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    Lightbulb CONTRORIVOLUZIONE CATTOLICA: 14 Luglio 1789 e "falsi miti della rivoluzione francese"

    CONTRORIVOLUZIONE CATTOLICA: il 14 Luglio 1789, i “falsi miti della rivoluzione francese” e gli Eroi Vandeani...

    Oggi 14 luglio 2015 – anniversario del giorno della cosiddetta presa della Bastiglia, uno dei tanti falsi miti della tragica sovversione antifrancese ed anticattolica - ricordiamo piuttosto gli eroi ed i martiri cattolici controrivoluzionari della Vandea e di tutta Europa…

    “Radio Spada” ha pubblicato l’anno scorso, il 14 luglio 2014, questo articolo valido di Pino Tosca intitolato "14 luglio: Gli eroi della Bastiglia":



    “14 LUGLIO / GLI EROI DELLA BASTIGLIA di Pino Tosca”
    14 LUGLIO / Gli eroi della Bastiglia | Radio Spada
    14 LUGLIO / Gli eroi della Bastiglia - Radio Spada



    Onore e gloria ai contadini e a tutti i vandeani insorti insieme al nobile biondocrinito eroe controrivoluzionario cattolico François-Athanase de Charette de La Contrie, «Le Roi de La Vendée»!


    Associazione legittimista Trono e Altare: Eroi del legittimismo: Henri de La Rochejaquelein
    "Henri du Vergier, conte de La Rochejaquelein (Châtillon-sur-Sèvre, 30 agosto1772Nuaillé, 28 gennaio1794), è stato il Monarchico legittimista più giovane che sia diventato generale dell'Esercito cattolico e reale che combatté la guerra di Vandea."





    «Combattuto spesso, sconfitto a volte, abbattuto mai»
    «Se mio padre fosse fra noi, vi ispirerebbe più fiducia, poiché mi conoscete appena. Io del resto ho contro di me la mia giovinezza e la mia inesperienza; ma ardo già di rendermi degno di comandarvi. Andiamo a cercare il nemico: se avanzo, seguitemi; se indietreggio, uccidetemi; se mi uccidono, vendicatemi! »
    François-Athanase de Charette de La Contrie (Couffé, 21 aprile 1763 – Nantes, 29 marzo 1796), detto «Le Roi de La Vendée».


    Da vedere anche questo documentario, in francese con sottotitoli in italiano, sulla Vandea:


    “Documentario Cattolico - La Storia della Vandea Francese”
    ? Tradizionalista ? Cattolico ?: Documentario - La Storia della Vandea Francese
    ? Tradizionalista ? Cattolico ?: Documentario - La Storia della Vandea Francese


    Canzoni sulla Vandea:


    La Vandeana - versione Settimo Sigillo
    La Vandeana - versione Settimo Sigillo - YouTube
    Inno Ordine Nuovo - La Vandeana
    www.youtube.com/watch?v=OlB021IY_IA
    “(…) Spade della Vandea, falci della boscaglia,
    baroni e contadini, siam pronti alla battaglia
    per vendicare chi morì sopra le ghigliottine
    per riabbracciare il sole di Francia sulle nostre colline.
    (…) Siamo di Francia ladri e cavalieri
    e nella notte noi andiamo.
    E il vento freddo del terrore
    no non ci potrà fermare.
    Se un bianco fiore nasce in petto a noi
    è sangue di chi crede ancora
    come il bel simbolo d'amore
    che al trono ci legò.”




    Articoli e libri fondamentali sul tema della "rivoluzione francese" da leggere:



    BASTABUGIE - LA PRESA DELLA BASTIGLIA: UNA PAGLIACCIATA PRESA A SIMBOLO DELLA RIVOLUZIONE CHE HA PORTATO LIBERTE', EGALITE', FRATERNITE' (MA SOLO SECONDO I LIBRI DI SCUOLA...)
    http://www.bastabugie.it/it/edizioni.php?id=208
    “LA PRESA DELLA BASTIGLIA: UNA PAGLIACCIATA PRESA A SIMBOLO DELLA RIVOLUZIONE CHE HA PORTATO LIBERTE', EGALITE', FRATERNITE' (MA SOLO SECONDO I LIBRI DI SCUOLA...)
    Messori, il famoso apologeta cattolico (…) rivela le bufale della storiografia ufficiale di Vittorio Messori
    Quattro falsificatori di moneta che se la diedero subito a gambe. Due pazzi pericolosi che, scambiati per «filosofi» e, dunque acclamati sulle prime come «vittime della repressione», furono rinchiusi, chiarito l'equivoco, in un manicomio. Un maniaco sessuale: un giovane depravato allievo del marchese de Sade, messo dietro le sbarre per richiesta della sua stessa famiglia. Sette detenuti che sarebbe difficile definire «politici». Sette «perseguitati» assai improbabili. Eppure, è sulle loro miserevoli spalle che, da due secoli, grava il mito della presa della Bastiglia da parte del popolo parigino, con conseguente liberazione di prigionieri che sarebbero stati tragico simbolo dell'assolutismo monarchico. In realtà, i quattro falsari, i due matti e il depravato erano i soli ospiti della fortezza-prigione quando fu assalita, nella tarda mattinata del 14 luglio 1789. La storiografia da manuale scolastico data ancora da quel giorno l'inizio del "mondo nuovo". (...) Sarà dunque bene vaccinarsi, una volta per tutte, con quei vigorosi antidoti alla retorica che sono ironia e senso critico, del tutto legittimi davanti al mix di ridicolo e di orrore che fu la vera «presa della Bastiglia». Si sa che ogni rivoluzione ha bisogno vitale di un «mito di fondazione» che, di solito, viene identificato in una «presa»: la «presa della Bastiglia», ma anche la «presa» di Roma per il Risorgimento, la «presa del Palazzo d'inverno» per il regime marx-leninista in Russia. Quanto alla Pietroburgo del 1917, chi un poco frequenti la storia sa bene che non ci fu alcuna «presa» e che la residenza della corte, abbandonata da mesi dallo Zar, fu occupata da un piccolo gruppo di bolscevichi praticamente senza colpo ferire. Realtà, naturalmente, ben diversa dai manifesti, dai film, dalle cronache magniloquenti dei successivi settant'anni. Quanto a Roma nel settembre del 1870, è noto che, ai suoi meno che quindicimila uomini, Pio IX aveva dato l'ordine di «sottrarsi al contatto con l'invasore, concentrandosi nella capitale». Così il papa al suo comandante, generale Kanzler. Quando, a partire dal 18 settembre, Roma fu assediata, l'ordine pontificio fu: «Il minimo di resistenza, possibilmente senza alcuno spargimento di sangue, solo per significare al mondo che si cede alla violenza. Appena aperta la breccia, alzare bandiera bianca e inviare una delegazione per la resa». In effetti, in due giorni e due notti di "assedio" non fu sparata che qualche fucilata casuale, con due morti e qualche ferito. Aperta a Porta Pia la breccia, il 34° reggimento bersaglieri si arrampicò sulle macerie. Vi fu un solo morto, il maggiore Pagliari che era alla testa, per un colpo partito a un franco tiratore che aveva disobbedito agli ordini, mentre i battaglioni pontifici si concentravano, con le armi al piede, in piazza San Pietro. In dieci giorni di "guerra", i 60.000 soldati italiani di Raffaele Cadorna avevano perduto 32 uomini, morti per incidenti vari compresi: una percentuale di 0,5 caduti ogni mille soldati. Si sa che, in un qualunque week-end di oggi, i deceduti per incidenti stradali sono proporzionalmente assai di più. La «presa» della Bastiglia, al ridicolo aggiunse anche la crudeltà che, purtroppo, in futuro avrebbe dato il suo frutto avvelenato. Ridicolo, il fatto che in quel «simbolo dell'oppressione» non ci fossero che prigionieri che elencavamo. Ma, ridicolo, anche il fatto che l'Assemblea Nazionale rivoluzionaria manifestasse il suo solenne sdegno, quando le furono mostrate «le orribili e sconosciute macchine da tortura» trovate all'interno della fortezza. Fu esibito quello che il relatore, Dussault, presentò come «un corsetto di ferro per stritolare le articolazioni». Nessuno osò dire che si trattava di un'armatura medievale conservata nel museo di armi antiche che proprio alla Bastiglia aveva sede. Si esibì anche «una macchina non meno infernale e distruttiva», ma così segreta che non si riuscì a spiegare in che modo torturasse. Saltò poi fuori che era una pressa sequestrata tre anni prima a un tipografo che stampava pubblicazioni oscene. Si proposero allo sdegno del popolo anche «le ossa degli sventurati, giustiziati in segreto nelle celle». Pure qui, solo anni dopo qualcuno ebbe il coraggio di ricordare che gli scheletri erano quelli dei suicidi parigini che, non potendo essere sepolti in terra consacrata, erano deposti in un cortiletto interno della fortezza. Fu infine compilata una lista ufficiale dei "vincitori della Bastiglia": risultarono 954 nomi che, oltre a una pensione vitalizia, ricevettero il diritto di portare una divisa con l'insegna di una corona di gloria. Solo molto dopo un'inchiesta rigorosa stabilì che, poiché agli eroi era stato permesso di testimoniare l'uno per l'altro, senza alcun'altra prova, più della metà dei valorosi non aveva partecipato al fatto. Il ridicolo, certo: ma anche l'orrore per il seme di sangue che fu deposto quel giorno. (...) Il governatore della Bastiglia de Launay, invitati a pranzo i capi degli assalitori (e anche questo invito a mensa dà il clima dell'"epica giornata"...), aveva ricevuto da essi la parola d'onore che, arrendendosi senza difesa, avrebbe salvato la vita sua e degli "invalidi", i vecchi soldati ai suoi ordini. Fu, invece, massacrato a tradimento. Si chiese l'intervento di un garzone di macellaio (perché, dicono le fonti, «sapeva lavorare le carni») per staccarne la testa dal busto e portarla in processione infilzata su una picca. Altra macabra picca per la testa di Flesselles, sindaco di Parigi, che era sopraggiunto per invitare alla calma. Massacrati anche gli altri ufficiali della guarnigione, due invalidi impiccati alle sbarre delle celle; altri torturati in vari modi tra cui il taglio delle mani. Così, proprio in quel 14 luglio dell'anno primo della Rivoluzione, si apriva la diga degli orrori inenarrabili che sarebbero seguiti. Fu il primo sangue (...) di ciò che avrebbe portato al Terrore e al genocidio vandeano e poi all'Europa spopolata dal "fils de la Révolution" per eccellenza, il Bonaparte.
    Fonte: Pensare la storia, Milano 1992
    Pubblicato su BastaBugie n. 208



    Sulla Francia e sulla rivoluzione francese l'hanno scorso ho letto o riletto i seguenti testi:

    Jean Dumont, tr. it.. I falsi miti della Rivoluzione francese, Effedieffe, Milano 1989. Recentemente “Effedieffe” ha pubblicato anche la nuova edizione, ma io ho questa. Il titolo originale era Pourquoi nous ne célèbrerons pas 1789 (perché non celebreremo il [bicentenario del] 1789»).
    Régine Pernoud, Luce del medioevo, Volpe, Roma 1978. È incentrato soprattutto sulla storia dei secoli medievali in Francia, pur facendo un’analisi panoramica anche del resto dell’Europa.
    Georges Duby, Storia della Francia, Bompiani Milano 2001. 2 volumi: il l primo volume dell'opera ha il titolo: " Nascita di una nazione, dinastie e rivoluzioni dalle origini al 1852", mentre il secondo: "I tempi nuovi dal 1852 ai giorni nostri".
    1789-1799 : i dieci anni che sconvolsero il mondo / a cura di Giorgio Dell'Arti Pubblicazione [Roma] : La repubblica, 1989. 7 fascicoletti molto interessanti.
    René Rémond, L'Ancien Régime et la Révolution (1750-1815), Paris 1974; tr. it., L’antico regime e la rivoluzione, Milano 1998.

    Quello dello storico Jean Dumont (Lione 1923-2001) è sintetico ma eccellente, ne riporto alcune recensioni:



