20 LUGLIO 2018: SANT’ELIA PROFETA, SAN GIROLAMO EMILIANI, Confessore, SANTA MARGHERITA, Vergine e Martire; ventesimo giorno del MESE dedicato alla devozione al PREZIOSISSIMO SANGUE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO…
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“San Girolamo Emiliani, confessore, 20 luglio.”
“Commemorazione di santa Margherita, vergine e martire, lo stesso giorno.”
"20 luglio - S. Elia profeta."
20 luglio - S. Elia profeta
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«Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»
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«SANT'ELIA
Profeta.
Doppio maggiore (nel Regno di Napoli).
Paramenti rossi.
SANTA MESSA
Sant’Elia Tisbita fu profeta del vero Dio - il suo stesso nome significa Yahwhe è Dio - al tempo di Acazia e Acab. Combatté strenuamente - confermando la predicazione coi miracoli - per l’integrità della Fede contro il culto del demone Baal che era stato introdotto in Israele. Sul Monte Carmelo trionfò dei sacerdoti idolatrici, in seguito da lui stesso scannati. Per sfuggire all’ira della regina Gezabele fuggì nel deserto, dove, nel pieno dell’angoscia fu visitato da un Angelo che lo rifocillò con un pane miracoloso, figura dell’Eucaristia. Alla fine della sua missione fu assunto di tra gli uomini da un carro di fuoco e portato in luogo misterioso col suo corpo mortale: “Non è sfuggito alla morte, ma per lui essa è solo ritardata” (S. Gregorio Magno). Assieme al Patriarca Enoch tornerà a preparare la seconda venuta del Cristo e particolarmente per convertire gli Ebrei. I due moriranno Martiri prima della disfatta dell’Anticristo, il che giustifica l'uso dei paramenti rossi. Questo “angelo della terra e uomo del Cielo” (S. Giovanni Crisostomo), vindice dei diritti di Dio, prefigurò san Giovanni Battista. L’Ordine del Carmelo lo venera per suo Padre. Su quel monte infatti egli vide - nella nuvoletta ascendente dal mare - la Santa Vergine e originò un ceto di santi romiti.
* Dal libro di sant'Epifanio vescovo.
Sulla vita dei Profeti.
Il Profeta Elia appariva da Tisbe, dal continente degli Arabi e dalla tribù del levita Aaron. Dimorava ancora a Galaad, poiché a Tisbe vi era un tempietto consacrato dai Sacerdoti e destinato ad essi. Sua madre partorendolo, siffatta visione apparve al padre Sobac. Degli uomini, recanti un certo abito niveo davanti a sé, salutavano un ragazzino e lo strappavano dalle mammelle della madre per il fuoco: davvero gli somministravano la fiamma del fuoco al suo luogo. Il padre si recò così a Gerusalemme e riportò ai Sacerdoti ciò che aveva visto. Allora Crematismo, cioè l'Oracolo o Responsore, gli rispose: «Guardati dal farlo manifesto! Giacché la luce di questo figlio sarà dimora e il suo parlare dimostrazione e giudizio: giudicherà Israele con il fuoco e la romfea». Questo è quell'Elia, che tre volte fece scendere il fuoco dal cielo, tanto più riportò la pioggia con la sua lingua, resuscitò parimenti i morti, e fu assunto poi in cielo da una nube, o un turbine di fuoco.
* Dal libro di sant'Isidoro vescovo.
Sulla vita e morte dei Santi.
Elia, che si interpreta Signore Dio, era Tisbita, gran Sacerdote e Profeta, abitante della solitudine, pieno di fede, sommo di devozione, forte nelle fatiche, solerte nell'operosità, dotato di ingegno eccellente, retto nell'esercizio della disciplina, assiduo nella santa meditazione e intrepido nel timore della morte. Percosse i tiranni, uccise i sacrileghi e risplendette di molti segni di virtù. Chiuse il cielo dalle piogge con una siccità di tre anni. Pregò di nuovo e il cielo diede piogge. Risuscitò il figlio morto di una donna. La farina nell'idria non diminuì per la sua potenza e il vaso dell'olio stillò la fonte perpetua. Il fuoco venne dal cielo sul sacrificio con la sua parola. Bruciò col fuoco celeste due cinquantine con soldati. Attraversando il Giordano, separò le acque al tocco della pelliccia di pecora.
Dopo di ciò, rapito da un carro di fuoco, ascese in cielo e verrà, secondo il Profeta Malachia, alla fine del mondo, precederà il Cristo, annunzierà il suo ultimo avvento con grandi potenze e prodigi di segni, così che l'Anticristo sostenga guerra contro di lui ed Enoch, che verrà con lui, e li uccida. E i loro cadaveri giaceranno invero insepolti tre giorni e sei ore. Successivamente risuscitati dal Signore, percuiteranno il regno dell'Anticristo con gran danno. Dopo di ciò verrà il Signore e ucciderà l'Anticristo con la spada della sua bocca e quelli che lo adorarono, e il Signore regnerà con tutti i suoi santi in eterno.
- Al Vangelo.
** Omelia di san Giovanni Crisostomo.
Omelia 57 su Matteo, poco dopo il principio.
A motivo di cosa fece comparire Mosè ed Elia? Ognuno potrebbe addurre molte ragioni. Anzitutto perché anche le turbe lo credevano chi Elia, chi Geremia, chi uno degli antichi profeti: perciò fece comparire Mosè ed Elia, capi degli altri Profeti, affinché riconoscessero quanto sia grande il Signore fra i servi, e affinché giustamente credessero lodato Pietro che lo confessò Figlio di Dio. Inoltre poiché assiduamente i Giudei lo accusavano di trasgredire la legge, e credevano bestemmiasse, quasi per vendicare la gloria del Padre che lo riguardava. Dicevano infatti: Costui non è da Dio poiché non osserva il Sabato; e ancora: Non ti lapidiamo per le opere buone, ma perché tu che sei uomo ti fai Dio; affinché per la cosa stessa fosse chiaro che per invidia lo accusavano di queste cose e che non fosse a parte di nessuno dei due di questi crimini, né che fosse prevaricatore della legge, né che usurpasse per se stesso la gloria altrui facendosi uguale al Padre, ai suoi lati fece comparire loro, ognuno dei quali rifulse in una delle due cose. A Mosè infatti diede la Legge: per la qual cosa Mosè non avrebbe sopportato che si conculcasse la legge, come i Giudei credevano, né lo stesso latore della legge avrebbe mai reso culto a un prevaricatore di essa e a un nemico del legislatore. Elia poi zelò la gloria di Dio; per la qual cosa egli mai sarebbe stato a fianco di chi si diceva uguale al Padre, se questi non lo fosse stato, né sarebbe parso vendicasse ciò che quello che non aveva.
