Sud discriminato persino nelle carceri: più reclusi e meno permessi premio | Il Garantista
Sud discriminato persino nelle carceri: più reclusi e meno permessi premio
Posted on 31 luglio 2015 by Redazione in Lettere dal carcere with 1 Comment
Persino nelle carceri il Mezzogiorno si scopre separato dal resto d’Italia. Tra i dati forniti nell’ultimo rapporto di Antigone, presentato ieri, questo è un motivo di allarme in parte imprevisto. Che attenua altri aspetti almeno incoraggianti, seppur non ancora del tutto positivi, svelati dall’annuale ricognizione sul sistema penitenziario. Ebbene, secondo lo studio si registra da una parte una significativa diminuzione delle persone recluse, ancor più notevole soprattutto se raffrontata con i dati del 2010, l’anno dei record: 52.754 detenuti al 30 giugno (di cui 2.262 donne) contro i 68.258 di cinque anni fa.
Dall’altra però la tendenza è smentita per chi è originario di tre grandi regioni del Centrosud, Campania, Calabria e Abruzzo, oltre che del Molise: sono infatti in aumento i detenuti provenienti da queste parti del Paese. A fare eccezione, tra i meridionali, sono in pratica solo i pugliesi, passati dai 4.978 del 2005 agli attuali 3.730.
Il tutto in un quadro composto da segnali positivi, riconducibili secondo Antigone alle «riforme messe in campo dal 2012 e consolidate di recente» e nello stesso tempo dall’urgenza di rafforzare le misure alternative. Che sono ancora insufficienti, se si pensa per esempio che il 55,8% di chi sconta una condanna dietro le sbarre (ben 19.130 persone) deve espiare una pena inferiore a 3 anni, e potrebbe accedere appunto a forme diverse di esecuzione penale. Non è un caso, e certo è assai utile, che il rapporto di Antigone arrivi nel pieno dello svolgimento degli “Stati generali dell’esecuzione della pena”.
I lavori convocati dal ministro della Giustizia Andrea Orlando puntano proprio a rafforzare questo specifico aspetto. Ci vorrà certo tutta la determinazione politica del guardasigilli per arrivare una svolta, destinata a non incontrare immediatamente fragorosi consensi nell’opinione pubblica. Così come servirà un po’ di sfacciato coraggio per spingere su un altro punto, segnalato dai Radicali e riproposto da Antigone: una politica finalmente antiproibizionista sulle droghe.
Non più rinviabile, dice sempre il rapporto, se si pensa che le persone in carcere per reati relativi alle norme sugli stupefacenti sono oggi 18.312. «Alcune migliaia di tossicodipendenti», spiega l’associazione, «sono dentro per reati contro il patrimonio: tutto si risolverebbe con la legalizzazione, oltre al fatto che lo Stato guadagnerebbe molti soldi dalla tassazione pubblica».
Il percorso è tutt’altro che compiuto, insomma. Anche perché se il sovraffollamento non ha più le proporzioni catastrofiche di qualche anno fa, resta il fatto che i posti regolamentari sono pur sempre oltre 3.000 in meno (esattamente 49.552) rispetto al numero dei reclusi. E poi c’è quell’odioso retrogusto di un’Italia che vede divaricarsi i livelli di tenuta civile persino in un ambito tipicamente statale come quello penitenziario.
Oltre al brutto dato dell’aumento in controtendenza per i carcerati nati in Campania, Calabria e Abruzzo, ci sono anche dati come quello sui permessi-premio a sancire la secessione del Mezzogiorno: in Puglia, Calabria e Lazio viene concesso circa un permesso ogni 10 detenuti, in Sardegna 5 ogni 10, in Lombardia 6 ogni 10. Anche su questi numeri, studiosi e carcerati al lavoro negli “Stati generali” dovranno per forza interrogarsi