    La spelonca del libro: Jean Dumont - I falsi miti della Rivoluzione francese“Per quanti sono alla ricerca non di un’opera storica in senso tradizionale, ma di un bello spunto per non omologarsi al pensiero corrente e porsi controcorrente rispetto alla melassa sparsa copiosamente a livello politico e sociale in occasione di particolari celebrazioni patrie (da noi nel 2011 era in voga incensare il Risorgimento per celebrare i 150 anni dell’Unificazione italiana), segnalo questo interessante pamphlet polemico scritto dallo storico Jean Dumont (storico cui si deve il rinvenimento del rosario di Anna Bolena) in occasione del bicentenario della Rivoluzione francese con l’esplicativo titolo originalePorquoi nous ne cé célebrerons pas 1789 e pubblicata da Effedieffe con il titolo de I falsi miti della Rivoluzione francese, che (con l’ausilio di molte illustrazioni tratte da stampe e vignette dell’epoca) spiega come era ferma intenzione dell’autore non celebrare l’Ottantanove come l’alba del Mondo Nuovo e anzi si scaglia contro le inibizioni derivate alla società occidentale dalla Rivoluzione e fortificate dalla cultura che ne è derivata nei secoli seguenti, la cosiddetta “vulgata” rivoluzionaria (che permea l’educazione scolastica, soprattutto in Francia), tutta tesa a celebrare il falso mito della “modernizzazione decisiva” rispetto all’oscurantismo feudale del passato, quello del “popolo al potere” e quello della sua finalmente conquistata “felicità”. La Rivoluzione, dice Dumont, fu infatti un fenomeno quasi esclusivamente borghese e antipopolare, connotandosi come un martirologio operaio: lo storico americano Donald Greer ha dimostrato che, tra le vittime del Terrore, solo l’8,5% appartiene alla nobiltà e il 91,5% al popolo, e che su circa 400.000 nobili viventi nel 1789 vi furono “soltanto” 1.158 esecuzioni, equivalenti a una percentuale dello 0,03%, e soltanto 16.431 emigrati, cioè il 4%; inoltre, ancor più insospettabilmente, i contadini costituirono il 28% delle vittime del Terrore, operai, artigiani e commercianti il 41%. Dumont mette poi in luce l’incapacità della cultura postrivoluzionaria di garantire le libertà sociali e le autonomie per colpa di uno statalismo opprimente e di un nazionalismo aggressivo, e la falsità egualitarista e l’invenzione del terrore poliziesco come strumento di governo quotidiano. Tra le “menzogne” celebrate ci sono la presa della Bastiglia (realizzata da manipoli di sbandati senza la partecipazione di leader rivoluzionari, in un carcere praticamente deserto privo di detenuti politici), l’epopea dei Volontari dell’Anno III (800.000 disertori su 1.200.000 chiamati alle armi) e l’antimonarchismo della Rivoluzione (la svolta antimonarchica è in realtà circoscritta a un periodo tra l’agosto 1792 e il 1975, tanto che, anche dopo la fuga del re a Varennes, l’Assemblea Nazionale si inventò un rapimento di cui il sovrano sarebbe stato vittima). Anche la politica di naturalizzazione di massa degli stranieri fu fallimentare perché diede origine a un diffuso antisemitismo (mentre, nell’Ancien Régime, gli ebrei sefardim erano accolti come cittadini nelle assemblee elettorali che sceglieva la rappresentanza nazionale), mentre dal punto di vista economico, a dispetto della tanto decantata introduzione dello spirito imprenditoriale, la Rivoluzione corrispose invece a una statalizzazione dell’economia, con stipendi bloccati, prezzi calmierati e imposte generalizzate, mentre l’imposizione della divisione ugualitaria tra gli eredi fu del tutto catastrofica per un’economia fondata quasi esclusivamente su patrimoni familiari e composta soprattutto da laboratori artigianali, negozi commerciali e piccole imprese agricole da trasformare la Francia nel Paese del figlio unico, con il conseguente crollo della natalità. Dumont mette in luce le ignominie rivoluzionarie quali il Terrore, la ferocia, la ghigliottina come sistema di governo (molti rivoluzionari teorizzavano la necessità di ridurre la popolazione di più della metà e di portare la Francia ad avere solo cinque milioni di abitanti), le deportazioni e le uccisioni di religiosi, le esecuzioni spesso affidate a bambini come nella Cambogia di Pol Pot, i campi di concentramento e di sterminio (veri predecessori dei gulag e dei lager) e la sanguinosa repressione della Vandea, che vide oltre 100.000 vittime accertate, massacrate a sangue freddo, anzitutto di donne, vecchi e bambini, con ritmi di 2.000 al giorno (come si legge nei rapporti del generale Grignon), tanto che si arrivò a conciare le pelli degli ammazzati per farne stivali e paralumi; senza dimenticare l’episodio dei 1.400 uccisi nella sola Parigi tra i carcerati, nel settembre 1792, e della contemporanea eliminazione fisica degli ospiti dei manicomi, degli ospizi e dei riformatori, veri e propri massacri eugenetici che vennero giudicati dal Ministero degli Interni «molto utili per la felicità futura della specie umana». A Dumont interessa sottolineare come la Rivoluzione ebbe un carattere dichiaratamente anticristiano, tanto che Luigi XVI, che aveva accettato la Costituzione civile del clero, cadde in disgrazia quando pose il veto alla legge che sanciva la deportazione all’estero e addirittura la perdita forzata della cittadinanza per tutti i sacerdoti refrattari (quelli che non avevano aderito alla Costituzione civile del clero) denunciati da almeno 20 cittadini, oppure, in caso di disordini, da un solo cittadino. Allo stesso tempo, il pamphlet suona come un atto di accusa contro la Francia odierna (o, almeno, contemporanea, dal momento che si riferisce alla Francia di 25 anni fa, ed è questo il suo parziale limite che lo rende ormai obsoleto), pesantemente influenzata e condizionata dall’eredità della Rivoluzione, a livello ideologico ed economico, e vittima di una terzomondializzazione economica anche causata da «un’immigrazione decantata e promossa secondo la fraseologia ugualitaria, mondiali sta e di pretesa fraternità, retaggio anch’essa della Rivoluzione». – Paolo Nardi.”


    V. pure qui dove vengono riportate alcune parti del libro:



    Alleanza Cattolica - aree tematiche - Rivoluzione francese
    http://www.alleanzacattolica.org/tem...se/dumontj.htm

    Nuova pagina 1
    Nuova pagina 1
    “Scopo di questo testo è di presentare il rapporto tra la Chiesa ed il complesso fenomeno della Rivoluzione francese fino al periodo napoleonico, in particolare nell'ostilità al cattolicesimo come fattore principale della Rivoluzione e degli eventi successivi. I due testi principali in analisi sono Cristianesimo e rivoluzione francese, una raccolta di documenti curata e commentata da Daniele Menozzi, ed I falsi miti della Rivoluzione francesedel recentemente scomparso Jean Dumont; il primo per l'antologia di significativi documenti del tempo, il secondo per il giudizio denso e sintetico sulla Rivoluzione francese.”



    Recensione tratta dal sito "Effedieffe", Casa editrice controcorrente cattolica che l'ha meritoriamente tradotto e recentemente ripubblicato:



    EFFEDIEFFEshop.com - Falsi miti della rivoluzione francese (I)
    EFFEDIEFFEshop.com - Falsi miti della rivoluzione francese (I)





    “La morte del cristianesimo è nella rivoluzione francese, oggi come ieri”
    Il libro di Jean Dumont – studioso noto in tutto il mondo come esperto di storia religiosa – è un'utilissima galleria di tutte le menzogne rivoluzionarie e dei motivi per cui molti studiosi francesi si sono rifiutati di festeggiare il bicentenario del 1789.
    Tra le menzogne celebrate e miti inventati dalla propaganda ci sono la presa della Bastiglia, l’epopea dei Volontari dell’Anno III (800.000 disertori su 1.200.000 chiamati alle armi nel 1794!), la modernizzazione decisiva del popolo al potere, la realizzazione del consenso nazionale, quella di un insegnamento libero, quella di creare un consenso sociale, quella di mettere in atto un nuovo di spirito imprenditoriale.
    Vengono poi messe in luce le ignominie rivoluzionarie quali il Terrore, la ferocia, le deportazioni, i campi di concentramento e di sterminio – veri e propri predecessori dei gulag. Si riporta l’aneddoto di 1440 sventurati uccisi nella sola Parigi, fra i carcerati, nel settembre del 1792 e 120.000 vittime in Vandea, massacrate a sangue freddo, tanto che si arrivò a conciare le pelli degli ammazzati per farne stivali e paralumi (e questo accadde veramente a differenza di altre leggende).
    Splendidamente illustrato con 29 tavole a colori dell’epoca, il volume è ricco di dati e di informazioni ed ha l’ulteriore grande merito di porre in evidenza come fu la religione, ancor più che la stessa monarchia, il reale nemico dei rivoluzionari.

    «Ecco la menzogna più grande di tutte: la dissimulazione del vero progetto, cioè l’anticristianesimo. Ma, si dirà, se la Rivoluzione non è veramente né anti-aristocratica né anti-monarchica, che cos’è? Essa è ciò che i suoi amici democratico-cristiani d’assalto si sono ingegnati a dissimulare fino ad oggi. Essa si spiega attraverso un “mese chiave”, sul quale bisogna attirare l’attenzione. Questo mese – che va dal 7 luglio 1792 (monarchico) al 10 agosto successivo (quando viene distrutta la monarchia) – rivela una specificità della Rivoluzione più significativa di ogni altra, perché ribalta tutto. Questa specificità è l’anticristianesimo totalitario, la sola vera essenza della Rivoluzione francese e il suo unico vero progetto, iniziale e finale».



    JEAN DUMONT
    (1923-2001) nasce a Lione dove si laurea in storia e filosofia. Quindi consegue la laurea in giurisprudenza a Parigi. Insieme a Regine Pemoud e a Philippe Ariès incarna la scelta – tipicamente francese – di svolgere la professione di storico al di fuori delle università, a contatto diretto e spesso itinerante con gli archivi. Per oltre quarant’anni, in qualità di direttore editoriale, ha curato collane storiche presso importanti editori francesi. In questa veste ha pubblicato – ma spesso anche ideato, commissionato, rivisto, annotato – oltre mille opere storiche, diventando un punta di riferimento imprescindibile per tre generazioni di cultori francesi della materia. Infaticabile ricercatore di inediti, ha ritrovato fra l’altro il salterio di Anna Bolena – un documento cruciale per la storia della Riforma – e gli archivi delle famiglie spagnole Valdes e Cervantes. Maestro capace di suscitare e di organizzare intorno a se il lavoro degli storici, Jean Dumont viene considerato uno storico di fama mondiale per le sue ricerche sulla vita religiosa soprattutto dei secoli dal ‘500 al ‘700 in Spagna, nelle colonie spagnole e in Francia. Particolarmente noti e autorevoli sono i suoi lavori sulla Inquisizione spagnola. Convinto della necessità di diffondere capillarmente la cultura storica e di sfatare i luoghi comuni propagati dalle ideologie, Jean Dumont ha raggiunto il grande pubblico con due best-seller: L’Église au risque de l’histoire (Criterion, Limoges 1982), una rassegna di “miti” sulla storia della Chiesa (da cui questo libro è tratto), e La Revolution française ou les prodiges du sacrilege (Criterion, Limoges 1984). "



    LIBROELIBRI - Librerie di Milano: EFFEDIEFFE Edizioni - Casa Editrice Italiana - Catalogo del 2008 di Renato Bordonali per libroelibri

    “I Falsi Miti della Rivoluzione Francese - Prefazione di Giovanni Cantoni - Jean Dumont.
    Questo libro di Jean Dumont, noto come specialista della storia religiosa tra il Cinquecento e il Seicento, uscito in Francia nel 1989 in occasione del secondo centenario della rivoluzione francese, è una spiegazione sul perché molti non abbiano voluto e ritenuto necessario festeggiare tale ricorrenza. Tra le "menzogne" celebrate ci sono la "la presa della Bastiglia", l'epopea dei Volontari dell'Anno III (800.000 disertori su 1.200.000 chiamati alle armi nel 1794!), la "modernizzazione decisiva del popolo al potere", la realizzazione del consenso nazionale, quella di un insegnamento libero, quella di creare un consenso sociale, quella di mettere in atto un minimo di spirito imprenditoriale.
    Vengono invece messe in luce le ignominie rivoluzionarie quali il Terrore, la ferocia, le deportazioni, i campi di concentramento e di sterminio veri predecessori dei gulag (per esempio 1440 sventurati uccisi nella sola Parigi, fra i carcerati, nel settembre del 1792 e 120.000 vittime in Vandea, massacrate senza motivo a freddo, dove si arrivò a conciare le pelli degli ammazzati per farne stivali e paralumi). E l'elenco potrebbe allungarsi. Splendidamente illustrato a colori il volume è ricco di dati e di informazioni ed ha l'ulteriore grande merito di porre in evidenza che fu la religione, più ancora che la monarchia, il reale nemico degli insorti.”
    LIBROELIBRI - Librerie di Milano: EFFEDIEFFE Edizioni - Casa Editrice Italiana - Catalogo del 2008 di Renato Bordonali per libroelibri
    La Guerra di Vandea e il Sistema di Spopolamento - Introduzione, presentazione, cronologia, bibliografia e note di Reynald Secher e Jean-Joël Brégeon - Gracchus Babeuf -
    La guerra di Vandea e il sistema di spopolamento, risalente al 1794 e scritto da Gracchus Babeuf, padre del comunismo, è sicuramente un'integrazione importante al libro di Secher Il genocidio vandeano, ed è stato riportato alla luce dallo stesso Secher (se ne conoscevano prima tre copie al mondo, di cui due nell'URSS sovietica), che ha raccolto una massa imponente di dati. Babeuf accusa la Convenzione e Robespierre di perpetrare in Vandea un vero genocidio, impiccando, sgozzando, annegando, fucilando, incendiando, violentando, torturando e saccheggiando una popolazione per lo più inerme. L'esecutore materiale di tale infamia, il truce Carrier ne dava orgogliosi annunci alla Convenzione: donne da ammazzare perché "solchi riproduttori di mostri", bambini da ammazzare perché "briganti o futuri briganti"; si collezionavano teste come trofei, si conciava la pelle umana per farne oggetti e indumenti. Il libro è, infatti, un documento dal vivo, impressionante per la puntigliosità della ricostruzione e la carica morale, in cui si esprime tutta la delusione di un rivoluzionario di fronte ad una rivoluzione che aveva mostrato il suo volto peggiore. Perché tanto odio, tanta ferocia? In fin dei conti la Rivoluzione aveva pure, in parte, affermato in partenza dei valori positivi, come la proclamazione dei diritti dell'uomo. Poi però col Terrore giacobino saltò ogni controllo, i concetti di bene e di male persero qualunque valore, per trasformarsi nell'arbitrio della fazione al potere. E tutto a quel punto, anche la barbarie più atroce, parve legittimo strumento per affermare l'idea. E' stato falsamente scritto che la Vandea si sarebbe sollevata per l'azione degli aristocratici e del clero, che intendevano conservare i proprio privilegi in opposizione all'egualitarismo giacobino. E' falso perché é abbondantemente documentato che la ribellione nacque dal basso, dalla coscienza popolare e che anzi molti aristocratici preferirono fuggire all'estero piuttosto che esporsi in prima persona. Quella di Vandea fu in realtà una ribellione in massima parte religiosa, il cui seme non remoto era stato sparso dalla predicazione in quella regione di Maria Grignion de Montfort. Ecco ciò che uno dei capi vandeani, Charette de la Contrie, oppose all'astratto dogma giacobino della "Nazione" intesa come il nuovo stato padrone, come il nuovo Dio: "La nostra è una patria che sentiamo sotto i nostri piedi e non, come i signori di Parigi, nel cervello; patria è per noi ciò che i nostri padri hanno amato prima di noi e che vogliamo che anche i nostri figli possano amare". Questa iniziativa editoriale, per concludere, è costata a Secher la carriera universitaria; i nipotini di Rousseau e di Robespierre se non hanno più ghigliottine si arrangiano con i concorsi...”

    Alleanza Cattolica - aree tematiche - Rivoluzione francese
    “La Rivoluzione francese di Estanislao Cantero Núñez”


    Altre Discussioni:


    "La "RIVOLUZIONE FRANCESE": Tragica FARSA"
    La "RIVOLUZIONE FRANCESE" : Tragica FARSA
    La "RIVOLUZIONE FRANCESE" : Tragica FARSA
    https://forum.termometropolitico.it/...ancese-10.html
    https://forum.termometropolitico.it/...-francese.html
    https://forum.termometropolitico.it/...l#post13650591

    V. pure mia discussione intitolata “Omaggio al Conte de Gobineau: 14 luglio 1816 - 14 luglio 2009”:
    https://forum.termometropolitico.it/...l#post13650591

    http://associazione-legittimista-italica.blogspot.it/
    http://associazione-legittimista-ita...20legittimismo


    Vi saluto, onore ai controrivoluzionari cattolici!!!

