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    Predefinito Tutti gli scheletri del supermoralista.

    di P. Bracalini

    E adesso, che fine farà la campagna per il «Parlamento pulito», adesso che tra i non puliti, gli onorevoli inquisiti da tenere a debita distanza, c’è pure lui, il campione dei valori, il Mastrolindo della politica italiana, l’eroe della legalità, Antonio Di Pietro?
    Azzardiamo un pronostico: non cambierà assolutamente niente, tutto come se nulla fosse.
    In fondo è la specialità di Tonino, capace come pochi altri di ficcarsi sempre in tremendi pastrocchi ma di uscirne sempre con la stessa olimpica nonchalance.
    Anche perché, diversamente da molti suoi nemici, il più delle volte peones o moralisti improvvisati (mentre lui ha il master in quella materia), non sono minimamente all’altezza del suo talento comunicativo e della sua micidiale capacità - ereditata dai vecchi mestieri di poliziotto e magistrato - di archiviare, raccogliere e ritrovare all’occorrenza carte giudiziarie e documenti per controbattere, «carte alla mano», alla accuse.
    Usando tra l’altro tutte le risorse tecnologiche disponibili, come un vero smanettone: Twitter, YouTube, Facebook, le pagine web del suo blog, quelle del sito Idv.

    Quando non funziona, passa alle querele, di cui è indiscusso leader in Parlamento.
    Anche quando si parla di vicende che diventano poi oggetto di indagini giudiziarie, come appunto la questione dei rimborsi elettorali per l’associazione Idv.
    Nel dubbio, Di Pietro cita in giudizio, chiedendo solitamente un bel patrimonio di risarcimento.

    È capitato quando il Giornale ha scritto della strana ambiguità tra partito e associazione di famiglia.
    Tonino si è sentito diffamato e ci ha portati in tribunale.
    Ora però un altro tribunale, quello di Roma, vuol veder chiaro, proprio su quella storia.

    La carriera da supermoralista è dura, non ammette macchie, e se ogni tanto ne spuntano, Di Pietro ha pronto un suo speciale smacchiatore istantaneo: negare qualsiasi evidenza.
    Spuntano le foto di lui e Bruno Contrada pochi giorni prima dell’arresto del questore per collusioni mafiose? Era solo una cena con dei servitori dello Stato.
    Affiorano foto di Di Pietro con mafiosi bulgari? Sì ma lui non sapeva che fossero criminali.
    Ci sono foto di Tonino con un esponente della ’ndrangheta di Varese? Sì, ma non lo sapeva.
    La tesoriera del suo partito abita in una casa di Propaganda Fide, presa all’epoca Balducci? È un altro caso.
    Il giornale dell’Idv prese la sede in un appartamento di proprietà di Propaganda Fide, epoca Balducci? Ma che volete, ancora un caso.
    Di Pietro aveva rapporti con quel Saladino al centro dell’inchiesta «Why not»? Ma suvvia, lo conosceva appena.
    Tonino ebbe Balducci come presidente del Consiglio dei lavori pubblici al ministero? Sì ma lo conosceva appena, e lo spostò subito.
    Anche Mario Mautone, il provveditore alle Opere pubbliche della Campania e del Molise, indagato a Napoli, era con lui al ministero? Un altro che conosceva appena, e poi lo spostò subito.
    Ha fatto ristrutturare a spese del partito un appartamento a Roma che risulta sua proprietà privata e non sede di partito? Ma no, in quei mesi era adibita temporaneamente a sede di partito.
    Acquistò in svendita una Mercedes da Giancarlo Gorrini, imprenditore poi accusato di bancarotta fraudolenta, e vari favori da Antonio D’Adamo, costruttore inquisito? Macché, tutte malignità, tutto in regola.
    Nel partito riciclati, inquisiti e impresentabili? Sì vabbè, ma le mele marce ci sono anche nei cesti più pregiati, se ci sono non se n’era accorto, e prossimamente metterà le cose a posto.

    Il supermoralista lo ripete spesso: appena c’è un sospetto, bisogna correre dai magistrati e raccontare tutto per aiutare le indagini.
    Ecco, il fatto curioso è che ultimamente a Di Pietro tocca correre spesso dal magistrato.
    È successo due anni fa, quando corse alla Procura di Napoli e parlò per tre ore con i pm che indagavano il figlio Cristiano nella vicenda degli appalti e raccomandazioni a Napoli e in Molise.
    È risuccesso recentemente, con la Procura di Perugia, dove Tonino si è precipitato per raccontare due o tre cose sul conto della cricca, che lo aveva tirato in ballo per gli appartamenti a Roma e altre faccende come l’Auditorium di Isernia (ma Di Pietro è totalmente estraneo, come sempre).
    È ri-risuccesso adesso, con la Procura di Roma, a cui Tonino dovrà fornire carte e informazioni per dimostrare, come dice lui, che è tutto in regola nell’amministrazione delle casse del partito.

