CONTRORIVOLUZIONE CATTOLICA: il 14 Luglio 1789, i “falsi miti della rivoluzione francese” e gli Eroi Vandeani...
Oggi 14 luglio 2015 – anniversario del giorno della cosiddetta presa della Bastiglia, uno dei tanti falsi miti della tragica sovversione antifrancese ed anticattolica - ricordiamo piuttosto gli eroi ed i martiri cattolici controrivoluzionari della Vandea e di tutta Europa…
“Radio Spada” ha pubblicato l’anno scorso, il 14 luglio 2014, questo articolo valido di Pino Tosca intitolato "14 luglio: Gli eroi della Bastiglia":
“14 LUGLIO / GLI EROI DELLA BASTIGLIA di Pino Tosca”
14 LUGLIO / Gli eroi della Bastiglia | Radio Spada
14 LUGLIO / Gli eroi della Bastiglia - Radio Spada
Onore e gloria ai contadini e a tutti i vandeani insorti insieme al nobile biondocrinito eroe controrivoluzionario cattolico François-Athanase de Charette de La Contrie, «Le Roi de La Vendée»!
Associazione legittimista Trono e Altare: Eroi del legittimismo: Henri de La Rochejaquelein
"Henri du Vergier, conte de La Rochejaquelein (Châtillon-sur-Sèvre, 30 agosto1772 – Nuaillé, 28 gennaio1794), è stato il Monarchico legittimista più giovane che sia diventato generale dell'Esercito cattolico e reale che combatté la guerra di Vandea."
«Combattuto spesso, sconfitto a volte, abbattuto mai»
«Se mio padre fosse fra noi, vi ispirerebbe più fiducia, poiché mi conoscete appena. Io del resto ho contro di me la mia giovinezza e la mia inesperienza; ma ardo già di rendermi degno di comandarvi. Andiamo a cercare il nemico: se avanzo, seguitemi; se indietreggio, uccidetemi; se mi uccidono, vendicatemi! »
François-Athanase de Charette de La Contrie (Couffé, 21 aprile 1763 – Nantes, 29 marzo 1796), detto «Le Roi de La Vendée».
Da vedere anche questo documentario, in francese con sottotitoli in italiano, sulla Vandea:
“Documentario Cattolico - La Storia della Vandea Francese”
? Tradizionalista ? Cattolico ?: Documentario - La Storia della Vandea Francese
? Tradizionalista ? Cattolico ?: Documentario - La Storia della Vandea Francese
Canzoni sulla Vandea:
La Vandeana - versione Settimo Sigillo
La Vandeana - versione Settimo Sigillo - YouTube
Inno Ordine Nuovo - La Vandeana
www.youtube.com/watch?v=OlB021IY_IA
“(…) Spade della Vandea, falci della boscaglia,
baroni e contadini, siam pronti alla battaglia
per vendicare chi morì sopra le ghigliottine
per riabbracciare il sole di Francia sulle nostre colline.
(…) Siamo di Francia ladri e cavalieri
e nella notte noi andiamo.
E il vento freddo del terrore
no non ci potrà fermare.
Se un bianco fiore nasce in petto a noi
è sangue di chi crede ancora
come il bel simbolo d'amore
che al trono ci legò.”
Articoli e libri fondamentali sul tema della "rivoluzione francese" da leggere:
BASTABUGIE - LA PRESA DELLA BASTIGLIA: UNA PAGLIACCIATA PRESA A SIMBOLO DELLA RIVOLUZIONE CHE HA PORTATO LIBERTE', EGALITE', FRATERNITE' (MA SOLO SECONDO I LIBRI DI SCUOLA...)
http://www.bastabugie.it/it/edizioni.php?id=208
“LA PRESA DELLA BASTIGLIA: UNA PAGLIACCIATA PRESA A SIMBOLO DELLA RIVOLUZIONE CHE HA PORTATO LIBERTE', EGALITE', FRATERNITE' (MA SOLO SECONDO I LIBRI DI SCUOLA...)