Oltre tutte queste cose, possiamo anche dire che li fece comparire perché chiaramente e veramente si credesse che egli abbia potestà tanto sulla morte quanto sulla vita; perché fosse rivelato essere il Signore dei cieli e degli inferi; pertanto fece comparire ai suoi lati Mosè, già morto, ed Elia che ancora non lo è. La quarta ragione la lambisce anche il medesimo Evangelista. Qual è mai dunque? Che fosse rivelata la gloria della Croce e perché tanto Pietro quanto gli altri, che avevano paura della Passione, fossero consolati ed elevati alle cose più sublimi. Infatti non stavano zitti, dice, ma parlavano della gloria, che si sarebbe compiuta a Gerusalemme, della Croce cioè e della Passione: infatti la chiamava sempre così.
La potenza singolare degli uomini acconsentì a tutto ciò e a ciò che c'era di più importante, che esigeva dai discepoli massimamente. Infatti, poiché disse: Se qualcuno vuol venire dietro di me, prenda la sua croce e mi segua; per questo motivo genera in mezzo al popolo che era stato consegnato a lui, quelli che avrebbero subito la morte cento volte per la custodia dei precetti di Dio; perdendo l'anima ciascuno dei due, la trovano. Certamente parlarono addirittura contro i tiranni con gran libertà; uno contro l'Egitto, l'altro contro Achab: poiché è grande, dinanzi agli uomini ingrati e disobbedienti, dai quali furono scagliati in atroci pericoli, essi anche se spogliati e senza potere, ebbero il proposito tuttavia di strappare il popolo dal culto degli idoli; l'uno dei quali era tardo di lingua e tenue di voce, l'altro era in qualche modo anche più schietto, e ambedue erano disprezzatori moltissimo delle ricchezze secolari. Infatti né Mosè possedeva alcunché, né Elia aveva altro oltre una pelliccia di pecora: poiché erano soprattutto del Vecchio Testamento, non erano ricchi di così tanta grazia di segni.
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SANT'ELIA PROFETA.
Il 20 luglio, festa liturgica – nell’Ordine Carmelitano – del profeta Elia, il sacerdote sale all’altare con i paramenti rossi. Eppure sant’Elia non ha versato il sangue per la fede, anzi – come sappiamo dalla Scrittura – non è ancora morto. Egli tornerà negli ultimi tempi come precursore dell’anticristo a predicare e convertire il popolo ebraico, ed allora, secondo la tradizione, verserà il suo sangue nella città di Gerusalemme. È in vista di questo glorioso martirio che la Liturgia carmelitana adotta – in modo profetico per un profeta – i paramenti rossi.
Elia è il profeta del Dio vivente. Il suo stesso nome, che significa: “JHWH è Dio”, è il vero programma della sua vita. Si tratta di uno dei più grandi uomini dell’Antico Testamento: è colui che sta alla presenza del suo Dio ed è divorato dallo zelo per la Sua gloria. Le parole che si leggono nel primo libro dei Re “Zelo zelatus sum pro Domino Deo exercituum” (Sono pieno di zelo per il Signore Dio degli eserciti [1 Re 19,10]) riassumono il tratto essenziale della sua fisionomia – il cui simbolo è il fuoco (Sir 48,1) – che si delinea con straordinaria vivacità nel Testo sacro.
Dopo la morte di Salomone, le dodici tribù di Israele si divisero in due grandi regni: quello di Giuda e quello d’Israele. Il primo formatosi con le due tribù di Giuda e di Beniamino, ebbe per capitale Gerusalemme; il secondo si compose di dieci tribù con capitale Sichem, poi Samaria. A questo secondo regno appartenne il profeta Elia, che abitava il deserto di Galaad in Samaria. Uomo virtuoso e austero, vestiva una tunica di peli di cammello con ai fianchi una cintura di cuoio: “pieno di zelo per il Dio degli eserciti”, uscì tre volte dal deserto per minacciare Achab, settimo re di Israele, e la regina Iezabele, che avevano pervertito il popolo trascinandolo nell’idolatria; per mandare a morte i 450 profeti di Baal che confuse sul Monte Carmelo; e per annunciare al re, impossessatosi della vigna di Naboth, che sarebbe stato ucciso, e, alla regina, che il suo sangue sarebbe scorso ove era scorso il sangue di Naboth e i cani avrebbero divorate le sue carni. Per tutti questi motivi, Elia fu perseguitato dagli Israeliti, da Achab e da Iezabele e dovette fuggire sul monte Horeb per scampare alla morte. Quando più tardi Ochozia, figlio di Achab, divenne re, Elia gli fece dire di non consultare Belzebu, il dio di Accaron, come aveva intenzione di fare, ma il Dio d’Israele. Ochozia allora gli mandò un capitano con cinquanta soldati per indurlo a scendere dalla montagna e rendergli conto delle sue parole. Elia rispose al capitano: “Se io sono un uomo di Dio, scenda dal cielo un fuoco che divori te e i tuoi cinquanta”. E scese il fuoco e divorò lui e i suoi cinquanta uomini.
Più tardi, Elia andò verso il Giordano con Eliseo, e allorché ebbero attraversato il fiume, un carro di fuoco con cavalli di fuoco separò l’uno dall’altro, ed Elia salì al cielo in un turbine. Eliseo allora si rivestì del mantello che Elia aveva lasciato cadere e ricevette doppiamente il suo spirito.