    Luca, Sursum Corda!
    Ultima modifica di Holuxar; 14-07-15 alle 11:37
    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

  2. #2
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    Predefinito Re: CONTRORIVOLUZIONE CATTOLICA: 14 Luglio 1789 e "falsi miti della rivoluzione franc

    La Rivoluzione francese segna l'inizio della fine. Un cancro dalla cui origine le metastasi si sposteranno e colonizzeranno l'Occidente tutto. Tutte le superstizioni di umanità, libertà, fratellanza, tutte quelle istanze razionalmente infondabili, quelle credenze degne delle più primitive tribù papuane raggiunsero l'apice della propria perversione, violenza ed ignoranza, in quei fatidici e nefasti anni.
    Dicono che viaggiare sviluppa l'intelligenza. Ma si dimentica sempre di dire che l'intelligenza bisogna averla già prima.-.G. K. Chesterton

  3. #3
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    Predefinito Re: CONTRORIVOLUZIONE CATTOLICA: 14 Luglio 1789 e "falsi miti della rivoluzione franc

    La "rivoluzione francese" è stata non una "rivoluzione dal basso" e delle masse oppresse, come molti credono ancora oggi, bensì una "rivoluzione dall'alto" (in senso socio-economico), cioè è stata pensata ed ordita dalle sette massoniche, dalla parte indegna del clero e dalla nobiltà imparruccata e degenerata (spesso di nobilitazione recente) e dalla ricca borghesia, ossia da tutti coloro che avevano accettato la pseudo-filosofia settaria di matrice illuminista-razionalista (con risvolti pure magico-esoterici al tempo stesso, trattandosi di due facce della stessa medaglia, non è un caso...); è stata fatta contro La Fede cattolica e la Chiesa cattolica e contro la maggioranza del popolo dei contadini, degli artigiani e dei piccoli borghesi e della parte sana del clero della nobiltà soprattutto locale...

    Altri articoli dal sito della "Associazione Legittimista Trono e Altare":




    Associazione legittimista Trono e Altare: Vandea: l'insurrezione cattolica nella Francia giacobina

    "Vandea: l'insurrezione cattolica nella Francia giacobina di Andrea Congestrì - Radio Spada - Tagliente ma puntuale
    Nel 1793, durante la Rivoluzione francese, si scatenò, nella terra della Vandea, il primo genocidio di Stato della storia occidentale. Il regime rivoluzionario di Parigi venne imposto con la forza nelle province di Francia ed ebbe in Vandea, la più Cattolica di esse, la reazione più coraggiosa e gloriosa. I Blanchs (i vandeani) si contrapposero ai Blues (i giacobini): uniti a Dio e al Re, i contadini della Vandea, con i loro amati sacerdoti e i loro generali, si distinsero per la strenua difesa contro la dea ragione ed il principio deista dell’essere supremo; perciò, a causa del loro fermissimo Credo e della loro fedeltà monarchica, vennero massacrati. Per odio ideologico perirono, in quell’ecatombe, più di 30 mila abitanti. Tuttavia di questo evento storico o si è parlato in termini negativi per esaltare i “benefici” della Rivoluzione e del Terrore sanguinario oppure lo si è del tutto omesso dai libri di storia…Il simbolo della controrivoluzione vandeana era un cuore sormontato da una croce rossa su campo bianco a simboleggiare i Sacri Cuori di Gesù e di Maria, ai quali i vandeani erano particolarmente devoti grazie alla predicazione di San Luigi Maria Grignion de Montfort; inoltre tale simbolo richiamava anche lo stemma della Vandea, anch’esso formato da due cuori rossi (quelli di Gesù e Maria) sormontati da una corona che termina con una croce e che rappresentare la regalità di Cristo. Il motto era «Dieu Le Roi» («Dio [è] il Re»).L’odio per la profonda Fede religiosa dei vandeani fu la ragione principale della spaventosa repressione e delle stragi indiscriminate. Il Terrore si scatenò contro la Fede e contro contadini che volevano continuare a vivere del loro lavoro e dei loro Valori. I primi scontri, iniziati a Cholet, portarono alla sollevazione del 13 Marzo, guidata dai capi popolari Jacques Cathelineau, Gaston Bourdic e Jean-Nicolas Stofflet, a cui si unirono alcuni nobili realisti.In giugno i ribelli, costituitisi in “Armata Cattolica e Reale”, si impossessarono della città di Saumur e di Angers. In pochi giorni 600 paesi della Vandea sono insorti contro le truppe della Repubblica, dando inizio a un tragico periodo di Combattimenti sanguinosi. I contadini devoti al Re combattono una spaventosa guerriglia; si fanno benedire dai Sacerdoti “refrattari” e poi si lanciano con coraggio inaudito contro i soldati della Rivoluzione. Di fronte al dilagare della rivolta nelle regioni circostanti, il governo rivoluzionario rispose con estrema durezza decretando la pena di morte per tutti i vandeani sorpresi con le armi in pugno e adottando la tattica della terra bruciata. La controffensiva repubblicana, che sbaragliò i ribelli a Cholet (17 ottobre),poi a Le Mans e a Savenay (Dicembre), costò ai Vandeani 15.000 Morti e fu seguita nel 1794 da feroci ritorsioni sulla popolazione civile, che fomentarono ulteriori manifestazioni di rivolta. La situazione migliorò gradualmente dopo la rivoluzione termidoriana quando nel dicembre del 1794 quando il governo repubblicano liberale annunciò l’Amnistia per gli insorti concedendo ai Vandeani la libertà di culto e l’esenzione della coscrizione obbligatoria. Un nuovo sussulto fu provocato nel giugno del 1795 in seguito allo sbarco di esuli lealisti capeggiati da Francois-Athanase Charette, uno dei leader storici della rivolta presso Quiberon, in Bretagna. Nel tentativo insurrezionale che seguì persero la vita gli ultimi 2 capi popolari della Vandea, e nel luglio 1796 le ultime sacche di resistenza furono eliminate. Alla fine della breve guerra i tribunali rivoluzionari condannarono a morte 5.000 Ribelli.
    ONORE AI VALOROSI CUORI VANDEANI!"



    Associazione legittimista Trono e Altare: Gli eroi della Vandea
    "Il problema della Vandea è fondamentale nella storia moderna della Francia, dell'Europa e del mondo intero. Si è scritto molto sulla Vandea: noi ci riferiremo all'essenziale, ovvero alla storia.
    Si può dire che era predeterminata? Io affermo di no. La Vandea era forse nel 1789 più monarchica del resto della Francia? No. La Vandea accettava il re come il 99% della popolazione francese dell'epoca. Si può dire forse che la Vandea era più religiosa o più clericale del resto della Francia? No. Non si rivela nessuna specificità clerico-religiosa in Vandea. Si può dire ancora che la Vandea fosse o sia più antistatale del resto della Francia? Assolutamente no, né più né meno del resto della Francia; non si riscontrano comportamenti specifici della Vandea, neanche in questo settore, come non se ne riscontrano nel settore amministrativo. Certo, ci si è opposti al centralismo che vige in Francia sin dai tempi di Luigi XIV, e contro questo centralismo ci si batte. Da qui sorge la nostra domanda: perché nel 1793 la Vandea è insorta? E perché è insorta solo la Vandea?

    Possiamo analizzare l'insurrezione dividendola in tre fasi; la prima è quella della delusione. Oggi non è una novità, ma allora per la prima volta si andava alle urne, per la prima volta venivano eletti dei personaggi sulla base della fiducia che si riponeva in loro. Gli eletti, una volta giunti al loro scopo, hanno assunto una posizione economica, politica ed ideologica che ha portato alla delusione, al disincanto.
    Ma i popoli vivono concretamente, e per farlo intendere prenderò due esempi.
    Il primo è quello delle imposte e delle tasse. Sotto l'Ancien Régime -questo nome indica l'ordinamento che vigeva in Francia prima della Rivoluzione del 1789- si pagavano poche tasse, circa il 5%; dopo la notte del 4 agosto, queste tasse sono raddoppiate. Immaginate la delusione.
    Il secondo esempio è quello delle lingue. Nella Francia del 1789, erano relativamente pochi i francesi che parlassero francese; nell'Ovest, i bretoni parlavano bretone, c'era poi un gruppo di bretoni dell'Est che parlava un'altra lingua che veniva chiamata "gallo", in altre zone si parlavano altri dialetti...: con il 1789 si è giunti al concetto di una lingua unica per tutta la Francia. Una situazione analoga si manifesterebbe in Europa se alla Commissione di Bruxelles dovessero decidere che da un giorno all'altro il tedesco diventi la lingua ufficiale ed unica dell'Europa. Ebbene, è esattamente quello che è avvenuto 200 anni fa, quando ai bretoni è stato detto che non potevano più parlare il bretone, agli altri abitanti della Vandea che dovevano abbandonare i loro dialetti, e che tutti dovevano invece prendere e far proprio il francese. Delusione; e dopo la delusione, la collera.
    Nella storia dell'umanità, io riconosco alcune notti fondamentali, tra cui quella del 4 agosto. La percezione e la definizione del mondo prima e dopo sono completamente diverse: prima si aveva una struttura piramidale, sulla cui cima non c'era il Re, bensì Dio; il Re era un luogotenente di Dio in terra. Subito dopo venivano i tre ordini sociali: l'ordine clericale, l'ordine nobile e l'ordine del cosiddetto terzo stato. Dopo il 4 agosto, si è davanti ad un ordinamento non più piramidale ma orizzontale: Dio non c'è e tutti i suoi rappresentanti vanno eliminati. Non è stato importante uccidere Luigi XVI, ma eliminare il Re di Francia, luogotenente di Dio in terra, e la Regina, fondamento della società in Francia.
    In Francia, come nel resto del mondo monarchico, vale il motto "Il re è morto, viva il re": andava quindi eliminato anche il figlio del re, l'erede al trono. Ma in Francia l'infanticidio era malvisto: si è giunti perciò a quello che è stato chiamato un assassinio per delega. Ci dobbiamo porre davanti ad una sorta di rituale iniziatico, tenendo conto della meccanica dell'instaurazione dell'ordinamento rivoluzionario. In genere, i rivoluzionari vogliono che la loro rivoluzione sia universale. Se analizziamo il dibattito nato all'interno, tra i rivoluzionari di allora, riconosciamo una similitudine veramente sorprendente con il dibattito che c'è stato tra Rosa Luxemburg e Lenin: un dibattito sulla strategia della rivoluzione universale. Vi sono due possibilità: fare la rivoluzione nel paese per meglio esportarla, oppure farla prima fuori dal paese per meglio imporla all'interno del paese. La Francia del XVIII secolo ha scelto la seconda possibilità, dichiarando, alla fine, la guerra all'Europa: non dimentichiamo che allora era come dichiarare la guerra al mondo intero, e non dimentichiamo neanche che la Francia è la figlia maggiore della Chiesa, con tutto ciò che questo primato può implicare. La Francia dunque dichiara la guerra all'Europa. La strategia scelta al momento di dichiarare la guerra all'Europa dei re, all'Europa dei tiranni è stata quella di provocare un sollevamento nei paesi circonvicini e confinanti. Ma l'occupazione francese è stata atroce: saccheggi ed altre violenze, tanto da provocare un sollevamento dei popoli occupati, non contro il tiranno bensì contro la Francia, contro l'invasore, per restaurare il proprio tiranno.
    In seguito sono stati invasi i paesi che rifiutavano di sollevarsi, ma in questi paesi vi erano dei monarchi, vi erano delle truppe, vi era un popolo, e tutti hanno rifiutato questa invasione, hanno resistito ad essa, con il risultato che non solo la Francia è stata battuta, ma che è stata a sua volta invasa ed occupata. E' il caso di notare qui e di ricordare che la guerra era stata dichiarata fin dal mese di aprile del 1792.

    Abbiamo visto le prime due fasi, sollevamenti ed invasione; la terza fase è quella di prendersi cura, diciamo così, della Chiesa e del sollevamento interno, dato che il 60-70% della popolazione francese si solleva.
    Allora si diceva che per rigenerare la Francia bisognava sottomettere la Chiesa. Il modo in cui tale sottomissione è stata realizzata è analogo a quanto Eltsin ha fatto in Russia ai nostri giorni: ha confiscato i beni del Partito comunista dell'Unione Sovietica, perché una struttura senza beni diventa relativamente inefficace. La rivoluzione francese lo ha fatto allora colpendo la Chiesa, confiscandone i beni e imponendo poi ai preti di giurare fedeltà allo Stato, al nuovo stato. Mi soprende anche udire con quanta leggerezza si parla del giuramento di fedeltà allo Stato: credo che ognuno di voi, obbligato a prestare giuramento di fedeltà al Presidente della Repubblica o al Primo Ministro o a deputati locali, non sarebbe contento di farlo, si opporrebbe.
    Allora ben il 70% dei preti rifiutarono di prestare giuramento allo Stato. Da qui sorge anche il problema della Dichiarazione dei diritti dell'uomo; lo scopo di questa Dichiarazione è quello di ottenere che i diritti fondamentali dell'uomo, le sue libertà, siano definite per legge. La legge definisce le libertà: ma ciò è intrinsecamente perverso, perché la legge è l'espressione della volontà popolare per via del sistema elettorale a maggioranza: per natura quindi la legge diventa evolutiva. Chi rifiuta il giuramento diventa un fuorilegge e come tale va punito. I preti vanno puniti, diventano come dei fuori casta. Questa punizione si può manifestare con tre tipi di sanzione: prigione, deportazione, eliminazione fisica. Nella Francia rivoluzionaria si arriva all'eliminazione fisica fin dal mese di gennaio del 1790, una data sicuramente precoce nel calendario rivoluzionario. Per renderci conto della portata di queste eliminazioni, contiamo anche qualche anno: tra il 1789 ed il 1793 passano quattro anni, e sono tanti.
    La Francia, disfatta in guerra, deve ricorrere alla coscrizione: questo avviene nel marzo del '93, ma il meccanismo di reclutamento dei coscritti è proprio quello che spiega le ragioni profonde del sollevamento. E' la legge centrale a determinare il numero di coscritti, 300 mila uomini, ma sono i dipartimenti e la periferia, i sindaci, a scegliere questi uomini. Bisogna aggiungere che a quei tempi il sindaco non era eletto dal popolo, ma era scelto dal potere centrale per le sue caratteristiche politiche, personali, ideologiche, e per questa sua posizione il sindaco godeva di due privilegi: anzitutto, non andava sotto le armi, in secondo luogo, proprio lui sceglieva chi sarebbe andato sotto le armi. Chi sceglieva il sindaco? Tutti i suoi oppositori, naturalmente. Il popolo, però, in Vandea, ha detto no, e si è sollevato, per il 60 o 70%.

