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    Predefinito INSIDE GOP / I conservatori americani non devono mollare né rinnegare i loro valori

    Quando il gioco si fa duro

    I conservatori americani non devono mollare né rinnegare i loro valori


    di Mark Steyn

    13 Maggio 2009


    Ebbene, sì che è finito. Chiunque, da James Carville a Colin Powell, lo va dicendo. “Il partito repubblicano è in guai grossi” ha detto il generale Powell a un gruppo di persone pronte a pagarlo piuttosto bene per questa sua profonda analisi. “Gli americani vogliono pagare le tasse in cambio di servizi. Gli americani vogliono più governo nella loro vita, non meno”.

    Che lo vogliano o meno, sicuramente lo avranno. E se vi piacciono i grandi governi, pensate solo a quanto sarà grande una volta che entrambi i partiti avranno aderito al concetto. Ricorderete che Powell ha votato per Barack Obama, uscendosene con frecciate pubbliche verso il suo “caro amico” John McCain, dopo anni di più discrete frecciate - raccolte in genere da Bob Woodward - verso i suoi non altrettanto cari colleghi nell’amministrazione Bush. Ma a voler essere onesti con l’ex segretario di Stato, il suo arioso avallo della formula 'più governo e più tasse' è quanto di più vicino a una dottrina politica coerente abbia mai avuto.

    Una delle più celebri dichiarazioni di Powell è stata quando espresse la sua logica stringente; dopo la guerra del Golfo del ‘91, si oppose in questi termini a un possibile intervento americano nei Balcani: “Operiamo nel deserto, non sulle montagne”, spiegò. In realtà, in quel periodo, gli Stati Uniti avevano appena cominciato a operare nel deserto. La decisione presa dal primo Bush, su insistenze dello stesso Powell, di non rovesciare Saddam e di fermare le forze della coalizione alle porte di Baghdad, fu un messaggio rivolto al mondo intero – sull’America e i suoi scopi – di cui scontiamo ancora le conseguenze.

    Saddam ne approfittò per prendersi una sanguinosa rivincita su curdi e sciiti, che mai si sarebbero immaginati che le superpotenze del mondo avessero allestito una poderosa coalizione solo per combattere una mezza guerra, terminandola quando ancora non era decisa. Si tratta di uno scorcio interessante di quello che significa essere tra chi beneficia della celebrata “moderazione” di Powell.

    E così non ho una grande considerazione del pensiero strategico di Powell, in casa o all’estero. Per come la vede il generale, il partito repubblicano deve essere come una “grande tenda”: in questo momento la tenda è vuota, con appena qualche “povero esaltato” e degli ospiti nei talk-show “che cercano lo scontro” e appaiono simili a dei forsennati nell’atto di sbranare dei poveri agnelli. Nella tenda democratica invece ci sono neri, gay, sindacati, professori, Ben Affleck: una parata di diversità.

    In effetti, la tenda del GOP ha molti poli: contiene i conservatori in campo sociale, i liberali, i conservatori in campo fiscale, i falchi della sicurezza nazionale. Questi gruppi non sempre vanno d’accordo. I conservatori soffrono la tolleranza dei liberali verso i matrimoni gay e l’aborto. I liberali non capiscono l’ossessione dei falchi verso la crescita di certe nazioni nelle zone più infernali dell’Islam. Tanti falchi non comprendono perché mai i conservatori siano tanto restii ad aumentare le tasse quando c’è una guerra in corso. C’è bisogno di un grande sforzo per conciliare tutte queste componenti in misura sufficiente a mantenere in piedi la tenda. E all’inizio del ciclo elettorale del 2006, tra un Congresso che si rifiutava di parlare di soldi e una guerra che sembrava essersi trasformata in una serie infinita di difficili operazioni coloniali, i diversi poli del GOP avevano iniziato ad agitarsi.

    La coalizione repubblicana è come un matrimonio senza amore che si protrae nel tempo: arrivano i tempi cattivi, e quelli pessimi. E, sebbene liberalismo e conservatorismo sociale siano dottrine dai principi a prova di errore, i capricci della politica fanno sì che spesso siano rappresentati ufficialmente da opportunisti assolutamente fallibili e senza principi come Arlen Specter (il senatore repubblicano passato con i democratici, ndt) o da mezze figure, anch’esse senza principi, come Lincoln Chafee (il senatore repubblicano non rieletto alle ultime politiche che nel 2007 è uscito dal partito, ndt). Nel frattempo, nell’altra tenda, festeggiano la diversità con un’idea spietatamente fissa: nella parata democratica, qualunque sia il tuo problema, il governo è la risposta. Il governo è il mezzo, il governo è il fine, il governo è la magia. Tutto ciò dà loro un’unità d’intenti con cui il GOP non può competere.