Messori, il famoso apologeta cattolico (…) rivela le bufale della storiografia ufficiale di Vittorio Messori
Quattro falsificatori di moneta che se la diedero subito a gambe. Due pazzi pericolosi che, scambiati per «filosofi» e, dunque acclamati sulle prime come «vittime della repressione», furono rinchiusi, chiarito l'equivoco, in un manicomio. Un maniaco sessuale: un giovane depravato allievo del marchese de Sade, messo dietro le sbarre per richiesta della sua stessa famiglia. Sette detenuti che sarebbe difficile definire «politici». Sette «perseguitati» assai improbabili. Eppure, è sulle loro miserevoli spalle che, da due secoli, grava il mito della presa della Bastiglia da parte del popolo parigino, con conseguente liberazione di prigionieri che sarebbero stati tragico simbolo dell'assolutismo monarchico. In realtà, i quattro falsari, i due matti e il depravato erano i soli ospiti della fortezza-prigione quando fu assalita, nella tarda mattinata del 14 luglio 1789. La storiografia da manuale scolastico data ancora da quel giorno l'inizio del "mondo nuovo". (...) Sarà dunque bene vaccinarsi, una volta per tutte, con quei vigorosi antidoti alla retorica che sono ironia e senso critico, del tutto legittimi davanti al mix di ridicolo e di orrore che fu la vera «presa della Bastiglia». Si sa che ogni rivoluzione ha bisogno vitale di un «mito di fondazione» che, di solito, viene identificato in una «presa»: la «presa della Bastiglia», ma anche la «presa» di Roma per il Risorgimento, la «presa del Palazzo d'inverno» per il regime marx-leninista in Russia. Quanto alla Pietroburgo del 1917, chi un poco frequenti la storia sa bene che non ci fu alcuna «presa» e che la residenza della corte, abbandonata da mesi dallo Zar, fu occupata da un piccolo gruppo di bolscevichi praticamente senza colpo ferire. Realtà, naturalmente, ben diversa dai manifesti, dai film, dalle cronache magniloquenti dei successivi settant'anni. Quanto a Roma nel settembre del 1870, è noto che, ai suoi meno che quindicimila uomini, Pio IX aveva dato l'ordine di «sottrarsi al contatto con l'invasore, concentrandosi nella capitale». Così il papa al suo comandante, generale Kanzler. Quando, a partire dal 18 settembre, Roma fu assediata, l'ordine pontificio fu: «Il minimo di resistenza, possibilmente senza alcuno spargimento di sangue, solo per significare al mondo che si cede alla violenza. Appena aperta la breccia, alzare bandiera bianca e inviare una delegazione per la resa». In effetti, in due giorni e due notti di "assedio" non fu sparata che qualche fucilata casuale, con due morti e qualche ferito. Aperta a Porta Pia la breccia, il 34° reggimento bersaglieri si arrampicò sulle macerie. Vi fu un solo morto, il maggiore Pagliari che era alla testa, per un colpo partito a un franco tiratore che aveva disobbedito agli ordini, mentre i battaglioni pontifici si concentravano, con le armi al piede, in piazza San Pietro. In dieci giorni di "guerra", i 60.000 soldati italiani di Raffaele Cadorna avevano perduto 32 uomini, morti per incidenti vari compresi: una percentuale di 0,5 caduti ogni mille soldati. Si sa che, in un qualunque week-end di oggi, i deceduti per incidenti stradali sono proporzionalmente assai di più. La «presa» della Bastiglia, al ridicolo aggiunse anche la crudeltà che, purtroppo, in futuro avrebbe dato il suo frutto avvelenato. Ridicolo, il fatto che in quel «simbolo dell'oppressione» non ci fossero che prigionieri che elencavamo. Ma, ridicolo, anche il fatto che l'Assemblea Nazionale rivoluzionaria manifestasse il suo solenne sdegno, quando le furono mostrate «le orribili e sconosciute macchine da tortura» trovate