    Le argomentazioni di questi contadini sono assai degne di nota e hanno una base giuridica codificata dall'articolo 35 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo, che dice: "Quando il governo viola i diritti del popolo, per il popolo e per ogni parte del popolo l'insurrezione è il più sacro dei diritti ed il più indispensabile dei doveri". Non solo la popolazione della Vandea si è sollevata, ma anche la popolazione di Tolone, di Marsiglia e di altre città.
    Per prima cosa, rileviamo che la reazione popolare non solo è legittima, ma è anche legale. Mi chiederete allora perché in Vandea l'insurrezione ha funzionato ed altrove no. Risponderei con due ordini di ragioni. La prima è che in Vandea l'insurrezione è stata spontanea e popolare, mentre in Bretagna, come a Lione, è stata nobiliare e programmata: da qui la disfatta. Questo anche perché in Vandea, essendo una zona rurale, non vi sono guarnigioni, non vi è una struttura militare, la seconda ragione sta nell'osservazione che la Bretagna era sempre insorta, e i bretoni conoscevano bene la repressione della monarchia, mentre i vandeani non sapevano che la repressione fa male: per questo insorsero. Questi elementi hanno radici molto profonde, che vediamo anche nella cultura vandeana attuale. Gli abitanti della Vandea sono diffidenti nei confronti dei preti e dei nobili, e lo erano anche allora. Non a caso, il primo generalissimo della rivoluzione è stato scelto tra i contadini, dopo aver rifiutato tutti i militari.

    In un primo tempo, la guerra in Vandea è stata solo civile, seguendo tre fasi.
    Nella prima fase, il sollevamento vandeano ha avuto le tipiche caratteriste dell'insurrezione. Dal marzo del 1793 fino al 29 giugno del medesimo anno, i 770 comuni sono insorti. Per 10 mila kmq, 815 mila abitanti sono insorti contro la Repubblica.
    I Vandeani identificarono quasi subito il nemico con Parigi. Sulla strada si uniscono ai bretoni. Il 29 giugno del 1793 viene lanciato l'attacco su Nantes, dove il generalissimo viene ferito: morirà dopo poco, e questa è la prima disfatta subita dalla Vandea.
    La seconda fase è facile da spiegare: i vandeani battuti cambiano la loro tattica e passano alla tattica di difesa. Parigi manderà delle truppe, truppe che avranno buon gioco in Vandea; questa fase va dal 29 giugno al 18 ottobre del 1793.
    Nella terza fase, ci si trova davanti alla stessa circostanza della prima: l'alleanza con la Bretagna. Per allearsi o unirsi alla Bretagna, bisogna arrivarci, attraversando la Loira. Questo attraversamento è possibile in una località che si chiama Saint Florent Le Vieil, e da qui ottantamila vandeani entrarono in Bretagna. Ma la Bretagna era stata unita alla Francia solo nel 1532; i Bretoni prima di allora avevano creato una linea di difesa contro la Francia, e proprio di questa linea di difesa si avvarranno ora i Repubblicani per opporsi all'invasione dei Vandeani in Bretagna.

    Due mesi dopo la disfatta, il generale Westermann ha scritto il bollettino della vittoria; spiegando al Comitato di Salute Pubblica lo svolgimento di questa disfatta della Vandea, proclama: "Non vi è più Vandea, cittadini repubblicani. La Vandea è morta sotto la nostra libera spada, con le sue donne ed i suoi bambini. L'ho appena sepolta nelle paludi e nei boschi, secondo gli ordini che mi avete dato: ho schiacciato i bambini sotto gli zoccoli dei cavalli e massacrato le donne, così che almeno quelle non partoriranno più briganti. Non ho un solo prigioniero sulla coscienza. Ho sterminato tutti". Fine della guerra civile in Vandea.


    In questo contesto, viene presa la decisione dello sterminio in Vandea. La Francia era colpita, all'epoca, da due mali. Il primo male era l'insurrezione combinata Lione-Tolone, soffocata da una repressione cruenta nel novembre 1793. Il secondo, la presenza degli eserciti stranieri sin dall'ottobre-novembre 1793. Ormai però erano stati battuti: non solo, ma l'esercito francese si era già avventurato sul territorio straniero, in Francia non esisteva quindi più un problema militare, e questo ha reso possibile decidere lo sterminio - vocabolo che venne utilizzato fin da allora - della popolazione della Vandea.

    La prima volta che ho letto la parola "sterminio" ne sono rimasto sorpreso: in quanto accademico, ho il dovere della critica e il diritto della sorpresa davanti ai documenti che mi trovo davanti agli occhi, e da questo diritto deriva, come immediata strategia, la ricostruzione cronologica dei fatti. Si distinguono alcune fasi: anzitutto, la fase del vocabolo, che possiamo facilmente datare aprile '93, e a cui possiamo anche assegnare una paternità, quella del ministro Carrier, che in uno dei suoi deliri verbali, dal podio dove si trovava ad arringare i colleghi, ha parlato della necessità di sterminare la popolazione della Vandea. Siamo dunque nella fase del verbo sterminare.
    La seconda fase è decisamente unica, non vi è un altro esempio simile in tutta la storia dell'umanità: è una fase giuridica. Il parlamento di allora, la cosiddetta Convenzione, voterà tre leggi. La prima di queste tre leggi è del 1° agosto 1793, e tratta della necessità di distruggere fisicamente la Vandea. Recita: "Saranno inviati dal ministero della guerra materiali combustibili di ogni sorta per incendiare i boschi, le macchie, le foreste abbattute. I covi dei ribelli saranno distrutti, i raccolti saranno mietuti dalle compagnie di braccianti per essere portati alle retrovie dell'esercito e il bestiame sarà requisito. I beni dei ribelli della Vandea sono dichiarati appartenenti alla Repubblica, e ne sarà utilizzata una parte per indennizzare le perdite che avessero sofferto i cittadini rimasti fedeli alla patria. La Vandea deve essere un cimitero nazionale".
    La prima legge era di distruzione, la seconda è di sterminio. In quanto legge promulgata dal parlamento, è stata stampata sul Bollettino Ufficiale della Nazione: "Bisogna che i briganti di Vandea siano sterminati prima della fine di ottobre. La salvezza della patria lo richiede. L'impazienza del popolo francese lo comanda. Il suo coraggio deve compiere l'opera. La riconoscenza nazionale spetta ora a tutti coloro i quali per valore e patriottismo avranno permesso il ritorno della libertà e della Repubblica". Vi è stata poi una terza proposta di legge, accettata di fatto, del 7 novembre del 1793 e possiamo chiamarla, dopo la distruzione e lo sterminio, la catarsi. Si tratta della "purificazione della Vandea" ed è Robespierre a stabilire una sorta di gerarchia dividendo i Francesi in due categorie, "buoni e cattivi", divisi poi in diverse sottocaste. Tra i cattivi, nel fondo del fondo, si trovano i preti e le monache, dopo la nobiltà, e infine intere popolazioni, tra cui quella della Vandea. I Vandeani sono considerati degli ominidi, delle sottospecie di uomini, ed in quanto tali non aventi diritto ad un territorio. Il nome stesso Vandea viene eliminato, deve scomparire.
    L'amministrazione, però, nel suo horror vacui, desidera manifestare la sua volontà di mettere in opera una politica di ripopolazione, e assegna un nuovo nome alla Vandea chiamandola "dipartimento Vendicato", per esprimere appunto questa volontà di ripopolare quella parte di Francia un tempo abitata da cattivi Francesi.
    In una terza fase, ci si pone il problema dello sterminio dei Vandeani. Il problema è duplice: per prima cosa sono tanti, 815 mila; in secondo luogo, "sono cattivi e sono così cattivi - questa è una citazione - che si rifiutano di farsi uccidere e si difendono".
    Il territorio è molto ben definito: sono 10 mila kmq, e vi sono tre possibilità. La prima è quella del "metodo scientifico": il gas. Ma il genio dei Francesi non è il genio dei Tedeschi, non conoscono altrettanto bene i gas letali. Allora, si rivolgono ai loro chimici, pregandoli di studiare, di creare e di sviluppare un gas che sia adatto ad uccidere tutti i Vandeani avvelenando il territorio. Questi chimici si mettono diligentemente al lavoro, fanno degli studi e delle ricerche, degli esperimenti e pubblicano un rapporto dicendo: "Abbiamo diffuso il nostro gas, ma né le pecore né i passanti ne sono stati disturbati". Fallimento del primo metodo.
    Si passa allora ad un metodo che viene detto "pragmatico", secondo cinque modalità: la ghigliottina, la baionetta, il fucile, l'affogamento, le mazzate sulla testa. A questa panoplia di strumenti pragmatici di sterminio viene posto fine sia per la lentezza del metodo - per esempio, il rendimento della ghigliottina è di un massimo di 32 individui al giorno - che per i costi elevati.
    La terza soluzione, proposta dal generale Turreau, è un piano di sterminio concepito secondo tre direttive. La prima è complessa: la Francia in quel secolo ha concepito forni crematori, sistemi di conce di pelle umana, sistemi di fusione dei corpi delle donne per ricavarne il grasso, ed anche ricette gastronomiche. Il cannibalismo di allora prevedeva cervella di Vandeano in salsa repubblicana. Seconda direttiva: una flottiglia di 41 barche sulla Loira, di cui abbiamo i nomi e i luoghi d'attracco. Terza direttiva: creazione di un comitato cosiddetto di "sussistenza" il cui compito era quello di operare un saccheggio sistematico della popolazione. Ciò che è veramente unico di questo evento è che era tutto fatto sotto l'egida della legalità. I generali quindi si limitavano a fare i loro bollettini, i loro rapporti, che ho ritrovato negli archivi militari relativamente intatti, trovando quindi testimonianza di tutto l'orrore del piano di Turreau.

    Tutto ciò è finito non prima della caduta di Robespierre. Alla Sorbona, dove è stata presentata questa tesi, sono state rivolte delle domande sul numero di abitanti eliminati e di case distrutte. Degli 815.000 Vandeani almeno 117.000 sono stati eliminati, ma non è tanto importante conoscere questo numero della statistica, quanto avvalersi della statistica per determinare se davvero la volontà di eliminare di preferenza le donne in quanto riproduttrici o i bambini in quanto futuri briganti, è stata rispettata. Non si può avere una risposta globale a questa domanda: si può ipotizzare una risposta basandoci sui risultati di certe analisi, fatte studiando gli elenchi dei caduti trovati in certi comuni. Possiamo dire che tutte le cifre convergono. Effettivamente il 70% degli uccisi erano donne e bambini. E poi, ma forse spetterebbe ai filosofi parlarne, può essere interessante andare a studiare i rituali di violenza e della volontà di sterminio di quella che, tra virgolette, possiamo chiamare una razza. Per il numero di case distrutte, possiamo invece avvalerci degli elenchi redatti successivamente sotto l'Impero per indennizzare i danneggiati. Da questi elenchi, si vede che in certi comuni la distruzione dei beni immobili è arrivata fino al 90%. Il risultato globale è che comunque su 50.000 case più di 10.000 sono andate distrutte.


    Quando nell'86 è stato pubblicato in Francia questo libro, Il genocidio vandeano, ha destato un grande stupore. Perché i Francesi avevano dimenticato. Ho scritto un altro libro che purtroppo non è stato tradotto in italiano, che spiega perché e come i Francesi erano stati portati a dimenticare. Il libro si intitolaDa un genocidio all'altro, la manipolazione della memoria. E' facile spiegare come è avvenuta questa manipolazione. Bisogna dire che già allora esisteva una profonda consapevolezza del crimine commesso contro l'umanità, tanto che è stato istituito un tribunale speciale - del tipo di quello di Norimberga - dove ci si chiedeva chi fosse colpevole, e come punirlo. Tutti sono colpevoli: colui che ha concepito lo sterminio come colui che lo ha realizzato e colui che se ne è reso complice. Quindi, vanno tutti puniti.
    Fino al 1830, nessuno ha osato cercare di deturpare la verità, sia perché esistevano dei testimoni oculari sia perché erano fatti vicini. Ma dopo il 1830, due circostanze portano a cambiare la situazione: l'avvento di un re repubblicano, Luigi Filippo I, e il venire a mancare dei testimoni oculari. A questo punto, è cominciata la manipolazione.
    Luigi Filippo I prende al suo soldo degli storici, dando loro il compito di purificare la storia. Ci si avvarrà poi anche di diverse strutture: per esempio, le cattedre di storia, affidate a storici marxisti, che hanno proceduto a lavare e lucidare la storia, purificandola, dimenticando ciò che un loro padre culturale, quale Babeuf, aveva scritto sulla Vandea. C'è un libro che ha suscitato grande scalpore, tanto in Francia quanto in Italia, scritto da Babeuf, sul sistema delle due popolazioni. Lo trovo molto interessante, forse anche perché il Babeuf si pone qui la stessa domanda fondamentale che io, senza conoscerlo, mi ero posto: perché si è giunti a questa volontà di soluzione finale?

    Robespierre e i rivoluzionari di allora avevano voluto trasformare la Vandea in un laboratorio. Il loro scopo era quello di creare un uomo nuovo, ma la creazione di un uomo nuovo richiede la messa in opera di metodi e il poter far funzionare dei metodi richiede che si disponga di un laboratorio: la Vandea, appunto. Del resto, abbiamo appena scoperto che dopo la Vandea era in programma di passare ad analoga opera con la Bretagna, e via discorrendo. Vi è una frase terribile di Saint-Just, secondo il quale se è necessario sterminare il 90% dei Francesi, bisognerà sterminare il 90% dei Francesi, perché il 10% restante varrà, e sarà sufficiente a rigenerare e la Francia e l'Europa. Per costruire un nuovo mondo, bisogna distruggere il vecchio. Per distruggere il vecchio mondo, bisogna distruggerne la popolazione. In questa cornice, si inserisce il fenomeno dello sterminio in Vandea.

    Veniamo ora alle morale.
    Quello della Vandea è il primo genocidio della storia ideologica del mondo contemporaneo. Se non fosse stato dimenticato il genocidio della Vandea, forse non sarebbe accaduto ciò che è accaduto nel XX secolo.
    Come è stato possibile dimenticare tutto questo? E' proprio qui l'essenza del problema: il non dimenticare, il non manipolare la storia, il dovere di dire, il dovere di ricordare."




