a strage
La sera del 27 giugno 1980, l’aereo di linea I-TIGI Douglas DC-9 della compagnia aerea Itavia in volo da Bologna a Palermo si squarciò in volo senza preavviso e scomparve in mare. Le vittime del disastro furono 81 (77 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio), di cui 13 bambini.
Quattro le ipotesi giudiziarie per
giustificare il disastro: l’abbattimento di un missile; una collisione (o quasi-collisione) con un altro velivolo; cedimento strutturale; l’esplosione di una bomba a bordo.
Due distinte campagne di recupero dei relitti del velivolo, nel 1987 e nel 1991, permisero di recuperare, a 3700 metri di profondità, circa il 96% del DC-9: oggi si trova sistemato nel Museo della Memoria allestito appositamente a Bologna (foto).
La conclusione dei nove anni di inchiesta del giudice Priore fu, il 31/8/1999, “il non doversi procedere in ordine al delitto di strage perché ignoti gli autori del reato”.
Le verità “indicibili” di Rosario Priore sono raccolte nel libro-intervista di Giovanni Fasanella, “Intrigo internazionale” (Chiarelettere).
Giudice, la verità è finalmente più vicina?
Credo di sì. A dire il vero le indagini non si sono mai chiuse: al termine della mia inchiesta mandai uno stralcio degli atti alla Procura della Repubblica. Che si rimise in moto e non cessò mai le sue ricerche. Indagini che, negli ultimi tempi, hanno avuto una forte accelerazione.
Fu un missile lanciato da un aereo della Marina militare francese ad abbattere il DC-9 nel tentativo di colpire il caccia sul quale viaggiava Gheddafi. Quanto hanno pesato le rivelazioni in questo senso dell’ex presidente della Repubblica Cossiga, ai tempi primo Ministro?
Le rivelazioni del presidente emerito della Repubblica Cossiga corrispondono alla ricostruzione dei fatti riportata nella mia inchiesta chiusa nell’agosto 1999. Una ricostruzione che derivava dall’interpretazione dei dati radar che, nonostante gli attacchi che ha subito nel corso degli anni, esce rafforzata sia dalle parole che Cossiga pronunciò nel 2008, quando già accennava alla “pista francese”, che dalle ultime in cui egli mette il tassello finale, indicando addirittura il tipo di missile che colpì il DC-9.
Ossia?
Che il cielo in cui volava il DC-9 non era, come ci è stato detto per anni, totalmente sgombro. Era invece un cielo denso di voli: in quel momento era in corso una grande “esercitazione” francese che partiva dalla base di Solenzara e investiva l’area di Tirreno tra la Corsica e la Sardegna verso sud.
Ma se i fatti sono noti da anni, perché non si è ancora giunti a una verità “ufficiale”?
Perché ci sono delle “entità”, chiamiamole così, che non accettano questa ricostruzione.
Qual è l’indicibile verità che l’opinione pubblica non deve conoscere?
La verità che non si vuole far conoscere, non tanto all’opinione pubblica, dato che quasi più nessuno credo si ricordi di Ustica, è una verità che dà fastidio a tante “entità”.
Quali?
Militari innanzitutto: colpevoli di non aver vigilato - una culpa in vigilando -, di non aver saputo vedere e prevedere. E poi: autorità civili; e ancora: tutti coloro che hanno distrutto o si sono prestati alla distruzione di prove. Sin dall’immediatezza. Si ricordi: sin dall’immediatezza. Pensi che fu emesso un decreto di sequestro dei tabulati di tutti i radar che potevano vedere il cielo del Tirreno. Ebbene: in sede di esecuzione, questo decreto fu “tagliato” e si chiese soltanto l’esecuzione di tre radar (Marsala, Licola e Ciampino), escludendo ad esempio quello di Poggio Ballone, che vedeva benissimo quel che succedeva sul Tirreno. Si eluse anche il sequestro di tutti quei dati radar immediatamente successivi all’evento, perché anche quello che successe “dopo” avrebbe potuto spiegare tante cose. L’inchiesta fu boicottata sin dall’inizio.
