Siamo sempre nella sfera della materia, della violenza, dell'inganno. Ognuno deve scegliere ciò a cui vuole credere. Qui si tratta della differenza tra l'aristocratico che segue l'insegnamento della Bhagavadgita e quello che conosce solo la pura violenza e mantiene il dominio sulla plebe esercitando la sopraffazione.
Può anche essere reale, ma non ci trovo niente di interessante.
Gli Arya seggono ancora al picco dell'avvoltoio.
Ultima modifica di donerdarko; 17-06-10 alle 15:20
In realtà, c'è un problema nella stessa analisi di Nietzsche. Nietzsche infatti tende a radicalizzare il dualismo sacerdoti-guerrieri come se fossero due opposti inconciliabili.
Il che è sostanzialmente falso: nelle società indoeuropee più antiche spesso (oserei dire sempre) il Re oltre che Re era anche sacerdote.
Ma quella del Re era pure una figura in un certo senso "guerriera".
L'abnegazione di sé, il sacrificio, il disinteresse, l'amore per il prossimo, ecc. ecc. non sono valori antivitali dei sacerdoti ma sono principi che hanno da sempre animato l'aristocrazia.
Di esempi ve ne sono parecchi.
Pertanto, la contrapposizione fra la morale aristocratica guerriera legata ai valori vitali del "corpo" e quella degli schiavi e dei sacerdoti dovuta al loro bieco risentimento nei confronti dei signori è un po' capziosa e neanche del tutto vera.
Forse Nietzsche avrebbe avuto ragione se avesse contrapposto la moralità borghese e plebea alla moralità dei guerrieri e dei sacerdoti, le due caste che effettivamente, dal punto di vista storico, l'avanzata del Terzo e Quarto Stato ha contrastato.
Così facendo, però, non ha compreso qual era la "vera contrapposizione".
Naturalmente rimane il dubbio (finché non ce lo si toglie).
Comunque all'alba dei tempi, se vogliamo prendere per buono quanto dicono gli autori tradizionalisti, la plebe stava al suo posto senza ribellarsi, conscia del fatto che esisteva un ordine e che se essa era nata in quella determinata casta c'era un motivo, ed era persino orgogliosa della sua casta (lo diceva Evola in Rivolta contro il mondo moderno, se non sbaglio).
Resta il fatto che potrà essere un'illusione, ma potremmo dirlo anche del mondo materiale, effimero e nel quale le cose sono prive di un valore e di una gerarchia oggettivi.
Gli Arya seggono ancora al picco dell'avvoltoio.
Data la coincidenza in passato di funzione regale e sacerdotale, potrebbe anche darsi che le due funzioni si siano progressivamente allontanate non tanto per un qualche processo di materializzazione e allontanamento dal "principio spirituale"; ma piuttosto per un normale processo di differenziazione e complessificazione delle società moderne, o comunque per altre ragioni legate a dinamiche tutt'altro che sovrastoriche.
Ad esempio, Marco Aurelio.
Anche se quest'etica, per cui il "bene" viene a coincidere con la "cura di sè" (intesa come disciplina ascetica che prende la forma di un dominio dell'uomo sulle passioni) non è per questo motivo necessariamente più fondata di altre.
Nel caso specifico di "Genealogia della morale", questa contrapposizione è utilizzata per esplicare le idee del filosofo intorno all'origine storica - secondo lui - dei concetti di "bene" e "male"
Sono d'accordo. Ma del resto il nichilismo è figlio della visione relativista e scettica, alla quale però si può sempre fare l'obiezione agostiniana: non è possibile dubitare su tutto e tutti perchè la nostra esistenza, ad esempio, c'è e - anche se dubitiamo su di essa - dobbiamo per forza esistere.
Si enim fallor, sum. Nam qui non est, utique nec falli potest: ac per hoc sum, si fallor.
Il dubbio stesso, di fatto, presuppone un rapporto dell'uomo con la verità.