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  1. #1
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    Predefinito Perchè il Concilio Vaticano II è eretico

    Apro questo 3d con l'intento di raccogliere documenti, articoli e spunti interessanti che riguardano il Concilio Vaticano II e che mostrano come esso sia stato un 'conciliabolo' eretico, che ha approvato posizioni non conformi all'insegnamento perenne di Santa Romana Chiesa.
    Ogni contributo è ben accetto.

  2. #2
    SMF
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    Predefinito Riferimento: Perchè il Concilio Vaticano II è eretico

    Incomincerei col dire che il Concilio Vaticano II è stato un Concilio ecumenico pastorale a carattere non dogmatico e quindi privo dell'infallibilità e dell'assistenza sicura e diretta dello Spirito Santo.

    Precisiamo dunque da subito la triplice distinzione del Magistero pontificale:
    1)Magistero straordinario infallibile
    2)Magistero ordinario infallibile
    3)Magistero ordinario autentico

    Quanto approvato dal Concilio Vaticano II è stato definito da Paolo VI - Papa che 'chiuse' il Concilio - "Magistero ordinario, così palesemente autentico" (udienza generale del 12/1/66).

    Il magistero straordinario infallibile consiste nell'insegnamento e nei pronunciamenti ex cathedra del Papa.
    Il magistero ordinario infallibile è la riproposizione di ciò che la Chiesa ha sempre creduto ed insegnato, ovvero tutto ciò che è contenuto nella Tradizione. La Tradizione è la trasmissione della divina rivelazione. Il soggetto della Tradizione è il Magistero infallibile divinamente assistito. L’oggetto della Trasmissione è il "deposito della Fede", che include:
    1) la Rivelazione divino-apostolica (oggetto primario);
    2) tutto ciò che dalla divina Rivelazione è presupposto o che comunque è con essa connesso, dovendosi logicamente supporre presente alla mente del Rivelatore all’atto della Rivelazione (oggetto secondario).

    Il magistero ordinario autentico è l'insegnamento autorevole del Papa: esso è quindi insegnamento pontificale non infallibile.
    Generalmente, si tratterà di un insegnamento vero e conforme alla dottrina di Santa Romana Chiesa, ma nel formularlo il Papa non impegna il massimo grado della sua autorità.
    Pertanto è un insegnamento che non ha necessariamente un supporto diretto dello Spirito Santo e non ha quindi il medesimo valore dell'insegnamento straordinario o ordinario infallibile.

    Perchè quindi il CVII è potuto cadere nell'errore e nell'eresia? Perchè il Papa non impegnò il massimo grado della sua autorità: non impegnò - quindi - l'infallibilità papale.

    Inoltre, la possibilità che il Papa possa diventare eretico c'è ed è ammessa anche dai Santi Dottori della Chiesa. La resistenza agli ordini di un 'eretico' è giudicata come legittima e giusta.

    «L’unico corpo della Chiesa una ed unica –scrive Bonifacio VIII nella bolla “Unam Sanctam”- ha una sola testa, non due teste, come un mostro, e cioè Cristo e il suo Vicario, avendo il Signore detto a Pietro: Pasci le mie pecore. Le “mie” Egli dice…» (Dz., 468).
    L’unica Chiesa di Cristo, dunque, è anche una e sub uno (cfr. S. Th., II-II, q. 39, a. 1 e il Gaetano, II-II, q. 39). E, poiché Cristo ed il suo Vicario non sono due Capi distinti, ma un unico Capo, la Chiesa non può ricevere da Cristo e dal Papa due orientamenti divergenti e, ancor meno, opposti. Qualora ciò accadesse, è superfluo dire a Chi si ha il dovere di restare fedeli.
    Il Papa, infatti, è il Vicario, non il Successore di Cristo (Journet, “L’Eglise du Verbe Incarné”) e la Chiesa è il Corpo mistico di Cristo, non il Corpo mistico del Papa (Journet, ibidem; Gaetano, “De comparata auctoritate papae et concilii”).
    Perciò San Girolamo scriveva a Papa Damaso: «Io non seguo altri che Cristo come primo duce: mi unisco poi in comunione con la tua Beatitudine, cioè con la Cattedra di Pietro, sapendo che su questa pietra è stata edificata la Chiesa» (Ep. 15, 2).
    Cristo è la “pietra angolare” su cui si erige la Chiesa; Pietro è pietra “per partecipazione” (Leone XIII, “Satis cognitum”) […]
    Il Papa è, sì, «testa e capo della Chiesa, ma sul piano visibile, nell’ordine giurisdizionale, per quel tanto che è assistito dal Cristo [infallibilità], durante il tempo del suo pontificato» (Journet, op. cit.)»
    (cfr. “Sì Sì No No”, 31/03/2001)


    Si ricordi in tal senso: persona papae potest renuere subisse officio papae.

    Ecco alcuni pronunciamenti di Papi, Dottori della Chiesa e altre figure autorevoli:

    Papa Innocenzo III: "Soltanto per il peccato che commettessi in materia di fede, io potrei essere giudicato dalla Chiesa" (Sermo IV in cons. Pont.. P.L. 217.670)

    Papa Felice III: "Non resistere all’errore è approvarlo, non difendere la verità è ucciderla. Chiunque manca di opporsi ad una prevaricazione manifesta può essere considerato un complice occulto” (citato da Leone XIII nella sua lettera ai Vescovi italiani 08/12/1892)

    Papa San Leone: "Anatematizziamo Onorio (Papa), che non ha istruito questa Chiesa apostolica con la dottrina della Tradizione apostolica ma ha permesso con un sacrilego tradimento che fosse macchiata la fede immacolata e non ha estinto, come competeva alla sua autorità apostolica, la fiamma incipiente dell'eresia, ma l'ha fomentata con la sua negligenza" (Denz.Sch. 563 e 561).

    Papa Adriano II: "Onorio è stato anatematizzato dagli Orientali: però si deve ricordare che egli è stato accusato di eresia, unico crimine che rende legittima la resistenza degli inferiori ai superiori, come anche il rifiuto delle loro dottrine perniciose" (Alloc. Ili lect. in Conc. XIII, act.VII - citato da Billot. Traci, de Eccles. Christi", tom. I, p.619).

    Papa Leone XIII: "Allorché manca il diritto di comandare o il comandamento è contrario alla ragione, alla legge eterna, all’autorità di Dio, allora è lecito disobbedire agli uomini per obbedire a Dio” (Enc. “Libertas Praestantissimum n.15)


    Guido da Vienne (futuro Callisto II), S.Godofredo da Amiens, S.Ugo de Grenoble e altri vescovi, riuniti nel Sinodo di Vienna (1112), inviarono al Papa Pasquale II le decisioni da loro adottate (per salvaguardare la fede n.d.r.), scrivendogli anche: "Se, come assolutamente non crediamo, sceglierete un'altra via , e vi rifiuterete di confermare le decisioni di nostra paternità, che Dio ci aiuti, poiché così ci allontanereste dalla vostra ubbidienza" (citato da Bouix. Tract. de Papa", tornii, p.650)

    "Decretimi" de Graziano: "Il Papa da nessuno dev'essere giudicato, a meno che si allontani dalla fede" (Pars: I, dist.40, cap.IV, Canon "Si Papa").

    San Tommaso d'Aquino, studiando l'episodio in cui S. Paolo ha biasimato S. Pietro (cfr. Gal.II, 11-14), scrive: "Ai prelati è stato dato l'esempio di umiltà, affinché non rifiutino d'accettare rimproveri da parte dei loro inferiori e sudditi: e ai sudditi (fu dato) esempio di zelo e libertà, affinché non temano di correggere i loro prelati, soprattutto quando il crimine fosse pubblico e risultasse di pericolo per molti (...). La riprensione è stata giusta e utile e il suo motivo non era lieve: si trattava di pericolo per la preservazione della verità evangelica (...). Il modo in cui avvenne la riprensione è stato conveniente, poiché fu pubblico e manifesto. Per questo S. Paolo scrive: "Ho parlato a Cefas" cioè a Pietro, "davanti a tutti", poiché la simulazione praticata da S. Pietro portava pericolo a tutti" (ad. Gai. II, 11-14; lect. Ili; nn. 77; 83-84).

    San Tommaso d'Aquino: "Essendoci pericolo prossimo per la fede, i prelati devono essere ripresi, anche pubblicamente dai sudditi" (Sum. Teol. II-11, a XXXIII. IV, ad 2)

    San Roberto Bellarmino: "Così come è lecito resistere al Pontefice che aggredisce il corpo, così è anche lecito resistere a quello che aggredisce l'anima o che perturba l'ordine civile, o, soprattutto, a quello che tentasse di distruggere la Chiesa. Dico che è lecito resistergli non facendo quello che ordina e impedendo l'esecuzione della sua volontà" ("De Rom. Pont." Lib.II. c.29).
    Il medesimo santo approvò la 15ª proposizione dei teologi di Venezia i quali dicevano che “quando il Sommo Pontefice fulmina una sentenza di scomunica ingiusta o nulla, non la si deve accettare”

    Dom Guéranger: "Quando il pastore si trasforma in lupo, è al gregge che in primo luogo tocca difendersi. Senz'altro normalmente la dottrina scende dai Vescovi al popolo fedele e i sudditi, nel dominio della Fede, non devono giudicare i loro capi. Ci sono, però, nel tesoro della Rivelazione punti essenziali, che ogni cristiano, in considerazione del suo stesso titolo di cristiano, necessariamente conosce e obbligatoriamente deve difendere" (L'Année Liturgique, festa di S.Cirillo di Alessandria, pp.340-341).

    Suarez: "E in questo secondo modo il Papa potrebbe essere scismatico nel caso non volesse avere con tutto il corpo della Chiesa l'unione e la congiunzione dovuta, come lo sarebbe (...) se volesse sovvertire tutte le cerimonie ecclesiastiche fondate sulla tradizione apostolica" ("De Cantate", disp. XII, sect. I, n.2, pp.733-734).
    "Se (il Papa) emanasse un ordine contrario ai buoni costumi, non gli si deve ubbidire; se provasse a fare qualcosa manifestamente opposto alla giustizia e al bene comune, sarà lecito resistergli " ("De fide", disp. X, sect. VI, n.16)

    Cardinale Journet: "Quanto all'assioma "Dove è il Papa lì è la Chiesa" vale quando il Papa si comporta come Papa e capo della Chiesa; nel caso contrario, né la Chiesa è in lui, né lui nella Chiesa" (Caietano, II, II, 39.1 "L'Eglise du Verbe Incarné", voi. II, pp. 839-840).

    La Chiesa nelle Litanie dei Santi domanda a Dio: “Affinché vi degnate di conservare nella Santa Religione il Sommo Pontefice e tutta la Gerarchia, vi preghiamo, Signore, ascoltaci!”. Ne consegue che è possibile che il Papa si allontani dalla Santa Religione.

    fonte: http://www.tradizione.biz/cattolices...a-al-papa.html

    Ricordo le quattro condizioni necessarie per definire un insegnamento del Papa 'infallibile'. Il Papa deve:
    1) Parlare come Dottore e Pastore universale;
    2) Usare della pienezza della sua autorità apostolica;
    3) Manifestare l’intenzione di “definire”;
    4) Trattare di Fede o di morale.


    La Chiesa docente è infallibile. Dal Catechismo di San Pio X: «Il Papa e i Vescovi uniti con lui costituiscono la Chiesa docente, chiamata così perché ha da Gesù Cristo la missione d’insegnare le verità e le leggi divine a tutti gli uomini, i quali solo da lei ne ricevono la piena e sicura cognizione che è necessaria per vivere cristianamente.
    La Chiesa docente non può errare nell’insegnarci le verità rivelate da Dio : essa è infallibile, perché, come promise Gesù, lo “Spirito di verità” l’assiste continuamente»
    .

    L'insegnamento del Concilio Vaticano II - come dimostra nel suo piccolo anche la situazione della FSSPX - non è stato accettato all'unanimità da tutta la Chiesa e pertanto non è insegnamento della Chiesa docente, anche perchè il Concilio stesso e i Papi che lo hanno 'gestito' hanno rinunciato sin dall'inizio ad impegnare il massimo grado della loro autorità.

  3. #3
    SMF
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    Predefinito Riferimento: Perchè il Concilio Vaticano II è eretico

    Ma come può un fedele cristiano cattolico giudicare se una dottrina o un insegnamento sono eretici? Col libero arbitrio? Col libero esame? In base alle sue convinzioni soggettive? Certamente no.
    I sostenitori del Concilio Vaticano II hanno spesso accusato di 'protestantesimo' o 'gallicanesimo' chi contestava quanto approvato dal Concilio.
    Ebbene, i 'conciliari' in questione dimenticano alcuni elementi: l'obbedienza 'cieca' al Papa è d'obbligo solo ed esclusivamente quando si è in presenza di un insegnamento straordinario o ordinario infallibile.
    L'obbedienza è sempre subordinata alla 'giustizia': infatti la nostra coscienza ci impone di non obbedire agli uomini - ma piuttosto ai comandamenti di Dio - qualora ci venga ordinato di sottometterci ad un qualcosa di ingiusto e contrario alla Fede e alla morale cristiana cattolica.

    Il sensus fidei e non il libero arbitrio devono muovere il 'fedele' nel giudicare gli errori dei proprio 'superiori'.

    Riporto questo post ripreso dal forum tradizione.biz http://www.tradizione.biz/forum/view...b18330c#99413:

    Il sensus fidei

    Il “sensus fidei” è un dono assolutamente soprannaturale!
    «…se il “sensus fidei”, il “senso cattolico”, avverte che qualcosa non a, il fedele ha il diritto e il dovere di “interrogare l’antichità per salvaguardare la propria fede” …» (S. Vincenzo di Lerino, “Commonitorio”; cfr. “Sì Sì No No”, 28/02/2003).


    Normalmente
    «è di buon senso affidarsi tranquillamente al Papa, anche quando il suo insegnamento non è garantito del carisma dell’infallibilità, perché il Papa normalmente […] parla ed agisce per il bene delle anime, ma non è più di buon senso quando il sensus fidei ed i frutti del corso ecclesiale voluto dagli ultimi pontefici ci avvertono che non siamo più in tempi normali.
    Avvertita l’anormalità dei tempi, non è necessario che il semplice fedele stia a distinguere ogni volta che parla il Papa tra ciò che è giusto e ciò che non lo è. E’ sufficiente che egli, volta per volta, respinga ciò che personalmente avverte contrario alla fede costante della Chiesa, e questa fedeltà, che gli attirerà da Dio una luce sempre maggiore, non richiede una grande scienza teologica. Per chi ha avuto la buona sorte di conoscere la normalità dei tempi di Pio XII basta, quando è turbato il suo sensus fidei (che è il buon senso soprannaturale del cristiano), attenersi a quanto gli fu insegnato in quei tempi di tranquillo possesso della dottrina, insidiata, sì, già dal modernismo, ma difesa da Roma […]. Le generazioni successive, anche se non hannosì sì no no ed altre benemerite pubblicazioni, hanno l’aiuto interiore dello Spirito Santo e il Catechismo di San Pio X […]»
    (cfr. “Sì Sì No No”, 31/10/2003).

