"Quante persone ci sono in questa strada, un centinaio? Quante sono le persone intelligenti, sette, otto? Bene, io lavoro per le altre novantadue" Phineas Taylor Barnum
UE, mondo, futuro Michio Kaku:
https://www.youtube.com/watch?v=7NPC47qMJVg
I dieci CEO più pagati d’America
26/05/2015 - di Redazione La ripresa delle quotazioni azionarie ha spinto di nuovo verso l'alto le paghe dei dirigenti americani
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Il valore delle azioni di molte aziende è tornato a salire e così anche gli stipendi dei CEO statunitensi, i più pagati tra i quali incassano decine di milioni di dollari all’anno tra retribuzioni e bonus.
Marissa Mayer (Photo credit Don Feria/Getty Images for Fortune)
LA CRISI È PASSATA, I CEO BRINDANO -
La grande crisi è ormai superata negli Stati Uniti, ma ancora tardano a vedersi gli effetti della ripresa sulle retribuzioni medie e medio-basse. Si vede invece eccome l’effetto che ha avuto sulle paghe dei manager delle multinazionali, tanto che la retribuzione media per i capi delle aziende comprese nello Standard & Poor’s 500 ha toccato il record di 10,6 milioni di dollari nel 2014, merito soprattutto della decisione di tanti di passare all’incasso delle stok option ora che il momento è propizio.
LA CLASSIFICA DEI PIÙ PAGATI -
A guidare la classifica dei CEO (L’equivalente dell’amministratore delegato in lingua inglese, CEO – Chief Executive Officer) più pagati è David Zaslav (in copertina), di Discovery Communications, che ha portato a casa la bella cifra di 156,1 milioni di dollari, anche grazie a un nuovo contratto che ha aumentato nettamente la sua retribuzione, quadruplicata all’anno precedente.
Un gran contratto, tanto che Les Moonves di CBS si piazza secondo a grande distanza, portando a casa 54,4 milioni, complice anche una riduzione della sua retribuzione.
Il terzo gradino del podio è di Philippe Dauman, Viacom, con 44,3 milioni, raggiunti anche a un bonus cash da 20 milioni. A un’incollatura c’è poi Bob Iger, di Walt Disney, con 43, 7 milioni.
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UN ANNO DA RECORD PER I CEO -
La prima donna in classifica è Marissa Mayer di Yahoo, che con 42,1 milioni non è molto lontana dalla vetta ed è ovviamente la donna CEO più pagata degli Stati Uniti.
Seguono Leonard Schleifer (Regeneron Pharmaceuticals, 42), Marc Benioff(Salesforce.com, 39,9) Jeffrey Leiden (Vertex Pharmaceuticals, 36,6), Brian Roberts (Comcast, 33) e Jeffrey L. Bewkes (Time Warner, 32,7) .
I dieci CEO più pagati d'America | Giornalettismo
La leggenda delle disuguaglianze crescenti
di Luca Ricolfi | 26 aprile 2015
Da quanti anni lo sentiamo dire? Da quanti anni lo leggiamo sui giornali? Da quanti anni gli studiosi si affannano a ricordarcelo?Il mondo sta diventando sempre più diseguale, ci ripetono. Un po' ovunque le disuguaglianze stanno crescendo in modo esplosivo, o esponenziale, come si usa dire con abuso di linguaggio (“esponenziale” non significa veloce, ma semplicemente a tasso costante). E l'aumento delle disuguaglianze, nel giro di pochi anni, è anche diventato il principale imputato per la crisi che ci attanaglia dall'agosto del 2007.
Se la crescita si è fermata, ci dicono, è perché vi è stata una spaventosa crescita delle diseguaglianze.Ma è vero che le diseguaglianze stanno crescendo in modo così esplosivo? Il dossier della Fondazione David Hume, che analizza più di 50 anni di storia della diseguaglianza in quasi tutti i Paesi del mondo, fornisce ora una base di dati ampia e relativamente completa per provare a fornire qualche risposta (vedi le pagine 2-5 del giornale). Ed eccone alcune.
La diseguaglianza, ad esempio, nei Paesi ex comunisti ha fatto un balzo in avanti nei primi anni '90, dopo la caduta del muro di Berlino, mentre in America latina è in costante diminuzione dall'inizio del XXI secolo. Se consideriamo il mondo come un unico Stato, e misuriamo il grado di diseguaglianza fra i cittadini del mondo, la diseguaglianza è molto cresciuta negli anni '80, ma ha smesso di crescere intorno al 1992, ed ha cominciato a diminuire sistematicamente a partire dal 2000. Dunque, nel XXI secolo la tendenza della diseguaglianza mondiale è alla diminuzione.La diseguaglianza fra i livelli di benessere delle nazioni, o diseguaglianza internazionale, ha invece smesso di crescere già intorno al 1990, e si sta riducendo a un ritmo molto rapido da circa un quarto di secolo.E le diseguaglianze interne ai vari Paesi del mondo? Qui tutto si può dire, tranne che esistano tendenze generali. La diseguaglianza interna sta crescendo in modo preoccupante in Cina (dal 1982) e in India (dal 2002), ma nel resto del mondo il grado medio di diseguaglianza, dopo aver raggiunto un massimo nel 1996, ha un andamento sostanzialmente piatto, frutto di movimenti molto complessi e diversi da Paese a Paese e da periodo a periodo.
E nelle società avanzate?