Ha ancora un senso cercare la verità?
Sì, ha un senso. Perchè senza la verità, e senza la memoria, c’è il rischio di nuovi rigurgiti di terrorismo e di violenza. Bisogna trovarla, bisogna farla valere anche se poi saranno pochi a capirla e a interpretarla.
Perché la Francia non ha mai ammesso le proprie responsabilità?
Perché, come diceva De Gaulle, “la Francia con il dominio dell’Africa è una potenza di primo rango. Se perde l’Africa diverremo una potenza di terzo, quarto, quinto rango”. Per la politica francese era indispensabile conservare l’Africa e per farlo doveva eliminare Gheddafi. La verità su Ustica avrebbe potuto far emergere le iniziative, le imprese, le trame che la Francia tesseva per evitare che qualche parte del suo antico impero cadesse nelle mani degli italiani, amici di Gheddafi anche allora.
Quali scenari potrebbero aprirsi secondo lei se venissero riconosciute le responsabilità di forze militari e governi stranieri?
Non credo che, trent’anni, dopo un’eventuale riconoscimento di responsabilità possa avere un’utilità immediata, né per noi né per altri ordinamenti. Certo, si darebbe corso a tentativi di spiegazione che potrebbero appianare tanti attriti e tante conflittualità. Potrebbe forse poi emergere un diverso regolamento delle questioni internazionali. Ma sarebbe più che altro una ricostruzione storica.
L’allora ministro De Michelis ha affermato che su Ustica “ci sono cose che non si possono sapere né ora né mai”. Può la ragione di Stato giustificare depistaggi e insabbiamenti? Può la ragione di Stato non dare giustizia a 81 vittime innocenti e ai familiari?
Penso che ci siano ragioni di Stato che superino anche le situazioni contingenti, anche se non è questo il caso: noi non siamo e non eravamo in grado di contestare le responsabilità della Francia, quindi era anche nel nostro interesse tenere “la bocca chiusa”. Però la ragione di Stato spesso la si oppone anche a eventi di poco conto.
Lei inquisì per i depistaggi i vertici dell’Aeronautica. Furono tutti assolti: perché?
È arduo dare un giudizio su colleghi che, sono sicuro, hanno operato in buona fede. In primo grado l’impianto accusatorio fu accolto, e le assoluzioni furono per prescrizione e non per non aver commesso il fatto.
Ha spesso visto le verità “indicibili” della nostra storia, senza poterle poi però trasferire sul piano giudiziario. Se potesse tornare indietro rifarebbe il magistrato?
Si, lo rifarei. Senza nessuna esitazione.
Laura Zangarini
La strage
La sera del 27 giugno 1980, l’aereo di linea I-TIGI Douglas DC-9 della compagnia aerea Itavia in volo da Bologna a Palermo si squarciò in volo senza preavviso e scomparve in mare. Le vittime del disastro furono 81 (77 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio), di cui 13 bambini.
Quattro le ipotesi giudiziarie per
giustificare il disastro: l’abbattimento di un missile; una collisione (o quasi-collisione) con un altro velivolo; cedimento strutturale; l’esplosione di una bomba a bordo.
Due distinte campagne di recupero dei relitti del velivolo, nel 1987 e nel 1991, permisero di recuperare, a 3700 metri di profondità, circa il 96% del DC-9: oggi si trova sistemato nel Museo della Memoria allestito appositamente a Bologna (foto).
La conclusione dei nove anni di inchiesta del giudice Priore fu, il 31/8/1999, “il non doversi procedere in ordine al delitto di strage perché ignoti gli autori del reato”.
Le verità “indicibili” di Rosario Priore sono raccolte nel libro-intervista di Giovanni Fasanella, “Intrigo internazionale” (Chiarelettere).
Interviste - City