all'interno della fortezza. Fu esibito quello che il relatore, Dussault, presentò come «un corsetto di ferro per stritolare le articolazioni». Nessuno osò dire che si trattava di un'armatura medievale conservata nel museo di armi antiche che proprio alla Bastiglia aveva sede. Si esibì anche «una macchina non meno infernale e distruttiva», ma così segreta che non si riuscì a spiegare in che modo torturasse. Saltò poi fuori che era una pressa sequestrata tre anni prima a un tipografo che stampava pubblicazioni oscene. Si proposero allo sdegno del popolo anche «le ossa degli sventurati, giustiziati in segreto nelle celle». Pure qui, solo anni dopo qualcuno ebbe il coraggio di ricordare che gli scheletri erano quelli dei suicidi parigini che, non potendo essere sepolti in terra consacrata, erano deposti in un cortiletto interno della fortezza. Fu infine compilata una lista ufficiale dei "vincitori della Bastiglia": risultarono 954 nomi che, oltre a una pensione vitalizia, ricevettero il diritto di portare una divisa con l'insegna di una corona di gloria. Solo molto dopo un'inchiesta rigorosa stabilì che, poiché agli eroi era stato permesso di testimoniare l'uno per l'altro, senza alcun'altra prova, più della metà dei valorosi non aveva partecipato al fatto. Il ridicolo, certo: ma anche l'orrore per il seme di sangue che fu deposto quel giorno. (...) Il governatore della Bastiglia de Launay, invitati a pranzo i capi degli assalitori (e anche questo invito a mensa dà il clima dell'"epica giornata"...), aveva ricevuto da essi la parola d'onore che, arrendendosi senza difesa, avrebbe salvato la vita sua e degli "invalidi", i vecchi soldati ai suoi ordini. Fu, invece, massacrato a tradimento. Si chiese l'intervento di un garzone di macellaio (perché, dicono le fonti, «sapeva lavorare le carni») per staccarne la testa dal busto e portarla in processione infilzata su una picca. Altra macabra picca per la testa di Flesselles, sindaco di Parigi, che era sopraggiunto per invitare alla calma. Massacrati anche gli altri ufficiali della guarnigione, due invalidi impiccati alle sbarre delle celle; altri torturati in vari modi tra cui il taglio delle mani. Così, proprio in quel 14 luglio dell'anno primo della Rivoluzione, si apriva la diga degli orrori inenarrabili che sarebbero seguiti. Fu il primo sangue (...) di ciò che avrebbe portato al Terrore e al genocidio vandeano e poi all'Europa spopolata dal "fils de la Révolution" per eccellenza, il Bonaparte.
Fonte: Pensare la storia, Milano 1992
Pubblicato su BastaBugie n. 208”
Sulla Francia e sulla rivoluzione francese l'hanno scorso ho letto o riletto i seguenti testi:
Jean Dumont, tr. it.. I falsi miti della Rivoluzione francese, Effedieffe, Milano 1989. Recentemente “Effedieffe” ha pubblicato anche la nuova edizione, ma io ho questa. Il titolo originale era Pourquoi nous ne célèbrerons pas 1789 (perché non celebreremo il [bicentenario del] 1789»).
Régine Pernoud, Luce del medioevo, Volpe, Roma 1978. È incentrato soprattutto sulla storia dei secoli medievali in Francia, pur facendo un’analisi panoramica anche del resto dell’Europa.
Georges Duby, Storia della Francia, Bompiani Milano 2001. 2 volumi: il l primo volume dell'opera ha il titolo: " Nascita di una nazione, dinastie e rivoluzioni dalle origini al 1852", mentre il secondo: "I tempi nuovi dal 1852 ai giorni nostri".
1789-1799 : i dieci anni che sconvolsero il mondo / a cura di Giorgio Dell'Arti Pubblicazione [Roma] : La repubblica, 1989. 7 fascicoletti molto interessanti.
René Rémond, L'Ancien Régime et la Révolution (1750-1815), Paris 1974; tr. it., L’antico regime e la rivoluzione, Milano 1998.
