di Gianfredo Ruggiero

Malpensa è un bellissimo aeroporto, moderno e funzionale, peccato sia stato costruito nel posto sbagliato.
Siamo nel pieno del Parco Naturale della Valle del Ticino, in una zona a cavallo tra Piemonte e Lombardia, ricca di laghi, canali, boschi e tanto verde spontaneo.
Per la sua funzione regolatrice del delicato equilibrio ecologico della Valle Padana e per il suo enorme patrimonio ambientale e paesaggistico, il Parco del Ticino è stato classificato dall'UNESCO "riserva naturale della biosfera".
Al seguito di Malpensa, in questa oasi verde, si sono concentrate le attenzioni degli speculatori di ogni sorta e nazionalità che stanno facendo tabula rasa di ciò che resta del Parco del Ticino e della nostra Brughiera grazie ad una legge regionale - voluta dalla destra, condivisa dalla sinistra e apprezzata dalla Lega - che ha permesso ad alcuni imprenditori locale e a varie multinazionali di aggirare i vincoli ambientali per costruirvi di tutto: capannoni industriali, grandi alberghi, mega parcheggi e gli immancabili centri commerciali, grazie anche al placet delle amministrazioni locali (più alberghi, più soldi nelle case comunali).
Il colpo di grazia verrà poi dalla costruzione della terza pista che ricoprirà con una striscia di asfalto e cemento l’Area del Gaggio, 330 ettari di brughiera e di verde incontaminato amorevolmente curato da volontari e ricco di testimonianze storiche del periodo bellico. Terza pista che porterà più aerei sulle nostre teste, maggiore inquinamento e il trasferimento coatto di una intera frazione, quella di Tornavento con le sue 600 famiglie, che sarà colpita in pieno degli aerei in transito.
Prima di continuare una precisazione: la nostra opposizione a Malpensa non è di natura preconcetta: non siamo contro gli aeroplani e non auspichiamo un ritorno al calesse o alla società bucolica (anche se le civiltà contadine erano molto più sagge di quelle attuali). Siamo semplicemente contro le devastazioni ambientali perpetrate in nome di un presunto progresso e non accettiamo il principio del cosiddetto prezzo da pagare .
Il progresso o rispetta la natura, la qualità della vita e la dignità del lavoro o è, come in questo caso, solo speculazione più o meno mascherata.
Il problema non sono le infrastrutture, strade, ferrovie e aeroporti, che se necessarie vanno fatte, il problema è come sono realizzate e quali sono le vere finalità (spesso inconfessabile e le recenti inchieste sulle Grandi Opere non possono che dare corpo ai nostri sospetti).
I sostenitori e, soprattutto, i beneficiari della grande Malpensa affermano che il nuovo aeroporto è indispensabile per la ripresa economica del nostro Paese, per rilanciare l’occupazione e che la terza pista farà diminuirà inquinamento e disagi: niente di più falso.
Partiamo dal lavoro: è vero, Malpensa porta lavoro, ma quale lavoro e a quali condizioni i sostenitori di Malpensa si guardano bene dal dirlo.
A parte le funzioni impiegatizie riservate agli italiani, il grosso della mano d’opera proviene dal settore dei servizi e dal cosiddetto indotto e vede l’utilizzo quasi esclusivo di extracomunitari. Non perché i lombardi siano diventati un popolo di lazzaroni e di scansafatiche, ma perché le (pseudo) cooperative, a cui sono appaltate le attività di supporto a Malpensa, per mantenere bassi i prezzi e alti i guadagni, trovano più conveniente usare gli immigrati invece dei nostri operai disoccupati. Immigrati che, stando peggio di noi, sono disposti ad accettare condizioni di lavoro e di retribuzione al limite, spesso superato, dello sfruttamento. Condizioni indegne di un Paese civile che tutti vedono, ma fingono ignorare. A partire dai nostri politici.
Nella nostra provincia, tra aziende che chiudono e altre che si trasferiscono altrove la disoccupazione ha raggiunto livelli record, famiglie in crisi e giovani senza speranza, eppure vi sono oltre 52 mila extracomunitari stabilmente occupati a cui si aggiungono le migliaia di immigrati in nero, soprattutto nell’edilizia. Il rischio, per colpa degli imprenditori senza scrupoli e dei politici compiacenti (qui la Lega governa e l’opposizione balbetta), è un guerra tra poveri che vede disoccupati italiani contro immigrati sfruttati.
Malpensa volano per l’economia? Altra bufala!
Trent’anni fa il nuovo aeroporto è stato pensato come strumento di supporto alle nostre esportazioni ma ora, tra la delocalizzazione delle aziende che chiudono in Italia per riaprirle all’estero - fenomeno che si allarga a macchia d’olio sotto lo sguardo indifferente dei nostri Governi di destra e di sinistra che, anzi, si compiacciono perché il principio del libero mercato e della globalizzazione viene prima di tutto, anche dell’interesse nazionale - e l’affacciarsi dei nuovi Paesi produttori che si apprestano ad invadere i nostri mercati con i loro articoli a basso costo, la situazione si è letteralmente ribaltata.
Malpensa sarà utilizzata non tanto per esportare le nostre merci, quanto per agevolare le importazioni. infatti il vero business di Malpensa non è il traffico passeggeri, come molti credono, bensì il trasporto merci (Cargo City).
Con buona pace di chi leghisti in testa, grandi sostenitori di Malpensa sbraita ad ogni piè sospinto contro l’invasione dei prodotti cinesi.
Malpensa porta benessere. E’ vero, ma a chi ai residenti e a tutti coloro che ne subiscono i disagi? No, i benefici finiscono nei bilanci della SEA, la società di gestione aeroportuale i cui maggiori azionisti sono il Comune di Milano e la Provincia di Varese, di alcune multinazionali come l’olandese Avioport e la catena Jolly Hotel e ai quei quattro imprenditori locali in odore di mafia (qui la Magistratura è di casa) che hanno fatto man bassa di terreni una volta vincolati e protetti. A noi cosa rimane? A noi rimane l’inquinamento ed il rumore degli aerei, il cemento al posto del verde, un aumento impressionate della delinquenza e l’illusione che Malpensa un giorno ci farà tutti ricchi.
Pertanto opporsi alle devastazioni di Malpensa significa non solo tutelare noi stessi e il nostro ambiente, ma anche esprimere un NO secco e deciso a chi - in nome del capitalismo di cui Malpensa è figlia - intende sacrificarci sull’altare del libero mercato.