    Fuori e dentro dalle aule giudiziarie, ma sempre per sbaglio, perché lui non c’entra mai.
    È come Jessica Rabbit: non è che sia ambiguo, sono gli altri a dipingerlo così.

    alla pg. 3 de ilgiornale.it del 22 06 2010

    saluti

  2. #2
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    Predefinito Rif: Tutti gli scheletri del supermoralista.

    Di Pietro nei guai!

    di G. M. Chiocci.

    Che la gestione dei soldi all’interno dell’Italia dei Valori fosse un gran casino, il Giornale l’ha scritto e documentato almeno venticinque volte. L’ultima il 4 giugno scorso quando ha spiattellato i dettagli di una nuova inchiesta della procura di Roma che oggi ha portato il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, ad essere iscritto sul registro degli indagati.
    Il reato ipotizzato? Quello previsto dall’articolo 640 del codice penale: truffa.

    La vicenda è nota ai lettori e riguarda presunti illeciti collegati alla riscossione dei rimborsi elettorali da parte del presidente del partito del gabbiano a far data dal 2004 (e forse prima), anno in cui l’ex pm di Mani Pulite si alleò per le Europee con il gruppo politico di Achille Occhetto, denominato il Cantiere, e con Elio Veltri, suo vecchio amico.
    Aperte le urne, conosciute le intenzioni di Tonino di tenersi i rimborsi per sé, Occhetto e Veltri promossero due, anzi tre iniziative.
    La prima contro l’Idv.
    La seconda contro la Camera (nei confronti della quale ottennero un clamoroso decreto ingiuntivo di rilevante importo).
    La terza sulla dicotomia Associazione Idv-Partito Idv approdata anche negli uffici giudiziari delle Capitale e sfociata in una serie di accertamenti della Gdf che hanno «obbligato» i pm romani Attilio Pisani e Alberto Caperna a mettere sott’inchiesta Di Pietro.

    Stando agli esposti presentati a più riprese da Veltri, il politico di Montenero di Bisaccia avrebbe costituito ad hoc un’«associazione» privata composta da tre persone (lui, la moglie Susanna Mazzoleni, la tesoriera del partito Silvana Mura) spacciandola per il «movimento-partito» che al pari degli altri «partiti» è il solo autorizzato a presentare le liste e a incassare i fondi.
    Sostituzione giocata sull’omonimia se è vero che l’Associazione privata ha la stessa denominazione del Partito-Movimento.
    In questo modo, sempre secondo le carte in mano alla procura, l’«Associazione Italia dei Valori» si sarebbe sostituita al «Movimento-Partito Italia dei Valori» ricorrendo ad autodichiarazioni false al fine di ingannare i controllori della Camera dei Deputati e far confluire i rimborsi in un conto corrente bancario nella sola disponibilità dei soci dell’Associazione (Di Pietro, Mazzoleni, Mura) anziché in quella del Partito.

    Nonostante l’ordinanza del tribunale di Roma del 23 luglio 2008 abbia sancito la «diversità» fra i due soggetti giuridici, Di Pietro continua a rivendicare onestà e limpidezza di comportamenti sostenendo che l’Associazione «è il Partito».

