11 e 12 NOVEMBRE 2017...
11 NOVEMBRE 2017: SAN MENNA, MARTIRE; SAN MARTINO, VESCOVO E CONFESSORE…
Guéranger, L'anno liturgico - 11 novembre. San Martino, Vescovo e Confessore
http://www.unavoce-ve.it/pg-11nov.htm
“11 NOVEMBRE SAN MARTINO, VESCOVO E CONFESSORE.”
Guéranger, L'anno liturgico - San Menna, Martire
http://www.unavoce-ve.it/pg-11nov-2.htm
“LO STESSO GIORNO
11 NOVEMBRE SAN MENNA, MARTIRE.”
San Martino - Sodalitium
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“11 novembre, San Martino di Tours, Vescovo e Confessore (316 – 397).
“A Tours, in Frància, il natale del beato Martino, Vescovo e Confessore, la cui vita fu gloriosa per sì grandi miracoli che meritò di risuscitare tre morti”.
O glorioso s. Martino, che per la tua generosa carità, che ti mosse a tagliare con la spada il tuo mantello militare per ricoprire un povero mezzo nudo, meritasti di essere personalmente da Gesù Cristo visitato, elogiato ed ammaestrato in tutto quello che Egli voleva da te, e preservato ancora dalla morte quando, mentre tornavi nella tua patria per la conversione dei tuoi genitori, cadesti nelle mani dei ladri, e quando, rinchiuso nel deserto, ti cibasti di erba avvelenata senza conoscerla, ottieni per noi tutti la grazia di impiegare sempre in soccorso dei nostri fratelli bisognosi la nostra mente, i nostri averi e tutte quante le nostre forze, in modo da meritarci la divina assistenza in tutte le nostre necessità spirituali e corporali. Così sia.”
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"Si chiese a San Martino perché tanto pregava e faceva ancora penitenza all'approccio della sua morte. "Occorre, diceva, che il soldato muoia con le armi alla mano". È così che ha abbattuto il demonio durante la sua ultima ora. Tutte le virtù lottano per la ricompensa, la perseveranza sola è incoronata.
Pietro di Blois."
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“11 Novembre : Saint Martin, Évêque de Tours (316-397).”
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“11 NOVEMBRE 2017: SAN MARTINO, VESCOVO E CONFESSORE.”
“11 NOVEMBRE 2017: SAN MENNA, MARTIRE.”
“L'11 novembre 1417 il Conclave, straordinariamente convocato durante il Concilio di Costanza, esalta Papa Martino V Colonna al Sommo Pontificato.”
Luca, Sursum Corda!
12 novembre 2017: San Martino I, Papa e martire; DOMENICA VENTITREESIMA DOPO LA PENTECOSTE…
Guéranger, L'anno liturgico - Domenica Ventitreesima dopo la Pentecoste
http://www.unavoce-ve.it/pg-dopopent-dom23.htm
“DOMENICA VENTITREESIMA DOPO LA PENTECOSTE.”
Guéranger, L'anno liturgico - San Martino, Papa e Martire
http://www.unavoce-ve.it/pg-12nov.htm
“12 NOVEMBRE SAN MARTINO, PAPA E MARTIRE.”
Santa Messa domenicale celebrata da Don Floriano Abrahamowicz a Paese (Tv) stamattina 12 novembre 2017, XXIII DOMENICA DOPO PENTECOSTE:
“XXIII domenica d. Pentecoste (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=U8sQ4734bDw
XXIII domenica d. Pentecoste (Omelia)
https://www.youtube.com/watch?v=UlXKdTJU6vE”
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Papa San Martino I - Sodalitium
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“12 novembre, San Martino I, Papa e Martire (+655).