    Associazione legittimista Trono e Altare: Martiri della Vandea
    "Martiri della Vandea




    Nel 1793, durante la Rivoluzione francese, si scatenò, nella terra della Vandea, il primo genocidio di Stato della storia occidentale. Il regime rivoluzionario di Parigi venne imposto con la forza nelle province di Francia ed ebbe in Vandea, la più cattolica di esse, la reazione più coraggiosa e gloriosa. I Blanchs (i vandeani) si contrapposero ai Blues (i giacobini): uniti a Dio e al Re, i contadini della Vandea, con i loro amati sacerdoti e i loro generali, si distinsero per la strenua difesa contro la dea ragione ed il principio deista dell’essere supremo; perciò, a causa del loro fermissimo Credo e della loro fedeltà monarchica, vennero massacrati. Per odio ideologico perirono, in quell’ecatombe, più di 30 mila abitanti. Tuttavia di questo evento storico o si è parlato in termini negativi per esaltare i “benefici” della Rivoluzione e del Terrore sanguinario oppure lo si è del tutto omesso dai libri di storia…
    Lascia scritto Aleksandr Isaevič Solženicyn:
    «Già due terzi di secolo fa, da ragazzo, leggevo con ammirazione i libri che evocavano la sollevazione della Vandea, così coraggiosa e così disperata, ma non avrei mai potuto immaginare, neppure in sogno, che nei miei tardi giorni avrei avuto l’onore di partecipare all’inaugurazione di un monumento agli eroi e alle vittime di questa sollevazione. […] gli avvenimenti storici non vengono mai compresi appieno nell’incandescenza delle passioni che li accompagnano, ma a distanza, una volta che il tempo li abbia raffreddati.
    Per molto tempo ci si è rifiutati di capire di accettare quel che gridavano coloro che morivano, che venivano bruciati vivi: i contadini di una contea laboriosa, per i quali la rivoluzione sembrava essere fatta apposta, ma che la stessa rivoluzione oppresse e umiliò fino alle estreme conseguenze: e proprio contro essa si rivoltarono. […]. È stato il ventesimo secolo ad appannare, agli occhi dell’umanità, quell’aureola romantica che circondava la rivoluzione del XVIII secolo […] le rivoluzioni distruggono il carattere organico della società; quanto rovinino il corso naturale della vita; quanto annichiliscano i miglioramenti della popolazione, lasciando campo libero ai peggiori; come nessuna rivoluzione possa arricchire un Paese, ma solo qualche imbroglione senza scrupoli; come nel proprio Paese, in generale, essa sia causa di morti innumerevoli, di un esteso depauperamento e, nei casi più gravi, di un decadimento duraturo della popolazione» («Famiglia Cristiana», n. 41/1993, pp.80-81).
    In Vandea si verificarono una serie di conflitti civili scoppiati al tempo della Rivoluzione francese, che videro la popolazione della Vandea e di altri dipartimenti vicini insorgere contro il governo rivoluzionario. La prima e la seconda guerra di Vandea vengono solitamente accorpate in un unico periodo che va dal 1793 al 1796. L'insurrezione ebbe inizio nel marzo 1793, quando la Convenzione Nazionale ordinò la leva obbligatoria per 300.000 uomini da inviare al fronte e proseguì per i successivi tre anni, con brevi tregue durante le feste come il Natale e la Pasqua. Il periodo più acuto degli scontri, in cui spesso gli insorti ebbero ragione delle truppe repubblicane, terminò con la vittoria di queste ultime nella battaglia di Savenay. La repressione compiuta tra l'estate del 1793 e la primavera del 1794, ad opera delle truppe repubblicane regolari e da reparti di volontari, fu assai feroce.
    Tuttavia gruppi armati vandeani continuarono a combattere e una tregua vera e propria si ebbe solo nella primavera del 1795, con la pace di La Jaunaye. Questa prima guerra fu la più importante per numero di operazioni militari ed è quella a cui comunemente ci si riferisce trattando dell'insurrezione vandeana. Nondimeno lo stato insurrezionale rimase endemico nella regione e la rivolta si riaccese più volte negli anni seguenti, soprattutto nei momenti di crisi dei governi repubblicani e napoleonici. Il 24 giugno 1795 iniziò la seconda guerra di Vandea, che terminò l'anno successivo.
    La terza guerra di Vandea durò solo tre mesi, dal 26 ottobre al 17 dicembre 1799, terminando con l'armistizio di Pouancé: a causa dell'instabile situazione politica, la Francia non avrebbe potuto sostenere una nuova guerra civile e per questo motivo il nuovo Governo francese preferì acconsentire alle richieste degli insorti, in modo da evitare il ritorno della monarchia, che in quel momento sembrava imminente.
    La quarta guerra di Vandea iniziò nel marzo 1813, dopo la ritirata di Napoleone dalla Russia (1812) ed ebbe una pausa quando, a seguito della sconfitta dell'Imperatore a Lipsia (ottobre 1813), Luigi XVIII salì al trono, nell'aprile 1814. Dopo il ritorno al potere di Napoleone con i Cento Giorni, la guerra riprese il 15 maggio 1815 e terminò il mese successivo quando, a seguito della battaglia di Waterloo, Luigi XVIII ritornò sul trono di Francia nel giugno 1815. Il Sovrano, in segno di riconoscenza, conferì il grado di generale dei granatieri reali (un corpo militare addetto alla protezione del re) al generalissimo dell'armata vandeana Louis de La Rochejaquelein e lo stesso fece con il suo successore Charles Sapinaud, che divenne generale e fu insignito del titolo di Duca.
    I vandeani iniziarono la rivolta solo dopo che il regime terroristico attuò misure repressive per il clero e aumentò le tasse per poter sostenere le spese militari. Il ripristino della monarchia rappresentava per i controrivoluzionari vandeani una soluzione per porre fine alla tragica rivoluzione.
    I primi testi che trattarono del genocidio vandeano furono le memorie di alcuni dei protagonisti di quei tragici eventi: la marchesa La Rochejaquelein, Poirier de Beauvais, Joseph de Puisaye, la signora Sapinaud de La Rairie e per i repubblicani: Grouchy, Kléber, René-Pierre Choudieu, Turreau, Dumas. Il più celebre documento, del primo raggruppamento di testimoni, sono le Mémoires (1811) de Madame la marquise de la Rochejaquelein, vedova di Louis Marie de Lescure e in seguito di Louis de La Rochejaquelein, che essendo vedova di due tra i più importanti generali dell'Esercito cattolico e reale visse in prima persona tutte le guerre di Vandea, che descrive come una rivolta spontanea dei contadini per difendere il loro re e la loro Chiesa.
    L' Esercito cattolico e reale era formato da quei francesi contrari alla rivoluzione e che invece sostenevano la monarchia, in particolare era composto da contadini della cosiddetta «Vandea Militare», composta dai dipartimenti di Vandea, Loira Atlantica, Maine-et-Loire e Deux-Sèvres. I capi furono scelti tra la nobiltà francese che non era emigrata in altri Stati, per paura della cattura e della ghigliottina, ma che rimase in Francia per cercare di ristabilire la monarchia.
    L' Esercito nacque il 4 aprile 1793, in seguito alla riunione dei principali capi vandeani avvenuta a Chemillé, in seguito alla quale venne scelto come comandante in capo (che verrà chiamato «Generalissimo») Jacques Cathelineau. Da Parigi, intanto, la Convenzione, ordinò la «pulizia etnica» dei «briganti» vandeani.
    I principali capi militari dell’Esercito cattolico e reale furono: Jacques Cathelineau, François-Athanase Charette de La Contrie, Charles Melchior Artus de Bonchamps, Maurice-Louis-Joseph Gigot d'Elbée, Louis Marie de Lescure, Henri du Vergier de La Rochejaquelein, Jean Nicolas Stofflet, Jacques Nicolas Fleuriot de La Fleuriais, Charles Sapinaud, Louis e Auguste du Vergier de La Rochejaquelein (entrambi fratelli di Henri de La Rochejaquelein), Charles d'Autichamps. Alcuni di questi valorosi e cattolici generali sono ricordati nella bellissima canzone di Jean Pax Méfret, Guerre de Vendée.
    Il simbolo della controrivoluzione vandeana era un cuore sormontato da una croce rossa su campo bianco a simboleggiare i Sacri Cuori di Gesù e di Maria, ai quali i vandeani erano particolarmente devoti grazie alla predicazione di San Luigi Maria Grignion de Montfort; inoltre tale simbolo richiamava anche lo stemma della Vandea, anch’esso formato da due cuori rossi (quelli di Gesù e Maria) sormontati da una corona che termina con una croce e che rappresentare la regalità di Cristo. Il motto era «Dieu Le Roi» («Dio [è] il Re»).
    L’odio per la profonda Fede religiosa dei vandeani fu la ragione principale della spaventosa repressione e delle stragi indiscriminate. Il Terrore si scatenò contro la Fede e contro contadini che volevano continuare a vivere del loro lavoro e dei loro valori.
    Ancora oggi nelle case di Lucs-sur-Boulogne (sul fiume Boulogne), il villaggio dove la memoria è molto forte, è rimasto il simbolo della rivolta vandeana: la bandiera con il cuore e la croce. Le chiese della Vandea sono piuttosto recenti, perché i Blues, i soldati inviati dalla Convenzione di Parigi, ne bruciarono circa 800.
    La chiesa più piccola di Le Lucs, chiamata «la Chapelle», sorge su un colle un po’ fuori dal paese ed è divenuta monumento storico. Qui, il 28 febbraio 1794, i soldati entrarono nella Chapelle (che sorgeva nello stesso luogo e identica a quella odierna) e spianarono i loro fucili contro più di cento uomini e soprattutto donne e bambini. Le vittime, che pregavano in ginocchio per prepararsi alla morte, vennero trucidati dai rivoluzionari. In tutto il villaggio di Le Lucs i morti furono 563, fra cui 110 bambini al di sotto dei sette anni: oggi i loro nomi sono scolpiti sulle pareti a perenne memoria de «la haine de la foi» («l’odio verso la fede»). Vicino alla Chapelle sorge un museo-memoriale, che venne inaugurato da Solzenicyn il 25 settembre 1993.
    In Vandea, su 800 parrocchie circa, i preti refractaires, che cioè rifiutarono di giurare all’Assemblea costituente di Parigi, furono 768 e tutti vennero sostituiti da parroci sermentées, cioè giurati (spesso neppure regolarmente ordinati), disprezzati dai contadini vandeani. La persecuzione quotidiana dei sacerdoti veri fu la prima e reale ragione dell’esasperazione vandeana. Esiste un documento del più feroce persecutore e sterminatore giacobino, il generale Louis Marie Tourreau, nel quale sottolinea la grande autorità, presso i vandeani, dei preti non giurati e ciò per tre ragioni: integrità dei costumi, serietà della formazione dottrinale, intima conoscenza del loro gregge.
    La guerra civile in Francia su larga scala ebbe inizio proprio in Vandea con l’insurrezione di Bressuire. La repressione provocò 100 morti e molti rivoluzionari staccarono le orecchie delle loro vittime per farsene coccarde.
    Molte furono le vittorie a vantaggio del popolo armato di forche e falci contro le equipaggiate truppe rivoluzionarie. Nantes, strappata «ai borghesi di Parigi», fu tenuta per mesi. Ma proprio Nantes fu spesso teatro degli annegamenti delle persone, essi ebbero inizio alla fine del 1793 e continuarono fino alla primavera del 1794. Responsabile fu soprattutto Jean-Bptiste Carrier, inviato dalla Convenzione di Parigi a praticare la «soluzione finale» del problema vandeano. Le prime tre cosiddette noyades furono rivolte esclusivamente ai preti refractaires (250 circa). Gli storici calcolano che gli annegati furono circa 8000. Quando Carrier tornò a Parigi, dopo gli eccidi, la Convenzione per togliersi la responsabilità dei massacri decise di tagliargli la testa sotto Madame Guillotine.
    Il generale Tourreau, invece, mise a ferro e fuoco la regione vandeana da nord a sud e da est ad ovest: i villaggi venivano circondati, la gente radunata e trucidata, infine i soldati incendiavano case ed edifici. Chiaro l’obiettivo: l’olocausto del popolo vandeano era accompagnato alla distruzione di tutto. Scriveva la «Gazette Nationale» riportando la seduta del 17 febbraio 1794: (trascitta il 19, p. 503): «si tratta di spazzare con il cannone il suolo della Vandea e di purificarlo con il fuoco». Ha spiegato il grande storico del genocidio vandeano Reynald Secher: «Queste rappresaglie non corrispondono dunque agli atti orribili, ma inevitabili, che si verificano nell’accanimento dei combattimenti di una lunga e atroce, ma proprio a massacri premeditati, organizzati, pianificati, commessi a sangue freddo, massicci e sistematici, con la volontà cosciente e proclamata di distruggere una regione ben definita e di sterminare tutto un popolo, di preferenza donne e bambini» (R. Secher, Il genocidio vandeano, Effedieffe Edizioni, Milano 1989, p. 306) per sterminare una «razza maledetta», termine ripreso da tutti i rivoluzionari, una razza ed una terra considerate irrecuperabili, perciò: «La guerra finirà solo quando non vi sarà più un abitante su questa terra disgraziata» (Archivio storico dell’esercito, B. 58. Lettera del 25 piovoso dell’anno II). I Giacobini gioivano, come risulta dai documenti dell’epoca, nel lasciare sul loro cammino soltanto cadaveri e rovine… perché occorreva «sacrificare tutto alla vendetta nazionale» (R. Secher, Il genocidio vandeano, p. 306). Insomma, la volontà di far sparire dalla faccia della terra ogni traccia di un popolo, qualsiasi popolo, contiene in sé la definizione di genocidio.

    Per approfondire: Reynald Secher, Il genocidio vandeano, Effedieffe Edizioni, Milano 1989.

    ELENCO DEI GENERALI VANDEANI MARTIRI:

    95088 - Jacques Cathelineau
    95453 - François-Athanase Charette de La Contrie
    95451 - Charles Melchior Artus de Bonchamps
    95457 - Maurice-Louis-Joseph Gigot d'Elbée
    95454 - Louis Marie de Lescure
    95452 - Henri du Vergier de La Rochejaquelein
    95456 - Jean Nicolas Stofflet
    95455 - Antoine-Philippe de La Trémoille de Talmont

    Autore:
    Cristina Siccardi Fonte: Santi, beati e testimoni - Enciclopedia dei Santi"




    Luca, Sursum Corda!
    Ultima modifica di Holuxar; 14-07-15 alle 12:36
    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

  4. #4
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    Predefinito Re: CONTRORIVOLUZIONE CATTOLICA: 14 Luglio 1789 e "falsi miti della rivoluzione franc

    il fatto che sia stata organizzata dall'alto cosa cambia ?


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  5. #5
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    Predefinito Re: CONTRORIVOLUZIONE CATTOLICA: 14 Luglio 1789 e "falsi miti della rivoluzione franc

    Citazione Originariamente Scritto da Anthos Visualizza Messaggio
    il fatto che sia stata organizzata dall'alto cosa cambia ?


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    Chi sta in alto non ha forse più responsabilità rispetto a chi sta in basso?

    "Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli…

    IN PALESTINA È GENOCIDIO!
    ROSA E OLINDO, LIBERI SUBITO!


  6. #6
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    Predefinito Re: CONTRORIVOLUZIONE CATTOLICA: 14 Luglio 1789 e "falsi miti della rivoluzione franc

    Citazione Originariamente Scritto da Anthos Visualizza Messaggio
    il fatto che sia stata organizzata dall'alto cosa cambia ?