    Quando la questione dei soldi nel partito venne sollevata dal Giornale, Di Pietro corse (da solo) dal notaio e modificò (sempre da solo) lo statuto. Così a dicembre 2009, sulla scia di nuove carte che dimostravano la «diversità» dell’Associazione dal Partito, Tonino si è recato nuovamente dal notaio per evitare confusione, di nomi e di ruoli, per sanare eventuali anomalie e per ufficializzare, una volta per tutte, l’unicità dei due diversi soggetti.
    A differenza del solito, però, erano presenti anche i componenti dell’ufficio di presidenza del Partito (Donadi, Orlando e Belisario) che nero su bianco hanno ratificato la circostanza - essenziale per il percepimento dei fondi elettorali - che il codice fiscale del Partito (sino ad allora inesistente) era in realtà il numero «90024590128», guarda un po’ lo stesso, identico codice fiscale dell’Associazione di «famiglia» utilizzato per incassare i rimborsi elettorali.
    E così, come scrivevamo il 6 febbraio scorso, finiva in procura la prova documentale dello scippo del codice fiscale di un soggetto giuridico non legittimato a recepire i fondi pubblici (l’Associazione) a un soggetto giuridico che quella legittimazione ce l’avrebbe avuta ma non l’avrebbe potuta esercitare essendo sprovvisto del codice fiscale (il Partito).
    Ma non a Roma, bensì a Milano.
    Dove il presidente del tribunale, in persona, sollecitava gli ex colleghi di Tonino ad approfondire le contestazioni evidenziate da Veltri.
    Il pm Eugenio Fusco, esperto in questioni finanziarie, iscriveva la pratica a modello 44 ( notitia criminis infondata).
    Nemmeno quattro mesi dopo, quella stessa notizia infondata è stata giudicata fondata a Roma che ha iscritto Di Pietro a modello 21.

    Dal suo blog Tonino ha diffuso una lunga memoria preannunciando querela all’ex amico Elio.
    «È sempre la solita storia trita e ritrita - scrive - già più volte si sono espresse le varie procure, archiviando il caso.
    Roma non poteva non procedere, anche questa volta, a seguito del solito esposto», ma ancora una volta «porteremo le carte per dimostrare che è tutto in regola, come peraltro hanno accertato ormai da tempo non solo plurime autorità giudiziarie, ma anche, da ultimo, l’Agenzia delle Entrate e gli organi di controllo amministrativi e contabili. Ci vuole pazienza, ci sono persone che non si rassegnano alla propria sconfitta politica e continuano ad infangare gli altri.
    Male non fare, paura non avere».

    alla pg. 2 de ilgiornale.it del 22 06 2010

    saluti

  3. #3
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    Predefinito Rif: Tutti gli scheletri del supermoralista.

    Il pm senza casacca lo mette sotto accusa.

    di Anna Maria Greco

    Romano, cinquant’anni, Attilio Pisani da oltre un decennio è sostituto procuratore nella capitale.
    Il pm che ha indagato per truffa l’ex collega Antonio Di Pietro, insieme all’aggiunto Alberto Caperna (responsabile del pool di reati a danno della pubblica amministrazione e in questi giorni impegnato nelle inchieste sugli appalti al G8), in passato è stato nel gruppo «colpe professionali» ed è ritenuto un esperto di responsabilità medica.

    Si è infatti occupato di questioni legate ai camici bianchi e di problemi come l’eutanasia e ha seguito inchieste che riguardavano la questione delle trasfusioni ai Testimoni di Geova, come nel 2004, operazioni come quella del 2007 al Policlinico romano a una donna alla quale si sospettava fosse stato asportato per errore un organo sano o, nel 2008, un’email ritenuta diffamatoria che circolava all’università Cattolica di Milano quando scoppiò lo scandalo Parentopoli, perché un posto di ricercatore in Medicina era stato attribuito a una laureata in Lettere.

    Pisani è anche stato vari anni alla Corte costituzionale, dove ha lavorato prima all’ufficio ruolo in massimario e, dal ’93, come assistente del giudice Fernando Santosuosso, che veniva dalla Cassazione ed è un grande esperto di bioetica. Passò alla Procura di Roma prima che il mandato del giudice costituzionale scadesse nel 2001.

    Ai suoi colleghi non risulta che sia un pm impegnato «politicamente», in una o nell’altra delle correnti della magistratura.
    Qualcuno anzi lo definisce «un battitore libero».

    Sui giornali il suo nome è finito recentemente, per la vicenda della lettera su Dagospia che criticava il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, riguardo allo stupro avvenuto a La Storta.
    Fu lui a chiedere 3 mesi di reclusione, per diffamazione, per Barbara Palombelli, l’ex assessore regionale Mario Di Carlo e Nicoletta Ercole, che proprio questo mese sono stati invece condannati solo a una multa.

    Nel 2005 il pm Pisani ha anche indagato sulla morte della pornostar Moana Pozzi, dopo la pubblicazione di un libro che sollevava dubbi sulla sua scomparsa.

    L’anno dopo si è occupato di liti familiari tra vip, in particolare della denuncia della moglie dell’arbitro Massimo De Santis, che rimase fuori casa perché lui aveva cambiato la serratura.

    su ilgiornale.it del 22 06 2010 pg. 2.

    saluti

  4. #4
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    Predefinito Rif: Tutti gli scheletri del supermoralista.