    Ed hanno –aggiungo io- la grazia divina di venire a contatto con sante pubblicazioni o con buoni sacerdoti che li illuminino riguardo la crisi attuale, di modo che, un numero sempre maggiore di fedeli, conosciuta la Tradizione, non si lasci ingannare e travolgere dall’errore modernista.
    Si tratta per i cattolici di buona volontà di applicare la celebre regola d’oro –antichissima!- mille volte ricordata, data proprio da S. Vincenzo di Lerino per i tempi di crisi e di novità: in tempo di crisi, ricercare ciò che è stato sempre creduto, ciò che è nella Tradizione!
    E sullo stesso argomento e sul meraviglioso sensus fidei dei cattolici in tempo di crisi, si leggano le meravigliose parole di Sant’Ilario in” Contra Auxentium” (cfr. “Sì Sì No No”, 15/02/1989).
    Il sensus fidei è 'favorito' anche da quei principi etici primi di cui è costituita la legge naturale inscritta nel cuore e nella mente di ciascun uomo.

  4. #4
    SMF
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    Predefinito Riferimento: Perchè il Concilio Vaticano II è eretico

    Prima di proseguire nella nostra disamina vanno fatte alcune ulteriori precisazioni.
    L'infallibilità papale non è fatta - ad esempio - per introdurre delle novità rispetto alla Rivelazione: l'infallibilità papale è fatta per conservare e custodire il depositum fidei.
    Perciò, definire dogmi che prima non erano stati riconosciuti ufficialmente ma che non contrastano ovviamente con quanto sta scritto nella Bibbia è cosa normalissima per un Papa.
    Non è normale che un Papa insegni un qualcosa di 'nuovo' e contrastante con la Rivelazione: il Papa quando impegna l'infallibilità non è quindi completamente libero, ma per quell'attimo è indotto direttamente dallo Spirito Santo a non errare nel suo insegnamento. Non può sbagliare.

    Se quindi un documento di magistero autentico ordinario contrasta con un insegnamento infallibile e perenne, allora è chiaro ed evidente che l'errore sta nel documento mere authenticum e non nell'insegnamento infallibile e perenne.
    Lo Spirito Santo è stato promesso ai successori di Pietro non perchè proclamassero una dottrina nuova ma perchè diffondessero e custodissero nella sua purezza il Verbo di Dio.

    Per quanto riguarda invece gli insegnamenti dei Padri della Chiesa, che - come verrà mostrato - spesso non coincidono e sono contrastanti con quelli del Concilio Vaticano II, bisogna tenere conto di quanto segue:


    a) nessun Padre per sé è infallibile, eccetto il caso che sia stato papa e abbia insegnato ex cathedra, o se ed in quanto i singoli passi dei suoi scritti siano stati convalidati da un concilio ecumenico; è stata perciò giustamente riprovata da Alessandro VII l'esagerazione dei giansenisti, che giunsero a preferire l'autorità di un solo Padre (in concreto, S. Agostino) al magistero vivente della Chiesa (Denz-U, 320);
    b) il consenso unanime dei Padri in materia di fede e di costumi è da considerarsi autorità irrefragabile, perché equivale alla dottrina stessa della Chiesa: questo è stato l'insegnamento dei Concili Tridentino (sess. IV) e Vaticano I (sess. III, 22), che proibirono di dare alla S. Scrittura un significato contrario alla dottrina concorde dei Padri della Chiesa; tale consenso non richiede tuttavia l'unanimità numerica, è sufficiente quella morale, quale potrebbe aversi anche dalla testimonianza di pochi, purché dalle circostanze in cui fu emessa si possa arguire che essa rispecchia la fede comune della Chiesa;
    c) qualora manchi tale consenso, la dottrina di uno o più Padri, specialmente se contrasta con quella di altri, non è da ammettersi come certa, non per questo però deve essere trascurata.
    d) I Padri che, con l'approvazione della Chiesa, si sono distinti nel combattere speciali eresie, valgono come autorità classiche nei dogmi relativi. Così S. Cirillo Alessandrino nella cristologia e S. Agostino nella dottrina della Grazia.


    fonte: http://www.monasterovirtuale.it/padridellachiesa.html

    Laddove c'è unanimità, c'è infallibilità: questo è molto importante, soprattutto alla luce - ad esempio - di quanto sta scritto in Nostra Aetate relativamente ai rapporti fra Cristianesimo ed ebraismo.

    Si ricorda, ovviamente, che l'insegnamento dei Dottori della Chiesa fa parte dell'insegnamento stesso della Chiesa Cristiana Cattolica Apostolica Romana: infatti il titolo di 'Dottore della Chiesa' è dato solo ed esclusivamente a quei santi che si sono distinti nelle loro azioni per fedeltà alla Dottrina della Chiesa e/o per la loro riflessione teologica.
    Ad esempio, San Tommaso d'Aquino, in tal senso, è un'autorità di cui tenere massimamente conto.

  5. #5
    Cacciaguida
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    Predefinito Meccaniche poco celesti.

    Mentre Giò sistematizza le fondamentali questioni teoriche, giuridiche e teologiche connesse alla rivoluzione conciliabolista intendo promuovere la riflessione sulle tecniche di infiltrazione ed egemonizzazione che hanno esautorato e snervato
    le forze della continuità e dell'ortodossia cattolica.
    Si tratta di un campo d'indagine assai ampio ma altrettanto utile per ottenere una chiara visuale delle forze in campo durante la grande apostasia.
    Nel seguente articolo ci si sofferma in particolare sugli attori occulti della sovversione dissolutoria di 1960 anni di Magistero Cattolico.



    VATICANO II UNA SOVVERSIONE RIUSCITA.

    del sac. dott. Luigi Villa

    Più il tempo passa e più sono evidenti le responsabilità di questo discutibile “Vaticano II”. Lo ha ammesso lo stesso Paolo VI, il 15 luglio 1970, nell’allocuzione all’udienza generale: «Il Concilio non ci ha dato la tranquillità desiderata, ma piuttosto ha suscitato turbamenti».

    Ora, siccome anche la Istruzione “Communio et Progressio” ha affermato di voler garantire e tutelare il “libero esercizio del diritto d’informazione”, mi ritengo anch’io autorizzato ad esprimere le mie riflessioni su detto Concilio che, secondo l’attuale Papa Benedetto XVI, sarebbe stato “male interpretato”.

    Ma da chi?.. Non certo da tutti, specie da coloro che rimasero subito stupefatti fin dall’inizio del Vaticano II, quando i due Papi che lo fecero e che lo guidarono, dissero di rinunciare alle definizioni dogmatiche, quasi a reinterpretare la Dottrina cattolica sotto la forma pastorale, quasi che la Chiesa della Tradizione avesse sbagliato tutto, o quasi, sovvertendo, così, le sue componenti fondamentali, a partire dalla Liturgia, e immettendo un pluralismo, come espressione della “unità della Fede” e abolendo l’obbligo (imposto da S. Pio X) della professione della Fede col giuramento anti-modernistico, e con l’inventare quell’ibridismo di quell’insensato e massonico “ecumenismo”, fondandolo sul paradosso di una Religione più grande, perché non respinge più, di fatto, le eresie d’ogni tipo e d’ogni genere.

    Quousque tandem?

    Se davanti a questo dramma ecclesiale, molti chiudono ancora gli occhi per non vedere (compresa molta Gerarchia!) cercherei di comprendere anch’io quel significato tremendo dell’interrogativo del Divin Maestro:

    «Quod si sal evanuerit, in quo salientur?».

    È per questo che mi avvio a sottolineare qualcuno dei “testi” di questo presunto Concilio Vaticano II!

    Mentre la Curia Romana si occupava a preparare il futuro Concilio con la serietà e il rigore solito, sotto la direzione del Cardinale Segretario di Stato, Domenico Tardini, il papa Giovanni XXIII, il 30 maggio 1959, invece, disse: «La preparazione del Concilio non sarà l’opera della Curia Romana»1.

    E infatti, il 5 giugno 1960, creò un “Segretariato per l’unione dei cristiani”, che sarà l’embrione della “Nuova Chiesa Conciliare”, e a dirigerla ci mise il cardinale Agostino Bea, il quale, poi, avrà un ruolo direttivo nella fondazione della “Nuova Chiesa” post-conciliare.

    In effetti, il più grande danno alla Fede non venne tanto dalle varie Commissioni, bensì dal Segretariato del cardinale Bea, al servizio degli scismatici e degli eretici.

    Già nel 1946, l’arcivescovo di Paderborn, Lorenz Jaeger, e il vescovo luterano d’Oldenburg, Willem Stâhlin, tenevano, in Alemagna, incontri di teologi delle due religioni per dibattere le dottrine di fede comuni, o d’altre, ma che sono elementi di divisione.

    Poi, nel 1952, si costituì la “Conferenza Internazionale” per i problemi ecumenici, il cui lavoro sfociò nel “Segretariato per la Promozione dell’Unità Cristiana”, istituito nel 1960 dal Papa Giovanni XXIII, e diretto dal cardinale Agostino Bea2.

    Nel 1962, infine, questo “Segretariato” ricevette lo “Statuto” ufficiale di Commissione conciliare per cui ebbe una parte determinante nella preparazione del Decreto su l’Ecumenismo del Concilio Vaticano II.

    Il cardinale Bea, ormai, aveva le mani libere; ma, ben conoscendo la Curia Romana usò ogni astuzia per aggirare gli ostacoli che opponevano i non-ecumenisti. Abilmente, evitò di pronunciare la parola “ecumenismo”, manifestamente legata alla concezione protestante dei rapporti tra i “cristiani”, per cui parlò, invece, di “ritorno dei non-cattolici in seno alla Chiesa”. Ebbe subito l’approvazione di Giovanni XXIII, il quale, così, ebbe l’opportunità di realizzare il Concilio come lo sognava Lui, e non come lo avrebbe voluto la Curia Romana!

    Si svilupparono subito approcci con gli ortodossi, coi vecchi cattolici, con gli anglicani e i protestanti, invitandoli tutti a mandare dei loro rappresentanti al Concilio. Non solo, ma si promise agli ortodossi russi che mai sarebbe stato condannato il socialismo (comunismo-marxismo). Il che, infatti, fu sempre rispettato.

    Si avverava, così, quello che scrisse un secolo fa, il grande iniziato massonico, Saint Yves d’Alveidre, in “Mission de l’Inde”: «Infine, per terminare questa Missione con un voto: verrà il giorno di un Concilio ecumenico europeo, in cui saranno rappresentati tutti i Culti»!

    Va ricordato anche il ruolo che ebbe Hans Küng, professore di teologia a Tubinga, il quale presentò subito un ordine del giorno, per il Concilio, in cui chiedeva, come primo obiettivo, la Riforma della Chiesa, in chiave chiaramente protestante, e cioè:

    – il riconoscimento della “Riforma” di Lutero, come avvenimento religioso;

    – il prendere in maggiore considerazione la Bibbia, sia nella teologia che nel culto;

    – l’elaborazione di una “Liturgia” del popolo, in lingua dei vari paesi;

    – una comprensione per il “sacerdozio universale” di tutti i fedeli;

    – il “dialogo” tra la Chiesa e ogni altra religione;

    – lo sganciamento del papato da ogni legame con la politica;

    – la riforma della Curia Romana e l’abolizione dell’Indice dei libri proibiti;

    – ecc...

    Come si vede, fu un facile profeta, o meglio un vero agit-prot della “Contro-Chiesa”! Infatti, quelle sue richieste si ritrovano tutte (sia pure in una apparente modificazione!) nei documenti definitivi del Vaticano II!

    E si badi: Küng si appella con astuzia a Giovanni XXIII, opponendolo come Papa vivace in una massa di cristianità addormentata: «... Le parole e gli atti del Papa - scrive - potranno svegliare questi addormentati?»3.

    Il massone cardinale Franz Köenig, arcivescovo di Vienna, fece la prefazione a quello scritto di Küng, in lingua tedesca, definendo il libro come un “felice presagio”!

    Nell’edizione francese, un altro cardinale massone, Achille Liénart, arcivescovo di Lille, ne sottolineò l’importanza ecumenica!..

    Chiaro! Il primo impasto della “Nuova Chiesa” conciliare era fatto... su una linea massonico-giudaica!..

    Nessuna meraviglia (figlia dell’ignoranza!) perché, a comprovare questo progetto, fu non solo la preparazione di schemi, ben differenti da quelli preparati dalle Commissioni preparatorie, elaborate alla Curia Romana, ma ci fu anche un “progetto”, svelato in una “plaquette”, distribuita a tutti i Padri conciliari. Ossia, un “progetto” che era un vero complotto giudaico contro la Chiesa cattolica, già smascherato, nel 1936, dal giornale “Catholic Gazette” di Londra, organo ufficiale della Società Missionaria Cattolica d’Inghilterra.

    Nel suo numero del febbraio 1936, infatti, era apparso un articolo dal titolo: “The jewish peril and the Catholic Church” (il pericolo giudaico e la Chiesa Cattolica). In esso, veniva riportato quello che si era detto in alcuni corsi di riunioni segrete di Giudei, a Parigi.

    Poco dopo, il settimanale “Le Réveil du Peuple” pubblicava un articolo in cui si precisava che quelle “dichiarazioni” erano state fatte in riunioni segrete dell’Ordine massonico dei “B’nai B’rith”, composto di soli giudei.

    Riporto, qui, alcuni stralci di quell’articolo del 1936:

    «Fin che sussisterà tra i gentili una qualunque concezione morale dell’ordine sociale, e fin che ogni religione, ogni patriottismo, ogni dignità non saranno liquidate, il nostro regno sul mondo non potrà venire... Noi abbiamo ancora un lungo cammino da fare prima di poter distruggere il nostro principale oppositore: la Chiesa cattolica. Per questa ragione, noi ci siamo dati da fare per attaccare con efficacia la Chiesa nei suoi stessi fondamenti: Noi abbiamo diffuso lo spirito della Rivoluzione e del falso liberalismo in tutte le Nazioni dei Gentili, al fine di arrivare a convincerle di allontanarsi dalla loro Fede e ad avere vergogna di professare i precetti della loro religione, e di obbedire ai comandamenti della loro Chiesa. Noi abbiamo condotto un buon numero di questi a trasformare in atei e, ancora di più, a glorificarsi di discendere dalla scimmia (Darwinismo). Noi abbiamo inculcato a loro delle nuove teorie, impossibili a realizzarsi, quali il comunismo, il socialismo, l’anarchismo, che ora servono ai nostri progetti...

