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    Exclamation Intervento contro l'isis?

    Raid italiani in Iraq, Mini: “Lanceremo bombe su qualche sasso. E’ la strategia di Renzi per non tagliare fondi alla Difesa”


    "L'Italia non interverrà nelle zone più problematiche - spiega l'ex comandante della missione Nato in Kosovo circa la possibile partecipazione dei Tornado alle operazioni della coalizione internazionale in Iraq - come il Kurdistan iracheno, vicino al confine con l’Iran, o le aree dove si trovano i pozzi petroliferi. Bombarderemo territori prettamente desertici"
    di Gianni Rosini | 6 ottobre 2015


    Gli aerei da guerra italiani potrebbero prendere parte ai bombardamenti della coalizione internazionale sui territori controllati dallo Stato Islamico in Iraq. La notizia, riportata dal Corriere della Sera, sancirebbe il primo vero intervento dell’Italia e, contemporaneamente, consentirebbe al governo di Matteo Renzi di evitare anche i possibili tagli al budget per la Difesa. “La seconda motivazione è quella che veramente spiega un possibile intervento militare italiano – spiega il generale Fabio Mini, generale in pensione, già comandante della missione Nato in Kosovo (Kfor) – in una coalizione si deve fare la propria parte, ma non ci metteremo a litigare con i grandi”.


