Nel 1950 Alfred Hitchcock aveva assunto lo scrittore Raymond Chandler per scrivere la sceneggiatura del suo prossimo progetto, L’altro uomo, un thriller basato su un romanzo di Patricia Highsmith. Quasi immediatamente le loro idee si erano scontrate e in poco tempo il loro rapporto di lavoro si era deteriorato in modo irreparabile.
Chandler fu lasciato andare via e i suoi progetti furono in gran parte eliminati. In seguito, dopo aver letto il copione definitivo, lo scrittore scrisse una lettera molto arrabbiata indirizzata a Hitchcock.
Caro Hitch,
a dispetto del tuo grande e generoso disprezzo verso le mie comunicazioni sul tema del copione di L’altro uomo e della tua incapacità di fare qualsiasi commento su di esso, e nonostante non abbia sentito una parola da te da quando ho iniziato la stesura dell’attuale sceneggiatura – per tutto questo potrei dire che non porto rancore, dal momento che questo tipo di procedura sembra essere parte della normale pratica depravata hollywoodiana – nonostante questo e nonostante questa frase estremamente ingombrante, sento che dovrei, giusto per la cronaca, inviarti un paio di commenti su quello che è definito il copione definitivo. Posso capire che tu non approvi il mio copione in questo o in quel punto, pensando che una scena o un’altra sia troppo lunga o un passaggio o l’altro sia troppo macchinoso. Posso capire che tu cambi idea sulle cose che hai specificamente voluto, perché alcuni di questi cambiamenti potrebbero essere stati imposti dall’esterno. Quello che proprio non riesco a capire è come tu possa permettere che un copione che dopo tutto aveva un po’ di vita e di vitalità venga ridotto a una tale massa flaccida di clichés, a un gruppo di personaggi senza volto, a un tipo di dialoghi che a ogni sceneggiatore viene insegnato di non scrivere – di quelli che dicono tutto due volte e non lasciano nulla di implicito all’attore o alla fotocamera. Naturalmente devi avere avuto le tue ragioni ma, per usare una frase di Max Beerbohm, ci vorrebbe una “mente molto meno brillante della mia” per indovinare quali fossero.
Indipendentemente dal fatto che il mio nome appaia sullo schermo tra i crediti, non ho paura che qualcuno penserà che io ho scritto questa roba. Sapranno dannatamente bene che non l’ho fatto. Non l’avrei pensato alla fine se tu avessi prodotto un migliore sceneggiatura – credimi. Non l’avrei pensato. Ma se volevi qualcosa di scritto con il latte scremato, per quale motivo ti sei preso la briga di venire da me? Che spreco di soldi! Che spreco di tempo! Non è una risposta dire che ero ben pagato. Nessuno può essere adeguatamente pagato per sprecare il proprio tempo.
Raymond Chandler
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Il nome di Milada Horáková oggi non è più famoso come un tempo, ma la sua vita e la sua testimonianza meriterebbero libri e film. Praghese, nata nel 1901, già nel 1916 fu espulsa dal liceo per la sua propaganda pacifista, aderendo, dopo la laurea in Giurisprudenza, al Partito Socialista. Si sposò con un compagno di partito nel ’27 e divenne madre di Jana nel ’34.
Quando la Cecoslovacchia fu occupata dai tedeschi divenne uno dei capi della Resistenza; arrestata dalla Gestapo, fu condotta in vari campi di concentramento e prigionia, venendo liberata nel maggio del ’45. Venne eletta nel primo Parlamento libero ma, dopo il colpo di stato comunista del ’48, molti la invitarono a lasciare il paese, cosa che lei non volle fare, opponendosi al nuovo regime.
Arrestata per cospirazione e spionaggio nel ’49, fu processata pubblicamente con accuse pretestuose e preconfezionate e, nonostante la sua grande dignità durante il dibattimento e gli appelli di molte personalità internazionali (Einstein, Churchill, Eleanor Roosevelt e altri), fu condannata a morte per impiccagione, condanna eseguita il 27 giugno 1950. Lasciò alcune lettere, la più importante è quella scritta per l’allora sedicenne figlia Jana.