    Noi abbiamo seguito il consiglio del nostro capo dei Giudei, che dice saggiamente: fate che qualcuno dei nostri figli diventino cardinali e vescovi per distruggere la Chiesa...

    Noi siamo i padri di tutte le rivoluzioni, anche di quelle che si voltano contro di noi...

    Noi possiamo gloriarci d’essere i creatori della Riforma. Calvino fu uno dei nostri figli; era di origine ebrea, abilitato dall’autorità giudaica e stimolato con la finanza per adempiere il suo ruolo nella Riforma. Martin Lutero fu influenzato dai suoi amici giudei, e il suo complotto contro la Chiesa fu coronato dal successo, grazie al finanziamento giudeo...

    Noi siamo riconoscenti verso i Protestanti.. per l’ammirevole appoggio che essi danno alla nostra lotta contro la potenza della civiltà cristiana e dei nostri preparativi per l’avvenimento della nostra supremazia sul mondo intero e sui regni dei Gentili...

    Noi siamo riusciti a distruggere la maggior parte dei troni europei. Il resto seguirà in un prossimo avvenire. La Russia ha già accettato il nostro regno. La Francia, col suo Governo massonico, si trova nel nostro potere. L’Inghilterra, dipendente dalle nostre finanze, si trova sotto i nostri talloni; e la nostra speranza per la distruzione della Chiesa cattolica si trova nel protestantesimo. La Spagna e il Messico sono due strumenti nelle nostre mani. Molti altri Paesi, compresi gli Stati Uniti d’America, sono già sottomessi ai nostri piani... La maggior parte della stampa mondiale è sotto il nostro controllo; facciamo di tutto perché essa eserciti violentemente l’odio del mondo contro la Chiesa Cattolica...».


    È un film satanico che si snoda sotto gli occhi di una Gerarchia e di un Clero ormai “oppiato” da una propaganda giudaico-massonica, a cui stentano ancora da credere di essere vittime e persino conniventi!.. Un’ignoranza clericale che sgomenta!..

    Segnalo, perciò, ancora un documento che dovrebbe far aprire gli occhi anche agli orbi!..

    Il 10 gennaio 1937, il giornale giudeo di New York, “Freiheit”, scriveva: «Secondo la religione giudaica, il Papa è il nemico del popolo giudeo per il solo fatto che egli è il capo della Chiesa cattolica. Il Giudaismo si oppone al Cristianesimo, in generale, e alla Chiesa cattolica»4.

    Dunque, il Giudaismo lavora solo per la distruzione del cristianesimo, in qualsiasi modo e in qualsiasi occasione propizia ad hoc.

    Una settimana dopo che fu costituito il “Segretariato per l’unità dei cristiani” (5 giugno 1960), con il Motu Proprio “Superno Dei Nutu”, arrivò in Vaticano il delegato dei “B’nai B’rith”, Jules Max Isaac, ed ebbe subito anche un incontro, della durata di più di un’ora, col card. Bea.

    Uscendo dal Vaticano, il fratello Jules Max Isaac ritornò in Loggia con “più di una speranza”. Giovanni XXIII, infatti, gli aveva promesso una “revisione” della dottrina cristiana sui rapporti tra Chiesa e Giudaismo. Un impegno solenne che divenne, poi, realtà con la Dichiarazione conciliare “Nostra Aetate”.5

    Sarà bene ricordare, qui, quello che scrisse il Nubius il 3 aprile 1824: «Devo fare l’educazione immorale della Chiesa, e giungere con piccoli mezzi ben graduati... al trionfo dell’idea rivoluzinaria per mezzo del Papa»!

    Ed ecco, infatti, che i Giudei s’infiltrarono nella Chiesa ed ebbero una grande influenza, come, ad esempio, sul cardinale Bea, nato giudeo sotto il nome di Béhar; così Mons. Braum, Oesterricher, entrambi giudei convertiti.

    Quando Giovanni XXIII divenne papa, promise a Bea, presidente del “Movimento Giudeo Mondiale”, di far ammettere al Concilio un testo che assolveva i Giudei dal “deicidio” del Venerdì Santo, dopo un appello dei Giudei di tutto il mondo. Il che, infatti, avvenne!6

    Si legga anche “Infiltrations ennemies dans l’Eglise” di Léon de Poncins, in cui si legge che, il 25 gennaio 1966, nella Rivista americana “Look”, uscì questo articolo esplosivo: “Comment le juifs ont changé le pensée catholique”. In quell’articolo, vi si afferma che la dichiarazione conciliare “Nostra Aetate”, in cui si tratta della questione giudea, fu negoziata a New York dal card. Bea (non certo per sua propria iniziativa!) con i responsabili dell’Alta massoneria dei B’nai B’rith, organizzazione prettamente costituita da ebrei!

    Nonostante che, a seguito della reazione di molti vescovi e di rappresentanti diplomatici dei Paesi arabi, l’abbozzo del documento, voluto dai B’nai B’rith, non fosse stato approvato, tuttavia, il testo promulgato era sempre “ciò che si era potuto ottenere di meglio” per conformarsi alle direttive dei B’nai B’rith.7

    Da sapere anche che il domenicano Yves Congar, su domanda di Bea, si recò alla Sinagoga di Strasbourg “ad audiendum verbum”, ossia a discutere coi capi di quella comunità ebraica “su ciò che doveva fare il Concilio”.

    Questo incontro lo ha riportato anche lo scrittore Lazare Lindau, in due articoli su “Tribune juive”, n° 903 del 17-20 gennaio 1986 e n° 1001 del 25-31 dicembre 1987.

    Dunque, la “Nostra Aetate” è un prodotto dell’Alta Massoneria ebraica dei B’nai B’rith, anche se non è un prodotto puro. Comunque, è pur sempre un testo fondamentale del Vaticano II che enuncia e propaga il princìpio secondo il quale tutte le religioni sono vie di salvezza; ossia, una logica conseguenza della dottrina della “libertà religiosa”, contraria, però, alla dottrina cattolica, mirabilmente riassunta da Pio XII:

    «In realtà, non si può contare come membri della Chiesa se non quelli che hanno ricevuto il bagno della rigenerazione, e chi, professando la vera fede, non hanno avuto la disgrazia si separarsi dall’assemblea di questo Corpo, e non sono stati separati dall’autorità legittima per causa di gravi fatti»8.

    Ma il Vaticano II è un Concilio diverso da quello che la Curia Romana voleva, e che il card. Ottaviani, prefetto del Sant’Uffizio, aveva già preparato con la Commissione preparatoria. Infatti, nel suo discorso d’apertura del Vaticano II, papa Giovanni XXIII proclamò la “sua fede” nell’avvenire, mise in luce la sua volontà di fare tutto di nuovo:

    «Nella situazione attuale della Società, alcuni non vedono che rovine e calamità. Essi son soliti dire che la nostra epoca è profondamente peggiorata, in confronto ai secoli passati... A Noi sembra necessario dire il nostro completo disaccordo con i profeti di sventure che annunciano sempre delle catastrofi, come se il mondo sia vicino alla sua fine... Bisogna che la Chiesa si giri verso i tempi presenti che porgono nuove vie all’apostolato cattolico».

    Subito, i Prelati progressisti, specie francesi, tedeschi, olandesi, si diedero da fare per assicurare quel “piano giovanneo” che insabbiava tutti i preparativi del cardinale Ottaviani.

    Fu il massone card. Lienart9 che s’incaricò di fare la svolta al Concilio.

    Infatti, il 15 ottobre 1962, per l’elezione dei 160 membri delle Commissioni conciliari, il card. Lienart domandò di soprassedere al voto, perché «Noi non siamo disposti ad accettare delle liste di candidati, compilate prima che il Concilio fosse riunito; Noi non abbiamo avuto il tempo materiale di scegliere i nostri candidati». Con lui, si associò subito anche il card. Frinks, arcivescovo di Cologna.10

    E così, quei Prelati progressisti imposero nuovi testi, preparati dai loro collaboratori progressisti-modernisti!

    Purtroppo, la maggior parte dei Padri conciliari era dalla parte progressista, non rendendosi conto che Giovanni XXIII e Paolo VI erano stati avvinti dalla corrente modernista, per cui contrassegnarono i documenti del Vaticano II sulle tracce della “Nouvelle Théologie”, condannata da Pio XII nella sua “Humani generis” (1950).

    È evidente, perciò, che Paolo VI abbia sempre premuto perché ci fosse un voto massiccio da parte dei Vescovi!

    Ma allora, perché non si potrebbe pensare che il Vaticano II fu una vera “quinta colonna” delle forze ebreo-massoniche?

    La Rivista della Frammassoneria “Humanisme”, nel n° 186 del 1989, riporta un “Tête-à-tête” tra mons. Roncalli e Alexandre Chevalier (che divenne Gran Maestro nel 1965!), in cui si svela l’ipotesi che la Loggia “L’Etoile Polaire” (l’Atelier) “era all’origine del Vaticano II”.11

    Ma già nel 1962, Maurice Pinay aveva scritto: «(col Concilio Vaticano II) è stata compiuta la più perversa cospirazione contro la Santa Chiesa... Sembrerà... incredibile, a coloro che ignorano questa cospirazione, che quelle forze anti-cristiane continuano ad avere, all’interno delle gerarchie della Chiesa, una vera “quinta colonna” di agenti controllati dalla Massoneria, dal comunismo e dal potere occulto che li governa. Questi agenti si trovano tra i cardinali e i vescovi che formano una specie d’ala progressista in seno al Concilio»12.

    E con quale scopo? Spingendo il Concilio a mettersi contro la Tradizione e le passate condanne, si verrebbe a provare ai fedeli che, predicando il contrario a quello che si era sempre insegnato, la Chiesa non può essere divina!

    La rovina della Chiesa, quindi, verrebbe dall’interno di Essa.

    San Pio X, questo l’aveva già detto nella sua enciclica “Pascendi”, scrivendo che i modernisti, a differenza di tutti gli altri eretici, non vogliono uscire dalla Chiesa, ma restarvi, proprio per cambiarla dall’interno!

    È proprio il caso di pensare ai vari De Lubac, ai Congar, ai Küng, ecc.. condannati da Pio XII, ma poi richiamati da Giovanni XXIII ad essere gli “esperti”, per poi prendere in mano le redini del Concilio e dirigerlo fino a fargli proclamare l’unità trascendente di tutte le religioni e il diritto, per l’errore, alla libertà.13

    A questo punto, non ci si può più meravigliare che la Massoneria messicana, per esempio, alla morte di Giovanni XXIII, abbia pubblicato questo manifesto di lode:

    «La Grande Loggia occidentale messicana e i suoi confratelli, all’occasione della morte di Papa Giovanni XXIII, annunciano ufficialmente il loro dolore per la dipartita di questo grande uomo che ha rivoluzionato le idee, i pensieri e le forme di agire della liturgia cattolica romana. Le encicliche “Mater et magistra” e “Pacem in Terris” hanno rivoluzionato i concetti in favore dei diritti dell’uomo e della sua libertà. L’umanità ha perduto un grande uomo e noi, frammassoni, riconosciamo in lui i suoi princìpi elevati, il suo umanitarismo e le sue qualità di grande liberale»14.

    (Continua)

    1 Cfr. “Acta ante-preparatoria” I, p. 92.

    2 Cfr: Jedin, “Histoire de l’Eglise”.

    3 Cfr. “Concile et retour à l’unité”, pp. 35-36.

    4 Cfr. P. Loyer, nella Rivista Internazionale delle società segrete, Parigi 13 aprile 1930, p. 352 - tr. It.

    5 Cfr. Sodalitium, n° 41: “Il Papa del Concilio”, p. 12.

    6 Cfr. Ralph M. Wiltgen, “Le Rhin se jette dans le Tibre”, ed. Di Cédre, 1982, pp. 165-166.

    7 Cfr. Léon de Poncins, “Infiltrations ennemies dans l’Eglise”, Documents et témoinagnages, Ed. Henri Coston, 1970.

    8 Cfr. AAS, 35 (1943), 202 s; Denz. 2286; Denz. Sch. 3802.

    9 Fu iniziato alla Massoneria a Cambrai, nel 1912 e, nel 1924, veniva già innalzato al 30° grado del Rito Scozzese Antico. Sul suo letto di morte, esclamò: «Umanamente parlando, la Chiesa è perduta!» (cfr. La Rivista francese: “Tradition-Information”, n° 7, p. 21.

    10 Cfr. “II Messaggero” del 22 ottobre 1962, nellarticolo: “L’ora del demonio nel Concilio”.

    11 Cfr. Jacuqes Ploncard d’Assac, “Présent”, 20.07.1989.

    12 Cfr. M. Pinay, “Complotto contro la Chiesa”, Roma 1962, p. 1.

    13 Cfr. Sodalitium n° 37, “Le complot judéo-maçonnique contre l’Eglise romaine”, pp. 29-32.

    14 Guadalajare 03.06.1963, Lic. José Guadalupe Zuno Journal Mexicain “El Informador”.
    http://www.chiesaviva.com/382%20mensile.htm

  6. #6
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    Predefinito Riferimento: Perchè il Concilio Vaticano II è eretico

    Il Concilio Vaticano II ha approvato 16 documenti: 4 costituzioni, 9 decreti e 3 dichiarazioni.

    Le costituzioni sono:

    1)Sacrosanctum Concilium sulla Liturgia (4 dicembre 1963)
    2)Lumen Gentium sulla Chiesa (16 novembre 1964)
    3)Dei verbum sulla Parola di Dio (18 novembre 1965)
    4)Gaudium et Spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (7 dicembre 1965)

    I decreti sono:

    1)Ad Gentes sull'attività missionaria della Chiesa (7 dicembre 1965)
    2)Presbyterorum Ordinis sul ministero e la vita dei presbiteri (7 dicembre 1965)
    3)Apostolicam Actuositatem sull'apostolato dei laici (18 novembre 1965)
    4)Optatam Totius sulla formazione sacerdotale (28 ottobre 1965)
    5)Perfectae Caritatis sul rinnovamento della vita religiosa (28 ottobre 1965)
    6)Christus Dominus sull'ufficio pastorale dei vescovi (28 ottobre 1965)
    7)Unitatis Redintegratio sull'ecumenismo (21 novembre 1964)
    8)Orientalium Ecclesiarum sulle chiese orientali (21 novembre 1964)
    9)Inter Mirifica sui mezzi di comunicazione sociale (4 dicembre 1963)

    Le dichiarazioni sono:

    1)Gravissimum Educationis sull'educazione cristiana (28 ottobre 1965)
    2)Nostra Aetate sulle relazioni con le religioni non cristiane (28 ottobre 1965)
    3)Dignitatis Humanae sulla libertà religiosa (7 dicembre 1965)


    Si ricorda - ancora - che si tratta di documenti non infallibili. Anche le costituzioni dogmatiche non sono infallibili, poichè il loro carattere dogmatico vi è nella misura in cui ripropongono dogmi o insegnamenti già definiti da Santa Romana Chiesa.