    Generale Mini, si è parlato della possibilità di raid italiani in Iraq. Potrebbe veramente accadere o si tratta di una manovra del governo per evitare i tagli alla Difesa?
    “La seconda che ha detto, anche se non escluderei comunque un intervento italiano. Certo, la possibilità di evitare i tagli al budget è una motivazione importante, ma non credo sia l’unica. Quando si è parte di una coalizione militare internazionale, come l’Italia per la Siria e l’Iraq, non si può semplicemente farne parte e rimanere a guardare. Matteo Renzi questo lo sa, ma sa anche che chi interviene in una rissa tra elefanti rischia di rimanere schiacciato”.
    Quindi?
    “Quindi è possibile che l’Italia porti avanti dei raid aerei nei territori del Califfato, ma non lo farà in Siria, dove la situazione è più complessa, e nemmeno nelle zone dell’Iraq più problematiche, come il Kurdistan iracheno, vicino al confine con l’Iran, o le aree dove si trovano i pozzi petroliferi. Bombarderemo territori prettamente desertici, lanceremo bombe su qualche sasso”.
    Il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, ha dichiarato che la guerra in Siria “potrebbe evolvere in conflitto di portata globale”. E’ plausibile?
    “No. Le parole di Tusk sono le cosiddette ‘fughe in avanti’ di chi non capisce o non ha esperienza di strategia politica e militare. I movimenti militari a cui stiamo assistendo non sono determinati da alcuna rottura politica tra le parti. Prima di arrivare alla guerra, i soggetti in gioco devono smettere di parlarsi e passare alle minacce. Qui nessuno ha smesso di parlare, lo abbiamo visto durante l’Assemblea Generale dell’Onu: nonostante le divergenze, i colloqui vanno avanti. C’è più collaborazione che antagonismo, non si sono ancora ‘sparati per sbaglio’”.
    Dopo la violazione dello spazio aereo turco da parte degli aerei da guerra russi, però, il presidente Erdoğan ha dichiarato che “se la Russia perde un amico come la Turchia, con cui ha portato avanti molti affari, perderà molto”. Questa suona come una minaccia.
    “Quella di Erdoğan non mi sembra una minaccia. Anzi, la vedo una dimostrazione di amicizia. Sta dicendo a Vladimir Putin ‘guarda che siamo amici, cerchiamo di rimanere in buoni rapporti’. Se avesse voluto minacciarlo avrebbe fatto partire ‘lo sparo per sbaglio’, visto che i russi gli hanno anche offerto l’occasione. Ma non lo ha fatto, non è stata presentata una nota di protesta diplomatica, l’ambasciata russa ad Ankara è ancora aperta e nessun diplomatico di Mosca è stato cacciato”.
    Mosca però ha stravolto le carte in tavola: è intervenuta a sostegno di Assad, ha bombardato, oltre a Isis, le postazioni dei ribelli alleati degli occidentali e ha violato lo spazio aereo turco: sembra non essere consapevole di quale sia il limite?
    “Questo, in effetti, è uno dei principali problemi. Nessuno, tantomeno gli Stati Uniti, ha detto alla Russia quali sono i limiti che non deve superare, quindi può agire in maniera relativamente indipendente. Mettere dei paletti vuol dire circoscrivere il raggio d’azione ma, allo stesso tempo, legittimare ogni azione rientri entro questo raggio. E questo Obama non può concederselo: legittimare un certo tipo di azione militare russa in Siria gli causerebbe grossi problemi interni, con l’opposizione, e non solo, che lo distruggerebbe, portandolo all’impeachment. Non mettendo paletti, la Casa Bianca di fatto permette ai russi di agire come meglio credono”.
    Perché l’Occidente si è svegliato solo dopo l’intervento russo in Siria?
    “Perché nessuno credeva che un intervento diretto di Mosca fosse possibile. Credo che la decisione di Putin di mandare l’esercito nel Paese sia il risultato di una grossa incomprensione tra lui e Obama. Questo perché non si parlano apertamente, ma cercano sempre di interpretare le intenzioni dell’altro attraverso i comportamenti. Credo, ad esempio, che un processo di transizione con Assad (presidente siriano, ndr) fosse una soluzione che poteva andare bene a tutte le parti in gioco. La Russia avrebbe svolto un ruolo da mediatore, come tra l’altro ha già fatto per gli accordi sul nucleare iraniano, per arrivare alla formazione di un nuovo governo senza il leader alauita. Obama questo non lo ha capito, come credo che Putin non abbia compreso che gli Usa potevano essere disposti a una transizione di questo tipo. Così si è arrivati a un’incomprensione che ha portato alla situazione attuale”.
    Adesso che Usa e Russia si sono scontrate sul ruolo di Assad, crede che il presidente siriano abbia acquisito forza rispetto a qualche mese fa?
    “No, questo non credo. Se pensiamo a Bashar Al Assad nei primi anni di conflitto vediamo un leader garante della sovranità nazionale. Oggi non è più così: il Paese è diviso e lui non è più in grado di offrire stabilità. Riguardo al ruolo futuro di Assad ho un’idea che non credo sia così peregrina. Penso che gli abbiano chiesto, e lui ci sta pensando, di proporsi come l’anti-Assad. Uno dei problemi degli Stati Uniti, ma anche della Russia, sarà quello di dialogare con le minoranze, soprattutto la comunità alauita di cui Assad è leader. Questa comunità, negli ultimi tempi, è stata colpita da diversi scandali, tanto da costringere lo stesso Assad a farne arrestare alcuni membri, compresi dei suoi familiari. Ecco, se il presidente siriano portasse avanti questa opera di pulizia e consegnasse nelle mani dell’Occidente una comunità unita, pulita e con la quale poter dialogare, allora avrebbe trovato il proprio ruolo nel processo di transizione”.
    Quali sono allora le colpe dell’America e dell’Occidente in generale?
    “L’errore più grande sulla Siria è stata la corsa al riconoscimento del Consiglio di Istanbul (il Consiglio Nazionale Siriano nato nel 2011, dopo le sommosse contro il regime di Assad, ndr) come il vero organo rappresentativo siriano. Il Cns ha ricevuto importanti finanziamenti e molti di quei soldi finivano nelle tasche di generali del Free Syrian Army che, abbiamo visto successivamente, era composto da diverse fazioni interne che si sono poi staccate. Molti di questi personaggi sono gli stessi appartenenti ai movimenti indipendentisti che, prima dello scoppio del conflitto, lo stesso Assad finanziava per cercare di mantenere dalla sua parte. Quando poi si è accorto di non poter competere con la valanga di denaro che arrivava dall’estero, ha cercato di mettere tutti in guardia dal pericolo che questi gruppi potevano rappresentare”.
    Quindi si può fare un parallelo tra l’evolversi della situazione siriana e quella libica?
    “Il parallelo è possibile. Tenendo conto che la comunità internazionale non riconosce più la legittimità del governo di Assad, in entrambi i casi siamo di fronte a una frammentazione interna del Paese, con numerose realtà che si fanno la guerra tra loro. In Libia, dopo la caduta di Muammar Gheddafi, si è assistito al fallito tentativo di normalizzazione attraverso la costituzione di un governo legittimo. Anche in questo caso si è portata avanti una ‘politica da bottegai’, nel senso che è emersa una mancanza di conoscenza della situazione che ha portato la comunità internazionale a dialogare solo con un numero ristretto di interlocutori, mentre non si è tenuto conto delle decine di fazioni pronte a farsi la guerra. Credo che i primi ad accorgersi dell’errore commesso siano stati proprio gli americani, dopo l’uccisione dell’ambasciatore Christopher Stevens a Bengasi”.