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    Che magari, per prima cosa, sarebbe il caso di smetterla di celebrare retoricamente l'avvenimento come "presa di coscienza" del pobbolo libero e fiero.
    Dicono che viaggiare sviluppa l'intelligenza. Ma si dimentica sempre di dire che l'intelligenza bisogna averla già prima.-.G. K. Chesterton

  7. #7
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    Lightbulb Re: CONTRORIVOLUZIONE CATTOLICA: 14 Luglio 1789 e "falsi miti della rivoluzione franc

    14 LUGLIO 2018: SAN BONAVENTURA, Cardinale e Vescovo di Albano, confessore e Dottore della Chiesa, San Camillo de Lellis, Sacerdote, anniversario della Costituzione apostolica "Quo primum tempore" di san Pio V (14 luglio 1570); quattordicesimo giorno del MESE dedicato alla devozione al PREZIOSISSIMO SANGUE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO…




    «Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»





    “SAN BONAVENTURA
    Cardinale e Vescovo di Albano
    Confessore e Dottore della Chiesa.
    Doppio.
    Paramenti bianchi.
    Nascita: Bagnoregio 1217/1221.
    Morte: Lione 15 luglio 1274.
    Incarichi ricoperti:
    - Ministro generale dell'Ordine dei Frati Minori.
    - Cardinale vescovo di Albano.
    Nominato vescovo: 3 giugno 1273 da papa Gregorio X.
    Consacrato vescovo: 11 novembre 1273 da papa Gregorio X.
    Creato cardinale: 3 giugno 1273 da papa Gregorio X.
    Canonizzazione: 14 aprile 1482 da papa Sisto IV.
    Attributi: Bastone pastorale, galero cardinalizio.
    Patrono di: Fattorini.
    SANTA MESSA
    San Bonaventura, al secolo Giovanni Fidanza, nacque a Bagnoregio nel 1221. Entrò nell'Ordine francescano, nel 1243 a Parigi, in seguito a una guarigione miracolosa, ricevuta da bambino e dovuta all'intercessione di san Francesco d'Assisi. Ebbe per maestro Alessandro di Ales, che amava dire del suo angelico discepolo, che lo si sarebbe creduto preservato dal peccato originale. A trent'anni fu dottore di Filosofia e sacra Teologia (Orazione), e insegnava all'Università di Parigi, nello stesso tempo di san Tommaso d'Aquino, del quale era molto amico. Gli fu dato il titolo di Dottore serafico, per la sua ardente difesa e dimostrazione della Fede Cattolica. Nominato Ministro Generale dell'Ordine dei Francescani (1257), poi Cardinale Vescovo di Albano nel 1273 (Communio, Alleluja), l'anno dopo, su invito di Gregorio IX, partecipò al Concilio Lugdunense II, dove Greci e Latini ammirarono a gara il suo zelo e la chiarezza che ne facevano una fiaccola di fede. Durante il suddetto Concilio morì: era il 14 luglio 1274. Venne canonizzato da Sisto IV nel 1482 e proclamato Dottore della Chiesa, col titolo di Serafico, da Sisto V nel 1588.

    * Le opere di San Bonaventura.
    1. Breviloquium (Breviloquio)
    2. Collationes de decem praeceptis
    (Raccolte su dieci precetti)
    3. Collationes de septem donis Spiritus Sanctis
    (Raccolte sui sette doni dello Spirito Santo)
    4. Collationes in Hexaemeron
    (Raccolte nei Sei Giorni della Creazione)
    5. Commentaria in quattuor libros sententiarum Magistri Petri Lombardi
    (Commentari in quattro libri delle sentenze del maestro Pietro Lombardo)
    6. De mysterio Trinitatis
    (Il mistero della Trinità; questione disputata)
    7. De perfectione vitae ad sorores
    (La perfezione della vita alle sorelle)
    8. De reductione artium ad theologiam
    (La riduzione della arti alla teologia)
    9. De Regno Dei descripto in parabolis evangelicis
    (Il Regno di Dio descritto nelle parabole evangeliche)
    10. De scientia Christi et mysterio Trinitatis
    (La conoscenza di Cristo ed il mistero della Trinità)
    11. De sex alis Seraphin (Le sei ali dei Serafini)
    12. De triplici via (La triplice via)
    13. Itinerarium mentis in Deum
    (Itinerario della mente verso Dio)
    14. Legenda majior Sancti Francisci
    (La leggenda maggiore di San Francesco)
    15. Legenda minor Sancti Francisci
    (La leggenda minore di San Francesco)
    16. Lignum vitae (L'Albero della vita)
    17. Officium de passione Domini
    (L'Ufficio della passione del Signore)
    18. Quaestiones de perfectione evangelica
    (Questioni sopra la perfezione evangelica)
    19. Soliloquium (Soliloquio)
    20. Summa theologiae (Complesso di teologia)
    21. Vitis mystica (La vite mistica)
    * Bonaventura, nato a Bagnoregio in Etruria, fanciullo ancora fu liberato da una malattia mortale per le preghiere di san Francesco, al cui ordine sua madre aveva fatto voto di consacrarlo, se fosse guarito. Perciò, adolescente, volle abbracciare l'istituto dei frati Minori, nel quale, sotto la direzione di Alessandro d'Ales, giunse a tale perfezione di dottrina, che, laureatosi dopo sette anni a Parigi, vi spiegò pubblicamente con somma lode i libri delle Sentenze, che poi illustrò anche con ammirabili commentari. Né eccelse soltanto per erudizione scientifica, ma ancora per integrità di costumi, per innocenza di vita, per umiltà, mansuetudine, disprezzo delle cose terrene e desiderio delle celesti; degno veramente d'essere tenuto quale modello di perfezione e d'essere chiamato santo dal beato Tommaso d'Aquino, cui era legato da grandissimo affetto. Questi infatti avendolo trovato occupato a scrivere la vita di san Francesco: Lasciamo, disse, che un Santo scriva d'un Santo.
    Infiammato d'amor divino, si sentiva trasportato da singolare affetto di devozione verso la passione di Cristo Signore, che meditava di continuo e verso la Vergine Madre di Dio, cui si era tutto consacrato; studiandosi sommamente di eccitarlo e accrescerlo anche negli altri colla parola, coll'esempio e cogli scritti. Di qui quella soavità di maniere, quella grazia e carità di dire, che usava con tutti e colla quale si legava indissolubilmente l'animo di ognuno. Onde trentacinquenne appena, fu all'unanimità eletto a Roma ministro generale dell'ordine; ed egli portò la nuova carica per ben diciott'anni con mirabile prudenza e santità. Fece molte ordinazioni a vantaggio della regolare disciplina e ad incremento dell'ordine, che egli difese felicemente insieme cogli altri ordini mendicanti dalle calunnie dei maldicenti.
    Chiamato dal beato Gregorio X al concilio Lugdunense II e creato cardinale vescovo d'Albano, fu di grandissimo aiuto nelle ardue questioni di quel concilio; per cui e si composero i dissidi dello scisma, e si rivendicarono i dogmi della Chiesa. Durante questi lavori, se ne morì a cinquantadue anni di età, della nostra salute 1274, con grandissimo dispiacere di tutti, e l'intero concilio e lo stesso sommo Pontefice onorarono della loro presenza i suoi funerali. Illustre per moltissimi e grandissimi miracoli, Sisto IV lo iscrisse nel numero dei Santi. Scrisse molte opere, in cui congiungendo somma erudizione a pietà ardente, istruisce insieme e commuove il lettore: onde meritamente Sisto V l'insignì del titolo di Dottore Serafico.
    - Al Vangelo.
    ** Sermone di san Giovanni Crisostomo.
    Omelia 15 su Matteo, oltre la metà.
    Fate attenzione a ciò che disse: "Voi siete il sale della terra": tramite ciò mostra quanto necessariamente insegni queste cose. Non infatti, disse, solo della vostra vita, ma di tutto il mondo dovrete render conto. Non vi mando certo solo a due città, o a dieci, o a venti, come mandavo i profeti: ma ad ogni terra e fino al mare, e a tutto il mondo, e questo è oppresso da vari crimini.
    Dicendo infatti: "Voi siete il sale della terra", mostra che tutta la natura degli uomini è vanificata, e corrotta dalla violenza dei peccati: e quindi richiede da loro quelle virtù, che massimamente sono necessarie ed utili per procurare la salvezza di molti. Infatti chi è mansueto e modesto, e misericordioso e giusto, non rinchiude solo dentro di sé queste cose fatte bene, ma farà defluire queste eccellenti fonti anche all'utilità degli altri. Quindi chi è puro di cuore e pacifico, e sopporta la persecuzione per la verità, nondimeno stabilisce la vita per il bene comune.
    Non pensate quindi, disse, che sarete condotti a facile battaglie, né che dovrete far conto di cose da poco. "Voi siete il sale della terra". Cosa allora? Hanno medicato cose putrefatte? Per niente: né infatti è possibile che quelle cose che sono già corrotte siano riparate tramite la frizione del sale. Non fecero perciò questo, ma le cose prima rinnovate, ed a loro affidate, e già liberate da quella putrefazione, aspergevano di sale, e conservavano in quella novità, che avevano preso dal Signore. Certamente liberare dalla putredine del peccato, è proprio del potere di Cristo: ma ché non ritornino di nuovo a questi, è proprio della cura e del lavoro degli Apostoli.”




    “Dall'opuscolo «Itinerario della mente a Dio» di san Bonaventura, vescovo.
    (Cap. 7, 1. 2. 4. 6; Opera omnia, 5, 312-313)
    La mistica sapienza rivelata mediante lo Spirito Santo.

    Cristo è la via e la porta. Cristo è la scala e il veicolo. È il propiziatorio collocato sopra l'arca di Dio (cfr. Es 26, 34). È «il mistero nascosto da secoli» (Ef 3, 9). Chi si rivolge a questo propiziatorio con dedizione assoluta, e fissa lo sguardo sul crocifisso Signore mediante la fede, la speranza, la carità, la devozione, l'ammirazione, l'esultanza, la stima, la lode e il giubilo del cuore, fa con lui la Pasqua, cioè il passaggio; attraversa con la verga della croce il Mare Rosso, uscendo dall'Egitto per inoltrarsi nel deserto. Qui gusta la manna nascosta, riposa con Cristo nella tomba come morto esteriormente, ma sente, tuttavia, per quanto lo consenta la condizione di viatori, ciò che in croce fu detto al buon ladrone, tanto vicino a Cristo con l'amore: «Oggi sarai con me nel paradiso!» (Lc 23, 43).
    Ma perché questo passaggio sia perfetto, è necessario che, sospesa l'attività intellettuale, ogni affetto del cuore sia integralmente trasformato e trasferito in Dio.
    È questo un fatto mistico e straordinario che nessuno conosce se non chi lo riceve. Lo riceve solo chi lo desidera, non lo desidera se non colui che viene infiammato dal fuoco dello Spirito Santo, che Cristo ha portato in terra. Ecco perché l'Apostolo afferma che questa mistica sapienza è rivelata dallo Spirito Santo.
    Se poi vuoi sapere come avvenga tutto ciò, interroga la grazia, non la scienza, il desiderio non l'intelletto, il sospiro della preghiera non la brama del leggere, lo sposo non il maestro, Dio non l'uomo, la caligine non la chiarezza, non la luce ma il fuoco che infiamma tutto l'essere e lo inabissa in Dio con la sua soavissima unzione e con gli affetti più ardenti.
    Ora questo fuoco è Dio e questa fornace si trova nella santa Gerusalemme; ed è Cristo che li accende col calore della sua ardentissima passione. Lo può percepire solo colui che dice: L'anima mia ha preferito essere sospesa in croce e le mie ossa hanno prescelto la morte! (cfr. Gb 7, 15).
    Chi ama tale morte, può vedere Dio, perché rimane pur vero che: «Nessun uomo può vedermi e restar vivo» (Es 33, 20). Moriamo dunque ed entriamo in questa caligine; facciamo tacere le sollecitudini, le concupiscenze e le fantasie. Passiamo con Cristo crocifisso, «da questo mondo al Padre», perché, dopo averlo visto, possiamo dire con Filippo: «Questo ci basta» (Gv 14, 8); ascoltiamo con Paolo: «Ti basta la mia grazia» (2 Cor 12, 9); rallegriamoci con Davide, dicendo: «Vengono meno la mia carne e il mio cuore; ma la roccia del mio cuore è Dio, è Dio la mia sorte per sempre» (Sal 72, 26). «Benedetto il Signore, Dio d'Israele, da sempre, per sempre. Tutto il popolo dica: Amen» (Sal 105, 48).
    * Preghiera di san Bonaventura.
    O dolcissimo Signore Gesù, ferisci anche me col soavissimo e salutare tuo amore, affinché l’anima mia si riposi nella serena e apostolica tua santissima carità. La mia anima ti brami e si purifichi nell’attesa del Paradiso, e non sospiri che di separarsi dal corpo per essere sempre con te.
    Tu sei o Signore, il gaudio degli Angeli, la forza dei Santi, il nostro soavissimo pane quotidiano. Il mio cuore abbia sempre fame e sete di te, o Gesù, e si delizi nelle dolcezze del tuo amore. Te sempre cerchi come fonte della vita e della sapienza, come torrente della gioia che riempie la casa di Dio.
    Tu solo sii la mia gloria! A Te io pensi, di Te parli, tutto operi a Tuo onore, a Te pervenga con umiltà e pace, con trasporto e diletto, con perseveranza e fervore, affinché in Te, mia fiducia, mia gioia, mia pace, io sempre viva con la mente e con il cuore. Così sia.
    Foto: Stemma araldico di San Bonaventura, Cardinale Vescovo di Albano.”






    “NOVENA IN PREPARAZIONE ALLA SOLENNE FESTIVITÀ DI MARIA VERGINE DEL CARMINE di P. Simone Grassi, Carmelitano.
    Sancta Maria Virgo de Monte Carmelo, ora pro nobis.”
    https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net...e8&oe=5BE53E71

    “Costituzione apostolica "Quo primum tempore" di san Pio V (14 luglio 1570).
    PIUS EPISCOPUS
    SERVUS SERVORUM DEI
    AD PERPETUAM REI MEMORIAM.”








    “Prise de la Bastille le 14 juillet 1789 : chronique d’un mensonge vivace."
    https://www.france-pittoresque.com/spip.php?article3656
    “Johan Livernette : 1789, coup d'État maçonnique
    https://www.youtube.com/watch?v=kRA07F4voEU




    Virgo-Maria.org





    «14 luglio, San Bonaventura, Vescovo, Confessore e Dottore della Chiesa (Bagnoregio, 1217/1221 ca – Lione, 15 luglio 1274).