Quello dello storico Jean Dumont (Lione 1923-2001) è sintetico ma eccellente, ne riporto alcune recensioni:
La spelonca del libro: Jean Dumont - I falsi miti della Rivoluzione francese“Per quanti sono alla ricerca non di un’opera storica in senso tradizionale, ma di un bello spunto per non omologarsi al pensiero corrente e porsi controcorrente rispetto alla melassa sparsa copiosamente a livello politico e sociale in occasione di particolari celebrazioni patrie (da noi nel 2011 era in voga incensare il Risorgimento per celebrare i 150 anni dell’Unificazione italiana), segnalo questo interessante pamphlet polemico scritto dallo storico Jean Dumont (storico cui si deve il rinvenimento del rosario di Anna Bolena) in occasione del bicentenario della Rivoluzione francese con l’esplicativo titolo originalePorquoi nous ne cé célebrerons pas 1789 e pubblicata da Effedieffe con il titolo de I falsi miti della Rivoluzione francese, che (con l’ausilio di molte illustrazioni tratte da stampe e vignette dell’epoca) spiega come era ferma intenzione dell’autore non celebrare l’Ottantanove come l’alba del Mondo Nuovo e anzi si scaglia contro le inibizioni derivate alla società occidentale dalla Rivoluzione e fortificate dalla cultura che ne è derivata nei secoli seguenti, la cosiddetta “vulgata” rivoluzionaria (che permea l’educazione scolastica, soprattutto in Francia), tutta tesa a celebrare il falso mito della “modernizzazione decisiva” rispetto all’oscurantismo feudale del passato, quello del “popolo al potere” e quello della sua finalmente conquistata “felicità”. La Rivoluzione, dice Dumont, fu infatti un fenomeno quasi esclusivamente borghese e antipopolare, connotandosi come un martirologio operaio: lo storico americano Donald Greer ha dimostrato che, tra le vittime del Terrore, solo l’8,5% appartiene alla nobiltà e il 91,5% al popolo, e che su circa 400.000 nobili viventi nel 1789 vi furono “soltanto” 1.158 esecuzioni, equivalenti a una percentuale dello 0,03%, e soltanto 16.431 emigrati, cioè il 4%; inoltre, ancor più insospettabilmente, i contadini costituirono il 28% delle vittime del Terrore, operai, artigiani e commercianti il 41%. Dumont mette poi in luce l’incapacità della cultura postrivoluzionaria di garantire le libertà sociali e le autonomie per colpa di uno statalismo opprimente e di un nazionalismo aggressivo, e la falsità egualitarista e l’invenzione del terrore poliziesco come strumento di governo quotidiano. Tra le “menzogne” celebrate ci sono la presa della Bastiglia (realizzata da manipoli di sbandati senza la partecipazione di leader rivoluzionari, in un carcere praticamente deserto privo di detenuti politici), l’epopea dei Volontari dell’Anno III (800.000 disertori su 1.200.000 chiamati alle armi) e l’antimonarchismo della Rivoluzione (la svolta antimonarchica è in realtà circoscritta a un periodo tra l’agosto 1792 e il 1975, tanto che, anche dopo la fuga del re a Varennes, l’Assemblea Nazionale si inventò un rapimento di cui il sovrano sarebbe stato vittima). Anche la politica di naturalizzazione di massa degli stranieri fu fallimentare perché diede origine a un diffuso antisemitismo (mentre, nell’Ancien Régime, gli ebrei sefardim erano accolti come cittadini nelle assemblee elettorali che sceglieva la rappresentanza nazionale), mentre dal punto di vista economico, a dispetto della tanto decantata introduzione dello spirito imprenditoriale, la Rivoluzione corrispose invece a una statalizzazione dell’economia, con stipendi bloccati, prezzi calmierati e imposte generalizzate, mentre l’imposizione della divisione ugualitaria tra gli eredi fu del tutto catastrofica per un’economia fondata quasi esclusivamente su patrimoni familiari e composta soprattutto da laboratori artigianali, negozi commerciali e piccole imprese agricole da trasformare la Francia nel Paese del figlio unico, con il conseguente crollo della natalità. Dumont mette in luce le ignominie rivoluzionarie quali il Terrore, la ferocia, la ghigliottina come sistema di governo (molti rivoluzionari teorizzavano la necessità di ridurre la popolazione di più della metà e di portare la Francia ad avere solo cinque milioni di abitanti), le deportazioni e le uccisioni di religiosi, le