Martino primo succedette a Papa Teodoro il 14 maggio 649. Toscano di origine, aveva esercitato le funzioni di apocrisario a Costantinopoli. La sede patriarcale era tenuta da Paolo, un intruso che professava il monotelismo, dottrina che pretendeva che in Cristo non vi fossero due volontà, ma una sola. Il 5 ottobre il Papa riunì un Concilio al Laterano e davanti a 500 vescovi condannò l’eresia monotelita. L’imperatore Costanze II non accettò le decisioni del Concilio, fece catturare il Papa che fu condotto a Costantinopoli, imprigionato, condannato a morte e trattato nel modo più crudele. Il Patriarca scismatico, temendo forse il giudizio di Dio, chiese all’imperatore che la sentenza non fosse eseguita e la pena fu commutata in detenzione a vita. Portato a Cherso in Crimea, vi morì, il 16 settembre del 655, in squallida miseria e dopo aver sopportato molte sofferenze. Il suo corpo fu deposto nella chiesa della città e poi portato a Roma dove riposa ora nella chiesa di S. Martino ai Monti.”
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"Carlo Di Pietro - Sursum Corda
Disponibile il n° 86 di SVRSVM CORDA del 12 novembre 2017.
Leggi gli articoli qui:
https://www.sursumcorda.cloud/tags/numero-86.html
- Comunicato numero 86. Il Vangelo secondo San Matteo;
- Preghiera alla Madre del perpetuo soccorso;
- Sentenza infallibile di invalidità e nullità delle ordinazioni anglicane;
- Preghiera a San Martino di Tours;
- Condanne della Chiesa all'eresia chiamata «ecumenismo»;
- Preghiera a Sant’Andrea Avellino;
- Benedictus (Cantico di Zaccaria);
- Gli anatemi del Concilio di Trento, numeri 82, 83 e 84;
- Vita e detti dei Padri del deserto: Padre Dula;
- Quando il Papa è infallibile? Quarta parte;
- Teologia Politica n° 78. Il cosiddetto principio di autodeterminazione dei popoli;
- Racconti miracolosi n° 32. Un usuraio e suo figlio precipitati nell’Inferno;
- Racconti miracolosi n° 33. Una pittura dell’Inferno che converte il cortigiano Dositeo.
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“Carlo Di Pietro - Sursum Corda
Ora, tutto ciò dimostra che la preoccupazione della catechesi antica, e quindi anche degli evangelisti canonici che dipendono da essa, era la fedeltà sostanziale non già quella grettamente verbale, e che essi ricercavano l’adesione alla verità del senso non già alla materialità della lettera. Il culto della lettera materiale apparirà solo 16 secoli più tardi, quando la [cosiddetta] Riforma protestante dimenticherà che i Vangeli dipendono dalla catechesi e li giudicherà basati in maniera autonoma sulla pura lettera; ma gli evangelisti stessi, con la loro indipendenza dalla lettera, danno una formale smentita storica al giudizio della [pretesa] Riforma, e il traduttore greco di Matteo conferma questa smentita imitando gli evangelisti nella libertà verbale.
da SVRSVM CORDA® n° 86 del 12 novembre 2017 - www.sursumcorda.cloud.”
Ligue Saint Amédée
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“Vingt-troisième Dimanche après la Pentecôte.”
“Sermon du Père Joseph-Marie pour le Vingt-troisième après la Pentecôte : péchés véniels et péchés mortels (2014).
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“12 Novembre : Saint Martin I, Pape et Martyr († 655).”
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“12 novembre 2017: DOMENICA VENTITREESIMA DOPO LA PENTECOSTE.”
“12 novembre 2017: san Martino I, Papa e martire.”
Guéranger, L'anno liturgico - San Martino, Papa e Martire
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“12 NOVEMBRE SAN MARTINO, PAPA E MARTIRE.
Onore dovuto ai martiri.
"Tutti sanno che Dio vuole che i popoli celebrino le glorie dei martiri, per glorificarli come si meritano e avere sotto gli occhi, con la grazia di Gesù Cristo, l'esempio delle loro virtù. Vedendo l'onore reso ai martiri quaggiù, noi comprendiamo quanto sia grande la loro gloria nei cieli e, ricordandone gli esempi, ci sentiamo spinti ad avere lo stesso coraggio, la stessa devozione, la stessa fede e, con l'aiuto di Gesù Cristo, combattiamo e vinciamo il nemico e, riportata la vittoria, possiamo essere in trionfo con i santi nel regno dei cieli.