Il doppio spirito che Elia lasciò ad Eliseo si trasmise agli eremiti del monte Carmelo, i quali – con l’avvento dell’atteso Messia – si costituirono gradualmente in Ordine religioso, il cui stemma – in forma di scudo – rivela la sua origine “eliana”. Esso, infatti, è sormontato da un braccio con una spada di fuoco e un nastro con una citazione biblica. Il braccio è quello di Elia, che tiene una spada di fuoco, e il nastro porta l’iscrizione “Zelo zelatus sum pro Domino Deo exercituum”. Il braccio e la spada mostrano la passione ardente di Elia per l’assoluto di Dio, la cui “parola bruciava come fiaccola” (Sir 48,1). Per i Carmelitani, Elia è il profeta solitario che coltiva la sete dell’unico Dio e vive alla Sua presenza. Come lui, essi portano “la spada dello spirito, che è la Parola di Dio” (Regola Carmelitana n. 19) ed è per essi modello di azione, ma soprattutto maestro di orazione e di contemplazione.
L’apostolo san Giacomo, nella sua Epistola, ci propone come modello di preghiera l’orazione fervorosa e potente del santo patriarca Elia, che ottenne da Dio prima la completa siccità sui campi d’Israele per tre anni e sei mesi, e poi l’abbondanza della pioggia. Alla sua preghiera i morti risuscitarono; il fuoco cadde dal cielo per tre volte in punizione degli idolatri; sul monte Oreb, il Signore si manifestò per mezzo del venticello leggero; sul monte Carmelo apparve la piccola nube, simbolo misterioso della Vergine Maria, Madre di Dio. Sant’Isidoro afferma che tutte le azioni della vita di Elia non furono che un’orazione continua, Elias in sancta meditatione assiduus, da cui nacque la santa Famiglia dei contemplativi del Carmelo. Simeone Metafraste (X sec.) – il grande agiografo bizantino – suggerisce a chiunque voglia comprendere lo spirito di un ordine religioso di studiare lo spirito del fondatore, che è il padre spirituale di tutti quei religiosi. Ma in Elia, aggiunge, il fuoco ardente e lo zelo dell’anima sono così intensi che devono essere studiati da tutti.
Alla fine della sua terrena esistenza, fu il fuoco nella forma di carro e cavalli che rapì il profeta Elia trasportandolo in un luogo ignoto. Suarez afferma esser di fede che Elia, come anche Enoch, non è morto. Sant’Agostino conferma che “né Enoch né Elia hanno subito la corruzione in tutto questo tempo”. “Enoch ed Elia ora hanno gli stessi corpi – sostiene S. Girolamo – che avevano quando furono trasportati” (nel luogo del loro misterioso soggiorno). S. Gregorio specifica che “Sant’Elia non è sfuggito alla morte, ma per lui essa è solo ritardata”.
Circa il luogo del suo soggiorno, alcuni autori ritengono che Elia con Enoch si trovi nel Paradiso terrestre che sarebbe sfuggito all’universale diluvio, altri in un luogo ignoto, ma ameno, conosciuto da Dio solo. Quel che è certo, in entrambi i casi, è che essi posseggono uno straordinario potere di contemplazione e di amore in cui si preparano alla loro venuta finale. Elia, nel luogo dove la divina Provvidenza lo ha posto e sul quale i teologi non ci dicono nulla di certo, prega senza posa per gli uomini, essendo – secondo san Gregorio – in continue estasi, in serafiche contemplazioni e in dolci e soavi colloqui. Nell’esercizio di questa sublime orazione, l’estatico Profeta riceve quella luce abbondante e sovrana con cui dovrà un giorno venire a rischiarare il mondo. Ed è per questo che san Bernardo gli conferisce il nome di luce del mondo: orbis lumen.
“Enoch ed Elia sono felici – afferma ancora san Bernardo – poiché vivono solo per Dio e sono occupati in Lui solo, contemplandolo, amandolo e godendo di Lui”. Suarez sostiene essere del tutto consequenziale al loro stato il fatto che essi siano stati confermati in grazia, benché nel tempo del loro lungo soggiorno non possano più meritare. La loro capacità di meritare, infatti, secondo Suarez, sarebbe sospesa fino al loro ritorno, quando completeranno la loro missione con la predicazione e l’effusione del loro sangue. S. Tommaso afferma che Enoch ed Elia “vivranno insieme fino alla venuta dell’anticristo”. Questa verità, che i Padri riconoscono pressoché unanimemente, Suarez ritiene esser de fide o proxima fidei. La missione di Enoch ed Elia, negli ultimi tempi, sarà quella di predicare in abito di penitenza contro l’anticristo. La missione speciale di Enoch sarà di convertire i Gentili, mentre quella di Elia sarà di convertire i Giudei, i quali, tuttora, nella loro liturgia della Pasqua, gli lasciano un posto vuoto proprio per ricordarne la presenza alla fine dei tempi.
Essi verranno in abito di sacco per richiamare le anime alla penitenza e alla povertà. Ed anche, aggiunge l’Aquinate, per indicare che la Chiesa alla fine dei tempi ritornerà ai tempi della sua giovinezza, quando il Battista predicava vestito con peli di cammello. Essi – come mistici ponti – congiungeranno l’inizio della storia alla sua fine.
Sant’Elia sarà dunque predicatore e apostolo di Gesù Cristo nei tempi futuri, quando l’anticristo perseguiterà la Chiesa di Dio, secondo il capitolo 17° del Vangelo di san Matteo, in cui Nostro Signore Gesù Cristo stesso dice che Elia verrà e ristabilirà ogni cosa: Elias quidem venturus et restituet omnia, perché allora, come ha profetizzato Malachia, egli comparirà come precursore del secondo avvento di Gesù Cristo nel mondo.
Contro l’efficace predicazione di Elia e di Enoch, che conquisterà Giudei e Gentili, si scatenerà la rabbia infernale dell’anticristo il quale tenterà di ucciderli: cosa che Dio permetterà, per aggiungere alla loro corona la palma del martirio. Secondo numerosi Padri ed altri importanti autori, questi due ultimi apostoli saranno messi a morte in Gerusalemme come il nostro divin Redentore, ed i loro corpi, gettati sulla piazza, resteranno senza essere sotterrati per tre giorni e mezzo, secondo la profezia di san Giovanni nell’Apocalisse (cap. 11); ma, trascorsi questi tre giorni e mezzo, i due Santi risusciteranno gloriosi e saliranno al cielo in anima e corpo, in una nube luminosa, sotto gli occhi dell’anticristo e dei suoi sostenitori.
