un Tatuaggio e 27 Decorazioni Addio a Guillet, Grande Italiano
Era il solo italiano vivente a portare quattro ferite di guerra e 27 decorazioni (più un tatuaggio incisogli da un capotribù all' altezza del cuore), ad aver guidato una carica di cavalleria contro carri armati, e a conoscere trenta parole in arabo per dire cavallo, «perché il cavallo che dorme è diverso da quello che mangia e da quello che corre». Amedeo Guillet è stato ambasciatore e acquaiolo, ufficiale e stalliere, agente segreto e scaricatore di porto. Si è finto cameriere - per servire a tavola l' inglese che gli dava la caccia -, yemenita - per salire sul cammello del beduino che l' aveva trovato agonizzante nel deserto -, e anche pazzo, sordomuto, libico, per salvare la vita: «Sono l' uomo più fortunato che conosco», diceva di sé. Ha comandato la cavalleria indigena in Africa nella II guerra mondiale, ha passato tre volte le linee tedesche «durante la guerra di liberazione», che distingueva dall' altra. È stato Cummandar as Shaitan, Comandante Diavolo, e Ahmed Abdallah al Redai, venditore d' acqua. In Africa la sua donna era la splendida eritrea Kadija; ma poi tornò a casa dalla fidanzata Bice. Per la sua storia ha avuto un uditorio d' eccezione. Ahmed Ibn Yahia, imam dello Yemen, cui piacque tanto che alla fine convocò le mogli velate e lo costrinse a ricominciare da capo. E Vittorio Emanuele III, che lo ascoltò su una nave al largo di Brindisi, piangendo. Amedeo Guillet ha dimostrato che era possibile combattere bene la II guerra mondiale senza per questo diventare un fantoccio dei nazisti. Fino all' ultima pallottola fu al fianco dei suoi eritrei e contro gli inglesi. Poi, dopo l' armistizio, non esitò a seguire il suo re, il governo legittimo, l' Italia libera, contro l' invasore. Fu ambasciatore tra gli arabi, dalla Giordania al Marocco, e anche in India. «Tra i sikh che affrontammo a Cherù c' era il caporale Mohinder Singh, che quarant' anni dopo sarebbe diventato il mio autista in ambasciata. Il tempo mi ha fatto ritrovare molti avversari, divenuti amici: perché condividevamo gli stessi valori, lealtà, coraggio, patriottismo senza odio». Trovò pace tra i suoi cavalli, in una verde tenuta in Irlanda. È morto mercoledì notte, a 101 anni. È stato un grande italiano. Aldo Cazzullo RIPRODUZIONE RISERVATA
Cazzullo Aldo
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(20 giugno 2010) - Corriere della Sera