Si è sempre responsabili di quello che non si è voluto evitare, si legge in un saggio filosofico di Jean Paul Sarte degli anni ’40, e io penso che queste parole siano applicabili benissimo al risultato elettorale che ha avuto ieri Matteo Salvini, non la Lega che è altra cosa, ma proprio Matteo Salvini: se gli italiani hanno creduto e credono a un populista parafascista come lui allora, parafrasando Sartre, si meritano quello che non hanno saputo evitare.
Che poi Salvini non è nemmeno parafascista, pensandoci bene, semplicemente si è costruito, da populista doc, una serie di frasi ad effetto-che fanno presa sul semplicismo di un certo popolo cioè- che spara indifferentemente nelle piazze e nelle trasmissioni televisive. Osservatelo bene, quando parla: se uno gli chiede dell’euro lui risponde con tre frasi precostruite “dobbiamo pensare ai problemi del nostro paese e non farci dire da Bruxelles che misura debbono avere le cozze, per esempio” oppure “prima dell’euro il Veneto era una regione florida dove la ricchezza era palpabile” o ancora “ con l’euro in pratica siamo sudditi della Merckel”, frasi che ovviamente colpiscono le anime semplici, quelle che si limitano alla superficie dei problemi ma che nella realtà hanno scarso significato oggettivo. Se un altro gli chiede quali sarebbero le sue soluzioni sul problema degli immigrati lui risponde sempre e solo con la solita frase “non possiamo permettere che l’Africa si svuoti venendo in Italia”, una frase del cazzo ma efficace sempre sui soliti boccaloni.
Potrei continuare un’ora a descrivere il niente-pericolosissimo- che Salvini rappresenta ma non voglio farla troppo lunga, mi limito a ricordare il titolo di quel saggio di Sarte “L’Essere e il Nulla” che descrive benissimo il fenomeno Salvini