    Raid italiani in Iraq, Mini: "Lanceremo bombe su qualche sasso. E' la strategia di Renzi per non tagliare fondi alla Difesa" - Il Fatto Quotidiano
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  2. #2
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    Predefinito Re: Intervento contro l'isis?

    Perché c’è fretta di mandare i nostri Tornado contro l’ISIS

    Maurizio Blondet 7 ottobre 2015 2


    l’Occidente adesso teme che l’invincibile Califfato si sciolga come neve al sole. Almeno è ciò che rivela un titolo del britannico Express: “L’ISIS è così indebolito dagli attacchi aerei russi e dalle diserzioni che può essere distrutto nel giro di ore”.

    http://www.express.co.uk/news/world/609680/Islamic-State-ISIS-Russian-bombing-terror-Syria-Caliphate-defeat
    Forse esagera, il giornale britannico. Forse non sono ore, ma settimane
    Ma questo timore spiega – per esempio – perché il governo italiano si prepara a ordinare ai suoi quattro Tornado, che ha in Irak da anni nel quadro della coalizione americana e Nato, di cominciare a bombardare le posizioni dell’ISIS in Irak. Si ha il vago sospetto che questa fretta sia stata incitata da Washington: la “coalizione” deve partecipare alla distruzione dell’ISIS nell’Irak (sciita, sotto influenza iraniana ) prima che cada per mano russa nella Siria, dove la disfatta probabilmente precipiterebbe lo sgretolamento anche del Califfato iracheno? E’ un’ipotesi.
    L’altra ipotesi, non necessariamente opposta alla prima, è che nel progetto di Washington, uno dei motivi per cui ha creato l’ISIS con questi caratteri di ferocia stupida contro i cristiani locali (1) e contro i venerabili monumenti archeologici, era di creare nell’opinione pubblica europea la paura e l’odio che gli israeliani provano verso i musulmani; spingere gli europei ad entrare in quella guerra, coinvolgerli, impantanarceli, fare in modo così che siano sempre più dipendenti dall’ombrello armato della Superpotenza.
    Adesso questa parte del programma va’ affrettata…tanto più che negli stessi vertici politici statunitensi di fronte alla figura in Siria, le fratture si acuiscono. McCain con la bava alla bocca, e Brezezinski con razionalità paranoide, urgono Obama a che crei una no-fly zone, dia armi ai jihadisti, contrasti la Russia…cosa che Obama ha risposto che non farà. La divisione è forte anche fra la Cia, che alla formazione ed armamento delle forze jihadiste anti-Assad ha consacrato addirittura il 10 percento del suo bilancio, e il Pentagono che ha fatto il meno possibile. Per non parlare di Donald Trump, il candidato-sorpresa che (certo annusando l”umore dell’opinione pubblica) dice in ogni occasione televisiva: “Lasciate che i russi si prendano cura dell’IS”.
    Se invece gli europei si coinvolgono sul terreno, la cosa diventa seria, l’amministrazione americana viene forzata a tener duro.
    E’ per questo che i media italiani sono improvvisamente pieni di esperti che proclamano: “E’ ora di passare dalle parole ai fatti! L’ISIS è un pericolo estremo per noi! Alla guerra, alla guerra!”. Nelle radio mainstream, i giornalisti danno loro ragione: è una guerra di civiltà, bisogna farla…
    L’ISIS vuole farsi la bomba atomica, ha già “cercato contatti” con trafficanti “russi” di materiali. Non lo sapevate? Lo dice l’ANSA, quindi è vero. E’ urgente che ci buttiamo alla guerra contro l’ISIS, anche noi.
    http://www.ansa.it/sito/notizie/flash/2015/10/07/-isis-trafficanti-nucleare-hanno-cercato-contatto-_8ddc6e09-0162-4c1f-bcaa-f34a5b0d5f49.html
    Anzi, i nostri governanti (parassiti) stavano forse cominciando di nascosto a bombardare, adesso sono stati scoperti e dicono che prima ascolteranno il Parlamento. Ma “sono i doveri di una coalizione”, come ci ammaestra un tal Franco Venturini sul Corriere: “Noi e gli alleati, un solo nemico”. Anzi, poi, ci conviene, dicono all’unisono giornalisti ed esperti, perché “il salto di qualità” in Irak ci darà “più peso decisionale nella crisi libica”.
    Ecco, vedete che, a cercarlo, un motivo per bombardare gli iracheni si trova.
    Del resto, perché no? I quattro Tornado non cambieranno le cose. Anzi, la partecipazione dell’Italia alla coalizione dell’Occidente dovrebbe rallegrarci, se abbiamo memoria storica: entriamo come alleati degli uni, possiamo finire come alleati degli altri. Avere l’Italia come alleata non è una cosa che porta bene.
    Del resto, il ministro della difesa russo ha invitato ufficiali della Nato a recarsi a Mosca quando vogliono, per partecipare al coordinamento degli attacchi aerei: è la risposta di Putin ai paranoici-propagandistici allarmismi della NATO su presunti “sfioramenti” dei Sukhoi con gli F-22 americani, e dei presunti sconfinamenti russi in Turchia. Non abbiamo insieme un solo avversario, l’ISIS?
    http://deutsche-wirtschafts-nachrichten.de/2015/10/06/gemeinsam-gegen-den-is-russland-laedt-nato-offiziere-nach-moskau-ein/

