Che il repertorio di Salvini non sia molto ampio è risaputo. Ognuno del resto fa quel che può. Non sorprende quindi più di tanto che i suoi post o i suoi tweet si chiudano spesso con la formula “una preghiera per le vittime” o, più sobriamente, “una preghiera”. Ovviamente, quando ci sono di mezzo dei morti. Ma non morti qualsiasi.


A Salvini la morte interessa solo se proviene da mano forestiera, preferibilmente islamica. O, in alternativa, rom. In tempi di magra vanno bene anche quelle morti in cui è possibile individuare una qualche responsabilità delle istituzioni o delle leggi. A patto, ovviamente, che ci si riferisca ad istituzioni amministrate da avversari politici e a leggi non votate dalla Lega nei suoi lunghi anni di governo. Insomma, per beneficiare delle preghiere di Salvini bisogna, per così dire, morire portando acqua a un certo mulino. Cioè, il suo.

Si presentano come tweet di preghiera, ma a leggerli con più attenzione di religioso hanno ben poco, sembrano piuttosto bigliettini di doveroso ringraziamento alle vittime per essersi pur senza volerlo sacrificate per la sua causa.


quarto pensiero: Una preghiera per le vittime