    “San Bonaventura dell’Ordine dei Minori, Cardinale e Vescovo di Albano, Confessore e Dottore della Chiesa, il quale passò al Signore nel giorno seguente”.
    Preghiera di san Bonaventura – O dolcissimo Signore Gesù, ferisci anche me col soavissimo e salutare tuo amore, affinché l’anima mia si riposi nella serena e apostolica tua santissima carità. La mia anima ti brami e si purifichi nell’attesa del Paradiso, e non sospiri che di separarsi dal corpo per essere sempre con te.
    Tu sei o Signore, il gaudio degli Angeli, la forza dei Santi, il nostro soavissimo pane quotidiano. Il mio cuore abbia sempre fame e sete di te ,o Gesù, e si delizi nelle dolcezze del tuo amore. Te sempre cerchi come fonte della vita e della sapienza, come torrente della gioia che riempie la casa di Dio.
    Tu solo sii la mia gloria! A Te io pensi, di Te parli, tutto operi a Tuo onore, a Te pervenga con umiltà e pace, con trasporto e diletto, con perseveranza e fervore, affinché in Te, mia fiducia, mia gioia, mia pace, io sempre viva con la mente e con il cuore. Così sia.»









    www.sursumcorda.cloud
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    “Carlo Di Pietro - Sursum Corda
    Preghiera al Santo del giorno.
    In nómine Patris
    et Fílii
    et Spíritus Sancti.
    Amen.

    Eterno Padre, intendo onorare san Giùsto soldato, il quale, sotto il Tribuno Clàudio, essendogli apparsa miracolosamente la Croce, credette in Cristo, e, subito battezzato, distribuì ai poveri tutte le sue sostanze; preso poi dal Prefetto Magnézio, e fatto percuotere con nervi, coprire con un elmo infuocato e gettare sul rogo, ma non offeso neppure in un capello, nella confessione del Signore rese lo spirito. Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi gli avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima per i meriti di questo santo Soldato, ed a lui affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, san Giùsto possa essere mio avvocato e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.”

    "Carlo Di Pietro - Sursum Corda
    Il 14 luglio 1789 iniziava la fine della civiltà europea."


    « (...) Già da tempo i Calvinisti avevano cercato di abbattere in Francia la Religione Cattolica; ma bisognava prima preparare gli animi. Il popolo doveva essere indottrinato con empie ideologie che essi non desistevano di spargere fra il volgo per mezzo di libelli riboccanti di perfidie ed eccitanti alla rivolta; e per realizzare il loro intento utilizzavano l’opera di perversi filosofi. ...
    Noi stessi (dice il Papa Pio VI), all’inizio del Nostro Pontificato, abbiamo denunciato a mezzo di una lettera enciclica indirizzata a tutti i Vescovi della Chiesa Cattolica la manovra detestabile dei perfidi uomini e il gravissimo pericolo sovrastante (...)
    I suddetti agitati difensori del genere umano hanno aggiunto a questo falso e bugiardo nome di libertà l’altro nome parimenti falso di uguaglianza: cioè uguaglianza fra uomini che si costituiscono in società civile, quantunque siano di opinioni diverse, procedano verso direzioni diverse, ciascuno spinto dal proprio arbitrio, e non ci debba essere nessuno che prevalga per autorità e forza, comandi, moderi e richiami dall’agire perverso sulla strada dei doveri, affinché la società stessa, sotto la spinta contrastante di tante fazioni, non cada nell’anarchia e si dissolva, come qualsiasi armonia che si compone dell’accordo di tanti suoni, e se non ottiene un idoneo equilibrio fra strumenti e suoni degenera in rumori confusi e del tutto stonati.
    Essendosi poi proclamati riformatori degli stessi comandamenti, anzi arbitri della Religione, mentre, secondo l’espressione di Sant’Ilario di Poitiers, la Religione esige il dovere dell’obbedienza, cominciarono essi stessi ad emanare norme e inauditi statuti sulla Chiesa stessa. Da questo laboratorio è uscita quella sacrilega Costituzione che Noi abbiamo rifiutato nella Nostra risposta del 10 marzo 1791 sottoscritta da trenta Vescovi. E qui si può giustamente adattare al caso ciò che scrisse San Cipriano: "Come è possibile che siano gli eretici a giudicare i cristiani, gli ammalati ad occuparsi dei sani, i feriti di chi è rimasto incolume, i peccatori del santo, i rei dei giudici e i sacrileghi del sacerdote?". Che resta ormai alla Chiesa, se non cedere a un insensato?
    Coloro che nelle diverse classi dei cittadini rimanevano ancora fedeli al loro credo e costantemente ricusavano di sottomettersi con giuramento alla nuova Costituzione, venivano subito fatti oggetto di malversazioni e destinati alla morte. Si è osato perfino di massacrarli indistintamente; si è infierito barbaramente contro moltissimi uomini di chiesa; sono stati soppressi dei Vescovi, i quali dovrebbero essere circondati di devozione e riverenza, come ha insegnato col suo esempio Cristo Signore che, come dice San Cipriano, "fino al giorno della sua passione rispettò i pontefici e i sacerdoti ebrei, nonostante essi non avessero il timore santo di Dio, né riconoscessero in Lui il Messia".
    Una moltitudine di uomini di ogni ceto fu in questo modo soppressa. La pena meno grave fu di cacciarli in esilio in regioni straniere, senza distinzione di età, di sesso, di condizione. Per la verità era stato decretato che ognuno potesse liberamente professare la religione che voleva, come se ogni religione fosse vera e portasse all’eterna salvezza. In realtà era invece proibita la sola Religione Cattolica, e per estirparla si faceva scorrere il sangue per le piazze e le case, come se ogni credente fosse da colpire con pena capitale. Non potevano essere difesi e sicuri coloro che si erano rifugiati nelle regioni d’esilio, perché in quei luoghi venivano arrestati e, ingannati perfidamente, venivano soppressi. Questa è la caratteristica di tutte le eresie, questo il costume degli eretici fin dai primi secoli della storia della Chiesa; e questo è pure confermato dalla tirannica condotta dei Calvinisti, specialmente in Francia, dove con minacce e violenze cercano d’indurre tutti ad accettare la loro confessione.
    Da questa serie ininterrotta di empie violenze iniziate in Francia, emerge evidente che lo scopo principale di queste macchinazioni era di sfogare l’odio contro la Religione Cattolica; oggi tutta l’Europa ne è agitata e sconvolta e nessuno può negare che questa è stata la causa della morte inflitta al re Luigi. Contro di lui si sforzarono di approntare un cumulo di accuse ispirate da motivi politici, e fra esse spicca tuttavia la principale ragione, cioè quella sua fermezza d’animo con la quale si rifiutò di approvare e sancire il decreto di esiliare i preti cattolici, come pure l’affermazione contenuta nella lettera inviata al Vescovo di Clermont, di voler ristabilire in Francia il culto cattolico appena fosse stato possibile. Forse che tutto questo non vale e non è sufficiente per affermare e stabilire che Luigi è stato un martire? ...
    Ahi Francia, ahi Francia! Chiamata dai Nostri predecessori (dice sempre Pio VI ) "specchio di tutta la Cristianità e sicura colonna della Fede", tu che nel fervore della Fede cristiana e nella devozione alla Sede Apostolica non hai mai seguito le altre Nazioni, ma le hai sempre precedute! Quanto sei lontana da Noi oggi, con codesto animo così ostile verso la vera Religione: sei diventata la più implacabile nemica fra tutti gli avversari della Fede che mai siano esistiti! Eppure non puoi ignorare, anche se lo volessi, che la Religione della Fede cristiana è il sostegno più solido dei regni, poiché reprime l’abuso dei potenti e la licenza dei sudditi. Per questa ragione gl’invidiosi nemici del potere dei re, per toglierlo di mezzo, aspirano a sovvertire la Fede cattolica.
    Ahi Francia, ancora una volta! Tu che hai chiesto di avere un re cattolico, poiché le leggi fondamentali del regno non esigono nessun altro re se non cattolico, proprio perché era cattolico lo hai ucciso!
    Fu tanto il tuo furore contro il Re, che non ti sei acquietata e saziata neppure con la sua decapitazione. Hai voluto infierire anche sul cadavere; hai voluto che il suo corpo venisse immediatamente sotterrato, senz’alcuna onorata sepoltura. ... Che cosa hai guadagnato, tu, con tutto il tuo inestinguibile odio, se non disonore e infamia, e da parte dei re e dei principi un’avversione, un disgusto, un odio e un’indignazione ancora maggiori di quelli che arsero contro Elisabetta d’Inghilterra? ...
    Quello che ora Noi dobbiamo fare secondo il Nostro dovere apostolico, lo desumiamo dalla lettera di San Bernardo al suo discepolo, il Papa Eugenio IV, quando lo esortava "ad adoperarsi con tutte le sue energie perché gl’increduli si convertissero alla Fede, i convertiti non si allontanassero più, e i lontani ritornassero". Abbiamo inoltre davanti agli occhi l’esempio del Nostro predecessore Clemente VI che non cessò di perseguire il crimine dell’assassinio del re di Sicilia, Andrea, infliggendo gravissime pene spirituali contro i cospiratori e gli assassini, come si legge nella sua lettera. Ma che cosa possiamo ottenere da un popolo che non solo disprezzò i Nostri ammonimenti, ma Ci ha insultato con gravissime offese, abusi, ingiurie e calunnie, ed è giunto a un punto tale di audacia e di pazzia da scrivere false lettere con il Nostro nome, nelle quali ha inserito i propri errori? Lasciamo dunque nella sua miseranda depravazione chi vuole perseverare nella sua pertinacia; confidiamo che il sangue innocente di Luigi gridi in qualche modo e interceda affinché il popolo francese riconosca e detesti la propria ostinazione nell’accumulare delitti e consideri le varie e acerbissime pene che Dio, giusto vindice delle scelleratezze, è solito infliggere ai popoli per delitti molto meno gravi.
    Da SS Pio VI, Quare lacrymae. »

    “Carlo Di Pietro - Sursum Corda
    14 luglio anniversario della Rivoluzione Francese. «Chi è il vero padre della Rivoluzione», di Mons. Gaston de Ségur:

    Nella Rivoluzione vi è un mistero, un Mistero di iniquità, che i rivoltosi non riescono a capire, perché l’unico ausilio sarebbe per loro la fede, di cui essi sono privi. Per comprendere la Rivoluzione è necessario risalire fino al padre di tutte le sedizioni, il quale per primo osò dire, ed osa ripetere, fino alla fine dei secoli: «Non serviam - Non obbedirò mai». Certo che sì, Satana è il padre della Rivoluzione. La Rivoluzione è tutta opera sua cominciata in cielo, va d’età in età perpetuandosi in mezzo agli uomini. Il peccato d’origine, per cui Adamo, nostro primo padre, si è nello stesso modo levato contro Dio, portò sulla terra non già la Rivoluzione, ma lo spirito di superbia e di sedizione, che ne è il principio, e d’allora in poi il male andò sempre più allargandosi, sino al comparire del Cristianesimo, che lo combatté ricacciandola indietro. Il Risorgimento pagano, poi Lutero e Calvino, quindi Voltaire e Giangiacomo Rousseau, hanno rialzato la maledetta possanza di Satana, loro padre, favorita dagli eccessi del Cesarismo: questa potenza si ebbe nei primordi della Rivoluzione Francese, una specie di consacrazione, una forma mai fino ad allora posseduta, per cui fu detto, a diritto, che la Rivoluzione nacque in Francia nel 1789. «La Rivoluzione francese (così nel ’93 il feroce Gracco Babeuf - anticipatore del Socialcomunismo) non è che la foriera d’una Rivoluzione troppo più grande, troppo più solenne, e che sarà l’ultima. Questa Rivoluzione suprema ed universale, che già riempie il mondo, è la Rivoluzione». La prima volta, dopo seimila anni, ebbe ardimento di manifestarsi, in faccia al cielo ed alla terra con il suo vero e satanico nome: La Rivoluzione, cioè grande rivolta. Essa ha per divisa, come il demonio, la famosa parola: «Non serviam». Satanica nella sostanza, rovesciando tutte le autorità, tende come ad ultimo scopo alla totale distruzione del regno di Cristo sulla terra, La Rivoluzione, non si dimentichi, è anzi tutto un mistero nell’ordine religioso, è l’Anti-Cristianesimo. E ben lo diceva il sommo Pontefice, Pio IX: «La Rivoluzione è inspirata da Satana stesso. Suo scopo è di distruggere da capo a fondo l’edifizio del Cristianesimo, e ricostituire sulle sue rovine l’ordine sociale del Paganesimo». Avviso solenne alla lettera confermato dalla stessa confessione della Rivoluzione medesima: «Nostro scopo finale, dice l’istruzione segreta della “Vendita Suprema”, nostro scopo finale è quello di Voltaire e della Rivoluzione Francese, l’annientamento per sempre del Cattolicismo ed anche dell’idea cristiana».
    Link al libro: https://www.amazon.it/dp/8890074701/
    “Carlo Di Pietro - Sursum Corda
    14 luglio anniversario della Rivoluzione Francese. «La Stampa e la Rivoluzione», di Mons. Gaston de Ségur:

    La Stampa per natura non è né buona e né cattiva. La stampa è una potente invenzione, che può adoperarsi, parimenti, al servizio del bene o del male.
    Il tutto dipende dall’uso che se ne fa. Tuttavia, bisogna ammetterlo, a causa del Peccato originale, la stampa è servita molto più al male che al bene, e della medesima si abusa in proporzioni spaventose. Nel nostro secolo (il diciannovesimo, ndR), la stampa è la grande leva della Rivoluzione. Per dire solo del Giornalismo, che è la stampa al grado più operoso ed influente, nessuno negherà che attraverso i giornali corrono i più grandi rischi per il Trono e l’Altare. Senza uscire dalla nostra cara Francia, di cinquecentoquaranta giornali ve ne sono forse trenta che possono dirsi cristiani. Per ottanta, o centomila lettori di fogli pubblici riverenti alla fede, alla Chiesa, al potere, ai Prìncipi, cinque o sei milioni di uomini bevono tutti i giorni a piena gola il Veleno distruttore, che goccia a goccia propinano loro gli empi giornali. Mi sia perdonato il paragone: la stampa nelle mani della Rivoluzione è un grande apparecchio per mostrare agli uomini il canto come si usa per i canarini: quando a questi si vuol insegnare qualche melodia, la si ripete dieci o venti volte al giorno, attraverso uno strumento ad hoc. I capi del Partito rivoluzionario, per formare, come essi dicono, la Pubblica opinione, per instillare le loro fatali idee, ricorrono alla stampa. Ogni giorno girano la manovella, ripetono nei loro giornali la melodia che vogliono imporre al pubblico, ed a poco a poco i canarini cantano. Ecco la pubblica opinione. ... Ecco in che mani è caduta la coscienza pubblica! Sotto l’impulso delle Società segrete, il Giornalismo rivoluzionario accende tutte le penne contro la Chiesa, e demolirà la fede in Europa, se Dio non si affretta, per misericordia, a sventare questa vasta ed infernale Congiura. ...
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    "Titolo: La Rivoluzione
    Sottotitolo: La rivolta di Lucifero contro Dio, la patria, la famiglia, l’umanità
    Autore: Mons. Louis Gaston Adrien de Ségur

