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    Predefinito Debito privato, anche l’Economist scopre l’esposizione di famiglie e imprese

    Il Fatto Quotidiano - News su politica, cronaca, giustizia ed economia
    Debito privato, anche l’Economist scopre l’esposizione di famiglie e imprese


    di Alberto Bagnai | 24 maggio 2015
    Economia
    Forse lo Stato è sprecone, ma famiglie e imprese sono più esposte. Motivo: la rivoluzione liberista degli anni 80 si basa su bassi salari e consumo a credito
    di Alberto Bagnai | 24 maggio 2015
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    Più informazioni su: Capitalismo, Economist, Ronald Regan


    Con flemma britannica l’ultimo Economist cade dal pero scoprendo che il mondo è oppresso da una montagna di debiti. Ci fa su una copertina a effetto, per poi porsi domande e darsi risposte, alcune spassose e altre rivelatrici. La tesi principale, riassunta dal titolo: “Un sussidio insensato”, è piuttosto esilarante. Secondo l’Economist, il principale motivo per il quale il mondo sta accumulando debito è che i governi ne avrebbero reso artificialmente basso il costo, sottraendo al fisco gli interessi passivi, deducibili in tutto o in parte (mentre i dividendi cadono sotto la mannaia del fisco). Senza questo sussidio implicito e insensato, prosegue l’articolo, si emetterebbero più azioni, e il mondo sarebbe meno oppresso dal peso del debito. Che un periodico liberista dia la colpa allo Stato, e in particolare alle tasse, ce lo possiamo aspettare. Più sorprendente il fatto che l’Economist lamenti che siano poche: ma da quando la crisi è iniziata di cose strane ne abbiamo viste molte. Fatto sta che gli stessi dati prodotti dall’editorialista mostrano quanto il suo argomento sia fasullo.
    Un dato in particolare balza all’occhio: settore pubblico e famiglie contano per quasi due terzi del totale del debito (negli Usa come nel resto del mondo). Abbiamo visto “partiti azienda”, ma non ci risultano casi di Stati o famiglie “per azioni”. Insomma: la stragrande maggioranza del debito è in capo a soggetti che non possono collocare azioni, per cui non si vede bene come un loro ricorso (impossibile) a questa modalità di finanziamento risolverebbe il problema. Non solo: il profilo temporale dell’indebitamento contraddice questa ipotesi. Il grafico situa il decollo del debito all’inizio degli anni 80. In quel periodo, però, non vi fu alcuna riforma del regime fiscale degli interessi. La prima arrivò nel 1986, con il Tax reform act, che aumentò la deducibilità degli interessi su prestiti ipotecari (con l’idea di favorire l’acquisizione di case di proprietà), ma escluse dal beneficio gli interessi sul credito al consumo. Il “sussidio insensato”, posto che fosse tale, intervenne dopo l’esplosione del debito.
    Nell’impapocchiare la sua spiegazione l’Economist si lascia sfuggire due interessanti pezzi di verità. Intanto, negli Stati Uniti, e in generale nel mondo, il settore pubblico emette meno di un terzo del debito complessivo. I restanti due sono debito privato, emesso da famiglie e imprese. Ma voi, di debito privato, sentite mai parlare? No: sentite parlare solo di debito pubblico, causato dalla propensione allo scialacquo dei politici (tutti ladri, tutti disonesti, ecc.). Una spiegazione populista (parla alla pancia dell’elettore facendo leva sulla sua invidia sociale) e parziale, perché dimentica i due terzi del problema! Nelle pieghe dell’articolo si nasconde un’altra verità: Adair Turner (ex presidente della Consob inglese) sostiene che il debito è “amplificato” dalla disuguaglianza. Un grazioso eufemismo che allude alla vera causa del problema. La controrivoluzione liberista dei primi anni 80, con l’avvento al potere di Reagan e Thatcher, si traduce ovunque in uno schiacciamento dei redditi da lavoro a vantaggio dei profitti.
    Ma il capitalismo funziona se qualcuno compra. Il singolo imprenditore che riduce il “costo del lavoro”, cioè che paga di meno il suo operaio, ha vinto: i suoi profitti aumentano. Peccato che poi lo facciano anche i suoi colleghi, e alla fine perdono tutti: nel sistema circolano meno soldi, i fatturati crollano, e con loro i profitti. Come argomento ne L’Italia può farcela, la controrivoluzione liberista segna appunto il passaggio da un capitalismo “guidato dai salari”, dove il dipendente è visto come cliente (come lo vedeva Henry Ford, per capirci), a un capitalismo “guidato dal debito”, dove il dipendente è costretto a indebitarsi per sopravvivere. La causa del decollo del debito (prima pubblico, poi privato) è qui: nella necessità di sostenere l’acquisto di beni in un capitalismo che non vuole distribuire ai lavoratori un potere di acquisto proporzionato al valore aggiunto che essi hanno contribuito a creare.
    Una cosa è chiara dai dati: l’ammontare dell’esposizione debitoria complessiva ha raggiunto, in rapporto al Pil, un livello pari a quello toccato prima dell’ultima guerra. Storicamente, le crisi debitorie si risolvono in tre modi: con la bancarotta, con l’iperinflazione, o con la crescita, che mette i debitori in condizione di saldare i debiti. I creditori, però, preferiscono la disoccupazione e la deflazione, che mantengono intatto il valore dei loro crediti. Così, nell’Eurozona a guida tedesca, i governi percorrono la strada dell’austerità, prendendo a pretesto la necessità di sanare quel debito pubblico che però, come l’Economist ci mostra, è il pezzo più piccolo del problema. L’austerità amplifica il vero problema: oppresse dai tagli e dalle imposte, famiglie e imprese vanno in sofferenza. Non è quindi strano che dopo tanta austerità siamo indebitati più di prima. È già successo. Brüning, dopo aver posto con la sua austerità le premesse per l’ascesa di Hitler, se ne andò a insegnare a Harvard, e poi, per trent’anni, fu possibile vivere in un mondo in cui il lavoro veniva remunerato correttamente e il debito diminuiva. Ah, sì, dimenticavo: fra l’austerità e la cattedra a Harvard ci fu una guerra mondiale. Ottanta milioni di morti che suggerirono ai governanti un minimo di ragionevolezza. Ce ne sarà bisogno anche questa volta?
    Da Il Fatto Quotidiano del 20 maggio 2015