Alla morte di Enoch ed Elia seguirà subito la disfatta dell’anticristo, perché – secondo Tertulliano – questi due apostoli degli ultimi tempi “sono riservati per distruggere l’anticristo con il loro sangue”.
Secondo padre Frederick William Faber, fondatore dell’Oratorio di Londra, Elia ebbe un cuore di guerriero e un intelletto di serafino. Lo dimostra la sua fede così eroica che gli meritò di essere sulla terra il suo primo difensore, come san Michele lo era già stato in Cielo contro gli angeli ribelli. Ciò avvenne in quel pubblico “autodafé”, celebrato sul monte Carmelo, allorché, per ordine del re Acab, si trovarono riuniti ottocentocinquanta falsi profeti che Elia confuse con sagace ironia, e debellò, meritando per questo da san Bernardo il titolo di defensor fidei.
L’ardore di questo santo di fuoco, definito dal Crisostomo “angelo della terra e uomo del Cielo”, che fu portato nel luogo del suo misterioso soggiorno da quel fuoco su cui aveva esercitato uno speciale potere sulla terra, ha fatto di lui una sorta di “uomo eterno” che attende l’ora di Dio per incendiare il cuore degli uomini col fuoco del divino amore. Nel luogo in cui vive con Enoch, Elia si prepara alla sua missione finale. Poiché fu il primo devoto della Vergine Santissima, si crede che egli trascorra questo tempo nell’imitazione di Colei che ebbe lo speciale privilegio di vedere adombrata nella misteriosa nuvoletta e che amò con ammirabile anticipazione. È alla scuola della Madre di Dio che il Profeta degli ultimi tempi si prepara ad affrontare l’anticristo, attendendo due cieli: il cielo della terra, dove verserà il suo sangue, e il Cielo dei cieli, dove godrà, infine, della visione di quel Dio la cui gloria ha zelato con impareggiabile ardore.
I tempi tumultuosi che sta vivendo la Chiesa e il mondo, se non sono i tempi dell’anticristo, ne sono certamente una prefigurazione. Il profeta Elia, che attendiamo secondo le profezie scritturistiche, è fin d’ora un modello di azione e di contemplazione, di fede e di speranza, di amore incandescente all’unico vero Dio e di totale rifiuto del compromesso con l’errore. Infine il santo Profeta e Patriarca invita tutti alla generosità più estrema nel servizio di Dio, quella generosità che lo farà tornare sulla terra a versare il suo sangue per il quale ha anticipatamente meritato il titolo di martire.
Se la moderna cristianità ha relegato (anche) il grande profeta Elia tra i personaggi leggendari, a noi la saggezza di seguire la fede dei nostri Padri che solo la stolta infatuazione dei loro figli si gloria di ignorare.
Autore: Cristiana de Magistris Fonte: Corrispondenza Romana.»
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“SAN GEROLAMO EMILIANI
Confessore.
Doppio.
Paramenti bianchi.
SANTA MESSA
Nato a Venezia nel 1486 dalla famiglia patrizia degli Emiliani, Gerolamo si convertì in seguito alla prigionia durante le guerra della Lega di Cambrai: egli si abbandonò incondizionatamente allo spirito divino «che sulle rovine dell'uomo vecchio, creò in lui l'uomo nuovo fatto ad immagine di Dio» (Segreta). Ripieno dello Spirito di adozione che ci rende figli del Padre, fu scelto dal Cielo per diventare egli stesso il Padre degli orfani e dei poveri (Orazione). Come aveva chiesto Gesù al giovane del Vangelo, egli lasciò tutto, e ad imitazione del Maestro, fece venire a sé i fanciulli (Vangelo). Egli fondò a Somasca, fra Milano e Bergamo, una Congregazione che ebbe lo scopo di allevare la gioventù negli orfanotrofi e nei collegi. Così l'Introito, applicandogli le parole di Geremia, ce lo mostra pieno di compassione per i fanciulli, che, grazie a lui, appresero a lodare il Signore. Spezzando il suo pane con quelli che avevano fame, e coprendo quelli che erano nudi, egli accolse gli indigenti negli ospizi e, grazie alla generosità dei nobili di Pavia e di Milano, sparse a profusione l'elemosina sui poveri (Epistola, Graduale, Alleluia). Morì di peste a Somasca l'8 febbraio dell'anno 1537, quando portava sulle spalle i cadaveri degli appestati al luogo della loro sepoltura (Offertorio).
Benedetto XIV l'iscrisse fra i Beati (1747) e Clemente XIII fra i Santi (1767). Pio XI lo proclamò Patrono degli orfani e della gioventù derelitta (1928).
Ricorriamo al Padre delle misericordie per essere, come san Gerolamo, riempiti di Santa carità verso gli indigenti e i fanciulli.
* Girolamo, nato a Venezia dalla nobile famiglia Emiliani, datosi alla milizia fin dalla prima adolescenza, fu, in tempi difficilissimi per la repubblica, preposto alla difesa di Castelnuovo presso Quero, sui monti di Treviso. I nemici impadronitisi della fortezza, lo gettarono in una orribilissima prigione, legato mani e piedi; dove, privo d'ogni umano soccorso, egli si rivolse alla beatissima Vergine, che esaudì le sue preghiere, gli apparve, ne spezzò le catene, e per mezzo ai suoi nemici, che occupavano tutte le strade, lo condusse incolume in vista di Treviso. Entrato in città, a testimonianza del benefìcio ricevuto, sospese all'altare della Madre di Dio, cui si era votato, le manette, i ceppi, le catene che aveva portato con sé. Tornato a Venezia, cominciò a darsi interamente alle opere di pietà, spendendosi meravigliosamente a pro dei poveri, ma soprattutto compassionevole verso i fanciulli, che, privi di genitori, erravano per la città miserabili e sordidi, raccogliendoli in case, da lui affittate, nutrendoli a sue spese, e formandoli ai cristiani costumi.
