«Lunedì lo stabilimento di Termini Imerese è andato in sciopero e l'unica ragione era che stava giocando la nazionale italiana. Cerchiamo di smetterla di prenderci per i fondelli». Così l'ad Fiat, Sergio Marchionne. Ma, «come l'hanno fatto lì, l'hanno fatto anche a Pomigliano e in tutti gli altri stabilimenti italiani». L'aut aut di Marchionne, a questo punto, è che «o facciamo il nostro lavoro seriamente o la Fiat non è interessata». Il numero uno del Lingotto ha poi fatto riferimento allo stallo in corso sull'accordo per Pomigliano d'Arco, dicendo che «Se si continuerà come adesso, a discutere per tempi interminabili di accordi che non hanno equivalenti nella storia dell'Europa, allora l'Italia non avrà un futuro a livello di industria manifatturiera, l'industria non esisterà più».
«Se la vogliamo ammazzare - ha proseguito Marchionne - me lo dite e lo facciamo, sono disposto a fare quello che vogliono gli altri». Il problema, ha continuato Marchionne a margine della cerimonia in onore del Governatore di Banca d'Italia, Mario Draghi, «è che stiamo cercando di portare avanti un progetto italiano che non ha equivalenti nella storia dell'Europa». «Io - ha detto - non conosco nemmeno un'azienda in Europa che ha avuto il coraggio di portare una produzione da un Paese dell'Est di nuovo in Italia». Invece, «stiamo facendo discussioni su televisioni, giornali e altro su principi di ideologia che ormai non hanno più corrispondenza con la realtà. Parliamo di storie vecchie, di 30, 40, 50 anni fa, stiamo ancora a parlare del padrone contro il lavoratore, sono cose che non esistono più».
Sul comportamento della Fiom, l'unica delle cinque sigle sindacali di Pomigliano d'Arco che non ha accettato l'accordo per il trasferimento della Nuova Panda dalla Polonia, Marchionne dice che «non è questione di sbagliare, é questione di atteggiamento. Non voglio criticare assolutamente nessuno - ha continuato - di sicuro apprezzo l'atteggiamento e l'impegno preso dagli altri sindacati, ma non mi riconosco, come industriale, nei discorsi fatti dalla Fiom». Questa, continua, «non è la Fiat che gestiamo noi, non è la Fiat che esiste, parliamo di mondi diversi. È proprio un discorso completamente sballato». Sull'esito del referendum presso l'impianto, Marchionne ha detto di aspettarsi «una conclusione positiva, una percentuale tale da permetterci di poter utilizzare lo stabilimento».
La vicenda di Pomigliano è servita all'amministratore delegato della Fiat per sottolineare come per affrontare le relazioni industriali, servirebbe un solo interlocutore, non molti gruppi diversi. «Noi abbiamo bisogno, come negli Usa, di un solo interlocutore con cui parlare, non di dodici - ha tuonato Marchionne - Anche il fatto che i nostri operai si siano divisi in gruppetti dà fastidio e non è la cosa più efficiente». Per il manager italo-canadese, «non si può andare avanti così, se per portare una macchina in Italia bisogna parlare con dieci persone... È una cosa incredibile, mai vista». Rispondendo, poi, alle dichiarazioni di Sergio Cofferati, ex segretario generale della Cgil, secondo le quali Marchionne sarebbe peggio, nella sua gestione di Fiat, dell'ex numero uno della casa torinese, Cesare Romiti, l'ad del Lingotto ha detto: «Non conoscevo Romiti, quindi può darsi che abbia ragione, non lo so».
Marchionne: «Basta prenderci per i fondelli: non si sciopera perché gioca la nazionale» - Il Sole 24 ORE