  2. #2
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    Predefinito Re: Debito privato, anche l’Economist scopre l’esposizione di famiglie e imprese

    certo che la ciliegina della menzione di Hitler è quella che condisce tutta l'insipienza dell'articolo.

  3. #3
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    Predefinito Re: Debito privato, anche l’Economist scopre l’esposizione di famiglie e imprese

    Citazione Originariamente Scritto da the fool Visualizza Messaggio
    certo che la ciliegina della menzione di Hitler è quella che condisce tutta l'insipienza dell'articolo.
    qualche argomento nel merito, no, eh?

  4. #4
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    Predefinito Re: Debito privato, anche l’Economist scopre l’esposizione di famiglie e imprese

    Citazione Originariamente Scritto da amaryllide Visualizza Messaggio
    qualche argomento nel merito, no, eh?
    nel merito di uno che cita hitler? cosa è uno scherzo?

  5. #5
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    Predefinito Re: Debito privato, anche l’Economist scopre l’esposizione di famiglie e imprese

    vuoi qualcosa nel merito?mio suocero negli anni 50 comprò la sua prrima macchia con le cambiali.
    il crdtio al consumo esiste da decenni, se non da secoli, condividi?

  6. #6
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    Predefinito Re: Debito privato, anche l’Economist scopre l’esposizione di famiglie e imprese