In quei giorni avevano approdato a Venezia il beato Gaetano e Pietro Caraffa, che fu poi Paolo IV, i quali approvato lo spirito di Girolamo e il suo nuovo istituto destinato a raccogliere gli orfani, lo condussero nell'ospedale degli Incurabili, dove, educando gli orfanelli, avrebbe insieme servito con pari carità ai malati. Ben tosto, dietro loro consiglio, partì per il vicino continente, ed eresse degli orfanotrofi, prima a Brescia, poi a Bergamo e a Como: soprattutto a Bergamo, dove oltre due orfanotrofi, uno per i ragazzi e l'altro per le ragazze, aprì, novità sconosciuta in quelle regioni, un asilo per le donne di mala vita convertitesi a penitenza. Fermatosi finalmente a Somasca, umile villaggio nel territorio di Bergamo, ai confini delle possessioni Venete, vi fondò una residenza per sé e per i suoi, e vi organizzò la sua congregazione, che poi da questo luogo prese il nome di Somasca; e che poi sviluppatasi e propagatasi, alla educazione degli orfani e al servizio delle chiese aggiunse, per maggiore utilità della società cristiana, la formazione dei giovani nelle lettere e nei buoni costumi in collegi, accademie e seminari, e san Pio V l'annoverò fra gli ordini religiosi, e altri Pontefici le accordarono dei privilegi.
Non pensando che a raccogliere orfani, egli partì per Milano e Pavia; e coll'aiuto di nobili personaggi, provvide di abitazione, vitto, vestito e maestri moltitudini di fanciulli radunati in ambedue questi luoghi. Ritornato a Somasca, fattosi tutto a tutti, non rifuggiva da nessuna fatica che prevedesse tornare a bene del prossimo. Mescolandosi cogli agricoltori nella campagna, li aiutava a raccogliere le biade, e spiegava loro i misteri della fede, puliva la testa dei fanciulli affetti da tigna ributtante, e li curava con pazienza; medicava le putride piaghe dei contadini così bene, che parve avesse ricevuto la grazia delle guarigioni. Scoperta sulla montagna che domina Somasca una grotta, vi si ritirò; e là flagellandosi, restando digiuno giorni interi, passando in orazione la maggior parte della notte, e non prendendo un po' di sonno che sulla nuda roccia , espiava i suoi falli e quelli degli altri. Nel fondo di questa grotta goccia dalla nuda roccia un'acqua ottenuta, secondo una costante tradizione, per le preghiere del servo di Dio; la quale scaturisce anche ai nostri giorni, e, portata in diversi paesi, ridona spesso la salute ai malati. In fine, in una peste che infieriva per tutta la vallata, mentre serviva i malati e portava i morti sulle proprie spalle alla sepoltura, attaccatoglisi il male, fece una preziosa morte, che egli aveva predetta poco prima, in età d'anni cinquantasei, nel 1537. Illustrato da numerosi miracoli in vita e dopo morte, Benedetto XIV l'iscrisse solennemente nell'albo dei Beati, e Clemente XIII in quello dei Santi.
- Al Vangelo.
** Omelia di san Giovanni Crisostomo.
Omelia 62 su Matteo.
Perché i discepoli allontanavano i bambini? Per riguardo alla sua dignità. Allora che fa egli? Per insegnar loro a sentire modestamente, e a calpestare ogni fastosità mondana, egli li accoglie, se li prende in braccio, e a chi li rassomiglia promette il regno dei cieli; come già aveva detto prima. Anche noi adunque, se vogliamo essere eredi del cielo, attendiamo con gran diligenza a questa virtù. Questo è il culmine della filosofia, essere semplici insieme e prudenti: questa la vita angelica. Difatti la vita del bambino non ha alcun vizio nell'anima; non serba ricordo delle ingiurie, ma va a chi gliene fa come ad amici, come se non fosse stato nulla. E sebbene la mamma lo batta, pure la cerca sempre e la preferisce ad ogni altra persona.
Mostragli una regina adorna di diadema, egli non la preferisce alla mamma sua, sebbene coperta di rozze vesti, ed ama meglio veder lei così povera, che una regina magnificamente vestita. Ché l'amore, e non la povertà o le ricchezze gli fanno distinguere i suoi dagli estranei; e non desidera più del necessario, e appena è sazio di latte lascia tosto la poppa. Non soffre le miserie che proviamo noi, sia per la perdita di denaro, sia d'altre cose simili; né si allieta, come noi, di cose che passano, né ammira la bellezza del corpo. Perciò egli diceva: «Di tali è il regno dei cieli» (Matth. 19, 14); affinché con uno sforzo di volontà pratichiamo quelle virtù che sembrano naturali ai bambini."
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“SANTA MARGHERITA
Vergine e Martire.
Paramenti rossi.
SANTA MESSA
Questa Santa, che i latini celebrano il 20 luglio sotto il nome di Margherita, è la stessa che i Greci venerano il 17 luglio sotto il nome di santa Marina «la grande Martire», vergine martirizzata ad Antiochia di Pisidia al tempo di Diocleziano. Il suo culto passò dall'Oriente all'Occidente al tempo delle Crociate. È invocata sopratutto da quelle che stanno per essere madri. Si trova nella lista dei quattordici Santi Ausiliatori.
* Sermone di s. Ambrogio vescovo.
Libro 1, sulle Vergini, verso l'inizio.
Poiché oggi è il giorno natalizio di una vergine, l'amore della verginità ci invita a dirne ora qualche cosa, affinché non sembri che noi restringiamo ad una parola di passaggio l'elogio di una virtù così importante. Se la verginità è degna di lode, non lo è già perché si riscontra nei martiri, ma perché essa fa dei martiri. E come lo spirito umano potrà comprendere questa virtù che è fuori dalle leggi della natura? O come potranno parole umane esprimere ciò che è al di sopra della stessa natura umana? La vergine ha preso al cielo il modello da imitare in terra. E non senza ragione ha domandato al cielo la sua regola di vita, poiché in cielo si è trovato lo Sposo.