L'insegnamento dei martiri
Chi oserebbe pretendere di essere associato agli stessi meriti senza aver nutrita la stessa fede, conservata la stessa fermezza e imitato il loro coraggio nella sofferenza; senza aver cercato o trovato la loro gloria uniformando la propria vita alla loro? Non tutti potranno raggiungere con il martirio lo stesso grado di gloria ma tuttavia ciascuno si mostri degno di tanto onore con le buone opere. Dio, pieno di bontà, è sempre pronto a concedere il martirio ai suoi servi, che lo desiderano, o, senza il martirio a concedere ad essi la ricompensa che da ai suoi martiri" (San Giov. Crisostomo, Sui Martiri, l. IlI, c. i).
San Martino I.
Ieri celebravamo la festa dell'apostolo delle Gallie, che "amava tanto Cristo Re e non temeva le potenze del mondo" e benedicevamo la sua "anima, che la spada del persecutore non poté separare dal corpo, ma non fu tuttavia priva della palma del martire" (Antifona del Magnificat dei II Vespri). La Chiesa aveva finalmente la tranquillità e, se nelle campagne il paganesimo resisteva e i pagani si mostravano ostili, per difendere gli dei minacciati dagli apostoli del cristianesimo, il tempo delle persecuzioni era ormai finito.
La parola di san Paolo però è sempre vera: "Chi vuoi vivere piamente per il Cristo deve prepararsi a subire la persecuzione" (2Tm 3,12). La Chiesa ebbe sempre, ha ed avrà sempre i suoi martiri, perché Satana non ammette la sua sconfitta ed arma i suoi partigiani contro quelli che demoliscono il suo malvagio impero. "Martino primo, dice il Baronio, fu più fortunato di tutti i suoi predecessori, perché eletto dopo Costantino, ma giudicato degno di soffrire più di loro per il nome di Cristo, ebbe la buona ventura di trovare Decio e Diocleziano in un principe battezzato" (Annali, anno 651).
L'imperatore Costanzo II.
Il paganesimo non è l'unico pericolo che la Chiesa debba temere: l'eresia è forse un pericolo più grave, perché più sottile e più subdola. Agli imperatori pagani, che pretendevano imporre ai sudditi l'adorazione di false divinità, erano succeduti imperatori che pretendevano imporre alla Chiesa delle decisioni dogmatiche. Alla metà del secolo VII Costanzo II sosteneva l'eresia monotelita, che negava le due nature, umane e divina, in Cristo, insegnando che in Cristo vi era un sola volontà, come vi è una sola persona.
Papa Martino primo, in un consesso di 500 vescovi, proclamò la verità cattolica trasmessa dagli apostoli, affermò con solenne definizione che in Cristo vi è una volontà umana, ma totalmente sottomessa alla volontà divina e che il Figlio di Maria Vergine è nostro fratello, per la integrità della natura umana, il più completo, il più perfetto, il più bello dei nostri fratelli, nostro Dio e Salvatore.
VITA. - Martino primo succedette a Papa Teodoro il 14 maggio 649. Toscano di origine, aveva esercitato le funzioni di apocrisario a Costantinopoli. La sede patriarcale era tenuta da Paolo, un intruso che professava il monotelismo, dottrina che pretendeva che in Cristo non vi fossero due volontà, ma una sola. Il 5 ottobre il Papa riunì un Concilio al Laterano e davanti a 500 vescovi condannò l'eresia monotelita. L'imperatore Costanze II non accettò le decisioni del Concilio, fece catturare il Papa che fu condotto a Costantinopoli, imprigionato, condannato a morte e trattato nel modo più crudele. Il Patriarca scismatico, temendo forse il giudizio di Dio, chiese all'imperatore che la sentenza non fosse eseguita e la pena fu commutata in detenzione a vita. Portato a Cherso in Crimea, vi morì, il 16 settembre del 655, in squallida miseria e dopo aver sopportato molte sofferenze. Il suo corpo fu deposto nella chiesa della città e poi portato a Roma dove riposa ora nella chiesa di S. Martino ai Monti.
Integrità della fede.