Qui, forse, incontriamo le maggiori sorprese. Se consideriamo l'insieme dei Paesi Ocse (più Singapore e Hong Kong), la tendenza principale della diseguaglianza è stata all'aumento fra gli anni '80 e gli anni '90, ma negli ultimi 10-15 anni non presenta una tendenza netta, e se proprio vogliamo trovarne una, è a una lievissima diminuzione. In alcuni Paesi (ad esempio il Giappone) prevale nettamente la tendenza all'aumento, in altri (ad esempio la Turchia) prevale quella alla diminuzione, in altri ancora non è possibile rintracciare alcuna tendenza sistematica.
Fra questi ultimi vi è anche l'Italia. Da noi è da vent'anni (dal 1993) che il grado di diseguaglianza (misurato con l'indice di Gini) oscilla intorno a 0.33. Un valore più basso della media (ponderata) dei Paesi Ocse (pari a 0.35 nel 2013), e decisamente più basso del valore (0.37) che l'indice aveva in Italia alla fine dei “gloriosi 30 anni”, quelli caratterizzati dall'espansione dello Stato sociale.
E negli anni della crisi?
Se guardiamo alle società avanzate, i dati disponibili, talora fermi al 2012 o al 2013, non consentono alcun racconto unitario, perché la dinamica della diseguaglianza varia considerevolmente non solo a seconda dei Paesi, ma anche in funzione del modo di misurare la diseguaglianza, che può riferirsi al reddito o alla ricchezza netta, a tutti gli strati o solo agli strati estremi (i super-ricchi e gli ultra-poveri). E tuttavia, fra le innumerevoli storie che emergono dai dati disponibili, ve n'è almeno una che si presenta con inquietante frequenza, quella che potremmo chiamare della “curva a V”. In parecchi Paesi (fra cui l'Italia) il profilo della diseguaglianza negli anni a cavallo della recessione 2008-2009 sembra essere stato prima calante e poi crescente, come se la crisi avesse prima penalizzato e poi premiato i ricchi. Difficile pensare che questo movimento, laddove si è manifestato, non abbia a che fare con il movimento degli indici azionari, prima calanti e poi crescenti.
Se questa lettura avesse qualche fondamento, sarebbe difficile non notare un paradosso. I progressisti sono ovunque schierati per le politiche di espansione monetaria, come il Quantitative Easing di Draghi, ma paiono non rendersi conto di un punto recentemente sottolineato da Pascal Salin, in uno dei libri più interessanti sulla lunga crisi di questi anni (“Tornare al capitalismo per evitare le crisi”, Rubbettino 2011): i tassi di interesse bassi inflazionano il valore degli asset (titoli e immobili), favoriscono la speculazione, e per questa via, premiano innanzitutto i livelli alti della gerarchia sociale.
Insomma, dopo anni in cui la diseguaglianza aveva cessato di crescere, potrebbero essere proprio le politiche pensate per far ripartire la crescita a innescare un nuovo processo di aumento delle diseguaglianze, dopo quello degli anni della globalizzazione. È solo un'ipotesi, ma forse varrebbe la pena rifletterci su.
La leggenda delle disuguaglianze crescenti - Il Sole 24 ORE
qui lo studio per intero in pdf della fondazione david hume per il sole 24 ore
http://www.ilsole24ore.com/pdf2010/E...?uuid=ABsW2MYD
Ultima modifica di Indra88; 27-05-15 alle 03:08
Ultima modifica di Razionalista; 27-05-15 alle 09:36
"Quante persone ci sono in questa strada, un centinaio? Quante sono le persone intelligenti, sette, otto? Bene, io lavoro per le altre novantadue" Phineas Taylor Barnum
UE, mondo, futuro Michio Kaku:
https://www.youtube.com/watch?v=7NPC47qMJVg
"Quante persone ci sono in questa strada, un centinaio? Quante sono le persone intelligenti, sette, otto? Bene, io lavoro per le altre novantadue" Phineas Taylor Barnum
UE, mondo, futuro Michio Kaku:
https://www.youtube.com/watch?v=7NPC47qMJVg
"Quante persone ci sono in questa strada, un centinaio? Quante sono le persone intelligenti, sette, otto? Bene, io lavoro per le altre novantadue" Phineas Taylor Barnum
UE, mondo, futuro Michio Kaku:
https://www.youtube.com/watch?v=7NPC47qMJVg
"Quante persone ci sono in questa strada, un centinaio? Quante sono le persone intelligenti, sette, otto? Bene, io lavoro per le altre novantadue" Phineas Taylor Barnum
UE, mondo, futuro Michio Kaku:
https://www.youtube.com/watch?v=7NPC47qMJVg
Non capiscono nulla, lasciali perdere.
Razionalista fa ragionamenti di questo tipo: 20 anni fa solo l'1% aveva il telefonino, che costava 1 milione di lire e non aveva alcuna funzionalità. Adesso il 99% può permettersi un telefonino da 20 euro che è molto migliore di quello di 20 anni fa posseduto dell'1% dei ricchi. Dunque possiamo concludere che oggi il 99% dei poveri sta meglio dell'1% dei ricchi di 20 anni fa ! Allegria !
In ogni caso è il problema della relatività, che loro non comprendono. Perché in termini assoluti un faraone viveva allora peggio di un cittadino Italiano medio di oggi. Non aveva il telefonino, non aveva il cesso, poteva morire per un raffreddore, non aveva l'automobile, l'arie condizionata. Dunque stiamo meglio di lui.
GLOBALIZZAZIONE:
Se non puoi avere schiavi in patria, cercali all'estero, affinché in patria i senza lavoro implorino la schiavitù.