P.S. La commemorazione è già presente nel link della Santa Messa di San Gerolamo Emiliani.”
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http://www.sodalitium.biz/san-girolamo-emiliani/
«20 luglio, San Girolamo Emiliani, Confessore (Venezia, 1486 – Somasca, 8 febbraio 1537).
“San Girolamo Emiliani Confessore, Fondatore della Congregazione Somasca, celeste Patrono di tutti gli orfani e della gioventù derelitta : si riposò nel Signore l’otto Febbraio”.
I.O San Girolamo che sei stato fiamma del divino amore per gli orfani e i bisognosi, alleviandone ogni miseria e pena, fa che sul tuo esempio possiamo anche noi accogliere il nostro prossimo con la stessa carità con cui ci ha amato Cristo Signore. Gloria…
II.O San Girolamo che nella tua vita hai rivelato agli uomini la misericordia e la tenerezza del Padre celeste accogliendo i fanciulli e i giovani e insegnando loro la via del cielo, accogli, custodisci e proteggi la nostra gioventù da ogni male. Gloria…
III.O San Girolamo, che nella tua vita mortale, come Buon Samaritano, molte volte ti sei chinato con amore di padre su ogni uomo piagato nello spirito e nel corpo, aiuta con le tue preghiere e la tua paterna intercessione i nostri fratelli ammalati, dona loro la forza e il coraggio per affrontare e vivere con fede questo momento di sofferenza, possano superare presto la malattia e riacquistare la serenità e la salute, per lodarti nella tua Chiesa con cuore riconoscente e grato. Gloria…»
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http://www.SaintAmedee.ch
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«Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum].»
“20 juillet 514 : début du pontificat du Pape Saint Hormisdas.”
“20 juillet 1903 : décès du Pape Léon XIII.”
20 juillet : Saint Jérôme Emilien, Confesseur (? 1537) :: Ligue Saint Amédée
“20 Juillet : Saint Jérôme Emilien, Confesseur († 1537).”
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“Carlo Di Pietro - Sursum Corda
Preghiera al Santo del giorno.
In nómine Patris
et Fílii
et Spíritus Sancti.
Amen.
Eterno Padre, intendo onorare san Pàolo, Diacono e Martire, il quale, rimproverando i principi infedeli per l’empietà Maomettana e per la crudeltà, e costantissimamente predicando Cristo, ucciso per loro ordine, se ne andò in cielo a ricevere il premio. Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi gli avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima per i meriti di questo santo Diacono, ed a lui affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, san Pàolo, Diacono e Martire, possa essere mio avvocato e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.”
"20 luglio, San Girolamo Emiliani."
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"Mese del Preziosissimo Sangue: preghiera per i moribondi.
Eterno Padre, Vi offro i meriti del Sangue Preziosissimo di Gesù, Vostro diletto Figlio e mio Redentore divino, per tutti quelli che oggi moriranno; preservateli dalle pene dell'Inferno e conduceteli con Voi in Paradiso. Così sia.
dalla bacheca di don Ugo Carandino."
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“Gesù, ecco le Vostre meschinissime serve (ed i Vostri meschinissimi servi) che si umiliano e si accusano delle loro colpe in questo giorno commesse. Il Vostro Divino Lume o Signore scenda a rischiarare le tenebre del nostro intelletto. Richiamate, o luce increata, innanzi alla nostra mente tutte le nostre iniquità, come sono scritte innanzi a Voi e dateci grazia di piangerle e detestarle.”
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http://www.preghiereperlafamiglia.it.../20-luglio.htm
“I MINISTRI DEL SANGUE
20° GIORNO
MEDITAZIONE
Gesù è stato il primo Sacerdote che ha offerto al Divin Padre il proprio Sangue per la remissione dei nostri peccati. Per perpetuare la sua offerta, nell'ultima Cena, dopo l'istituzione dell'Eucarestia, istituì anche il Sacerdozio: «Fate questo in memoria di me». Questa verità è confermata dagli Apostoli e dalla perenne tradizione della Chiesa. «Il sacerdote, dice S. Tommaso, dovendo essere ministro del Prezioso Sangue è consacrato dal Sangue di Cristo». Nella consacrazione egli riceve i più ampi poteri: consacrare il Corpo e il Sangue di Cristo, assolvere dai peccati, conferire la Grazia nei Sacramenti, pregare per il popolo e in nome del popolo cristiano; è davvero «il Signore del Sangue» (S. Caterina). Chi chiama il sacerdote ad un ufficio così alto? Non si diventa sacerdoti di proprio arbitrio, ma solo chi è chiamato dal Signore può salire l'altare. E Dio non ha preferenze per uomini di illustre casato, anzi sceglie, quasi sempre, i suoi sacerdoti tra le famiglie più umili e povere. Se grande è la responsabilità del sacerdote, grande è anche la sua dignità e il rispetto a loro dovuto. «Se al sacerdote tocca di ministrare il Sangue di Cristo, questa funzione rende divina la loro dignità e stabilisce il debito di riverenza da parte di tutti: riverenza che va a Dio stesso e a questo glorioso Sangue» (S. Caterina). Quante benemerenze del Sacerdozio cattolico! Sia nel campo della carità sia in quello delle scienze e del progresso, è sempre stato all'avanguardia fino al più sublime eroismo. Eppure il sacerdote è l'uomo più odiato e perseguitato. Ma egli, sull'esempio di Cristo, sa perdonare ai suoi persecutori ed è lieto di poter unire il proprio sangue a quello che tutti i giorni offre sull'altare.