Con la Liturgia greca, o Pontefice santo, ti salutiamo come "la guida più illustre della dottrina ortodossa, l'infallibile e santo sostenitore dei dogmi divini, il vindice della verità contro l'errore. Ti riconosciamo come la colonna della fede ortodossa e il maestro della teologia; ti benediciamo per aver con la tua persona ornato il trono di Pietro e per aver conservato la Chiesa salda sulla roccia divina di Pietro e per aver conseguito la gloria eterna".
Tu che tanto hai sofferto nell'Oriente, ora separato da Roma da uno scisma funesto, degnati pregare per i nostri fratelli che ancora oggi affermano solennemente questo Primato del Pontefice romano, onde mettano la loro fede, la loro condotta in relazione a queste parole della loro antica liturgia.
Fiducia nella prova.
Nella gloria del cielo in cui sei, prega per tutti coloro che soffrono persecuzioni per la giustizia e la verità. Molti oggi, come te, provano l'esilio, le prigioni e i più duri tormenti. A quelli che particolarmente soffrono nel sapersi per sempre perduti per i loro parenti, come se già avessero lasciato questo mondo, ottieni grazie di rassegnazione e di pace, ricordando loro le parole che tu scrivesti: "Il Signore avrà cura del mio povero corpo come crederà. Perché mi debbo inquietare? Il Signore è vicino e io confido nella sua misericordia... ".
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 1270-1273.”
Guéranger, L'anno liturgico - Domenica Ventitreesima dopo la Pentecoste
http://www.unavoce-ve.it/pg-dopopent-dom23.htm
“DOMENICA VENTITREESIMA DOPO LA PENTECOSTE.
Quando nell'anno le Domeniche dopo Pentecoste sono ventitré soltanto, oggi si legge la Messa della Domenica ventiquattresima e ultima Domenica e la Messa segnata per la ventitreesima si porta al sabato della settimana precedente o al giorno più vicino, che sia libero da festa di rito doppio o semidoppio [1].
Comunque avvenga, oggi termina l'Antifonario e l'Introito, Graduale, Communio di questa Messa dovranno essere ripresi in tutte le Domeniche, più o meno numerose, secondo gli anni, che si succederanno ancora fino all'Avvento. Ricordiamo che ai tempi di san Gregorio l'avvento era più lungo di oggi e le sue settimane si addentravano nella parte del Ciclo postpentecostale, occupato adesso dalle ultime Domeniche dopo la Pentecoste ed è questa una delle ragioni, che spiegano la mancata composizione di Messe dopo la ventitreesima.
L'antica Messa della Domenica XXIII.
In quella Messa la Chiesa, senza perdere di vista la conclusione della storia del mondo, volgeva il suo pensiero al vicino tempo sacro, destinato a preparare i suoi figli alla solenne festa di Natale.
All'Epistola si leggeva questo passo di Geremia, che in vari luoghi, più tardi fu usato nella prima Domenica di Avvento: "Ecco che il giorno arriva, dice il Signore, e io susciterò a Davide una stirpe giusta. Regnerà un re, che sarà saggio, che compirà la giustizia e il giudizio sopra la terra. Allora Giuda sarà salvato e Israele abiterà nella pace. Ecco il nome che daranno a questo re: Giusto Signore nostro! Viene il tempo, dice il Signore, in cui non si dirà più: Vive il Signore, che ha tratto fuori dall'Egitto i suoi figli! Ma: Vive il Signore che ha tratto e fatto condurre la posterità della casa di Israele dalla terra dell'aquilone e da tutti i paesi nei quali l'avevo dispersa e cacciata! E abiteranno la loro terra" (Ger 23,5-8).
Conversione dei Giudei.
Questo passo si applica benissimo, come si vede, alla conversione dei Giudei e alla restaurazione d'Israele annunciata per gli ultimi tempi. I più antichi liturgisti del Medio Evo spiegarono tutta la Messa della Domenica ventitreesima dopo la Pentecoste da questo punto di vista, ma per capirli bene occorre ricordare che allora il Vangelo della detta Domenica era il Vangelo della moltiplicazione dei cinque pani. Lasciamo parlare il pio e profondo abate Ruperto, che ci rivelerà, meglio di qualsiasi altro, il mistero di questo giorno in cui cessano le melodie gregoriane, prima così varie.