  7. #7
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    Predefinito Ideologhi del Conciliabolo.

    Abbiamo precedentemente menzionato la nefasta influenza dell'alemagno W.Kasper.
    Vediamo meglio di chi si tratta.....


    L’ERETICO TEOLOGO TEDESCO

    card. WALTER KASPER

    Ricordo ancora la scossa che ebbi alla nomina di “Segretario speciale”, nel Sinodo del gennaio 1983, del teologo (?) Walter Kasper, tutt’altro che ortodosso per tutte le eresie che ha sfornato dal Concilio ad oggi.

    Per necessità di spazio, non posso dare, qui, che rapidi accenni alla sua dottrina nefasta.

    Ad esempio: nel suo volume: “Ateismo e linguaggio” (Roma 1974) scrive:

    «... dall’uomo e dal mondo non si può risalire a Dio».

    Nel suo libro: “Introduzione alla Fede”, scrive:

    «Certi dogmi possono essere totalmente unilaterali, testardi nel volere avere sempre ragione, stupidi e precipitosamente prematuri».

    I miracoli di Gesù, per Lui, vanno visti sotto due aspetti: storici e scientifici, come la “tempesta sedata”, “la trasfigurazione”, “Gesù che cammina sulle acque”, “la moltiplicazione dei pani e dei pesci”, “la pesca miracolosa”, ecc., mentre “i miracoli sulla natura risultano della aggiunte secondarie alla tradizione originale”.

    L’aver messo a “teologo” del Concilio questo squinternato tedesco è stato come un voler togliere la già poca credibilità dello zoppicante Vaticano II!

    Kasper fu anche il responsabile principale del cosiddetto “Catechismo Tedesco per Adulti”, zeppo di manchevolezze, inesattezze ed errori dottrinali.

    Da ricordare che egli fu anche il firmatario, nel 1972, del famoso “Manifesto” dei 32 teologi. Nel 1989, invece, non firmò il “Manifesto” dei 163, solo perché già sapeva della sua infausta nomina a Vescovo.

    A scrivere su l’aberrante Rivista “Concilium”, nella sezione “Ecumenismo”, iniziò con lo scritto: “La Chiesa sotto la Parola di Dio”. Era l’introduzione a una dogmatica rinnovata secondo il Vaticano II.

    La sua strategia di modernista fu quella di suggerire che “un uomo moderno non può credere, perché incontra ostacoli che non riesce a superare, per cui deve accettare questa impossibilità”.

    E in un suo articolo del 14 luglio 1989, riportato dalla “Schweizerische Katholische Wochensentung”, afferma che è impossibile conservare la fede nella Chiesa, rimasta un misterioso grano di senape.

    Il suo libro “Introduzione alla Fede”, edito dalla Queriniana nel 1973, fu subito criticato dal salesiano Luigi Bogliolo, allora professore nella Pontificia Università Lateranense, nella sua monografia: “Ateismo e linguaggio” dove spiega perché Kasper afferma che è in questione anche la nostra fede, anzi “la Fede stessa”, perché - secondo Kasper - «non è più praticabile per arrivare a Dio, né la via ontologica della tradizionale filosofia cristiana sulla base della sola esperienza, perché l’uomo ha trasformato il mondo in naturale della sua libertà, né la via delle esigenze interiori della coscienza, che reclama Dio come postulato, al modo di Kant». Il che significherebbe appunto - secondo Kasper - che “dall’uomo e dal mondo non si può risalire a Dio”.

    Ma anche la teologia, come scienza, può far poco - sempre secondo Kasper - perché “non è possibile una filosofia che porti alla fede quale fondamento umano della fede stessa. Non è possibile una teologia filosofica capace di dire qualcosa intorno a Dio”.

    L’insignificanza del linguaggio teologico si risolve “nel-l’impossibilità, per l’intelligenza umana, di conoscere Dio, prima e fuori della fede”.

    Ora, questo è in contraddizione con la Rivelazione1 e col Magistero infallibile della Chiesa:

    «Se qualcuno dirà che l’unico e vero Dio, Creatore e Signore nostro, non può essere conosciuto col lume della ragione, attraverso le cose create, sia scomunicato»2.

    Ma Kasper se ne infischia dell’uno e dell’altro, impregnato com’è di modernismo, cadendo anche sotto gli anatemi precisi dell’enciclica “Pascendi” di S. Pio X.

    Nel suo libro: “Gesù il Cristo”, scrive, apertis verbis, che Gesù non è Figlio di Dio. È questo in senso vero e proprio, sia in senso metafisico che ontologico. Secondo Lui, infatti, «questa confessione di Gesù Cristo Figlio di Dio... anche oggi viene accolta con notevole diffidenza da parecchi fedeli (sic!). Secondo l’obiezione più corrente, che è poi anche la più importante, qui ci troveremmo di fronte a un residuo di mentalità mitica passivamente accettata»3.

    Nei Vangeli sinottici - secondo Kasper - «Gesù non si qualifica mai come Figlio di Dio. Una simile enunciazione deriva, quindi, chiaramente dalla confessione di fede della Chiesa».

    Che cosa ne ha fatto, allora, Kasper della confessione di Pietro, a Cesarea di Filippo: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente»4, subito sanzionata da Cristo stesso:

    «Beato te, Simone Bar Jona, perché non la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli»?..

    E la risposta di Gesù: «Sì, lo sono!», davanti al-l’Alto Consiglio, per Kasper, Gesù lo disse perché “fu costretto a dichiararsi Messia”!

    E quando, dopo la Pasqua, la comunità cristiana confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Kasper non Gli riconosce “una dignità che andrebbe ben oltre le sue pretese”.

    Affermando, poi, che “nella scuola paolina e negli scritti giovannei, si giunge così ad una confessione esplicita della divinità di Gesù”, Kasper viene ad attribuire la divinità di Gesù ad una invenzione di San Paolo e di San Giovanni.

    ***

    E per Kasper non ci sono miracoli nel Vangelo.

    Infatti, per Lui, i “miracoli”, sono “leggende”, “racconti non storici”, né costituiscono una prova della divinità di Gesù Cristo; anzi, i miracoli sono “un problema che rende piuttosto strana e difficilmente comprensibile all’uomo moderno l’attività di Gesù”.

    Per diminuirne il valore, poi, scrive:

    «Dal punto di vista letterario, si può notare una tendenza ad amplificare e moltiplicare i miracoli».

    E continua:

    «I racconti miracolosi del Nuovo Testamento, sono strutturati in modo analogo a quelli che già conosciamo nell’antichità»; «Si ha, quindi, l’impressione che il Nuovo Testamento abbia arricchito la figura di Gesù di numerosi motivi extra-cristiani, per sottolinearne la grandezza e l’autorità».

    E continua a demolirli:

    «Alcuni racconti miracolosi si sono dimostrati, all’indagine della storia delle forme (?!) come proiezioni dell’esperienza pasquale sulla vita terrena di Gesù, o come anticipazioni sull’attività del Cristo glorificato. Tra queste storie epifaniche vanno annoverati, ad esempio, il miracolo della tempesta sedata, la scena della trasfigurazione, il cammino sulle acque, la moltiplicazione dei pani per 4-5.000 persone, la pesca miracolosa. I racconti del risveglio della figlia di Giairo, del giovanetto di Naim e di Lazzaro, non mirano ad altro che a presentare Gesù come Signore della vita e sulla morte».

    E prosegue:

    «Molte storie miracolose riferiteci dai Vangeli devono essere considerate leggendarie. Molte leggende vanno analizzate non tanto nel loro contenuto storico, bensì in quello teologico», e cioè:

    «questi racconti non storici sono enunciati di fede su significato salvifico della persona e del messaggio di Gesù»5.

    Incredibile! Questo sbruffone della teologia moderna fa di tutto il Vangelo una grande impostura della storia! E, benché ammetta che “Gesù ha compiuto delle opere straordinarie che lasciarono stupefatti i contemporanei”, tuttavia, aggiunge che questo “ha un’importanza piuttosto relativa”, anche perché questi “miracoli” “possono essere interpretati anche come opera del demonio. In se stessi non sono, poi, così chiari, e non contribuiscono necessariamente una prova della divinità di Gesù”.

    Anche qui, è chiaro come Kasper è contro la Tradizione e contro il Vaticano I, che sentenziò che «i miracoli di Gesù sono argomenti certissimi della divina Rivelazione e adatti all’intelligenza di tutti»6 (“Miracula divinae Revelationis signa sunt certissima per omnium intelligentiae accomodata”).

    Ma per questo traditore della Fede, intriso di superbia satanica, “il concetto apologetico di miracolo si rivela formula vuota”, perché i miracoli «sarebbero sicuramente accertabili soltanto nel caso in cui noi fossimo in grado di conoscere in modo completo tutte le leggi della natura e di penetrare fino in fondo ogni singolo caso», per cui «queste e altre analoghe difficoltà hanno indotto i teologi (?) a superare, in parte, o del tutto, il concetto apologetico di miracolo».

    Ecco un altro sragionare che merita ancora l’altro anatema del Vaticano I:

    «Se qualcuno dirà che i miracoli non sono possibili e che, perciò, tutti i racconti miracolosi contenuti anche nella sacra Scrittura devono essere relegati tra le leggende e i miti, o che i miracoli non possono giammai essere conosciuti con certezza, né con essi si può debitamente dimostrare l’origine divina della religione cristiana, sia scomunicato!»7.

    ***

    Inoltre, per Kasper non c’è stata risurrezione corporea di Gesù.

    Difatti, scrive:

    «Quando si parla di Gesù risorto, il pensiero corre quasi spontaneamente ai dipinti di Matthias Grûnewald, dove osserviamo un Cristo che esce trasfigurato dal sepolcro. Ma basta gettare un rapido sguardo sul dato della Tradizione del Nuovo Testamento per rendersi conto che un simile quadro non rispecchia affatto il reale svolgimento dei fatti»8.

    E continua:

    «Gli enunciati della Tradizione neo-testamentaria della risurrezione di Gesù non sono affatto neutrali: sono confessioni e testimonianze prodotte da gente che crede».

    E prosegue con sicumera che:

    «dobbiamo supporre che non si tratti di cenni storici, ma soltanto di artifici stilistici, escogitati per richiamare l’attenzione e creare suspance».

    E continua ancora:

    «In ciò su cui si vuole richiamare l’attenzione non è il sepolcro vuoto; si annuncia la resurrezione, e il sepolcro viene considerato soltanto come segno di questa fede»...

    comunque,

    «La Rivelazione di un nucleo storico , presente nei racconti del sepolcro vuoto, non costituisce, certo, una prova della risurrezione». «Il sepolcro vuoto rappresenta un fenomeno ambiguo, aperto a diverse possibilità di interpretazioni».

    Uno sragionare così può valere per deficienti mentali, non perché sa che “obiettivamente” è successo veramente così, ma perché sa che Gesù è veramente Dio. Perciò, questo scucito mentale di Kasper non può non cadere, anche qui, nell’altro anatema del Vaticano I:

    «Se qualcuno dirà che la Rivelazione divina non possa essere fatta credibile da esterni segni, e che perciò gli uomini non devono essere mossi alla fede se non da sola interna esperienza, o privata ispirazione, sia scomunicato!»9.

    Ma anche l’Ascensione di Cristo in cielo, per Kasper, non ci fu, come non ci furono le apparizioni.

    Per Lui, Cristo non è mai asceso al cielo, perché non ne era mai disceso:

    «Queste nubi che sottraggono Gesù allo sguardo dei discepoli attoniti, quindi, non sono un fenomeno meteorologico, ma un simbolo teologico».

    Come si vede, la sua cristologia è sempre senza Fede: niente divinità di Cristo, niente resurrezione, niente Ascensione, niente apparizioni.

    Di tutto questo, infatti, Egli scrive:

    «Questi racconti vanno interpretati alla luce di quanto essi vogliono esprimere», per cui questi testi «dove si parla di un Risorto che viene toccato con le mani e che consuma dei pasti coi discepoli10 non vanno presi alla lettera», ma solo «sono confessioni e testimonianze prodotte da gente che crede».

    Quindi, Kasper sentenzia:

    «Bisognerà dunque partire dal fatto che questo loro “vedere” è stato reso possibile dalla fede, o meglio si è trattato di una esperienza condotta nella “fede”»...

    E così, Kasper liquida, d’un sol colpo, tutto il Vangelo delle apparizioni!

    ***

    E così crolla anche la “Mariologia”

    È la sua logica. Infranta la cristologia, Kasper va all’attacco anche della Mariologia. Infatti, scrive di

    «difficili problemi teologici-biblici che la tematica (?) del concepimento verginale solleva», per cui la verginale maternità di Maria è «ancora aperta sul piano biblico».

    E spezza una lancia anche in difesa di Nestorio, il negatore della divina maternità di Maria, scrivendo:

    «(A Nestorio) vennero attribuite le più gravi deviazioni dottrinali, mentre il Concilio di Efeso lo bollò addirittura con l’appellativo di “Giuda redivivo”. Oggi, però, in seguito alle ricerche condotte dalla teologia storica (?) si è propensi ad una riabilitazione».

    Un altro “Giuda redivivo”, però, oggi, per noi, è proprio Lui, Kasper, il “Giuda moderno”, che elimina logicamente anche l’infallibilità della Chiesa.

    Come Hans Küng, suo degno collega in eresie, nega infatti l’infallibilità della Chiesa ed entrambi, con la loro “nuova cristologia”, “ripudiano il Magistero e l’autorità della Chiesa”11.

    ***

    Chiudo, qui, queste enunciazioni di apostasia della Fede cattolica, pubblicate e insegnate addirittura da un cardinale della Chiesa cattolica.

    Purtroppo, dopo il Vaticano II, gli “errori teologici” vengono solo “dichiarati” e non più condannati né anatemizzati. E ancora peggio, gli “eretici”, oggi, li vediamo persino protetti dall’alto e anche promossi, com’è stato con questo eretico teologo tedesco, promosso persino a vescovo e, poi, a cardinale!

    Ancora prima, fu però scelto come membro della “Commissione Teologica Internazionale”; poi, fu eletto a Consulente del “Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani”; dopo, fu “teologo” del Sinodo speciale del 1985; e, a coronamento, infine, fu eletto Vescovo, scrivendogli persino che “per la Chiesa cattolica in Germania, in un periodo turbolento, Lei è un dono prezioso»12.

    Per me, invece, è uno dei tanti esempi di azione modernista, la più sfacciata e impudente. Altro che “dono”, fatto da Roma alla Germania germanica, ma bensì un fumo per cervelli già annebbiati dall’aura del Vaticano II, impregnata di idealismo, di esistenzialismo e di immanentismo di tante altre filosofie moderne.