    I jihadisti intanto stanno apprendendo la elezione: droni russi hanno mostrato che essi stanno spostando armi, munizioni, rifornimenti e centri di comando all’interno dei centri abitati, e di preferenza vicino alle moschee. Usano la popolazione siriana come scudo umano. Preparatevi alla prossima ondata dei media: “I russi bombardano le moschee! Uccidono civili!”. Gli americani lo fanno da 15 anni, ma niente.


    Note


    1. Gli attentati feroci, dementi e strategicamente immotivati al museo del Bardo in Tunisia, contro turisti sulla spiaggia, oltre a rovinare l’economia tunisina avevano anche questo scopo. E si veda per esempio questa notizia: ISLAMICI AMPUTANO DITA A 12ENNE CRISTIANO PERCHÉ SUO PADRE SI CONVERTA: POI LO CROCIFIGGONO – Gli islamici di ISIS hanno amputato le dita di un ragazzo cristiano di fronte a suo padre, prima di crocifiggere entrambi. Il gruppo islamico stava cercando di costringere i cristiani siriani in un villaggio nei pressi di Aleppo a convertirsi all’Islam. Lo riporta Christian Aid Mission. Il bambino, 12 anni, era il figlio di un siriano che aveva ricostruito nove chiese nel paese. “Di fronte ai parenti e in mezzo alla folla, gli islamici hanno tagliate al ragazzino le punta delle dita, poi lo hanno picchiato, dicendo a suo padre che avrebbero fermata la tortura solo se lui, il padre, si fosse convertito all’Islam”.
      “Quando l’uomo ha rifiutato, i militanti ISIS hanno torturato lui e altri due membri della chiesa locale. I tre uomini e il ragazzo poi sono stati uccisi crocifiggendoli “. Altri otto
      operatori umanitari, tra cui due donne, sono stati poi giustiziati per essersi coraggiosamente opposti alle crocifissioni. Gli otto sono stati portati in una zona separata nel villaggio, e anche a loro è stato chiesto di convertitsi all’islam. Le donne, 29 e 33 anni, sono state stuprate davanti alla folla islamica convocata per guardare. Le donne hanno continuato a pregare durante il loro straziante calvario. Successivamente tutti e otto sono stati decapitati per essersi rifiutati di allontanarsi dalla loro religione. Gli abitanti dei villaggi hanno detto che alcuni pregavano nel nome di Gesù, mentre altri pregavano il Padre Nostro”. Una delle donne alzò gli occhi e sembrava essere quasi sorridente, mentre gridava, ‘Gesù!’” Anche i loro corpi sono stati poi appesi alle croci, dopo essere stati uccisi”. La sola cosa dubbia qui è la fonte, un centro americano di propaganda anti-islamica, ripreso da Magdi Allam.


      Perché c'è fretta di mandare i nostri Tornado contro l'ISIS - Blondet & Friends
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  3. #3
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    Predefinito Re: Intervento contro l'isis?

    Probabilmente non ce ne sarà bisogno, all'ISIS ci stanno già pensando russi, iraniani, esercito siriano e milizie sciite

    http://www.informarexresistere.fr/2015/10/19/iniziata-la-grande-offensiva-siriana-su-aleppo-terroristi-fuggono-travestiti-da-donna/



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