Egli dice: "La santa Chiesa si impegna con tanto zelo in fare suppliche, preghiere e azioni di grazie chieste dall'Apostolo (1Tm 2,1) per tutti gli uomini, e perfino rende grazie per la futura salvezza dei figli d'Israele che, come essa, dovranno un giorno essere uniti al suo corpo. Come alla fine del mondo i loro 'resti' saranno salvati (Rm 9,27), così in quest'ultimo Ufficio dell'anno essa si rallegra con loro, suoi futuri membri, e nell'Introito canta tutti gli anni, richiamando così senza sosta le profezie che li riguardano: Il Signore dice: I miei pensieri sono pensieri di pace e non di afflizione.I suoi sono pensieri di pace, perché promette di ammettere al banchetto della grazia i Giudei, suoi fratelli secondo la carne, realizzando ciò che era raffigurato nella storia del patriarca Giuseppe. I fratelli di Giuseppe, che l'avevano venduto, spinti dalla fame, vennero a lui, quando egli aveva steso il suo dominio su tutto l'Egitto, furono riconosciuti, ricevuti da lui stesso, e volle egli ancora sedere con loro a un banchetto solenne. Così il Signore, regnando su tutto il mondo, nutrendo del pane di vita abbondantemente gli Egizi, cioè i Gentili, vedrà tornare a Lui i 'resti' dei figli di Israele e saranno reintegrati nell'amicizia di colui che hanno negato e ucciso, avranno posto alla sua mensa e il vero Giuseppe si disseterà con i suoi fratelli".
"Il favore di questa tavola divina è raffigurato nell'Ufficio della Domenica dal Vangelo, che ci narra come il Signore sfamò con cinque pani la moltitudine. Allora davvero Gesù aprirà per i Giudei i cinque libri di Mosè oggi portati come pani interi, non spezzati ancora da un fanciullo, che è questo popolo rimasto fino ad oggi di vedute limitate come un bambino.
Si compirà l'oracolo di Geremia, così bene collocato prima del Vangelo, e non si dirà più: Vive il Signore che ha tratto i figli di Israele dalla terra dell'Egitto! Ma: Vive il Signore che li ha tratti e fatti condurre dalla terra dell'aquilone e da tutte quelle in cui erano dispersi!.
Liberati dalla prigionia spirituale che li stringe, essi canteranno con tutto il cuore l'azione di grazie che troviamo nel graduale: Voi ci avete liberato, Signore, da quelli che ci perseguitavano.
La supplica con la quale diciamo nell'Offertorio: Ti ho invocato dal fondo dell'abisso, o Signore, si adatta essa pure molto bene alle circostanze, perché in quel giorno i fratelli diranno al grande vero Giuseppe: Ti scongiuriamo di dimenticare il delitto dei tuoi fratelli (Gen 50,1-7).
Il Communio: Vi dico, in verità, tutto quello che chiederete nelle vostre orazioni con quello che segue è la risposta di questo stesso Giuseppe, che dirà, come disse l'altra volta il primo Giuseppe (Gen 50,19-21): 'Non temete. Voi avete concepito contro di me un disegno malvagio, ma Dio lo ha voluto in bene per innalzarmi, come ora vedete, e salvare molti popoli. Non temete sfamerò voi e i vostri figli'" (Ruperto, De div. Officiis, xii, 23).
EPISTOLA (Fil 3, 17-21; 4, 1-3). - Fratelli: Imitate me, e mirate coloro che si conducono secondo il modello che avete in noi. Già ve l'ho detto tante volte (e ora ve lo dico piangendo): Vi sono molti che vivono come nemici della croce di Cristo. La loro fine è la perdizione; il loro Dio è il ventre e la loro gloria la fanno consistere nella loro vergogna, e non pensano ad altro che alle cose della terra. Ma noi siamo cittadini del cielo, dal quale pure aspettiamo come Salvatore il Signore nostro Gesù Cristo, che, per la sua potenza di assoggettarsi ogni cosa, trasformerà il corpo della nostra umiliazione in modo da renderlo simile al corpo che egli ha nella gloria. Pertanto, o fratelli miei carissimi e desideratissimi, mia gioia e mia corona, state in questo modo saldi nel Signore, o amatissimi.