    C’è solo, quindi, da rabbrividire e da sdegnarsi di queste promozioni ecclesiastiche che sembrano insediate per minare, definitivamente, la Chiesa di Cristo!

    Ma... “Non prevalebunt!”.

    NOTE

    1 Cfr. San Paolo, Rom. 1, 20 - Rom. 2, 14 ss.

    2 Cfr. Dz 180.

    3 Cfr. Walter Kasper, “Gesù il Cristo”, p. 223.

    4 Cfr. Mt. 16, 16.

    5 Cfr. Walter Kasper, “Gesù il Cristo”, p. 118.

    6 Cfr. Denz. 1790.

    7 Cfr. Denz. 1813.

    8 Cfr. Walter Kasper, “Gesù il Cristo”, p. 175.

    9 Cfr.Denz. 1812.

    10 Cfr. Lc. 24, 38 ss; Jo. 20, 26 ss.

    11 Cfr. Leone XIII, “Vigilantiae”.

    12 Cfr. Lettera del card. Ratzinger, in “30 giorni”, maggio 1989.

    http://www.chiesaviva.com/387%20mensile.htm

  8. #8
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    Predefinito Riferimento: Perchè il Concilio Vaticano II è eretico

    Dopo gli interessantissimi articoli postati da amerigodumini, direi di porre la nostra attenzione alla dichiarazione "Dignitatis Humanae" sulla libertà religiosa (7 dicembre 1965).

    Qua potete trovare il testo in italiano della dichiarazione conciliare: http://www.vatican.va/archive/hist_c...umanae_it.html

    La suddetta dichiarazione dichiara lecito alla luce della Rivelazione sostenere il diritto alla libertà religiosa in foro esterno.

    Il diritto alla libertà religiosa in foro esterno è stato però condannato infallibilmente da Santa Romana Chiesa, tramite il Sillabo.
    Il Sillabo è un elenco di proposizioni eretiche condannate da Santa Romana Chiesa. Il Sillabo è un appendice di Quanta Cura.
    In Quanta Cura il Papa impegnò la sua infallibilità.

    Qua potete trovare il testo di Quanta Cura e del Sillabo: http://digilander.libero.it/magistero/p9quanta.htm

    Il Papa ha impegnato in 'Quanta Cura' la sua infallibilità: "In tanta perversità di errate opinioni, Noi dunque, giustamente memori del Nostro Apostolico Ufficio, e paternamente solleciti della Nostra santa religione, della sana dottrina e della salute delle anime, a Noi commesse da Dio, e del bene della stessa umana società, abbiamo stimato bene innalzare di nuovo la Nostra Apostolica voce. Pertanto, con la Nostra Autorità Apostolica riproviamo, proscriviamo e condanniamo tutte e singole le prave opinioni e dottrine ad una ad una ricordate in questa lettera e vogliamo e comandiamo che tutti i figli della Chiesa cattolica le ritengano come riprovate, proscritte e condannate".

    Sono presenti tutte e quattro le condizioni dell'infallibilità papale.
    Anche i teologi progressisti ammettono l'infallibilità di Quanta Cura (vedere: http://www.storialibera.it/epoca_con...olo.php?id=447).
    Si può quindi considerare il Sillabo infallibile o perchè allegato di 'Quanta Cura' (magistero infallibile) o perchè insegnamento della Chiesa docente: infatti sia il Papa che tutti i vescovi cattolici hanno - in maniera manifesta - dato il loro assenso a siffatto pronunciamento ed hanno trasmesso al popolo cristiano tali insegnamenti.
    Detto questo, faccio notare una contraddizione palese fra Dignitatis Humanae e il Sillabo.

    Nel Sillabo sono condannate le seguenti proposizioni:

    LXXVII. In questa nostra età non conviene più che la religione cattolica si ritenga come l’unica religione dello Stato, esclusi tutti gli altri culti, quali che si vogliano.

    Alloc. Nemo vestrum, 26 luglio 1855.

    LXXVIII. Però lodevolmente in alcuni paesi cattolici si è stabilito per legge che a coloro i quali vi si recano, sia lecito avere pubblico esercizio del culto proprio di ciascuno.

    Alloc. Acerbissimum, 27 settembre 1852.
    In Dignitatis Humanae leggiamo:

    La libertà religiosa che compete alle singole persone, compete ovviamente ad esse anche quando agiscono in forma comunitaria. I gruppi religiosi, infatti, sono postulati dalla natura sociale tanto degli esseri umani, quanto della stessa religione.

    A tali gruppi, pertanto, posto che le giuste esigenze dell'ordine pubblico non siano violate, deve essere riconosciuto il diritto di essere immuni da ogni misura coercitiva nel reggersi secondo norme proprie, nel prestare alla suprema divinità il culto pubblico, nell'aiutare i propri membri ad esercitare la vita religiosa, nel sostenerli con il proprio insegnamento e nel promuovere quelle istituzioni nelle quali i loro membri cooperino gli uni con gli altri ad informare la vita secondo i principi della propria religione.

    Parimenti ai gruppi religiosi compete il diritto di non essere impediti con leggi o con atti amministrativi del potere civile di scegliere, educare, nominare e trasferire i propri ministri, di comunicare con le autorità e con le comunità religiose che vivono in altre regioni della terra, di costruire edifici religiosi, di acquistare e di godere di beni adeguati.

    I gruppi religiosi hanno anche il diritto di non essere impediti di insegnare e di testimoniare pubblicamente la propria fede, a voce e per scritto. Però, nel diffondere la fede religiosa e nell'introdurre pratiche religiose, si deve evitare ogni modo di procedere in cui ci siano spinte coercitive o sollecitazioni disoneste o stimoli meno retti, specialmente nei confronti di persone prive di cultura o senza risorse: un tale modo di agire va considerato come abuso del proprio diritto e come lesione del diritto altrui.

    Inoltre la libertà religiosa comporta pure che i gruppi religiosi non siano impediti di manifestare liberamente la virtù singolare della propria dottrina nell'ordinare la società e nel vivificare ogni umana attività. Infine, nel carattere sociale della natura umana e della stessa religione si fonda il diritto in virtù del quale gli esseri umani, mossi dalla propria convinzione religiosa, possano liberamente riunirsi e dar vita ad associazioni educative, culturali, caritative e sociali.
    e

    Tutelare e promuovere gli inviolabili diritti dell'uomo è dovere essenziale di ogni potere civile. Questo deve quindi assicurare a tutti i cittadini, con leggi giuste e con mezzi idonei, l'efficace tutela della libertà religiosa, e creare condizioni propizie allo sviluppo della vita religiosa, cosicché i cittadini siano realmente in grado di esercitare i loro diritti attinenti la religione e adempiere i rispettivi doveri, e la società goda dei beni di giustizia e di pace che provengono dalla fedeltà degli uomini verso Dio e verso la sua santa volontà
    La contraddizione è evidente.

  9. #9
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    Predefinito Riferimento: Perchè il Concilio Vaticano II è eretico

    IL VATICANO II E GLI ERRORI LIBERALI (11/97)

    Il problema della libertà religiosa

    [Traduzione dell'articolo Vaticano II et les erreures liberales, di Michel Martin,
    pubblicato nel Courrier de Rome, Parigi, 15.5.76, anno X, n° 157, pp. 3-20.
    Comparso in italiano in Cristianità, Organo ufficiale di Alleanza Cattolica,
    anno IV, n° 19-20, settembre-dicembre 1976, pp. 13-18. ]

    Alcuni testi del Concilio Vaticano II sono, piú o meno, contaminati dagli errori liberali? È quanto affermò durante il Concilio stesso il Cetus Internationalis Patrum, che raggruppava i vescovi tradizionalisti.
    Successivamente l'accusa non ha mai cessato di essere formulata da alcuni teologi isolati, ma, eccetto che presso una esigua minoranza di "integristi", come si dice, essa fu sempre accolta con indifferenza fino al momento, recentissimo, in cui il penoso affaire di Ecône non la mise in primo piano nell'attualità cattolica.
    A coloro che s'indignassero per il fatto che si possa supporre che un testo conciliare sia discutibile, ricorderò, come peraltro ha detto il Santo Padre stesso, che nessun testo del Vaticano II ha il carattere di definizione o di decisione infallibile (1). Con tutto il rispetto dovuto alla Chiesa docente, i teologi sono dunque liberi di discutere la questione che è l'oggetto del presente articolo.
    Notiamo tuttavia che solo il Papa mediante definizioni ex cathedra potrebbe dare una soluzione completa e definitiva ai gravi interrogativi sollevati dalle accuse di cui sono oggetto alcuni testi del Vaticano II (2).


    I - La Contraddizione
    Ma supponiamo ora che una affermazione sia in contraddizione evidente, chiara, manifesta, con una dottrina che la Chiesa ha infallibilmente definito. Abbiamo bisogno in tal caso di un giudizio della Chiesa docente per rifiutarla? Immaginiamo per esempio che una setta sostenga che in Dio vi sono solo due persone: il Padre e il Figlio. Abbiamo bisogno di un giudizio della Chiesa docente per dire che questa affermazione deve essere respinta, perché in contraddizione con il dogma trinitario infallibilmente definito?
    Certo, una contraddizione tra due dottrine non è sempre manifesta e in questo caso è richiesto il giudizio della Chiesa docente.
    Quando però si tratta di due dottrine chiaramente formulate e di cui l'una è manifestamente la negazione dell'altra, abbiamo bisogno di un giudizio della Chiesa docente per convincerci che vi è contraddizione? Constatando una contraddizione evidente, non esprimiamo alcun giudizio dottrinale, ma solo un giudizio di fatto. Non siamo piú nel campo della teologia, ma in quello della logica.

    La dichiarazione sulla libertà religiosa.
    Con i vescovi del Cetus Internationalis Patrum affermo da dieci anni, senza che alcuno mi abbia mai dato risposta, se non per mezzo di scappatoie, che vi è una contraddizione evidente, chiara, manifesta, tra certe affermazioni del Vaticano II e la dottrina tradizionale a proposito della libertà religiosa in foro esterno.
    Inoltre, queste affermazioni del Vaticano II sono la riproduzione quasi parola per parola delle proposizioni condannate da Pio IX in forma infallibile.
    Ora, poiché queste affermazioni conciliari non sono state definite infallibilmente, non dobbiamo forse noi rifiutarle?
    Ma, non volendo accettare questa conclusione, i difensori del Concilio si sono trovati nella necessità di sostenere che non vi è contraddizione, poiché la dottrina conciliare è solo, secondo loro, lo sviluppo della tradizione.
    Confronteremo piú avanti i testi, ma ci si rende conto che dichiarando compatibili due dottrine che almeno nove persone su dieci stimerebbero contraddittorie, si compromette la credibilità di tutto quanto insegna la Chiesa?


    II - Il Liberalismo - Il Cattolico Liberale
    Nella sua essenza il liberalismo è il rifiuto di accettare una verità o una legge imposta all'uomo dall'esterno (3). L'uomo dev'essere libero di giudicare lui stesso la verità.
    A ciascuno la sua verità.
    Secondo la dottrina cattolica, al contrario, l'uomo ha il dovere di credere alle verità che Dio ha rivelato e che sono insegnate infallibilmente dalla Chiesa.
    I due punti di vista sono inconciliabili e i massoni, per i quali il liberalismo è un dogma, su questo punto non si sono ingannati. Ascoltiamo uno di loro: «Maestra di verità! Mai, senza dubbio, la Chiesa aveva manifestato la sua imperiosa volontà di imporre il suo dogma e sottolineato che questo dogma era l'unica verità, in termini cosí categorici, cosí definitivi nella loro brutalità, mai con una formula che tanto colpisce. Bisogna allora onestamente porsi il problema di sapere dove possa sboccare un dialogo con un interlocutore che dichiara, all'esordio di questo dialogo, che lui è padrone della verità per volontà di Dio» (4).
    A rigore, infatti, cattolico e liberale sono due termini che si escludono.
    Nella loro grande maggioranza i cattolici attuali sono, tuttavia, piú o meno liberali.
    Ciò non significa che questi cattolici abbiano personalmente passato l'insegnamento della Chiesa al vaglio della loro ragione, per ritenere soltanto quanto personalmente hanno giudicato vero, un tale cattolico rappresenta in verità l'eccezione. Ma i cattolici sono oggi immersi in un mondo il cui pensiero si allontana sempre piú dalla dottrina tradizionale della Chiesa. Sollecitato e diviso tra questa dottrina e il "pensiero moderno", il cattolico liberale di oggi e colui che cerca o adotta compromessi tra questi due sistemi di pensiero.
    Questa sete di compromesso ha invaso la Chiesa stessa; un teologo "moderno" non cerca piú tanto di approfondire la dottrina e di opporla agli errori attuali; cerca soprattutto di distorcerla (nel modo meno visibile) in modo da evitare il piú possibile gli attriti con il pensiero moderno (5).
    Non è possibile, in un semplice articolo, enumerare tutti questi compromessi. Mi limiterò all'esame della tesi che figura nella dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa e che è relativa ai rapporti tra il potere civile e il potere spirituale.


    III - La Dottrina della Chiesa sul Potere Civile
    Non spetta alla Chiesa dare costituzioni agli Stati, ma solo enunciare i grandi principi di ordine morale cui queste costituzioni devono ottemperare.
    Questa dottrina della Chiesa sul potere civile è immutabile; essa è infatti fondata nella Scrittura e nella Tradizione ed è stata costantemente insegnata dalla Chiesa a partire dai Padri fino a Pio XII compreso. Essa è dunque garantita dal Magistero ordinario infallibile della Chiesa.
    Inoltre, come vedremo piú in dettaglio, alcuni punti di questa dottrina sono stati oggetto di definizioni ex cathedra e sono dunque garantiti dalla infallibilità del Magistero straordinario della Chiesa.

