gli pare sui prodotti che compra dove gli pare; sicuramente tante volte sei andato al supermercato, hai comprato qualche prodotto col marchio made in vattelapesca e invece dentro c'era altra roba.
Voglio proprio vedere come scopri che per esempio un fico o una ciliegia proviene da una zona del pianeta piuttosto che un'altra...

Quello che scrivi forse è errato, anche se hai esperienze di lavoro nel campo alimentare. La produzione di un alimento passa attraverso regole severe di preparazione, assemblaggio, semilavorazione, verifiche ecc...ecc.... che non sto a spiegarti perchè sicuramente le conosci tutte.

Ma se vendo piselli in scatola che in etichetta sono prodotti e confezionati a Parma, e poi vengo nella tua azienda e trovo un container di piselli proveniente dalla Tunisia, con fattura, destinatario (te), produttore (non tuo fornitore), e con tanto di boking (tuo) documento presso il fornitore di imbarco, ti chiudo l'azienda (è successo esattamente cosi' per il latte polacco della Parmalat, per i pomodori cinesi di alcune aziende campane e per l'olio extravergine di oliva provenienti dal Magreb e dalla Spagna non documentato di famosissime ditte italiane.

Per esempio il fico di cui parli o la ciliega di cui parli deve avere un documento di ingresso, un ordine, una conferma d'ordine, un certificato di conformità del produttore, un altro dell'importatore eventuale, un controllo qualità, una catena di produzione documentata sul campo, una bolla di accompagnamento ed un'equivalente uscita documentata dall'esportatore ecc...ecc...

Stiamo parlando di un'azienda alimentare che è accredidata presso supermercati o catene europee che rpoduce come minimo 300 ton (12 autotreni in media al giorno) e non del fruttivenolo dle mercatino sotto casa.

Quindi credo che la tua sfida per vedere se uno importa e vende abusivamente la ciliegia o il fico potresti perderla. Forse.

[Qassim]

Io mi fido più del cibo tedesco che della pummarola di Caserta, adesso non posso più comprare il burro made in Denmark che rischio di pigliare quello fatto nella terra dei fuochi.

[animal]

e' il primo passo per propinare polvere liofilizzata di insetti e blatte al posto di spezie per grigliate!

[TEBELARUS]

Quello che scrivi forse è errato, anche se hai esperienze di lavoro nel campo alimentare. La produzione di un alimento passa attraverso regole severe di preparazione, assemblaggio, semilavorazione, verifiche ecc...ecc.... che non sto a spiegarti perchè sicuramente le conosci tutte.

Ma se vendo piselli in scatola che in etichetta sono prodotti e confezionati a Parma, e poi vengo nella tua azienda e trovo un container di piselli proveniente dalla Tunisia, con fattura, destinatario (te), produttore (non tuo fornitore), e con tanto di boking (tuo) documento presso il fornitore di imbarco, ti chiudo l'azienda (è successo esattamente cosi' per il latte polacco della Parmalat, per i pomodori cinesi di alcune aziende campane e per l'olio extravergine di oliva provenienti dal Magreb e dalla Spagna non documentato di famosissime ditte italiane.

Per esempio il fico di cui parli o la ciliega di cui parli deve avere un documento di ingresso, un ordine, una conferma d'ordine, un certificato di conformità del produttore, un altro dell'importatore eventuale, un controllo qualità, una catena di produzione documentata sul campo, una bolla di accompagnamento ed un'equivalente uscita documentata dall'esportatore ecc...ecc...

Stiamo parlando di un'azienda alimentare che è accredidata presso supermercati o catene europee che rpoduce come minimo 300 ton (12 autotreni in media al giorno) e non del fruttivenolo dle mercatino sotto casa.

Quindi credo che la tua sfida per vedere se uno importa e vende abusivamente la ciliegia o il fico potresti perderla. Forse.

Ma quei documenti c'erano, perché l'impresa comprava da varie parti.
Solo che capitava questo: l'ordine della merce XYZ tardava a arrivare e allora che si faceva? Ci si metteva la merce ZXY spacciandola per XYZ. In questo modo il cliente non si incazzava per il ritardo.
Se fosse arrivato un controllo avrebbero trovato regolari documenti di arrivo e partenza di merci XYZ, ZXY. Per sgamare l'inculata si sarebbero dovuti mettere a contare tutte le giacenze di magazzino, le merci arrivate, quelle partite, e non sempre era possibile perché in alcune fatture ci si scriveva semplicemente "fichi", senza indicare "fichi del marocco" o "fichi di palermo".
Avrebbero dovuto mettersi a chiamare tutti i clienti sparsi per tutta l'Europa... Capisci che è inverosimile.