esecuzioni spesso affidate a bambini come nella Cambogia di Pol Pot, i campi di concentramento e di sterminio (veri predecessori dei gulag e dei lager) e la sanguinosa repressione della Vandea, che vide oltre 100.000 vittime accertate, massacrate a sangue freddo, anzitutto di donne, vecchi e bambini, con ritmi di 2.000 al giorno (come si legge nei rapporti del generale Grignon), tanto che si arrivò a conciare le pelli degli ammazzati per farne stivali e paralumi; senza dimenticare l’episodio dei 1.400 uccisi nella sola Parigi tra i carcerati, nel settembre 1792, e della contemporanea eliminazione fisica degli ospiti dei manicomi, degli ospizi e dei riformatori, veri e propri massacri eugenetici che vennero giudicati dal Ministero degli Interni «molto utili per la felicità futura della specie umana». A Dumont interessa sottolineare come la Rivoluzione ebbe un carattere dichiaratamente anticristiano, tanto che Luigi XVI, che aveva accettato la Costituzione civile del clero, cadde in disgrazia quando pose il veto alla legge che sanciva la deportazione all’estero e addirittura la perdita forzata della cittadinanza per tutti i sacerdoti refrattari (quelli che non avevano aderito alla Costituzione civile del clero) denunciati da almeno 20 cittadini, oppure, in caso di disordini, da un solo cittadino. Allo stesso tempo, il pamphlet suona come un atto di accusa contro la Francia odierna (o, almeno, contemporanea, dal momento che si riferisce alla Francia di 25 anni fa, ed è questo il suo parziale limite che lo rende ormai obsoleto), pesantemente influenzata e condizionata dall’eredità della Rivoluzione, a livello ideologico ed economico, e vittima di una terzomondializzazione economica anche causata da «un’immigrazione decantata e promossa secondo la fraseologia ugualitaria, mondiali sta e di pretesa fraternità, retaggio anch’essa della Rivoluzione». – Paolo Nardi.”
V. pure qui dove vengono riportate alcune parti del libro:
Alleanza Cattolica - aree tematiche - Rivoluzione francese
http://www.alleanzacattolica.org/tem...se/dumontj.htm
Nuova pagina 1
Nuova pagina 1
“Scopo di questo testo è di presentare il rapporto tra la Chiesa ed il complesso fenomeno della Rivoluzione francese fino al periodo napoleonico, in particolare nell'ostilità al cattolicesimo come fattore principale della Rivoluzione e degli eventi successivi. I due testi principali in analisi sono Cristianesimo e rivoluzione francese, una raccolta di documenti curata e commentata da Daniele Menozzi, ed I falsi miti della Rivoluzione francesedel recentemente scomparso Jean Dumont; il primo per l'antologia di significativi documenti del tempo, il secondo per il giudizio denso e sintetico sulla Rivoluzione francese.”
Recensione tratta dal sito "Effedieffe", Casa editrice controcorrente cattolica che l'ha meritoriamente tradotto e recentemente ripubblicato:
EFFEDIEFFEshop.com - Falsi miti della rivoluzione francese (I)
EFFEDIEFFEshop.com - Falsi miti della rivoluzione francese (I)
“La morte del cristianesimo è nella rivoluzione francese, oggi come ieri”
Il libro di Jean Dumont – studioso noto in tutto il mondo come esperto di storia religiosa – è un'utilissima galleria di tutte le menzogne rivoluzionarie e dei motivi per cui molti studiosi francesi si sono rifiutati di festeggiare il bicentenario del 1789. Tra le menzogne celebrate e miti inventati dalla propaganda ci sono la presa della Bastiglia, l’epopea dei Volontari dell’Anno III (800.000 disertori su 1.200.000 chiamati alle armi nel 1794!), la modernizzazione decisiva del popolo al potere, la realizzazione del consenso nazionale, quella di un insegnamento libero, quella di creare un consenso sociale, quella di mettere in atto un nuovo di spirito imprenditoriale.
Vengono poi messe in luce le ignominie rivoluzionarie quali il Terrore, la ferocia, le deportazioni, i campi di concentramento e di sterminio – veri e propri predecessori dei gulag. Si riporta l’aneddoto di 1440 sventurati uccisi nella sola Parigi, fra i carcerati, nel settembre del 1792 e 120.000 vittime in Vandea, massacrate a sangue freddo, tanto che si arrivò a conciare le pelli degli ammazzati per farne stivali e paralumi (e questo accadde veramente a differenza di altre leggende).