    La dottrina.
    Essendo stato creato da Dio, avendo ricevuto tutto da Dio, l'uomo deve rendere omaggio al suo Creatore e soprattutto a Gesú Cristo, il Verbo di Dio che è stato costituito dal Padre suo Re dell'Universo.
    Consideriamo bene quanto - richiamato da Pio XII - ha insegnato Leone XIII: «L'impero di Cristo non si estende soltanto sui popoli cattolici, o a coloro che, rigenerati nel fonte battesimale, appartengono, a rigore di diritto, alla Chiesa, sebbene le errate opinioni ve li allontanino o il dissenso li divida dalla carità; ma abbraccia anche quanti sono privi della fede cristiana, di modo che tutto il genere umano è sotto la potestà di Gesú Cristo» (6).
    Pio XI osserva poi: «Non v'è differenza fra gli individui e il consorzio domestico e civile, poiché gli uomini, uniti in società, non sono meno sotto la potestà di Cristo di quello che lo siano gli uomini singoli» (7).
    Lo Stato non ha dunque il diritto di essere "laico"; deve, in quanto Stato, riconoscere la regalità di Gesú Cristo e rendergli omaggio. E, beninteso, fare in modo che non vi sia alcuna contraddizione tra le leggi civili che promulga e le leggi di Dio.
    Lo Stato ha il dovere di assicurare il bene comune della città e deve in particolare proteggere i cittadini. Tutti trovano naturale che si opponga al libero commercio della droga, che devasta i corpi, e che quindi nessuno sia obbligato ad acquistarla. La Chiesa aggiunge che lo Stato ha anche il dovere di proteggere i cittadini contro le idee false che devastano le anime.
    «Ma qual può darsi morte peggiore dell'anima che la libertà dell'errore?», dichiarava sant' Agostino.
    La Chiesa non ammette dunque la libertà di dire e di scrivere qualunque cosa; in opposizione completa al pensiero moderno ritiene infatti che solo la verità abbia dei diritti. L'errore non ne ha alcuno e può tutt'al piú essere tollerato.
    Derivando l'una e l'altro il loro potere da Dio ed esercitandosi la loro giurisdizione sugli stessi soggetti, la Chiesa e lo Stato non possono ignorarsi, benché costituiscano due poteri distinti: «Ma poiché uno e medesimo è il soggetto di ambedue le potestà, e potendo una medesima cosa, quantunque sotto ragione e aspetto differente, appartenere alla giurisdizione dell'uno o dell'altra […]. Devono dunque essere tra loro debitamente ordinate le due potestà» (8).
    In altri termini la Chiesa condanna la separazione tra Stato e Chiesa.
    Anche se spiace alla mentalità moderna, la dottrina cattolica sullo Stato, come fu esposta dai Padri fino a Pio XII compreso, è non poco intollerante. Essa afferma che, poiché Cristo ha fondato una sola religione, si deve, nella misura del possibile, cercare di instaurare lo Stato cattolico. E poiché il culto cattolico è il solo pienamente gradito a Dio, nessun altro culto pubblico dovrebbe di principio essere tollerato.
    La Chiesa non impone alcuna forma di governo. Essa ammette sia la repubblica che la monarchia, purché siano rispettati i principi che ho riassunti.

    Le realizzazioni.
    Dal 313, Costantino e i suoi successori si sforzano di realizzare questo ideale (9). Dapprima religione ammessa, la religione cattolica fu presto proclamata religione dello Stato. Dopo la caduta dell'impero, Clodoveo è consacrato
    re e monarchie cattoliche vengono instaurate pressocché in tutta Europa. Fino all'inizio del secolo XX lo Stato cattolico (o almeno confessionale) è la regola generale. In realtà sono sempre esistiti Stati cattolici e il 27 agosto 1953 - data relativamente recente - è stato firmato un concordato tra la Santa Sede e la Spagna di cui ecco l'art. 1: «La religione cattolica, apostolica, romana continua a essere la sola religione della nazione spagnola […]» (10). Il concordato del 1953 non annullava la Carta degli Spagnoli del 13 luglio 1945 che dichiarava: «[…] nessuno sarà molestato per le sue convinzioni religiose né per l'esercizio privato del suo culto. Non si autorizzeranno altre cerimonie né altre manifestazioni esterne se non quelle della religione cattolica» (11).

    La tolleranza. La tesi e l'ipotesi.
    Ma la Chiesa cattolica non ignora che, in campo politico, l'ideale non sempre è realizzabile. Essa ammette dunque che nei paesi divisi da diverse fedi e per evitare un male peggiore, lo Stato cattolico tolleri l'esercizio di altri culti. È per questo che Enrico IV, per evitare la guerra civile, concesse ai protestanti con l'editto di Nantes, il diritto (limitato) di esercitare pubblicamente il loro culto (12).
    Da cui la classica distinzione fra la tesi e l'ipotesi. La tesi è la dottrina cattolica in tutta la sua purezza; l'ipotesi è ciò che è possibile realizzare, tenuto conto delle circostanze. Ma la Chiesa chiede che non si perda mai di vista la tesi e che si faccia tutto ciò che è possibile per realizzarne il massimo. Di fatto, nell'editto di Nantes, il protestantesimo è sempre chiamato «la religione che si pretende riformata», cosa che mostra con chiarezza che gli estensori dell'editto avevano tenuto a sottolineare in questo modo come la religione cattolica sia la sola vera e sola abbia dei diritti.
    Ma la giusta distinzione tra la tesi e l'ipotesi servirà di pretesto ai cattolici liberali per rinnegare la dottrina tradizionale, che essi dichiarano non piú confacente al nostro tempo.
    Come vedremo piú in dettaglio, il Concilio Vaticano II andrà piú lontano ancora, senza piú occuparsi della tesi, che non richiamerà neppure, dichiarerà che la libertà religiosa in foro esterno è un diritto per gli adepti di qualsiasi religione e che questo diritto scaturisce dalla dignità della persona umana.
    Cedendo allora alle reiterate pressioni della Santa Sede, il generale Franco accordò agli Spagnoli, il 28.6.1967, la piena libertà per tutti i culti.


    IV - Il Liberalismo Cattolico e le sue condanne
    Con liberalismo cattolico e l'espressione equivalente cattolicesimo liberale, si indica soprattutto un insieme di teorie sostenute nel secolo XIX che minimizzano la dottrina tradizionale sullo Stato, che ho appena riassunto. Queste teorie furono condannate da tutti i Papi che si sono succeduti da Gregorio XVI a Pio XII. Inoltre Pio IX, come vedremo piú particolarmente, per condannarle impegnò nella Quanta cura l'infallibilità pontificia.

    Gregorio XVI e l'enciclica Mirari vos.
    Nel 1830 l'abbé Lamennais sosteneva che ogni uomo ha il diritto di manifestare pubblicamente le sue opinioni e che di conseguenza lo Stato deve ammettere il libero esercizio di tutti i culti.
    Egli faceva notare che nel sistema dello Stato cattolico, che ha regnato per piú di quindici secoli, il potere spirituale e temporale non hanno mai cessato di contendere (san Luigi stesso ebbe difficoltà con la Santa Sede). Separando completamente i poteri, la Chiesa godrà di una piena libertà, che dovrebbe, secondo lui, accrescere la sua influenza (13).
    Tutte queste idee furono sostenute con talento nel giornale L'Avenir di cui Lamennais era l'ispiratore.
    Ma Roma, dal 1832, le condanna. Nell'enciclica Mirari vos, Gregorio XVI denuncia anzitutto l'indifferentismo, che sostiene che tutte le religioni salvano, e poi scrive queste righe, le ultime delle quali - che sottolineo - predicono i frutti amari del liberalismo, come li possiamo constatare oggi: «Da questa corrottissima sorgente dell'indifferentismo scaturisce quell'assurda ed erronea sentenza, o piuttosto delirio, che debbasi ammettere e garantire per ciascuno la libertà di coscienza(14):errore velenosissimo a cui appiana il sentiero quella assoluta e smodata libertà d'opinare che va sempre aumentando a danno della Chiesa e dello Stato, non mancando chi osa vantare con impudenza sfrontata, provenire da siffatta licenza alcun comodo alla Religione. “Ma qual può darsi morte peggiore dell'anima che la libertà dell'errore?” diceva sant'Agostino. Tolto infatti ogni freno che contenga nelle vie della verità gli uomini già volgentisi al precipizio per la natura inclinata al male, potremmo dire con verità essersi aperto il pozzo dell'abisso […]. Di là infatti proviene l'instabilità degli spiriti, di là la depravazione della gioventú, di là il disprezzo nel popolo delle cose sacre e delle leggi piú sante, di là in una parola la peste della società piú di ogni altra funesta […] » (15).
    Non è precisamente quanto accade nella nostra società liberale avanzata? I cattolici liberali si sottomisero e L'Avenir chiuse i battenti. Ma Lamennais finí per abbandonare la Chiesa.

    Pio IX, il Sillabo e l'enciclica Quanta cura.
    La seduzione delle idee liberali era tale che il liberalismo cattolico riapparve venti o trent'anni dopo. Montalembert, che si era sottomesso nel 1832, ne fu uno dei piú ardenti difensori. Egli sostenne con talento che bisogna riconciliare il cattolicesimo e la democrazia, la quale esige prima di tutto la libertà religiosa. Egli affermò che la libertà è piú utile alla Chiesa che non la protezione dei re. I discorsi di Montalembert ebbero una grande eco. Ma l'8 dicembre 1864 il successore di Gregorio XVI, Pio IX, condanna di nuovo il liberalismo cattolico nel Sillabo e nell' enciclica Quanta cura.
    Ecco qui, per esempio, due articoli del Sillabo.
    Sono condannate le seguenti proposizioni: «55. Si deve separare la Chiesa dallo Stato, e lo Stato dalla Chiesa. - 77. Ai giorni nostri non giova piú tenere la religione cattolica per unica religione dello Stato, escluso qualunque sia altro culto» (16).
    Ma ecco un fatto nuovo. Nell'enciclica Quanta cura, Pio IX, come vedremo, impegna l'infallibilità pontificia. Perciò dedicherò piú avanti tutto un paragrafo alle condanne formulate in questa enciclica (17).

    Mons. Dupanloup.
    Scoraggiati da questa nuova condanna, Montalembert e i suoi amici erano del parere di rinunciare alla lotta. Ma questa fu ripresa con un opuscolo che mons. Dupanloup, vescovo di Orleans, inviò a tutti i vescovi e anche al Papa. Mons. Dupanloup sosteneva che si fossero letti male la Quanta cura e il Sillabo. Egli faceva numerose osservazioni esatte (come la distinzione logica tra contrario e contraddittorio), ma per il resto si teneva costantemente al limite del sofisma. Riprendeva la distinzione tra la tesi e l'ipotesi, ma lasciando intendere che le tesi di Pio IX erano ormai irrealizzabili.
    Poiché nell'opuscolo non vi era niente di positivamente falso, Pio IX ringraziò mons. Dupanloup dell'invio, ma con una riserva che mostra come avesse ben compreso quanto stava per succedere. Infatti i cattolici liberali restarono sulle loro posizioni: continuarono soprattutto a chiedere la separazione di Chiesa e Stato (che non si era ancora realizzata a quel tempo) e rimasero cosí fedeli a una tattica che in seguito non hanno mai abbandonata: invece di lottare contro i nemici della Chiesa si esige insieme a loro quanto si pensa che inevitabilmente un giorno sarà ottenuto.

    Leone XIII.
    Leone XIII succede a Pio IX. Nelle encicliche Immortale Dei, sulla costituzione cristiana degli Stati (1885), e Libertas, sulla libertà (1888), riprende tutte le tesi tradizionali sullo Stato cattolico.
    Nella Libertas fa suo quanto vi è di esatto nella distinzione tra la tesi e l'ipotesi, ma riprende anche, senza una sola eccezione, tutte le condanne formulate da Gregorio XVl e Pio IX, e cita esplicitamente l'enciclica Mirari vos e il Sillabo.
    Una volta ancora il liberalismo cattolico è condannato.

    San Pio X.
    San Pio X succede a Leone XIII ed è sotto il suo pontificato che la Repubblica francese denuncia, nel 1905, il concordato, proclamando che lo Stato da ora sarà laico e non riconoscerà piú alcun culto.
    San Pio X protesta con l'enciclica Vehementer, dell'11 febbraio 1906, e lo fa con termini che costituiscono una nuova condanna del liberalismo cattolico: «[…] in virtú dell'autorità assoluta che Iddio Ci ha conferito, Noi […] riproviamo e condanniamo la legge votata in Francia sulla separazione della Chiesa e dello Stato come profondamente ingiuriosa rispetto a Dio che essa rinnega ufficialmente, ponendo il principio che la Repubblica non riconosce nessun culto» (18).
    Era la rinnovata affermazione, una volta ancora, che, contrariamente alla tesi liberale, lo Stato deve rendere omaggio a Dio e obbedire anch'esso a Gesú Cristo, solo e vero Re delle Nazioni, e che in ogni caso lo Stato non può lasciare che si propaghi liberamente l'errore come se avesse lo stesso titolo della verità. E se lo Stato lo fa, la Chiesa non può in nessun modo approvarlo.

    Pio XI e la festa di Cristo Re.
    Non appena elevato al sommo pontificato, nel 1922, Pio XI condanna esplicitamente il liberalismo cattolico nella sua enciclica Ubi arcano Dei.
    Ma egli comprende presto che, essendo rimaste inoperanti le condanne dei suoi predecessori, sarebbe accaduto lo stesso delle sue. Utilizza allora un altro metodo, che avrebbe probabilmente avuto successo, se, senza volerlo, non l'avesse vanificato con le sue stesse mani.
    Poiché il popolo non legge le encicliche, Pio XI pensa che il miglior modo per istruirlo sia quello di utilizzare la liturgia.
    Nell'enciclica Quas primas, dell'11 dicembre 1925, egli espone anzitutto in termini luminosi una teologia esauriente della regalità di Cristo e dimostra che essa implica necessariamente il dovere per i cattolici di fare quanto è in loro potere per tendere verso l'ideale dello Stato cattolico.
    «Accelerare e affrettare questo ritorno [alla regalità sociale di Cristo] coll'azione e coll'opera loro, sarebbe dovere dei cattolici […] » (19).
    Dichiara poi di istituire la festa di Cristo Re spiegando la sua intenzione di opporre cosí «un rimedio efficacissimo a quella peste, che pervade l'umana società. La peste della età nostra è il cosí detto laicismo, coi suoi errori e i suoi empi incentivi» (20).
    Disgraziatamente, male informato sulla situazione religiosa e politica che regna in Francia in quel momento, Pio XI renderà inoperante la festa di Cristo Re, colpendo, meno di un anno dopo, i cattolici antiliberali piú attivi, mentre per contro, né lui, né i vescovi danno disturbo ai cattolici liberali.
    In realtà i cattolici antiliberali, in quel tempo, facevano capo a due movimenti: l'Action Française, guidata da un ateo, Charles Maurras, e la Federation Nationale Catholique del generale de Castelnau.
    La condanna dei cattolici dell'Action Française (che Pio XII tolse non appena elevato al sommo pontificato) fu interpretata (a torto) come quella dell'anti-liberalismo. Dopo questo periodo i cattolici antiliberali in Francia sono solo una minoranza di isolati. Hanno perduto ogni influenza e, nel timore di essere trattati da fascisti, rari sono coloro che osano manifestare le loro opinioni.
    La vittoria dei cattolici liberali era dunque totale. La separazione di Chiesa e Stato, la completa libertà di stampa, si erano realizzate ed erano considerate normali dalla stragrande maggioranza dei francesi. L'esistenza di un partito cattolico-liberale era divenuta inutile, e l'espressione liberalismo cattolico cadde in dimenticanza.
    Ma ora in Francia progrediscono le idee politiche di sinistra e con esse i cattolici liberali cercheranno compromessi. Mounier con la rivista Esprit, i domenicani con la rivista Sept amoreggiano con il socialismo e il marxismo. I cattolici liberali virano a sinistra e andranno sempre piú avanti su questa via.
    Dopo la liberazione essi si organizzano in un potente movimento politico, il MRP (Mouvement des Republicains Populaires) di cui Marc Sangnier fu, fino alla morte avvenuta nel 1950, il presidente onorario (21).
    Vedremo come nel 1946 il MRP doveva tradire vergognosamente la causa di Cristo Re.
    E l'enciclica? Docilmente la Chiesa celebra ogni anno, dal 1925, la festa di Cristo Re, ma vescovi, sacerdoti e fedeli non ne comprendono piú il significato (22).