    Citazione Originariamente Scritto da the fool Visualizza Messaggio
    vuoi qualcosa nel merito?mio suocero negli anni 50 comprò la sua prrima macchia con le cambiali.
    il crdtio al consumo esiste da decenni, se non da secoli, condividi?
    che esista il credito al consumo da secoli, è indubbio. Che sia mai arrivato ai livelli attuali, ovvero,
    1I) debiti (in media) pari a svariate volte il reddito familiare annuale, e
    2) un'economia ferma o peggio (per i lavoratori dipendenti, che ancora oggi non hanno recuperato il potere d'acquisto pre-2008), e quindi una possibilità di crescita di salari tali da poter ritenere solvibile il debito ridotta ai minimi storici
    mi sembra un po' più difficile da dimostrare.
    Non è che siccome il debito è sempre esistito, averne il 10% (rispetto al proprio reddito) o il 300% è la stessa cosa. Specialmente se, come mi sembra che argomenti sufficientemente Bagnai, a quel 300% non ci si è arrivati per accidente, ma per una deliberata scelta politica (dei liberisti come Reagan e Thatcher col loro assalto a diritti dei lavoratori e al welfare state) economica (dei datori di lavoro) e finanziaria (delle banche) di abbassare i salari e quindi costringere i lavoratori, per mantenere lo stesso livello di consumi, ad indebitarsi in maniera sempre crescente. E' autoevidente che un'economia fondata sull'indebitamento del privato cittadino per i propri consumi (quindi, al di là della solvibilità, zero possibilità che dai soldi prestati si generi nuovo reddito) non può che andare dritta al fallimento, al contrario di una in cui il debito privato è in gran parte quello dell'imprenditore che prende soldi in prestito per fare un investimento. Dall'investimento qualcosa di redditizio può uscirne, dal prestito al consumo, non se ne cava niente...
    Ultima modifica di amaryllide; 25-05-15 alle 03:33

  7. #7
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    Predefinito Re: Debito privato, anche l’Economist scopre l’esposizione di famiglie e imprese

    Citazione Originariamente Scritto da amaryllide Visualizza Messaggio
    che esista il credito al consumo da secoli, è indubbio. Che sia mai arrivato ai livelli attuali, ovvero,
    1I) debiti (in media) pari a svariate volte il reddito familiare annuale, e
    2) un'economia ferma o peggio (per i lavoratori dipendenti, che ancora oggi non hanno recuperato il potere d'acquisto pre-2008), e quindi una possibilità di crescita di salari tali da poter ritenere solvibile il debito ridotta ai minimi storici
    mi sembra un po' più difficile da dimostrare.
    Non è che siccome il debito è sempre esistito, averne il 10% (rispetto al proprio reddito) o il 300% è la stessa cosa. Specialmente se, come mi sembra che argomenti sufficientemente Bagnai, a quel 300% non ci si è arrivati per accidente, ma per una deliberata scelta politica (dei liberisti come Reagan e Thatcher col loro assalto a diritti dei lavoratori e al welfare state) economica (dei datori di lavoro) e finanziaria (delle banche) di abbassare i salari e quindi costringere i lavoratori, per mantenere lo stesso livello di consumi, ad indebitarsi in maniera sempre crescente. E' autoevidente che un'economia fondata sull'indebitamento del privato cittadino per i propri consumi (quindi, al di là della solvibilità, zero possibilità che dai soldi prestati si generi nuovo reddito) non può che andare dritta al fallimento, al contrario di una in cui il debito privato è in gran parte quello dell'imprenditore che prende soldi in prestito per fare un investimento. Dall'investimento qualcosa di redditizio può uscirne, dal prestito al consumo, non se ne cava niente...
    Mi piacerebbe sapere quale percentuale di questo debito privato è stata contratta per spese del tutto accessorie e quale invece per cose indispensabili.

    Teniamoci stretti, che c'è vento forte.

    Io sono per la chirurgia etica: bisogna rifarsi il senno.

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  8. #8
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    Predefinito Re: Debito privato, anche l’Economist scopre l’esposizione di famiglie e imprese

    la spiegazione che dà Adair Turner è esattissima
    l'economia non è un gioco a somma zero, devono guadagnarci tutti, il salario del lavoratore è un costo per il suo datore di lavoro ma è anche il ricavo di altri datori di lavoro/imprenditore a cui quel lavoratore andrà a rivolgersi per gli acquisti
    bisogna ficcarsi bene in mente questo principio se si vuol capire l'economia

    quando negli anni '80 Reagan e la Tatcher hanno cominciato a tagliare welfare e le tasse ai ricchi cioè hanno cominciato a distruggere domanda (e marginalmente la domanda è più forte nei bassi redditi) per non far implodere l'economia hanno dovuto inventarsi un trucco, un altro carburante, per sostenere la domanda delle masse e quell'escamotage si è chiamato credito al consumo
    se il sistema bancario, per motivi suoi o perchè regolamentato in tal senso (tipo coi trattati di Basilea qui in eurozona...) smette di pompare questo carburante alternativo la domanda crolla e arriva la crisi
    PATRIMONIALE PROGRESSIVA SU IMMOBILI, DEPOSITI, PRODOTTI FINANZIARI, RENDITE E SUCCESSIONI!

 

 

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