ESEMPIO
Il Card. Massaia racconta che, nel 1863 in Abissinia, due nuovi convertiti, marito e moglie, chiedevano continuamente d'essere ammessi alla S. Comunione. Finalmente li accontentò e nella loro capanna, addobbata alla meglio, iniziò la celebrazione della S. Messa. Subito dopo la consacrazione del Calice, la donna cominciò a gridare: «Fuoco, fuoco!». Le chiese allora la ragione di quel grido ed ella disse: «Quando avete alzato il Calice, ho visto scendere dal cielo un fascio di fuoco; le vostre mani erano infocate e anche il calice era infocato». Il Massaia pensò ad un'allucinazione o esaltazione della povera donna e la mise alla prova. Innalzò, dopo la consacrazione, prima un'ostia ed un calice, non consacrati, poi quelli consacrati e dovette ricredersi, perché la donna continuava a vedere rosseggiare di fuoco solo l'Ostia e il Calice consacrati. Non disse Gesù ch'era venuto a portare il fuoco sulla terra? Il fuoco del suo amore, perché di esso bruci il mondo intero; ha ordinato ai suoi sacerdoti di mantenerlo vivo in tutte le anime, colmandole del suo Sangue Prezioso.
Fioretto. - Rispetta ed ama il sacerdote, perché dispensa i tesori del Sangue di Cristo.
Giaculatoria. - O Gesù, eterno e sommo Sacerdote, io offro il tuo Sangue prezioso all'Eterno Padre, affinché mandi nella sua Chiesa santi e ferventi sacerdoti.”
20° giorno: I ministri del Sangue
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“Il 20 luglio 514 Sant'Ormisda viene esaltato al Sommo Pontificato.”
“Il 20 luglio 1903 muore Papa Leone XIII Pecci, strenuo assertore dei diritti della Santa Sede contro le Rivoluzioni e le invasioni massoniche.
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«Guglielmo Marconi (Bologna, 25 aprile 1874 - Roma, 20 luglio 1937).
"So quanto ti amo e amo la bellezza della natura - l'espressione della Volontà di Dio - dove si possono trovare i valori ideali eterni: la verità, il bello e il buono. L'unità armoniosa delle cause e delle leggi rappresenta la Verità, l'unità armoniosa delle linee, colori, suoni e idee costituisce la Bellezza, mentre l'armonia delle emozioni e la volontà costituisce il Bene, che essendo la massima espressione dell'Eterno e Supremo Creatore porta l'uomo a compimento e ci spinge a cercare la perfezione assoluta".»
(Dalla lettera a sua moglie Maria Cristina risalente al 17 marzo 1927; citato in M.C. Marconi, Mio Marito Guglielmo, Rizzoli, 1995, p. 260)
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“20 luglio 2018: San Girolamo Miani (o Emiliani) nacque a Venezia nel 1486. Intraprese la vita militare, ma questa non lo soddisfava. Fatto prigioniero pregò la vergine Maria e fu liberato. Abbandonò la vita militare consacrandosi al soccorso dei poveri e dei derelitti, vendendo i propri averi e distribuendoli.
Si dedicò in modo particolare ai bambini orfani e poveri fondando tra l'altro l'Ospedale degli Incurabili di Venezia, la bottega degli orfani a S. Rocco e una casa per prostitute pentite.
La sua esperienza spirituale matura attraverso il movimento del Divino Amore, con l'influenza di personaggi come Gaetano da Thiene (fondatore dei teatini) e il cardinale Gian Pietro Carafa, poi papa Paolo IV. Fu chiamato da vescovi della Lombardia e del Veneto ad ordinare le opere di carità delle loro diocesi. Nel 1532 fondò l'Ordine dei Chierici Regolari di Somasca.
Morì nella cittadina di Somasca (Lecco) l'8 febbraio 1537 per aver contratto la peste dai malati che curava durante una terribile epidemia che aveva colpito la Valle di S. Martino.
Fu canonizzato nel 1767, il suo culto liturgico fu fissato dalla Chiesa il 20 luglio.”
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“20 luglio 2018: Santa Margherita, vergine e martire.
Originaria di Antiochia di Pissidia, Marina (o Margherita), fu affidata ad una nutrice cristiana, che la fece battezzare e la condusse alla fede. Cresciuta, fu chiesta in moglie dal governatore della provincia Olibrio, ma al suo diniego e alla professione di fede cristiana, questi la fece impriogionare e torturare. In prigionia il demonio la tentò più volte apparendoli nelle fome di un drago, ma Marina non cedette grazie alla forza del segno della croce. Subì quindi il martirio. È invocata come protettrice delle partorienti.
Marina (Margherita), vergine e martire, santa, il capo con quello di S. Pudenziana sono in un reliquiario a S. Pietro in Vaticano.
M.R.: 20 luglio - Ad Antiochia la passione di santa Margherita, Vergine e Martire. [Tratto dall'opera «Reliquie Insigni e "Corpi Santi" a Roma» di Giovanni Sicari.]”
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“Mese carmelitano: 20 luglio - Sant’Elia Profeta.
*** Rispondimi, Signore, rispondimi e questo popolo sappia che tu sei il Signore Dio e che converti il loro cuore!». Cadde il fuoco del Signore e consumò l'olocausto, la legna, le pietre e la cenere, prosciugando l'acqua del canaletto. A tal vista, tutti si prostrarono a terra ed esclamarono: «Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!». Elia disse loro: «Afferrate i profeti di Baal; non ne scappi uno!». Li afferrarono. Elia li fece scendere nel torrente Kison, ove li scannò. {1Re 18, 37-40} ***”
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Sed gladium. Dottrina e Sacra Scrittura contro l?ecumenismo
https://www.radiospada.org/2018/07/s...-tremila-anni/
“20 luglio. Sant'Elia. Devoto della Madre di Dio prima che Ella nascesse e fondatore dell'Ordine cristiano del Carmelo prima che Cristo venisse ad abitare tra noi. Santo e Profeta dalla Santa Ira, che condannò a morte centinaia di sacerdoti di Baal. Salito in Cielo in carne ed ossa su un carro di fuoco, vivo ci guarda da lassù.
In Elia si riassumono gli elementi fondamentali della religione crisitiana: è un antidoto potente al liberalismo e al modernismo.
Riproduciamo questo interessante articolo sul Profeta Elia, Grassettature nostre [RS]”
«S. Elia profeta, fondatore del Carmelo di Julio Loredo.
Il 20 luglio la Chiesa commemora uno dei personaggi più affascinanti, e forse anche più misteriosi, della storia: S. Elia profeta.