    Il MRP e la festa di Cristo Re.
    Nel 1946 fu necessario dare alla Francia una nuova costituzione. I comunisti presentarono una proposta in parlamento chiedendo che la laicità dello Stato fosse esplicitamente menzionata, cosa a cui gli autori del progetto costituzionale non avevano pensato.
    Il MRP era allora un partito potente e i suoi deputati costituivano un terzo del parlamento. Ma, per le ragioni dette, questo partito cattolico era liberale e non poco orientato a sinistra.
    Il progetto costituzionale era sostenuto dai socialisti e dai comunisti, che occupavano un terzo dei seggi, e combattuto invece dai deputati che sedevano alla destra del MRP, che costituivano il rimanente terzo, e pertanto il MRP era arbitro della situazione.
    Dimenticando completamente che Pio XI aveva istituito la festa di Cristo Re per ricordare ai cattolici il loro dovere di lottare contro il laicismo, frutto del liberalismo condannato dai Papi, il MRP, che poteva far respingere l'emendamento sulla laicità, si guardò bene dal farlo. Non ricordo piœ ora se votò a favore o si astenne, ma rimane sempre il fatto che fu grazie a un partito cattolico che la laicità dello Stato fu promossa per la prima volta al rango di legge costituzionale.
    E per una sorprendente coincidenza, nella quale vedo, per conto mio, uno scherzo del demonio, questa costituzione laica fu promulgata sulla gazzetta ufficiale con la data del 27 ottobre 1946, giorno della festa di Cristo Re!

    De Gaulle e la costituzione del 1958.
    Dodici anni dopo questa repubblica laica crolla senza gloria, e un generale cattolico è incaricato di proporre una nuova costituzione.
    Ma anch'egli è un cattolico liberale e inscrive anche la laicità dello Stato nella costituzione, che sottopone all'approvazione dei francesi mediante referendum.
    Un gruppo assai esiguo di cattolici anti-liberali fece una campagna contro questa costituzione empia, ma fu sconfessato dalla quasi totalità dei vescovi; bisognava salvare l' Algeria e l'impero. Il seguito lo si conosce.

    Pio XII.
    Pio XII è un Papa moderno che si preoccupa già dell'organizzazione di comunità di Stati.
    In un discorso del 6 dicembre 1953, dedicato a questo problema, egli ricorda, una volta ancora, i principi tradizionali: «[…] nessuna autorità umana, nessuno Stato, nessuna Comunità di Stati, qualunque sia il loro carattere religioso, possono dare un mandato positivo o una positiva autorizzazione d'insegnare o di fare ciò che sarebbe contrario alla verità religiosa o al bene morale» (23).
    Come Leone XIII, egli riconosce che l'ideale non è sempre realizzabile; è dunque spesso necessario usare tolleranza; ma, nella determinazione di ciò che occorre fare in pratica, lo statista cattolico «[…] nella sua decisione si lascerà guidare dalle conseguenze dannose, che sorgono dalla tolleranza, paragonate con quelle che mediante l'accettazione della formula di tolleranza verranno risparmiate alla Comunità degli Stati» (24).
    Le tesi sullo Stato, proprie del cattolicesimo liberale, erano una volta ancora condannate.
    Senza esito migliore.

    Da Pio XII ai nostri giorni.
    Le idee sovvertitrici dello stesso ordine naturale, segnatamente il marxismo, guadagnano tutti i giorni terreno.
    Ma la Chiesa, come in preda allo scoraggiamento, ha praticamente rinunciato a opporre loro la barriera invalicabile della sua dottrina. Pur affermando la sua volontà di non rinunciare a nulla, essa cerca compromessi con questo mondo, che non vuol piú intendere ragione. Ed è con questo stato d'animo che si apre il Vaticano II.

    Conclusione.
    In questo anno 1976, i francesi, costernati, si preoccupano dell'anarchia che regna dovunque, e specialmente del disorientamento della gioventú: anarchia nell'insegnamento, cinema pornografico, incitamento dei minori alla corruzione attraverso la libera vendita dei contraccettivi, aborto libero, ecc.

    [continua]

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    Predefinito Riferimento: Perchè il Concilio Vaticano II è eretico

    V - La dichiarazione del Vaticano II sulla libertà religiosa
    Essa segnerà un mutamento di rotta senza precedenti nella storia della Chiesa.

    Foro interno e foro esterno.
    Non si possono cogliere le contraddizioni tra la dottrina tradizionale e la dichiarazione del Vaticano II se non si distingue bene tra la libertà religiosa in foro interno e la libertà religiosa in foro esterno, distinzione che la dichiarazione ignora.
    Circa la libertà religiosa in foro interno, non si coglie nessuna contraddizione tra la dottrina tradizionale e quella esposta dal Concilio. Certamente, davanti a Dio, la libertà religiosa non è un diritto, poiché ogni uomo è tenuto a cercare la verità e ad aderirvi (come ricorda d'altra parte la dichiarazione conciliare). Ma se la posizione che l'uomo assume resta puramente interiore, questo è affare da regolarsi tra lui e Dio solo, e di cui i pubblici poteri non sono tenuti a occuparsi. In particolare, nessuna autorità umana ha il diritto di esercitare pressioni su qualcuno per forzarlo a credere (25).
    Ma, come ha sempre insegnato la Chiesa, la libertà religiosa in foro interno non implica affatto la libertà religiosa in foro esterno, vale a dire il diritto di praticare pubblicamente qualsiasi culto, di insegnare qualsiasi errore. La libertà di ognuno in questo campo è limitata infatti dal diritto degli altri a essere protetti contro le idee false, che possono essere tanto pericolose per le anime (e anche per l'uomo nella sua completezza) quanto la droga per i corpi.

    La dichiarazione del Vaticano II.
    Ecco qui il passo essenziale relativo all'argomento di cui trattiamo: «Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana ha diritto alla libertà religiosa. Questa libertà consiste in ciò, che tutti gli uomini devono essere immuni dalla coercizione da parte sia di singoli individui, sia di gruppi sociali e di qualsivoglia potestà umana, e in modo tale, che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza né sia impedito, entro debiti limiti, ad agire in conformità ad essa privatamente e pubblicamente, da solo o associato ad altri. Inoltre dichiara che il diritto alla libertà religiosa si fonda realmente sulla stessa dignità della persona umana, quale si conosce sia per mezzo della parola di Dio rivelata sia tramite la stessa ragione. Questo diritto della persona umana alla libertà religiosa dev'essere riconosciuto e sancito come diritto civile nell'ordinamento giuridico della società» (26).
    Notiamo anzitutto che non viene fatta alcuna distinzione tra foro interno e foro esterno, a proposito dei quali la dottrina tradizionale non ha la stessa posizione. Privatamente è il foro interno, pubblicamente è il foro esterno. Notiamo poi che la dichiarazione non fa alcuna differenza tra forzare ad agire e impedire ad agire. Secondo la dottrina tradizionale, lo Stato non può forzare qualcuno ad agire contro la sua coscienza, ma ha il diritto, per contro, in casi determinati, di impedirgli di agire secondo la sua coscienza (27).
    Il Concilio pone tuttavia una restrizione: «Entro debiti limiti», dice. Questa nozione assai vaga sarà precisata piú avanti. Lo Stato non ha il diritto d'intervenire se non quando l'ordine pubblico è minacciato: «Si fa quindi ingiuria alla persona umana e allo stesso ordine stabilito da Dio agli uomini, se si nega all'uomo il libero esercizio della religione nella società, una volta rispettato l'ordine pubblico giusto» (28).
    Il Concilio non ha voluto parlare solo della religione cattolica, ma di qualunque religione. Infatti, dopo avere spiegato che l'uomo è tenuto per obbligo morale a ricercare la verità e ad aderirvi, il Concilio dichiara: «Per cui il diritto a questa immunità perdura anche in coloro che non soddisfano all'obbligo di cercare la verità e di aderire ad essa» (29).
    Il Concilio non condanna totalmente lo Stato cattolico; lo accetta volentieri, ma alla condizione che sia accordata agli adepti delle altre religioni la stessa libertà di culto e di propaganda che ai cattolici: «Se, considerate le circostanze particolari dei popoli, nell'ordinamento giuridico di una società viene attribuito ad una determinata comunità religiosa uno speciale riconoscimento civile, è necessario che nello stesso tempo a tutti i cittadini e a tutte le comunità religiose venga riconosciuto e sia rispettato il diritto alla libertà in materia religiosa» (30).
    E piú avanti: «Nello stesso tempo i cristiani, come gli altri uomini, godono del diritto civile di non essere impediti di vivere secondo la propria coscienza. Vi è quindi concordia fra la libertà della Chiesa e quella libertà religiosa che dev'essere riconosciuta come un diritto a tutti gli uomini e a tutte le comunità e che dev'essere sancita nell'ordinamento giuridico» (31).
    Tutto questo era la condanna del concordato con la Spagna, stipulato esattamente dodici anni prima, che Pio XII aveva dichiarato essere uno dei migliori!
    Poiché molti Padri avevano fatto notare che non si faceva alcun cenno della differenza tra la verità e l'errore, tra la religione vera e le altre, si aggiunse un preambolo che ricordava come l'unica e vera religione fosse la religione cattolica. Ma questa aggiunta non infirma per nulla la tesi sulla libertà religiosa in foro esterno, sostenuta nella dichiarazione.

    La libertà religiosa e la Rivelazione. La dignità dell'uomo.
    Rifiutando sempre ogni distinzione tra foro interno e foro esterno, il Concilio afferma che: «una tale dottrina sulla libertà ha le sue radici nella Rivelazione divina, per cui tanto piú dai cristiani va rispettata con sacro impegno» (32). Come vedremo nel paragrafo seguente, Pio IX, nella Quanta cura, affermava il contrario. Egli diceva, infatti, che la libertà religiosa in foro esterno è «contro la dottrina delle Scritture, della Chiesa e dei Santi Padri» (33).
    I passi della Scrittura che condannano la libertà religiosa in foro esterno sono infatti innumerevoli. Per esempio, non è Dio stesso che ha ordinato a Gedeone di andare a rovesciare l'altare di Baal, che apparteneva allo stesso padre suo? (34).
    Il Concilio riconosce tuttavia come «la Rivelazione non affermi esplicitamente il diritto all'immunità dalla coercizione esterna in materia religiosa» (35).
    Ma allora, in che modo la dottrina conciliare ha la sua fonte nella Rivelazione? Nella maniera seguente (secondo il Concilio): è perché la Rivelazione «fa tuttavia conoscere la dignità della persona umana in tutta la sua ampiezza, mostra il rispetto di Cristo verso la libertà dell'uomo nell'adempimento del dovere di credere alla parola di Dio, e ci insegna lo spirito che i discepoli di un tale Maestro devono assimilare e manifestare in ogni loro azione» (36).
    Mi sembra chiaro come questo si applichi alla libertà religiosa in foro interno, ma non vedo il rapporto con la libertà religiosa in foro esterno.
    Comunque, la dichiarazione afferma a piú riprese che le sue tesi sono fondate sulla nozione della dignità dell'uomo. Siccome gli estensori della dichiarazione traggono conclusioni contrarie a proposizioni infallibilmente definite, bisogna concludere che nel loro ragionamento vi è qualche cosa che non va.
    Dov'è l'errore? Alla Chiesa docente tocca dirlo. Con tutto il rispetto dovuto a questa Chiesa docente, e lasciando impregiudicato il suo giudizio, si può pensare che non si sia tenuto sufficientemente conto non solo dei diritti del prossimo, ma anche della dignità di Dio, la quale, in caso di conflitto, ha la meglio sulla dignità dell'uomo.

    Conclusione.
    Questi sono i testi, ed è sufficiente leggerli per constatare che le tesi del Concilio sulla libertà religiosa in foro esterno sono in contraddizione con la dottrina tradizionale. La dichiarazione ci dice che «questo Concilio Vaticano scruta la tradizione sacra e la dottrina della Chiesa, dalle quali trae nuovi elementi sempre in armonia con quelli già posseduti» (37).
    Di fatto la dichiarazione si riferisce diciotto volte a testi pontifici. Perché non si fa alcuna menzione delle encicliche Mirari vos, Quanta cura e del Sillabo?
    Guardiamo dunque piú da vicino ciò che diceva Pio IX nella Quanta cura.


    VI - La dichiarazione del Vaticano II di fronte alle condanne infallibili della Quanta cura.
    La Quanta cura è una delle rarissime encicliche che sia un documento ex cathedra. Poiché i redattori della dichiarazione non ne hanno tenuto alcun conto, credo anzitutto necessario ricordare le condizioni della infallibilità, che ogni teologo e ogni cattolico colto dovrebbe peraltro conoscere!

    Le condizioni dell'infallibilità pontificia.
    Andiamo direttamente alla fonte: la costituzione sulla Chiesa del Vaticano I (1870): «Quindi Noi aderendo fedelmente alla tradizione ricevuta dai primi tempi della fede cristiana, a gloria di Dio nostro Salvatore, ad esaltazione della religione cattolica e della salute dei popoli cristiani, approvante il sacro Concilio, insegniamo e definiamo essere dogma divinamente rivelato, che il Romano Pontefice, quando parla ex Cathedra, cioè quando, adempiendo l'ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i Cristiani, in virtú della sua suprema Autorità apostolica, definisce una dottrina riguardante la fede ed i costumi, da tenersi da tutta la Chiesa: in virtú della divina assistenza a lui promessa nella persona del beato Pietro, è dotato di quella infallibilità, della quale il divino Redentore volle che fosse fornita la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede o ai costumi; e che perciò tali definizioni del Romano Pontefice per sé stesse, e non già mediante il consenso della Chiesa, sono irreformabili. Se poi qualcuno oserà, che Dio non lo permetta!, di contraddire a questa Nostra definizione: sia anàtema» (38).
    Di qui le quattro ben note condizioni della infallibilità pontificia:
    1. Il Papa deve parlare come pastore e dottore di tutti i cristiani.
    2. Si deve trattare di fede o di costumi.
    3. Il Papa deve definire, vale a dire ben precisare le tesi in questione e dire chiaramente da che parte sta la verità.
    4. Il Papa deve, almeno implicitamente, obbligare i fedeli ad accettare la sua definizione.