Splendidamente illustrato con 29 tavole a colori dell’epoca, il volume è ricco di dati e di informazioni ed ha l’ulteriore grande merito di porre in evidenza come fu la religione, ancor più che la stessa monarchia, il reale nemico dei rivoluzionari.
«Ecco la menzogna più grande di tutte: la dissimulazione del vero progetto, cioè l’anticristianesimo. Ma, si dirà, se la Rivoluzione non è veramente né anti-aristocratica né anti-monarchica, che cos’è? Essa è ciò che i suoi amici democratico-cristiani d’assalto si sono ingegnati a dissimulare fino ad oggi. Essa si spiega attraverso un “mese chiave”, sul quale bisogna attirare l’attenzione. Questo mese – che va dal 7 luglio 1792 (monarchico) al 10 agosto successivo (quando viene distrutta la monarchia) – rivela una specificità della Rivoluzione più significativa di ogni altra, perché ribalta tutto. Questa specificità è l’anticristianesimo totalitario, la sola vera essenza della Rivoluzione francese e il suo unico vero progetto, iniziale e finale».
JEAN DUMONT(1923-2001) nasce a Lione dove si laurea in storia e filosofia. Quindi consegue la laurea in giurisprudenza a Parigi. Insieme a Regine Pemoud e a Philippe Ariès incarna la scelta – tipicamente francese – di svolgere la professione di storico al di fuori delle università, a contatto diretto e spesso itinerante con gli archivi. Per oltre quarant’anni, in qualità di direttore editoriale, ha curato collane storiche presso importanti editori francesi. In questa veste ha pubblicato – ma spesso anche ideato, commissionato, rivisto, annotato – oltre mille opere storiche, diventando un punta di riferimento imprescindibile per tre generazioni di cultori francesi della materia. Infaticabile ricercatore di inediti, ha ritrovato fra l’altro il salterio di Anna Bolena – un documento cruciale per la storia della Riforma – e gli archivi delle famiglie spagnole Valdes e Cervantes. Maestro capace di suscitare e di organizzare intorno a se il lavoro degli storici, Jean Dumont viene considerato uno storico di fama mondiale per le sue ricerche sulla vita religiosa soprattutto dei secoli dal ‘500 al ‘700 in Spagna, nelle colonie spagnole e in Francia. Particolarmente noti e autorevoli sono i suoi lavori sulla Inquisizione spagnola. Convinto della necessità di diffondere capillarmente la cultura storica e di sfatare i luoghi comuni propagati dalle ideologie, Jean Dumont ha raggiunto il grande pubblico con due best-seller: L’Église au risque de l’histoire (Criterion, Limoges 1982), una rassegna di “miti” sulla storia della Chiesa (da cui questo libro è tratto), e La Revolution française ou les prodiges du sacrilege (Criterion, Limoges 1984). "
LIBROELIBRI - Librerie di Milano: EFFEDIEFFE Edizioni - Casa Editrice Italiana - Catalogo del 2008 di Renato Bordonali per libroelibri
“I Falsi Miti della Rivoluzione Francese - Prefazione di Giovanni Cantoni - Jean Dumont.
Questo libro di Jean Dumont, noto come specialista della storia religiosa tra il Cinquecento e il Seicento, uscito in Francia nel 1989 in occasione del secondo centenario della rivoluzione francese, è una spiegazione sul perché molti non abbiano voluto e ritenuto necessario festeggiare tale ricorrenza. Tra le "menzogne" celebrate ci sono la "la presa della Bastiglia", l'epopea dei Volontari dell'Anno III (800.000 disertori su 1.200.000 chiamati alle armi nel 1794!), la "modernizzazione decisiva del popolo al potere", la realizzazione del consenso nazionale, quella di un insegnamento libero, quella di creare un consenso sociale, quella di mettere in atto un minimo di spirito imprenditoriale.
