UAAR

«Con il calo della frequenza dell’
ora di religione cattolica e l’aumento dell’interesse per l’ora alternativa, che però fatica a concretizzarsi, si fa sempre più pressante l’urgenza di mettere mano alla normativa riguardante l’insegnamento della religione cattolica. Per l’Uaar la soluzione ideale sarebbe sostituire tale insegnamento con un altro, inclusivo e adeguato a una società plurale e moderna: dall’educazione alla cittadinanza alla conoscenza dei diversi sistemi di pensiero, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Ma già rendere tale insegnamento extracurriculare, come qualunque altra materia facoltativa o opzionale, facendolo frequentare solo a chi realmente lo desidera al di fuori dell’orario scolastico, costituirebbe un approccio più giusto».
Spiega così Raffaele Carcano, segretario dell’Uaar, le ragioni che hanno spinto l’associazione, in data odierna, a prendere carta e penna e a scrivere direttamente a deputati e senatori.
«La partecipazione all’Irc è in declino, come dimostra anche
la ricerca recentemente promossa dal circolo Uaar di Bologna che ha svelato come in otto istituti comprensivi della città, che accolgono ogni giorno quasi 7.000 bambini e ragazzi dai 3 ai 13 anni, un terzo degli studenti salta la lezione di religione per dedicarsi ad altre attività che vengono offerte dai piani didattici». «Ma c’è di più», prosegue Carcano: «In virtù degli accordi con la Conferenza episcopale italiana, l’insegnamento della religione cattolica non può essere accorpato. Si arriva al paradosso che, se un solo studente segue religione, l’insegnamento deve essere comunque garantito personalmente. Con i conseguenti, immaginabili costi a carico di ogni contribuente».
«Una situazione del genere è insostenibile per un Paese che si vuole laico e che, purtroppo, vanta finanze pubbliche dissestate. Per questo invitiamo i parlamentari a inserire al più presto nell’agenda dei lavori una modifica della normativa vigente che garantisca il rispetto di tutti gli studenti. Ma se questa modifica può richiedere tempo, c’è una cosa che il Parlamento potrebbe già fare in tempi rapidissimi: porre termine al divieto di accorpamento, facendo risparmiare alle casse dello Stato fondi che potrebbero essere reinvestiti nella scuola pubblica, a beneficio di tutti».