    Curatore: Carlo Di Pietro
    Collana: Teologia politica
    Facciate: 168
    Formato: 14,8x21 (A5)
    Carta: Avoriata 90 gr
    Copertina: Patinata lucida 300 gr
    Finitura: Brossura fresata PUR
    ISBN: 9788890074707
    Contiene anche: Comodo indice dei nomi e delle parole
    Sommario
    • Ai benevoli lettori 7
    • Ai giovani 9
    • Ciò che la Rivoluzione non è 13
    • Ciò che la Rivoluzione è 15
    • La Rivoluzione è figlia dell’incredulità 19
    • Chi è il vero padre della Rivoluzione 21
    • Chi è l’antirivoluzionario per eccellenza 23
    • Chiesa e Rivoluzione: può esserci conciliazione? 27
    • Le armi ordinarie della Rivoluzione 31
    • La Rivoluzione è una cospirazione anticristiana? 33
    • La corruzione per trafiggere la Chiesa nel cuore 39
    • Corruzione di gioventù e Clero. Creare un Papa 43
    • La menzogna e la calunnia 47
    • La Frammassoneria 49
    • Tentativi di affiliare i Prìncipi 53
    • Il Protestantesimo 55
    • La Rivoluzione si cela sotto i nomi più sacri 57
    • La Stampa e la Rivoluzione 59
    • I princìpi del 1789 63
    • Disamina dal lato religioso dei princìpi dell’89 67
    • Separazione della Chiesa dallo Stato 71
    • Per carità cristiana si insiste contro il laicismo 77
    • La Sovranità del popolo o la Democrazia 83
    • La Repubblica 91
    • Legge e legalità 95
    • La Libertà 99
    • L’Uguaglianza 115
    • Alcune applicazioni pratiche dei princìpi dell’89 117
    • Le diverse specie di Rivoluzionari 119
    • Come si diventa Rivoluzionario 123
    • Come si cessa d’esser Rivoluzionario 125
    • La Reazione Cattolica 127
    • È necessario lottare contro l’impossibile? 135
    • La spaventosa soluzione della questione rivoluzionaria 141
    • Indice dei nomi e delle parole 151
    In sintesi
    Nel libro - 168 pagine in carta avoriata, con un comodo indice dei nomi e delle parole - l’Autore intende denunciare e contrastare «la rivolta di tutti i satanassi contro Dio, la Patria, la famiglia, l’autorità». Perché alcuni popoli soccombono nell’immoralità e nella mollezza, pur regolati da milioni di leggi? Perché si succedono governi sempre meno adeguati? Perché gli Stati della vecchia Europa si vedono derubati delle loro sovranità? Perché alcune “entità” sovranazionali promuovono irriducibilmente l’ingiustificata immigrazione di massa? Perché gli autonominati paladini dei “diritti dell’uomo” esportano simulacri di democrazia con guerre ed intrighi? Perché la Chiesa sembra rovinosamente crollare sotto la guida di increduli burocrati aperti a tutto fuorché al vero Gesù Cristo? Perché la somma di tutti gli errori oggi prende i nomi di “ecumenismo, libertà, uguaglianza, fratellanza”? Perché gran parte della stampa e dell’informazione, più o meno consapevolmente, non dice il vero? Chi è l’Anticristo e quando verrà? A questi e molti altri attualissimi interrogativi risponde il Prelato già nel 1860, presagendo, grazie alla sua fede cattolica integrale e sulla base di acute analisi storiche e teologico - politiche intransigenti, tutto quello che sarebbe accaduto: egli “vede” il futuro! Difensore dell’infallibilità del Papa e della Chiesa, il cieco Monsignor de Ségur, che oggi verrebbe calunniosamente definito “fondamentalista” ed “oscurantista”, in questo libro affronta «La Rivoluzione», nel tentativo di «svelare ed abbattere gli errori e le fallacie, gl’inganni e le menzogne, con cui le settarie congiure tentano d’alienare i popoli». Un compendio di dottrina cattolica antirivoluzionaria e di teologia politica che non può essere trascurato soprattutto da chi si dice cattolico e politico. Gaston de Ségur è stato uno scrittore apologetico ed ascetico, nato dai Conti di Ségur a Parigi il 15 aprile 1820, ivi morto in fama di santità il 9 giugno 1881. Figlio di Sophie Rostopchine, Comtesse de Ségur, fu educato dalla madre di costei, convertita anch’essa dallo scisma russo, che lo orientò al sacerdozio. Lasciò il posto da diplomatico d’ambasciata a Roma per entrare in seminario. Sacerdote nel 1847, uditore di Rota a Roma nel 1852, ivi godette l’affettuosa confidenza di Papa Pio IX. Divenuto cieco nel 1853, si dimise, così fu nominato protonotario apostolico e canonico-vescovo del Capitolo di St-Denis. Fu poi cappellano del Collegio Stanislas, ma lavorò moltissimo anche come predicatore e come confessore. Collaborò nella fondazione della Società dei Padri di San Francesco di Sales. Lasciò una sessantina di opere, tutte pubblicate a Parigi, ma tradotte in molte lingue. Il libro «La Rivoluzione», per Sursum Corda, è stato curato dal giornalista e saggista lucano Carlo Di Pietro. Sursum Corda non ha scopo di lucro ed usa interamente i propri introiti per le attività associative e per le opere di misericordia spirituale e corporale."



    "Sul prossimo numero di SVRSVM CORDA® - n° 121 del 15 luglio 2018 - saranno ospitati i seguenti contenuti:
    - Comunicato numero 121. L’elezione dei quattro;
    - Orazioni a Sant’Elisabetta, Regina di Portogallo;
    - Gli anatemi del Concilio Laterano I, numeri 1, 2 e 3;
    - Orazioni a Santa Veronica Giuliani, Vergine;
    - Vita e detti dei Padri del deserto: Giuseppe di Panefisi (parte 1);
    - Preghiera ai Martiri Gorcumiensi;
    - San Tommaso: partendo dall’ente e dal moto, si dimostra che ogni potere viene da Dio;
    - Preghiera ai Santi Sette Fratelli Martiri;
    - Dizionario di teologia dommatica. La presenza di Dio;
    - La perversa volontà dei dannati;
    - Teologia Politica 109. Colonialismo e nazionalismo antieuropeo;
    - Racconti miracolosi n° 69. La morte sublime di San Francesco d’Assisi."
    https://www.sursumcorda.cloud/






    18 luglio (14 luglio) - S. Camillo de Lellis
    "San Camillo de Lellis"
    San Camillo de Lellis
    San Camillo de Lellis
    “San Camillo de Lellis Sacerdote 14 luglio - Memoria Facoltativa Bucchianico (Chieti), 25 maggio 1550 - Roma, 14 luglio 1614. [/B]
    Di nobile famiglia, nato a Bucchianico, nelle vicinanze di Chieti, il 25 maggio 1550, Camillo de Lellis fu soldato di ventura. Persi i suoi averi al gioco, si mise al servizio dei Cappuccini di Manfredonia. Convertitosi ed entrato nell'Ordine, per curare una piaga riapertasi tornò a Roma nell'ospedale di San Giacomo degli Incurabili, dove si dedicò soprattutto ai malati. Si consacrò a Cristo Crocifisso, riprese gli studi al Collegio Romano e, divenuto sacerdote nel 1584, fondò la «Compagnia dei ministri degli infermi». L'ordine dei Camilliani si distinse da altri per lo spirito della sua opera legata alla carità misericordiosa e per l'abito caratterizzato dalla croce rossa di stoffa sul petto.
    De Lellis pose attenzione unicamente malati, ponendo le basi per la figura dell'infermiere e del cappellano quali li vediamo oggi. Morì a Roma il 14 luglio 1614 e venne canonizzato nel 1746.”






    14 luglio
    http://www.preghiereperlafamiglia.it.../14-luglio.htm
    “IL SANGUE DELLA MISERICORDIA
    14° GIORNO
    MEDITAZIONE

    L'uomo può dirsi veramente privilegiato. Peccarono gli angeli e Dio li folgorò con la sua giustizia, aprendo per essi immediatamente la voragine dell'inferno; peccò l'uomo e Dio, nel momento stesso della condanna, gli promise il Redentore. L'uomo continuò a peccare, ma Dio non venne meno alla promessa, s'incarnò e l'umanità vide Gesù che perdonò alla Maddalena e mangiò con i peccatori; poté ascoltare dalla sua bocca le meravigliose parabole del figliol prodigo e della pecorella smarrita. Nel Cuore di Gesù palpita il Sangue della misericordia ed egli esclama: «Non sono venuto per i giusti, ma per i peccatori». E, quando la malvagità umana Lo uccide, dall'alto della croce, il Dio della Misericordia, manda un grido di misericordia: «Padre, perdona loro!». Quella voce non si è spenta. Purtroppo nel mondo ogni istante si rinnova la colpa e fortunatamente ad ogni colpa, il Sangue di Gesù grida: «Misericordia!» «Adesso capisco, scrive santa Bartolomea Capitanio, come possa sussistere il mondo e non sia sprofondato per l'enormità dei peccati che in esso si commettono: il Sangue di Gesù e le sue piaghe gridano continuamente misericordia». Quale consolazione per noi! Se non fosse per il Sangue di Gesù, da quanto tempo saremmo dannati! Ma che uso abbiamo fatto della misericordia del Signore? Per carità, non ne abusiamo perché se grande è la sua misericordia per i peccatori, tremenda è la sua giustizia per chi la calpesta.
    ESEMPIO
    Vi sono state sempre al mondo anime sante che si sono offerte vittime per allontanare i castighi di Dio dalla povera umanità. Una di queste fu S. Maria Maddalena de' Pazzi, nobile fiorentina. Fu devotissima del Prez.mo Sangue e condusse una vita d'aspra penitenza e di continua preghiera. Moltissime volte al giorno faceva l'offerta del Divin Sangue all'Eterno Padre, per ottenere misericordia per i peccatori. Le apparve un giorno Gesù coperto di sangue ed ella gli chiese di poter soffrire le sue stesse pene. Gesù le disse: «Il mio Sangue non cerca vendetta come quello di Abele, ma soltanto misericordia. Esso lega le mani alla Giustizia Divina!». Allora la santa rispose: «Mi coprirò col tuo Sangue, o Gesù, e Dio non vedrà i miei peccati». Quante volte si dice: «Cosa fanno i frati e le suore, chiusi in ozio nei conventi?» Pregano, pregano notte e giorno per noi. Guai se non ci fossero! Se non salisse a Dio la loro continua preghiera, unita a quella di Cristo, chi implorerebbe pietà per noi?
    Fioretto. - Mi esaminerò per vedere che uso ho fatto io della misericordia di Dio. Se ne avrò abusato domanderò perdono.
    Giaculatoria.- «O Padre misericordioso, odi la voce del Sangue del nostro Salvatore Gesù, che a te grida dalla croce a nostro favore, e per noi domanda misericordia» (S. Bernardo).”


    "14° giorno: Il sangue della misericordia."
    14° giorno: Il sangue della misericordia
    http://www.stellamatutina.eu/14-giug...-misericordia/







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    “14 luglio 2018: San Bonaventura da Bagnoregio, vescovo, confessore e dottore della Chiesa.

    San Bonaventura, nacque a Bagnoregio, nel Lazio, probabilmente nel 1218 o nel 1221. Studiò a Parigi e durante il suo soggiorno in Francia, entrò nell'Ordine dei Frati Minori. In Francia insegnò teologia all'Università di Parigi e formò intorno a sè una reputatissima scuola.
    Nel 1257 venne eletto generale dell'Ordine francescano, carica che mantenne resse per diciassette anni con impegno al punto da essere definito secondo fondatore dell'Ordine.
    Durante il suo generalato furono pubblicate le "Costituzioni narbonesi", su cui si basarono tutte le successive costituzioni dell'Ordine.
    Tra le opere scritte da San Bonaventura, numerose quelle di carattere teologico e mistico ed importante la "Legenda maior", biografia ufficiale di San Francesco, a cui si ispirò Giotto per il ciclo delle Storie di San Francesco.
    Fu nominato vescovo di Albano e cardinale. Partecipò al II Concilio di Lione, il quale, grazie anche al suo contributo, segnò un riavvicinamento fra Chiesa latina e scismatici greci. proprio durante il concilio, morì a Lione, il 15 luglio 1274.”






    "Al glorioso San Camillo (la cui festa liturgica cade il 18 luglio) nel giorno della sua nascita al Cielo."







    "14 luglio 1099: termina la prima crociata con la conquista di Gerusalemme."



    "Nel mese del Preziosissimo Sangue, la Basilica del Preziosissimo Sangue di Bruges, Belgio."


    “Il 14 luglio 939 Papa Stefano IX viene esaltato al Sommo Pontificato.”


    “[L'ALTRO 14 LUGLIO] Il 14 luglio 1555 Papa Paolo IV Carafa rinnova alcune interdizioni legislative sugli ebrei dello Stato Pontificio con la bolla "Cum nimis absurdum".”

    “Nella "festa" della rivoluzione francese Radio Spada rende pubblico omaggio al piccolo Beato Andrea Da Rinn, martire, vittima di omicidio rituale ebraico il 12 luglio 1462. A testimonianza della falsità dei "valori" del 1789.”












    “In memoria del Campione e Martire della Controrivoluzione, Jacques Cathelineau, passato alla gloria eterna il 14 luglio 1793, quarto anniversario della satanica Rivoluzione del 1789.
    «Dio ci ha chiesto di combattere perché non avevamo altro mezzo per affermare la nostra fede. Ma non è certo che otterremo la pace religiosa con le armi. Il sangue che si versa per Dio non è mai perso. Con quello di Cristo serve alla redenzione del mondo».”









    AVE MARIA!!!
    PREZIOSISSIMO SANGUE DI NOSTRO SIGNOR GESÙ CRISTO, MISERERE NOBIS!!!
    Luca, Sursum Corda - Habemus Ad Dominum!!!
    Ultima modifica di emv; 14-07-20 alle 15:36 Motivo: Contenuti sedevacantisti non possono stare in questo forum
    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

  8. #8
    voglio pocket money
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    Predefinito Re: CONTRORIVOLUZIONE CATTOLICA: 14 Luglio 1789 e "falsi miti della rivoluzione franc

    Il mito della rivoluzione francese è la più colossale bufala storica di questi secoli
    Federica draghi, prenditeli i miei 100 euro, li ho messi nel porcellino.

 

 

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