    Eppure, eppure... Lo scorso novembre, nonostante la dissipatezza fiscale del GOP, nonostante la October surprise nel settore finanziario, persino con una raffazzonata lista di nomine incapaci di articolare una qualsiasi logica intorno alla candidatura per le presidenziali o anche mettere insieme un pensiero coerente in economia; nonostante un compagno di corsa vittima di una brutale eliminazione tutta giocata su argomenti frivoli, nonostante il suo avversario fosse un affascinante, carismatico beniamino dei media di importanza storica, e nonostante dovesse scontare il ciclo naturale di un sistema bipartitico, il candidato “senza speranza” e poi “travolto” ha pur sempre ottenuto il 46 per cento dei voti. Va bene, non è il 51 per cento. Ma anche così, il 53 per cento di Obama non è stato un cambiamento della portata di un terremoto, anche se Obama crede che lo sia.

    Per dirla alla Powell, il generale pensa che il partito repubblicano sia nel deserto. In realtà sta scalando una montagna. Tutto sommato, la resistenza del conservatorismo americano è una delle rivelazioni più considerevoli della recente storia politica occidentale. Sta lottando contro membri del suo stesso partito, contro un sistema dei media che – sulle questioni che contano – assume come posizione di base quella dei democratici.

    Si consideri questo più che benevolo profilo di Colin Powell scritto da Todd Purdum sul New York Times nel 2002: “L’approccio di Powell a quasi tutti i problemi (esteri o nazionali) è pragmatico e non ideologico. E’ internazionalista, multilateralista e moderato. Ha appoggiato il diritto all'aborto ed è stato sempre propositivo”. E dunque, sostenere “l’internazionalismo”, “il multilateralismo”, “l’aborto e le quote razziali” significa essere “moderati” e “non ideologici”? E chi la pensa in modo diverso è accecato dall'ideologia? Assolutamente. L’obiettivo di una larga fetta della sinistra non è prevalere nel dibattito pubblico ma cancellarlo prima che abbia inizio.

    Uno può farlo in tanti modi: aggredendo i conservatori quando appaiono all’università, proibendo i “discorsi dell’odio” con decisioni fantasiose di giudici attivisti o semplicemente, come fa il Times, dichiarando ogni volta che la tua posizione è quella “moderata” e “non ideologica”, anche quando, come capita spesso, la posizione “estrema” è appoggiata dalla maggioranza degli elettori. In questo modo, per Colin Powell è Ann Coulter a essere brutale, e non Michael Moore, che paragona i jihadisti che fanno saltare in aria i soldati occidentali in Iraq ai Minutemen americani e viene ricompensato con un posto accanto a Jimmy Carter nel box presidenziale alla Convention democratica.

    E’ una montagna, e sta diventando sempre più ripida da scalare. Le promesse di una “libera” assistenza sanitaria renderanno altri elettori suscettibili alle blandizie di uno stato-bambinaia. I democratici hanno i loro piani per Internet e la radio che porteranno a diminuire le voci repubblicane. Ancora una sessione della Corte suprema, e il Primo e Secondo emendamento cominceranno a essere rosicchiati. Gli uomini di Obama alla ACORN, già sotto indagine in diversi stati per registrazione irregolare dei votanti, avranno una parte di primo piano nel censimento del 2010.

    Ma quando il gioco si fa duro, non puoi, come suggerisce Powell, “muovere verso il centro”. Sei tu che devi attrarre il centro verso di te, come fecero Ronald Reagan e Margaret Thatcher. E’ una mossa più difficile, ma se la scelta è tra più governo e più tasse, o più libertà e maggiori opportunità, allora io scelgo la seconda possibilità, e così dovrebbe fare il partito repubblicano, per quanto difficile possa essere. A differenza di Colin Powell, il conservatorismo non ha paura delle montagne.

    Mark Steyn è un editorialista della National Review ed è autore di "America Alone"

    Tratto da "National Review"


    Traduzione di Enrico De Simone


    http://www.loccidentale.it/articolo/...ntagna.0071343
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  2. #2
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    Predefinito Riferimento: INSIDE GOP / I conservatori americani non devono mollare né rinnegare i

    Questo articolo farà felice i miei amici conservatori di PIR convinti più di me che il conservatorismo, così come lo abbiamo conosciuto, mantenga intatte le sue chances di vittoria.

    Rimango dubbioso al riguardo e convinto che Steyn non sia stato del tutto obiettivo nel trattare la questione, oltre che ingeneroso verso Powell, trattato come un RINO's qualunque. Ma ne riparleremo.
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  3. #3
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    Predefinito Riferimento: INSIDE GOP / I conservatori americani non devono mollare né rinnegare i

    Cerchiamo di fare una riflessione sull'articolo di Steyn. E mi va di partire dalla fine, ovvero dalla considerazione che gli elettori si conquistano non muovendo verso il centro, ma attirando questo a sè. Vengono citati gli esempi di Reagan e Thatcher che negli anni Ottanta seppero conquistare il consenso non deflettendo dalle loro posizioni di destra.