[mad]

Ma quei documenti c'erano, perché l'impresa comprava da varie parti.
Solo che capitava questo: l'ordine della merce XYZ tardava a arrivare e allora che si faceva? Ci si metteva la merce ZXY spacciandola per XYZ. In questo modo il cliente non si incazzava per il ritardo.
Se fosse arrivato un controllo avrebbero trovato regolari documenti di arrivo e partenza di merci XYZ, ZXY. Per sgamare l'inculata si sarebbero dovuti mettere a contare tutte le giacenze di magazzino, le merci arrivate, quelle partite, e non sempre era possibile perché in alcune fatture ci si scriveva semplicemente "fichi", senza indicare "fichi del marocco" o "fichi di palermo".
Avrebbero dovuto mettersi a chiamare tutti i clienti sparsi per tutta l'Europa... Capisci che è inverosimile.

Capisco, ma quello di cui parli tu si riferisce forse ad una "piccola partita" episodica a tampone, pericolosa come pratica ma episodica. E in ogni caso la persona che riceve il tuo prodotto, (dove hai cambiato il tipo di fico) analizzerà a campione il prodotto che gli mandi, e potrebbe trovare, dico : potrebbe trovare che il fico che gli hai dato è diverso, è di colore non conforme, ha una dimensione non prevista nel capitolato di fornitura, ha un grado di zuccheri fuori range, una presenza di acqua anomala, e potrebbe (ripeto : potrebbe ) estendere il controllo che adesso ha fatto a campione su tutta la fornitura, dove troverebbe, secondo ll tuo esempio, un articolo completamente diverso.

Poi verrebbe da te e controllerebbe lo stock di magazzino e te lo farebbe buttare davanti al responsabile della qualità del cliente, altrimenti ti cancella la fornitura e non ti paga manco le ultime consegne dell'ultimo mese.

Poi il secondo fornitore, quello tampone, quando è venuto a portarti la merce in fabbrica è venuto con una Bolla di Accompagnamento, con tanto di ordine, commessa, partita, destinatario ecc......che deve essere registrata in entrata tale e quale, che deve essere riscontrata come peso, qualità ecc... e che quindi lascia tracce .....

E inoltre il produttore quando ha comprato i tre o quattro camion di fichi da un altro fornitore ha dovuto fare un ordine, e l'ordine deve essere stato confermato, e quindi il fornitore diverso (quello dle quale hai utilizzato i fichi) deve essere accreditato e certificato, e quindi ha una bolla un ordine, un impegno di fornitura, un capitolato di produzione .......

Voglio dire che forse, secondo me, se parliamo di piccole e sporadiche anomalie in un contesto enorme facilmente occultabile ..... puo' anche essere. Ma se parliamo di vendita di un prodotto non conforme come metodo, con tanto di etichettatura fasulla, e quindi per quantitativi importanti, credo che come ti dicevo prima, sia piuttosto difficile e poco conveniente fare operazioni come quelle che descrivi.

Ma la mia è solo una sensazione.

[Jango Fett]

Sparisce l'obbligo, non c'è mica il divieto di indicare lo stabilimento di produzione.
In pratica, il consumatore che è attento all'etichetta, tenderà a scegliere prodotti di aziende che indicano lo stabilimento, premiandole.
Per gli altri che mettono nel carrello secondo altri parametri (packaging, costo, fidelizzazione al marchio), sarà tutto come prima.

Tanto clamore per nulla, mi sembra.

[Kavalerists]

Io mi fido più del cibo tedesco che della pummarola di Caserta, adesso non posso più comprare il burro made in Denmark che rischio di pigliare quello fatto nella terra dei fuochi.

infatti, quella migliore è del salernitano, oppure di Pachino.

[Kavalerists]

sento odor di merda liberista.

esatto, mi sembra il primo passo per poi ammorbarci di OGM

[Razionalista]

Eccone un altro che vuole vedere i poveri morire di fame