Mia unica piccola ragazza Jana,
Dio ha benedetto la mia vita di donna dandomi te. Come tuo padre scrisse in una poesia da una prigione tedesca, Dio ti ha data a noi perché ci amava. Escludendo il magico, straordinario amore di tuo padre, tu sei stata il più grande dono che ho ricevuto dal fato. Ad ogni modo, la Provvidenza ha pianificato la mia vita in un modo che non mi consentirà di darti tutto quello che la mia mente e il mio cuore avevano preparato per te. Il motivo non è che ti ho amata poco; ti ho amata altrettanto puramente e con lo stesso fervore con cui le altre madri amano i loro figli. Ma ho compreso che il mio compito in questo mondo era fare il tuo bene mostrandoti che la vita migliora, e che tutti i bambini possono vivere bene. E pertanto abbiamo dovuto essere spesso separate a lungo. Questa è già la seconda volta che il fato ci divide. Non essere spaventata e triste per il fatto che non tornerò più. Impara, mia bimba, a guardare da presto alla vita come a una questione importante.
La vita è dura, non coccola nessuno, e ogni volta in cui ti colpisce ti assesta dieci colpi. Abituatici presto, ma non lasciare che ti sconfigga. Decidi di combattere. Abbi coraggio e obiettivi chiari e vincerai sulla vita. Molto è ancora nascosto alla tua giovane mente, e non mi è rimasto tempo per spiegarti cose che a te piacerebbe ancora chiedermi. Un giorno, quando sarai cresciuta, ti chiederai e richiederai perché tua madre, che ti ha amata e di cui eri il dono più grande, ha condotto la sua vita in maniera così strana. Forse allora troverai la giusta soluzione a questo problema, forse una migliore di quella che io oggi posso dare a me stessa. Certo, riuscirai a risolverlo correttamente e in maniera affidabile solo conoscendo molto. Non solo dai libri, ma dalle persone; impara da tutti, anche da quelli che non contano!
Gira il mondo con occhi aperti, e ascolta non solo i tuoi dolori ed interessi, ma anche i dolori, gli interessi e i desideri degli altri. Non pensare mai che qualcosa non ti riguardi. No, tutto ti deve interessare, e tu dovresti riflettere su tutto, confrontare, comporre fenomeni individuali. L’uomo non vive nel mondo da solo; in questo c’è una grande felicità, ma anche una tremenda responsabilità. Questo obbligo consiste prima di tutto nel non essere e non agire in maniera esclusiva, ma piuttosto fondendosi con i bisogni e gli obiettivi degli altri. Questo non significa perdersi nella moltitudine, ma sapere che si è parte del tutto, e per portare il meglio che uno può dare alla comunità. Se farai questo, riuscirai a contribuire agli obiettivi comuni della società umana. Sii più conscia di quanto non sia stata io di un principio: avvicinati a tutto nella vita in maniera costruttiva e diffida di chi dice no senza necessità (non sto parlando di tutti i no, perché credo che si dovrebbe dir no al male). Ma per essere una persona veramente positiva in tutte le circostanze, si deve imparare come distinguere il vero oro dalla bigiotteria. È difficile, perché la bigiotteria a volte brilla in maniera abbagliante. Confesso, figlia mia, che spesso nella mia vita sono stata abbagliata dalla bigiotteria. E qualche volta brilla in maniera così falsa che si lascia cader di mano l’oro puro e si corre dietro al falso oro. Sai che organizzare bene la propria scala di valori significa non solo conoscersi bene, essere fermi nell’analisi del proprio carattere, ma principalmente conoscere gli altri, conoscere il più possibile del mondo, il suo passato, presente e futuro sviluppo.
Ebbene, in breve: conoscere, capire. Non chiudere le orecchie davanti a nulla e per nessun motivo, nemmeno zittire i pensieri e le opinioni di qualcuno che mi ha pestato i piedi o che mi ha ferito profondamente. Esamina, pensa, critica, sì, principalmente critica te stessa, non aver paura di ammettere una verità che hai compreso, anche se avevi proclamato l’opposto fino a un attimo prima; non diventare ostinata sulle tue opinioni, ma quando arrivi a considerare giusta una cosa, allora sii così determinata da combattere e morire per essa. Come ha detto Wolker, la morte non è male. Solo bisogna evitare la morte graduale, che è ciò che accade quando uno si scopre staccato dalla vera vita degli altri. Devi mettere radici dove il fato ha stabilito di farti vivere. Devi trovare la tua strada. Cercala da sola, non lasciare che nessuno ti distragga da essa, nemmeno la memoria di tua madre e di tuo padre. Se davvero li ami, non farli soffrire guardandoli con occhio critico; solo non andare per una strada che è sbagliata, disonesta e non si armonizza con la tua vita. Ho cambiato idea molte volte, riclassificato molti valori, ma, quel che resta come valore essenziale, senza il quale non potrei immaginare la mia vita, è la libertà di coscienza. Vorrei che tu, mia piccola ragazza, pensassi se ho avuto ragione oppure no.