    Il fattore che a mio avviso Steyn non considera è che tu puoi attrarre il centro solo se la situazione generale ti è propizia, altrimenti è come abbaiare alla luna. Ronnie e Maggie riuscirono a capitalizzare un diffuso dissenso verso le politiche statalistiche dopo che per anni e anni queste avevano rappresentato l'agenda dei governi di sinistra e della stessa destra. Oggi la situazione è diametralmente invertita: dopo un ventennio di deregulation e libero mercato l'uomo comune sente nuovamente bisogno di più governo, più controlli, in definitiva è disposto a rinunciare parzialmente alla sua libertà per avere più sicurezza. Obama l'ha capito benissimo e pragmaticamente ha attirato il centro a sè, riuscendo a dare al liberalismo americano un fascino che aveva perso da decenni.

    Dunque il problema, a mio avviso, l'ha perfettamente delineato Powell quando ha affermato che gli americani vogliono ora più governo. D'altronde, dopo l'11 settembre, due guerre, Katrina e le varie crisi finanziarie ci sarebbe stato davvero da stupirsi se il popolo americano avesse preferito la libertà alla sicurezza.

    D'altronde, che il pendolo avesse da tempo iniziato a muovere verso l'interventismo statale è sotto gli occhi di tutti. E' stata la "compassione" di George W. Bush, e non Obama, a riportare il governo al centro della politica americana. E questo già nel 2000, dopo aver sconfitto alle primarie Steve Forbes, che era la speranza dell'ala propriamente reaganiana del partito. Dopo l'11 settembre gli americani hanno chiuso un occhio e poi anche l'altro sulle libertà civili, perchè si era in guerra e si doveva seguire il Comandante in Capo. A poco a poco si sono coscientemente compiutt vari passi in direzione di uno Stato forte, uno Stato attivo nel risolvere problemi che non potevano più essere affidati all'iniziativa individuale. Che fosse giusta o sbagliata questa percezione è indubbio che gli americani l'hanno avuta e non gli si può far torto se hanno affidato le loro speranze nel partito che storicamente si pone a difesa dello Stato.

    Dunque, per i Repubblicani non si tratta, a mio avviso, di diventare centristi scopiazzando la sinistra, ma di riuscire a rispondere alle aspettative popolari rinnovando il "big government" in senso non demagogico, alla maniera liberal, ma pragmatico. Come dice Berlusconi, lo Stato può essere "amico" e lo è, quando dimostra coi fatti di risolvere i problemi quotidiani.

    Ma i Repubblicani sono un partito dominato dall'ala ideologica, per cui lo Stato è sempre "nemico". Sarà difficile invertire la rotta per abbracciare una politica un pochino più europea. Non tutti gli europei sono socialisti e non tutti i socialismi sono di sinistra. Ma queste, mi sa, sono delle sofisticherie che all'ingenuo conservative non interessano affatto.
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  4. #4
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    mah,non mi convince: il repubblicano medio,non il libertario coerente,non è che veda lo stato come un nemico,ma semplicemente come uno che è meglio stia fuori della porta di casa.
    Si dice che la rockstar interpreti il desiderio di maggiore sicurezza degli americani: sinceramente mi sfugge in cosa Obama garantisca più certezza,se non nell'aumento delle tasse.

    Mentre è vero che il repubblicano medio non distingue poi tra socialismo,liberalsocialismo e socialdemocrazia e li considera sofismi all'europea....

  5. #5
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    Citazione Originariamente Scritto da Eric Draven Visualizza Messaggio
    mah,non mi convince: il repubblicano medio,non il libertario coerente,non è che veda lo stato come un nemico,ma semplicemente come uno che è meglio stia fuori della porta di casa.
    In pratica è la stessa cosa. Ti ricordo inoltre che la famosa frase di Tremonti: "Il mercato quando è possibile, lo stato quando è necessario" in America starebbe più in bocca ad un Democratico che ad un Repubblicano. Eppure ad ognuno di noi sembra una considerazione ovvia, banale.
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  6. #6
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    Un repubblicano direbbe "il mercato come regola,lo stato come emergenza" e sinceramente lo trovo ancora più logico e convincente di qualsiasi altro sofisma

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    Citazione Originariamente Scritto da Eric Draven Visualizza Messaggio
    Un repubblicano direbbe "il mercato come regola,lo stato come emergenza" e sinceramente lo trovo ancora più logico e convincente di qualsiasi altro sofisma
    Non credo invece che lo direbbe. Potrebbe farlo Powell, ma lui è un RINO...
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  8. #8
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    non lo direbbe un conservatore sociale,forse.....Powell sinceramente fo fatica seguirlo ultimamente

  9. #9
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    Citazione Originariamente Scritto da Eric Draven Visualizza Messaggio
    non lo direbbe un conservatore sociale,forse.....Powell sinceramente fo fatica seguirlo ultimamente
    Non hai capito... Fiscali o sociali sono tutti liberisti assatanati!

    I cosiddetti RINO sono quelli più vicini ai conservatori europei, tanto e vero che Sarkozy e Cameron hanno di recente scelto Schwarzenegger come interlocutore, mica Gingrich...
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  10. #10
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    sul tutti avrei dei forti dubbi,Right: il buon vecchio G.W.Bush tutto lo posso definire tranne che un liberista assatanato....

 

 
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