Vengono invece messe in luce le ignominie rivoluzionarie quali il Terrore, la ferocia, le deportazioni, i campi di concentramento e di sterminio veri predecessori dei gulag (per esempio 1440 sventurati uccisi nella sola Parigi, fra i carcerati, nel settembre del 1792 e 120.000 vittime in Vandea, massacrate senza motivo a freddo, dove si arrivò a conciare le pelli degli ammazzati per farne stivali e paralumi). E l'elenco potrebbe allungarsi. Splendidamente illustrato a colori il volume è ricco di dati e di informazioni ed ha l'ulteriore grande merito di porre in evidenza che fu la religione, più ancora che la monarchia, il reale nemico degli insorti.”
LIBROELIBRI - Librerie di Milano: EFFEDIEFFE Edizioni - Casa Editrice Italiana - Catalogo del 2008 di Renato Bordonali per libroelibri
La Guerra di Vandea e il Sistema di Spopolamento - Introduzione, presentazione, cronologia, bibliografia e note di Reynald Secher e Jean-Joël Brégeon - Gracchus Babeuf -
La guerra di Vandea e il sistema di spopolamento, risalente al 1794 e scritto da Gracchus Babeuf, padre del comunismo, è sicuramente un'integrazione importante al libro di Secher Il genocidio vandeano, ed è stato riportato alla luce dallo stesso Secher (se ne conoscevano prima tre copie al mondo, di cui due nell'URSS sovietica), che ha raccolto una massa imponente di dati. Babeuf accusa la Convenzione e Robespierre di perpetrare in Vandea un vero genocidio, impiccando, sgozzando, annegando, fucilando, incendiando, violentando, torturando e saccheggiando una popolazione per lo più inerme. L'esecutore materiale di tale infamia, il truce Carrier ne dava orgogliosi annunci alla Convenzione: donne da ammazzare perché "solchi riproduttori di mostri", bambini da ammazzare perché "briganti o futuri briganti"; si collezionavano teste come trofei, si conciava la pelle umana per farne oggetti e indumenti. Il libro è, infatti, un documento dal vivo, impressionante per la puntigliosità della ricostruzione e la carica morale, in cui si esprime tutta la delusione di un rivoluzionario di fronte ad una rivoluzione che aveva mostrato il suo volto peggiore. Perché tanto odio, tanta ferocia? In fin dei conti la Rivoluzione aveva pure, in parte, affermato in partenza dei valori positivi, come la proclamazione dei diritti dell'uomo. Poi però col Terrore giacobino saltò ogni controllo, i concetti di bene e di male persero qualunque valore, per trasformarsi nell'arbitrio della fazione al potere. E tutto a quel punto, anche la barbarie più atroce, parve legittimo strumento per affermare l'idea. E' stato falsamente scritto che la Vandea si sarebbe sollevata per l'azione degli aristocratici e del clero, che intendevano conservare i proprio privilegi in opposizione all'egualitarismo giacobino. E' falso perché é abbondantemente documentato che la ribellione nacque dal basso, dalla coscienza popolare e che anzi molti aristocratici preferirono fuggire all'estero piuttosto che esporsi in prima persona. Quella di Vandea fu in realtà una ribellione in massima parte religiosa, il cui seme non remoto era stato sparso dalla predicazione in quella regione di Maria Grignion de Montfort. Ecco ciò che uno dei capi vandeani, Charette de la Contrie, oppose all'astratto dogma giacobino della "Nazione" intesa come il nuovo stato padrone, come il nuovo Dio: "La nostra è una patria che sentiamo sotto i nostri piedi e non, come i signori di Parigi, nel cervello; patria è per noi ciò che i nostri padri hanno amato prima di noi e che vogliamo che anche i nostri figli possano amare". Questa iniziativa editoriale, per concludere, è costata a Secher la carriera universitaria; i nipotini di Rousseau e di Robespierre se non hanno più ghigliottine si arrangiano con i concorsi...”
Alleanza Cattolica - aree tematiche - Rivoluzione francese
“La Rivoluzione francese di Estanislao Cantero Núñez”
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V. pure mia discussione intitolata “Omaggio al Conte de Gobineau: 14 luglio 1816 - 14 luglio 2009”:
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http://associazione-legittimista-italica.blogspot.it/
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Vi saluto, onore ai controrivoluzionari cattolici!!!
Luca, Sursum Corda!