    Veramente il Pm senza casacca non ha messo sotto accusa nessuno, sta solo indagando sul venticinquesimo esposto su questa faccenda che per 25 volte è già stata archiviata.
    lo rimpiangerete, Renzi, KOGLIONI

  5. #5
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    Predefinito Rif: Tutti gli scheletri del supermoralista.

    Mi sembra che stavolta però ci sono degli elementi nuovi che rendono l'inchiesta molto più inquietante di quelle del passato.

  6. #6
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    Predefinito Rif: Tutti gli scheletri del supermoralista.

    Citazione Originariamente Scritto da mustang Visualizza Messaggio
    Di Pietro nei guai!

    di G. M. Chiocci.

    Che la gestione dei soldi all’interno dell’Italia dei Valori fosse un gran casino, il Giornale l’ha scritto e documentato almeno venticinque volte. L’ultima il 4 giugno scorso quando ha spiattellato i dettagli di una nuova inchiesta della procura di Roma che oggi ha portato il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, ad essere iscritto sul registro degli indagati.
    Il reato ipotizzato? Quello previsto dall’articolo 640 del codice penale: truffa.

    La vicenda è nota ai lettori e riguarda presunti illeciti collegati alla riscossione dei rimborsi elettorali da parte del presidente del partito del gabbiano a far data dal 2004 (e forse prima), anno in cui l’ex pm di Mani Pulite si alleò per le Europee con il gruppo politico di Achille Occhetto, denominato il Cantiere, e con Elio Veltri, suo vecchio amico.
    Aperte le urne, conosciute le intenzioni di Tonino di tenersi i rimborsi per sé, Occhetto e Veltri promossero due, anzi tre iniziative.
    La prima contro l’Idv.
    La seconda contro la Camera (nei confronti della quale ottennero un clamoroso decreto ingiuntivo di rilevante importo).
    La terza sulla dicotomia Associazione Idv-Partito Idv approdata anche negli uffici giudiziari delle Capitale e sfociata in una serie di accertamenti della Gdf che hanno «obbligato» i pm romani Attilio Pisani e Alberto Caperna a mettere sott’inchiesta Di Pietro.

    Stando agli esposti presentati a più riprese da Veltri, il politico di Montenero di Bisaccia avrebbe costituito ad hoc un’«associazione» privata composta da tre persone (lui, la moglie Susanna Mazzoleni, la tesoriera del partito Silvana Mura) spacciandola per il «movimento-partito» che al pari degli altri «partiti» è il solo autorizzato a presentare le liste e a incassare i fondi.
    Sostituzione giocata sull’omonimia se è vero che l’Associazione privata ha la stessa denominazione del Partito-Movimento.
    In questo modo, sempre secondo le carte in mano alla procura, l’«Associazione Italia dei Valori» si sarebbe sostituita al «Movimento-Partito Italia dei Valori» ricorrendo ad autodichiarazioni false al fine di ingannare i controllori della Camera dei Deputati e far confluire i rimborsi in un conto corrente bancario nella sola disponibilità dei soci dell’Associazione (Di Pietro, Mazzoleni, Mura) anziché in quella del Partito.

    Nonostante l’ordinanza del tribunale di Roma del 23 luglio 2008 abbia sancito la «diversità» fra i due soggetti giuridici, Di Pietro continua a rivendicare onestà e limpidezza di comportamenti sostenendo che l’Associazione «è il Partito».

    Quando la questione dei soldi nel partito venne sollevata dal Giornale, Di Pietro corse (da solo) dal notaio e modificò (sempre da solo) lo statuto. Così a dicembre 2009, sulla scia di nuove carte che dimostravano la «diversità» dell’Associazione dal Partito, Tonino si è recato nuovamente dal notaio per evitare confusione, di nomi e di ruoli, per sanare eventuali anomalie e per ufficializzare, una volta per tutte, l’unicità dei due diversi soggetti.
    A differenza del solito, però, erano presenti anche i componenti dell’ufficio di presidenza del Partito (Donadi, Orlando e Belisario) che nero su bianco hanno ratificato la circostanza - essenziale per il percepimento dei fondi elettorali - che il codice fiscale del Partito (sino ad allora inesistente) era in realtà il numero «90024590128», guarda un po’ lo stesso, identico codice fiscale dell’Associazione di «famiglia» utilizzato per incassare i rimborsi elettorali.
    E così, come scrivevamo il 6 febbraio scorso, finiva in procura la prova documentale dello scippo del codice fiscale di un soggetto giuridico non legittimato a recepire i fondi pubblici (l’Associazione) a un soggetto giuridico che quella legittimazione ce l’avrebbe avuta ma non l’avrebbe potuta esercitare essendo sprovvisto del codice fiscale (il Partito).
    Ma non a Roma, bensì a Milano.
    Dove il presidente del tribunale, in persona, sollecitava gli ex colleghi di Tonino ad approfondire le contestazioni evidenziate da Veltri.
    Il pm Eugenio Fusco, esperto in questioni finanziarie, iscriveva la pratica a modello 44 ( notitia criminis infondata).
    Nemmeno quattro mesi dopo, quella stessa notizia infondata è stata giudicata fondata a Roma che ha iscritto Di Pietro a modello 21.