Prego Evodia e scongiuro Sintiche ad essere di un medesimo sentimento nel Signore, e mi raccomando anche a te, o fedele compagno, di porgere la mano a queste che hanno combattuto con me per il Vangelo con Clemente e cogli altri miei collaboratori, i nomi dei quali sono scritti nel libro della vita.
Il buon esempio.
La Chiesa è un tempio ammirabile di pietre viventi chiamate a costituire i suoi muri (Ef 2,20-22), che si elevano alla gloria dell'Altissimo. La costruzione di questi muri secondo il piano stabilito dall'Uomo-Dio è opera di tutti. Qualcuno costruisce con la parola (1Cor 14,3), altri con l'esempio (Rm 14,19), ma tutti costruiscono, tutti edificano la città santa e, come al tempo degli Apostoli, chi costruisce con l'esempio prevale sugli altri in efficacia quando la parola non è sostenuta dall'autorità di una vita conforme al Vangelo. Però mentre l'edificazione degli altri è per il cristiano dovere fondato sulla carità verso il prossimo e sullo zelo della casa di Dio, egli deve, per non essere presuntuoso, cercare negli altri questa edificazione per se stesso. La lettura di libri buoni, lo studio della vita dei santi, l'osservanza rispettosa, per usare l'espressione dell'Epistola, l'osservazione dei cristiani buoni, che vivono al nostro fianco, saranno aiuto potente per l'opera di santificazione personale e per il compimento dei disegni di Dio.
La coincidenza di pensieri con gli eletti della terra e del cielo ci allontanerà dai cattivi, che respingono la croce di Gesù Cristo e non pensano che al vergognoso accontentamento dei sensi e stabilirà veramente nei cieli la nostra conversazione. In attesa della venuta del Signore per un giorno, che non è più lontano, noi resteremofermi in lui, nonostante la defezione di tanti sventurati trascinati dalla corrente che porta il mondo alla rovina. L'angoscia e la sofferenza degli ultimi tempi accresceranno in noi la speranza, rendendo sempre più vivo il desiderio del momento solenne in cui il Signore apparirà per completare la salvezza dei suoi, vestendo la nostra carne col fulgore del suo corpo divino. Stiamo uniti, come dice l'Apostolo, e per il resto "godete sempre nel Signore, egli scrive agli amati Filippesi, vi ripeto, rallegratevi; il Signore è vicino" (Fil 4,4-5).
VANGELO (Mt 9,18-26). - In quel tempo: Mentre Gesù parlava alle turbe, ecco uno dei capi accostarsi, inchinarsi e dire: Signore, la mia figlia è morta or ora: ma vieni, imponi la tua mano su di lei e vivrà. E Gesù, alzatosi, lo seguì coi suoi discepoli. Ed ecco una donna, la quale da dodici anni pativa perdite di sangue, accostarsi a lui da tergo e toccargli il lembo della veste. Perché diceva dentro di sé: Sol ch'io tocchi la sua veste, sarò guarita. Ma Gesù rivoltosi e miratala disse: Confida, Figliuola: la tua fede ti ha salvata. E da quell'istante la donna fu liberata. E quando Gesù arrivò alla casa del capo, avendo veduto i suonatori e la turba far strepito, disse: Ritiratevi, perché la fanciulla non è morta, ma dorme. Ed essi si burlavano di lui. Quando furono usciti tutti egli entrò e prese la fanciulla per mano, ed essa si alzò. E se ne divulgò la fama in tutta quella regione.