Il mistero di Elia inizia col fatto che egli, personaggio dell’Antico Testamento, è tuttora vivo. Rapito dalla terra su un carro di fuoco (2 Re 2, 1ss), egli scrisse dal paradiso (o dal luogo dove si trova) una lettera di rimprovero a Joram, Re di Giuda (2 Cron. 21, 12). Il suo spirito, comunicato al discepolo Eliseo (Ecc. 48, 12), si è poi manifestato lungo i secoli in diversi personaggi, come S. Giovanni Battista (Matt. 11, 14). Elia apparve a fianco di Nostro Signore nella Trasfigurazione (Matt. 17, 3) e tornerà ancora prima della fine del mondo per fronteggiare l’Anticristo (Mal. 3, 23; Ap. 11, 3 10).
Possiamo dunque dire, seguendo l’esegesi tradizionale della Chiesa, che la missione profetica di Elia abbraccia praticamente tutta la storia dell’umanità. È significativo che in Libano, dove Elia è vissuto, lo ricordano come “Elia il vivo”.
Elia è specialmente ricordato per tre motivi: per la sua devozione alla Madonna; come fondatore dell’Ordine carmelitano; e per il suo spirito infuocato.
Primo devoto della Madonna
Nel tempo del Re Acab, per punire Israele per la sua idolatria, Elia “chiuse i cieli” nel nome di Dio: “Com’è vero che vive il Signore, Dio d’Israele, al cui servizio io sto, in questi anni non cadrà né rugiada né pioggia, se non quando l’ordinerò io” (1 Re 17,1).
Dopo tre anni e mezzo di terribile siccità e carestia, i giudei mostrarono segni di pentimento. Allora Elia impetrò Dio affinché tornasse a piovere:
“Elia si recò sulla vetta del Carmelo, ove chino a terra, mettendo la faccia tra le sue ginocchia, disse al suo servo: ‘Và e guarda dalla parte del mare’.
Quello andò e, dopo aver guardato, rispose: ‘Non c’è nulla’. Elia gli ordinò: ‘Torna sette volte’. La settima volta il servo disse: ‘Ecco una nuvoletta, piccola come la mano d’un uomo, si leva dal mare’. (…) Or, ad un tratto il cielo si oscurò di nubi, si scatenò il vento e cominciò a cadere una pioggia dirotta” (1 Re 18, 42 45).
I commentatori coincidono nel dire che questa nuvoletta raffigurava Maria Santissima, che avrebbe portato una pioggia di grazia (Gesù Cristo) sul mondo. In altre parole, Elia è stato il primo devoto della Madonna che, proprio sul Monte Carmelo, ha dato inizio al culto mariano che dovrà poi durare fino alla fine dei tempi.
Fondatore dell’Ordine carmelitano
Elia è poi ricordato come fondatore dell’Ordine carmelitano. Attorno a lui e al suo discepolo Eliseo, sul Monte Carmelo sorse una comunità di eremiti conosciuti come “figli dei profeti”. Le Scritture contengono diversi riferimenti a questi eremiti, noti in tutta Israele per la loro pietà e spirito di penitenza.
Dopo Cristo, questa tradizione fu continuata, costituendosi così forse la più antica comunità monastica di cui si abbia notizia. Sulla scia di questi eremiti e richiamandosi alla spiritualità di Elia, nel secolo XII venne costituita una comunità religiosa sul Monte Carmelo che, dopo la caduta del Regno cristiano di Gerusalemme, dovette trasferirsi in Europa. Così nacque l’Ordine carmelitano d’Occidente.
Molti Papi nelle loro Bolle hanno riconosciuto questa paternità eliatica dell’Ordine carmelitano, e hanno autorizzato i Carmelitani a rendere culto a Elia come il loro Fondatore. Lo stemma originale dell’Ordine, ancora presente in molte delle sue case, reca il braccio di Elia armato da spada, con sopra il detto “Zelo zelatus sum pro Domino Deo exercitum” — Io mi struggo di zelo per il Signore Dio degli eserciti (I Re 19, 14).
Spirito infuocato
Ma Elia è ricordato anche per un’altra caratteristica: il suo spirito infuocato.
Elia è paragonato al fuoco: “Sorse Elia, profeta ardente come il fuoco, e la sua parola bruciava come fiamma” (Ecc. 48, 1). Il grande esegeta P. Cornelio a Lapide, S.J., lo chiama “l’igneo Elia” (1). Elia infatti fece scendere tre volte fuoco dal cielo: due volte per distruggere i battaglioni inviatigli contro da Re Ocozia (2 Re 1, 10), e una terza volta per consumare il sacrificio durante la celebre sfida con i sacerdoti di Baal (1 Re 18, 38). Sfida che finì con la decapitazione per mano di Elia dei 450 ministri di Baal nonché di 400 “profeti dei boschi”, sacerdoti della dea Ascera.
“Elia fu ignipotente — riprende l’esegeta — ignea fu la sua mente, ignea la sua lingua, igneo il suo cuore, ignea la sua mano con la quale colpì Israele”. (2)
Questo fuoco corrispondeva alla virtù che, nell’universo delle perfezioni divine, Elia era chiamato a rispecchiare nella maniera più singolare: l’ira santa. “Il Signore assolutamente non condanna che si utilizzi l’ira per risolvere le situazioni quando abbisogna — spiega S. Basilio — l’ira è stata sovente ministro delle buone azioni. Pieno di giusta e sapienziale collera, Elia decretò ed eseguì la sentenza di morte contro i 450 sacerdoti della turpitudine, e contro i 400 profeti dei boschi”. (3)
1.Cornelio a Lapide, Commentaria in Scripturam Sacram. In Ecclesiasticum, cap. XLVIII, 1 13.
2. Ibid.
3. S. Basilio, Hom. 20, De Ira.»
Fonte
https://www.atfp.it/biblioteca/confe...re-del-carmelo
https://i1.wp.com/www.radiospada.org...pg?w=600&ssl=1
AVE MARIA!!!
PREZIOSISSIMO SANGUE DI NOSTRO SIGNOR GESÙ CRISTO, MISERERE NOBIS!!!
Luca, Sursum Corda - Habemus Ad Dominum!!!