    Dal suo blog Tonino ha diffuso una lunga memoria preannunciando querela all’ex amico Elio.
    «È sempre la solita storia trita e ritrita - scrive - già più volte si sono espresse le varie procure, archiviando il caso.
    Roma non poteva non procedere, anche questa volta, a seguito del solito esposto», ma ancora una volta «porteremo le carte per dimostrare che è tutto in regola, come peraltro hanno accertato ormai da tempo non solo plurime autorità giudiziarie, ma anche, da ultimo, l’Agenzia delle Entrate e gli organi di controllo amministrativi e contabili. Ci vuole pazienza, ci sono persone che non si rassegnano alla propria sconfitta politica e continuano ad infangare gli altri.
    Male non fare, paura non avere».

    alla pg. 2 de ilgiornale.it del 22 06 2010

    saluti
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    Nonostante l’ordinanza del tribunale di Roma del 23 luglio 2008 abbia sancito la «diversità» fra i due soggetti giuridici, Di Pietro continua a rivendicare onestà e limpidezza di comportamenti sostenendo che l’Associazione «è il Partito».

    *****
    Ho evidenziato lo stralcio suddetto perchè sembrerebbe che il Partito non è un'Associazione ed infatti non ha beccato un quattrino e ,in secondo luogo,che sia l'uno ,sia l'altra abbiano tuttavia lo stesso Statuto considerato che ,secondo il brigante molisano, fanno le stesse cose ma ha sentito il bisogno di scriverlo in un Atto presso un Notaio.
    Infine, se i magistrati lo hanno iscritto nel RDI significa che non vogliono essere presi per il naso; altro che "obbligo di legge".
    GLF

  7. #7
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    Predefinito Rif: Tutti gli scheletri del supermoralista.

    Forse è arrivato il momento che e lo togliamo di torno, ma ci credo poco.
    ADA

  8. #8
    brescianofobo
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    Predefinito Rif: Tutti gli scheletri del supermoralista.

    Citazione Originariamente Scritto da ada desantis Visualizza Messaggio
    Forse è arrivato il momento che e lo togliamo di torno, ma ci credo poco.
    ADA
    Cioè non ho capito, volete togliervi di torno di Pietro per via giudiziaria sulla base del fatto che i contributi elettorali li avrebbe incassati l'associazione e non il partito?

    Mi pare un po' debole come scandalo, se mi dimostrate che con i contributi elettorali andava a puttane magari ne riparliamo.

    ostridicolo:ostridicolo:
    Ultima modifica di brunik; 22-06-10 alle 20:51
    lo rimpiangerete, Renzi, KOGLIONI

  9. #9
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    Predefinito Rif: Tutti gli scheletri del supermoralista.

    Citazione Originariamente Scritto da brunik Visualizza Messaggio
    Cioè non ho capito, volete togliervi di torno di Pietro per via giudiziaria sulla base del fatto che i contributi elettorali li avrebbe incassati l'associazione e non il partito?

    Mi pare un po' debole come scandalo, se mi dimostrate che con i contributi elettorali andava a puttane magari ne riparliamo.

    ostridicolo:ostridicolo:
    Beh...questa si chiama truffa! Comunque ci sono altri ex-soci truffati da Di Pietro: Occhetto e Chiesa :giagia:

  10. #10
    brescianofobo
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    Predefinito Rif: Tutti gli scheletri del supermoralista.

    anche ammesso per assurdo che si trattasse di una truffa (cosa che non è perchè hanno già archiviato una caterva di volte sta menata): perchè dovrebbe dimettersi?
    Ultima modifica di brunik; 23-06-10 alle 10:04
    lo rimpiangerete, Renzi, KOGLIONI

 

 
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