Sebbene la scelta di questo Vangelo non risalga dappertutto a remota antichità, si adatta bene allo spirito della liturgia e conferma ottimamente quello che abbiamo detto del carattere di questa parte dell'anno. Nella Omelia del giorno san Gerolamo ci insegna che l'emorroissa guarita dal Salvatore è figura del Gentilesimo e la figlia del principe della sinagoga lo è della nazione giudaica. Questa trovò la vita soltanto dopo la guarigione della prima ed è proprio questo il mistero che ricordiamo in questo giorno in cui, riconosciuto il medico celeste in tutte le nazioni, cessa l'acciecamento da cui era stato afflitto Israele.
Le vie di Dio.
Dall'altezza cui siamo giunti, dal punto in cui il mondo, raggiunto il suo destino, si oscura un istante per sbarazzarsi degli empi e sbocciare di nuovo trasformato nella luce e nell'amore, come appaiono misteriose, forti e soavi insieme le vie dell'eterna Sapienza (Sap 8,1)!
Il peccato aveva rotto all'inizio l'armonia del mondo gettando l'uomo fuori della sua strada e se, fra tutte, una famiglia aveva attirato su di sé la misericordia e la luce, elevandosi con questo privilegio, aveva rivelato più buia la notte in cui vegetava il genere umano.
La nazioni abbandonate nella loro miseria, spossate, vedevano le delicatezze divine riservate ad Israele e pesare su di loro l'oblio. Venuto il tempo in cui doveva essere riparata la prima colpa parve che la riprovazione dei Gentili dovesse essere definitiva, perché la salvezza venuta dal cielo nella persona dell'Uomo-Dio si diresse esclusivamente ai Giudei e alle pecore perdute della casa di Israele (Mt 15,24).
La salvezza dei Gentili.
Ma la razza senza merito fortunata i cui padri e i primi capi avevano ardentemente desiderato la venuta del Messia non era più all'altezza cui l'avevano portata i patriarchi e i santi profeti. La sua religione così bella, fondata sul desiderio e sulla speranza, era ormai un'attesa sterile, che la metteva nella impotenza di fare un passo verso il Salvatore; la sua legge incompresa, dopo averla immobilizzata, finiva di stringerla nei legami di un formalismo settario e mentre, disprezzando questo colpevole intorpidimento contava, nel suo orgoglio geloso, di difendere l'esclusività dei favori di Dio, il Gentilesimo portava i suoi mali sempre più grandi davanti a un liberatore, riconosceva in Gesù il Salvatore del mondo e la sua fiduciosa iniziativa gli meritava di essere per primo salvato. L'apparente disprezzo del Signore lo mantenne nella umiltà la cui potenza penetra i cieli (Eccli 35,21).
La salvezza dei Giudei.
Israele doveva attendere ancora, come si cantava nel salmo: L'Etiopia lo prevenne, tendendo per prima le sue mani verso Dio (Sal 67,32). Toccò ora a Israele ritrovare nella sofferenza di un lungo abbandono l'umiltà che aveva meritato ai suoi padri le promesse divine e sola poteva meritarne il compimento.
Ma ora la parola di salvezza si è fatta sentire in tutte le nazioni, salvando tutti quelli che dovevano essere salvati. Gesù, fermato sulla strada, arriva alla casa cui era diretto, alla casa di Giuda in cui è ancora assopita la figlia di Sion; la sua onnipotenza compassionevole allontana dalla povera derelitta la folla confusa dei falsi dottori e i profeti di menzogna, che l'avevano addormentata con le loro stolte parole, caccia lontano per sempre gli insultatori del Cristo che pretendevano custodirla nella morte.
Prendendo la mano della malata, egli le ridà vita e il vigore della sua giovinezza, dimostrando che la sua morte non era che un sonno e che l'accumularsi dei secoli non poteva prevalere sulla parola data da Dio ad Abramo suo servo (Lc 1,54-55).
PREGHIAMO
Perdona, o Signore, le colpe del tuo popolo, e liberaci, per la tua benignità, dalle catene dei peccati con le quali ci siamo legati per fragilità.
[1] Nota che il Guéranger scriveva prima della riforma di Pio X. Oggi, se si aggiunge anche l'ultima riforma della Sacra Congregazione dei Riti (23 marzo 1955), le cose sono alquanto modificate.
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, Alba, 1959, p. 530-536.”
Luca, Sursum Corda!