    È importante notare che l'infallibilità pontificia non data dal 1870. Come ricorda Pio IX nella sua definizione, si tratta di una «tradizione ricevuta dai primi tempi della fede cristiana». Pio IX, nel 1870, non ha fatto che mettere fine a una controversia. Non si deve dunque pretendere che i documenti pontifici anteriori al 1870, e che soddisfano le quattro condizioni precisate da Pio IX, non siano coperti d'infallibilità.

    L'infallibilità delle condanne della Quanta Cura.
    Ecco ciò che si può leggere in questa enciclica:
    «In tanta igitur depravatarum opinionum perversitate, Nos Apostolici Nostri Officii memores, ac de sanctissima nostra religione, de sana doctrina, et animarum salute Nobis divinitus commissa, ac de ipsius humanæ societatis bono maxime solleciti, Apostolicam Nostram vocem iterum extollere exstimavimus. Itaque omnes et singulas pravas opiniones ac doctrinas singillatim hisce Litteris commemoratas auctoritate Nostra Apostolica reprobamus, proscribimus atque damnamus, easque ab omnibus catholicæ Ecclesiæ filiis, veluti reprobatas, proscriptas atque damnatas omnino habere volumus et mandamus».

    [«In tanta perversità di errate opinioni, Noi dunque, giustamente memori del Nostro Apostolico Ufficio, e paternamente solleciti della Nostra santa religione, della sana dottrina e della salute delle anime, a Noi commesse da Dio, e del bene della stessa umana società, abbiamo stimato bene innalzare di nuovo la Nostra Apostolica voce. Pertanto, con la Nostra Autorità Apostolica riproviamo, proscriviamo e condanniamo tutte e singole le prave opinioni e dottrine ad una ad una ricordate in questa lettera e vogliamo e comandiamo che tutti i figli della Chiesa cattolica le ritengano come riprovate, proscritte e condannate» (39).]

    È evidente che le quattro condizioni della infallibilità sono qui riunite:
    1. Il Papa precisa di agire in virtú della sua carica e della sua autorità apostolica.
    2. Si tratta di costumi. Il Papa si propone di giudicare la moralità delle leggi sulla tolleranza o l'intolleranza promulgate dagli
    Stati.
    3. Come si vedrà, le proposizioni condannate sono enunciate in termini chiari e precisi.
    4. Il Papa indica esplicitamente che i fedeli devono accettare le condanne da lui comminate.

    Notiamo bene che l'infallibilità non verte su tutto ciò che dice Pio IX nell'enciclica, ma unicamente su «tutte e singole le prave opinioni e dottrine ad una ad una ricordate in questa lettera». Queste opinioni sono infallibilmente condannate da quando il Papa le ha chiaramente definite. Tutto ciò appare chiaro a un semplice laico quale sono. Fino a tempi assai recenti, tutti i teologi erano d'accordo nel riconoscere il carattere di infallibilità delle condanne sancite da Pio IX nella Quanta cura (8.12.1864). Contestandolo, oggi, i difensori della dichiarazione sulla libertà religiosa si rendono conto di mettere in causa tutta la dottrina della infallibilità pontificia, come è stata infallibilmente definita da Pio IX nel 1870?

    Tre proposizioni condannate.
    Le proposizioni condannate dall'enciclica Quanta cura sono numerose. Ne esaminerò solo tre. Si trovano nel passo seguente, dove le ho messe in evidenza chiamandole A, B, C.
    «E contro la dottrina delle Scritture, della Chiesa e dei Santi Padri non dubitano di asserire:
    «[A] “La migliore condizione della società è quella in cui non si riconosce nello Stato il dovere di
    reprimere con pene stabilite i violatori della religione cattolica, se non in quanto ciò richiede la
    pubblica quiete”.
    «Da questa idea di governo dello Stato, che è del tutto falsa, non temono di dedurre quell'altra
    opinione sommamente dannosa alla Chiesa cattolica e alla salute delle anime, chiamata deliramento
    dal Nostro Predecessore Gregorio XVI di r. m. e cioé:
    «[B] “La libertà di coscienza e dei culti è diritto proprio di ciascun uomo,
    «[C] “che si deve proclamare con legge in ogni società costituita […]» (40).

    Perché non vi sia alcun dubbio possibile sul senso delle proposizioni A, B, C, eccone il testo latino:
    «[A] “Optimam esse conditionem societatis, in qua imperio non agnoscitur officium coercendi sancitis
    pœnisviolatores catholicæ religionis, nisi quatenus pax publica postulet”.
    «[B] “Libertatem conscientiæ et cultum esse proprium cuiuscumque hominis jus,
    «[C] “quod lege proclamari, et asseri debet in omni recte constituta societate […]».

    Ora, come risulta dalla prima citazione fatta, il Vaticano II afferma lecito esattamente tutto ciò che condanna Pio IX:
    1. Il Vaticano II non riconosce al potere pubblico il dovere di reprimere le violazioni della legge cattolica poiché:
    «In materia religiosa nessuno […] sia impedito […] ad agire in conformità ad essa [la sua
    coscienza] […] pubblicamente [foro esterno], da solo o associato ad altri».
    2. Per il Vaticano II, la persona umana ha diritto alla libertà religiosa.
    3. Questo diritto della persona umana alla libertà religiosa, nell'ordine giuridico della società deve essere
    riconosciuto in modo tale che costituisca un diritto civile.

    Vi è dunque opposizione tra le condanne pronunciate in forma infallibile da Pio IX e la dichiarazione del Vaticano II, che, dato il suo «carattere pastorale», «ha evitato di pronunciare in modo straordinario dogmi dotati della nota di infallibilità» (41), come lo stesso Santo Padre ha confermato.


    VII - Conclusioni
    Lascio al lettore la cura di trarre le conclusioni. Ma insieme a migliaia di cattolici costernati, àuspico soprattutto che siano tirate dalla nostra santa Madre Chiesa, alla quale intendiamo restare fedeli.


    NOTE
    1 - Cfr. MICHEL MARTIN, Vous vous faites Athanase, in Courrier de Rome, Parigi, gennaio 1976, anno X, n. 153. (su!)
    2 - È assolutamente evidente che una semplice dichiarazione del Santo Padre comunicante a mons. Lefèbvre che le
    decisioni sulla Fraternità Sacerdotale San Pio X sono giustificate dalla «sua opposizione pubblica e persistente al
    Concilio Vaticano II», non basterebbe a scagionare questo Concilio dalle accuse di cui è fatto oggetto. (su!)
    3 - Precisiamo bene, per evitare ogni malinteso, che in questo articolo non si tratterà mai del liberalismo economico.
    Questa è una teoria alla quale la nostra epoca sa ormai opporre soltanto il socialismo, che è un rimedio peggiore del
    male. (su!)
    4 - JACQUES MITTERAND, La politique des Francs-Maçons, Roblot, Parigi. 1973. (su!)
    5 - Eccone un esempio. La dottrina cattolica afferma che l'uomo è stato creato direttamente da Dio. L'evoluzione (che
    non ha nessun fondamento scientifico serio e che è anche contraddetta dalle ultime scoperte della biologia) afferma
    al contrario che l'uomo discende dall'animale. Il compromesso proposto da numerosi teologi sta, in proposito, nel dire
    che certamente l'uomo discende dall'animale ma che Dio è intervenuto direttamente, non solo per la creazione di
    un'anima immortale, ma anche per il perfezionamento del suo corpo. (su!)
    6 - LEONE XIII. Enciclica Annum Sacrum. del 25.5.1899, cit. in Pio XI, Enciclica Quas primas,
    dell'11.12.1925, in La paceinterna delle nazioni. Insegnamenti pontifici a cura dei monaci di Solesmes, trad. it.,
    Edizioni Paoline, 2a ed., Roma 1962, p. 339. Con questa enciclica Pio XI istituisce la festa di Cristo Re. (su!)
    7 - PIO XI, doc. cit., ibid., p. 340. (su!)
    8 - LEONE XIII. Enciclica Immortale Dei, dell'1.11.1885, ibid., pp. 118 e 119. (su!)
    9 - Con eccessi di zelo certo condannabili, ma molto meno offensivi nei riguardi di Dio della laicità dello Stato. Non
    avendo ben compresa la distinzione dei poteri spirituale e temporale, Costantino, per esempio, convocò lui stesso il
    Concilio di Nicea e ne fissò il programma. Questo sconfinamento nelle prerogative del Papa non impedirà a Nicea di
    essere il concilio ecumenico piú importante. (su!)
    10 - La Documentation Catholique, del 20.9.1953. La sottolineatura è nostra. (su!)
    11 - Ibid., del 30.9.1946. Le sottolineature sono nostre. (su!)
    12 - La revoca dell'editto di Nantes da parte di Luigi XIV segnò, certo, un ritorno ai principi della Chiesa cattolica, ma le
    persecuzioni contro i protestanti, che precedettero e seguirono questa revoca (soprattutto le cosiddette
    dragonnates), sono contrarie alla dottrina della Chiesa, che non ha mai cessato di insegnare che nessuno può
    essere forzato a credere. Queste persecuzioni gettano un'ombra sul regno di Luigi XIV e hanno contribuito alla
    comparsa, centocinquant'anni dopo, del cattolicesimo liberale. (su!)
    13 - Il diritto di intervento dello Stato nella nomina dei vescovi ha sempre irritato i cattolici liberali, che rifiutano di
    capire che, poiché la Chiesa e lo Stato hanno giurisdizione sugli stessi soggetti, devono collaborare. Questi cattolici
    liberali si fanno delle illusioni sulla libertà assicurata alla Chiesa dalla separazione di Chiesa e Stato. Lo Stato
    conosce troppo bene l'influenza dei vescovi per rinunciare ad avere diritto di intervento nella loro nomina. Nei paesi
    come la Francia, in cui la Chiesa è separata dallo Stato, il controllo di quest'ultimo non si esercita in misura minore,
    anche se in modo non ufficiale, e lo Stato dispone di tutti i mezzi di pressione per far rispettare i suoi veti. (su!)
    14 - La Chiesa condanna la libertà di coscienza, ma si può evitare una interpretazione erronea di questa condanna
    soltanto se si distingue bene tra il foro interno e il foro esterno. (su!)
    15 - GREGORIO XVI, Enciclica Mirari vos, del 15.8.1832, in La pace interna delle nazioni, cit., p. 37. Le
    sottolineature sono nostre. (su!)
    16 - PIO IX, Sillabo, Edizioni Paoline, Roma 1961, 2a ed., pp. 26 e 30. La sottolineatura è nostra. (su!)
    17 - L'infallibilità del Sillabo è stata contestata. Infatti non è manifesta la realizzazione della quarta condizione
    dell'infallibilità. Vedi parte VI. (su!)
    18 - SAN PIO X, Enciclica Vehementer, dell'l 1.2.1906, in Tutte le encicliche dei Sommi Pontefici, raccolte e
    annotate da Eucardio Momigliano, Dall'Oglio Editore, 4a ed., Milano 1959, p. 564. (su!)
    19 - PIO XI, Enciclica Quas primas, cit., in La pace interna delle nazioni, cit., p. 344. (su!)
    20 - Ibid., p. 343. Le sottolineature sono nostre. Si distingue talora tra la laicità dello Stato, che è una situazione
    giuridica, e il laicismo, che sarebbe soltanto una concezione della vita, e si afferma che Pio XI avrebbe avuto in vista
    solamente il laicismo. Basta leggere correttamente l'enciclica per constatare che Pio XI ha condannato nello stesso
    tempo il laicismo e la laicità. Ricordiamo che nella prospettiva della laicità lo Stato non tollera l'insegnamento
    dell'errore, gli dà gli stessi diritti dell'insegnamento della verità. Non mette in guardia contro l'errore. Lascia che si
    propaghi, qualunque ne siano le conseguenze per la rovina della società. Il laicismo è quindi l'espressione del
    liberalismo. (su!)
    21 - Il Sillon di Marc Sangnier fu condannato nel 1910 da san PioX. Marc Sangnier si sottomise senza riserva, ma non
    si coglie bene la differenza tra le idee da lui sostenute prima e dopo la condanna. (su!)
    22 - Tutti gli anni, alla fine della messa di Cristo Re, avvicino il predicatore e gli chiedo se sa perché Pio XI ha istituito
    questa festa. Non lo sa. E quando gli dico che lo ha fatto per lottare contro questa peste che infetta la società umana
    e che è il laicismo, mi guarda con gli occhi spalancali: non capisce. Le mie parole fanno su di lui lo stesso effetto che
    gli farebbero se gli dicessi che Pio XI ha voluto lottare contro questa peste della società moderna che è il telefono o
    l'automobile. (su!)
    23 - PIO XII, Discorso ai partecipanti al V Congresso Nazionale della Unione Giuristi Cattolici Italiani, del 6.12.53, in
    Discorsi e Radiomessaggi, vol. XV, p. 487. (su!)
    24 - Ibid., p. 489. (su!)
    25 - Certamente questo principio, in passato, è stato spesso trasgredito da re cattolici e anche da esponenti del clero.
    Ma si tratta di deplorevoli abusi che la Chiesa ha sempre condannato. (su!)
    26 - Concilio Ecumenico Vaticano II. Dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanæ, n. 2. La traduzione è
    quella del Dizionario del Concilio Ecumenico Vaticano II, Unedi-Unione Editoriale, Roma 1969. In tutte le citazioni
    di testi conciliari le sottolineature sono nostre. (su!)
    27 - Per esempio: la diffusione di teorie sovversive. ecc. (su!)
    28 - Concilio Ecumenico Vaticano II, doc. cit., n. 3. (su!)
    29 - Ibid., n. 2. (su!)
    30 - Ibid., n. 6. (su!)
    31 - Ibid., n. 13. (su!)
    32 - Ibid., n. 9. (su!)
    33 - PIO IX. Enciclica Quanta cura, dell'8.12.1864, Edizioni Paoline, 2a ed., Roma 1961, p.4. (su!)
    34 - Cfr. Giudici, 6, 25. (su!)
    35 - Concilio Ecumenico Vaticano II, doc. cit., n. 9. (su!)
    36 - Ibidem. (su!)
    37 - Ibid., n. 1. (su!)
    38 - Concilio Vaticano I, Costituzione apostolica Pastor Æternus, del 18.7.1870, in La Chiesa. Insegnamenti
    pontifici a cura dei monaci di Solesmes, trad. it., Edizioni Paoline, Roma 1967, vol. I, pp. 291-292. Le sottolineature
    sono nostre. (su!)
    39 - PIO IX, Enciclica Quanta cura, cit., pp. 8-9. Le sottolineature sono nostre. (su!)
    40 - Ibid., p. 4. (su!)
    41 - PAOLO VI, Allocuzione dell'udienza generale del 12.1.1966, in Insegnamenti, vol. IV, p. 700. (su!)

    fonte: http://www.unavox.it/051b.htm

    FINE

 

 
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