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  1. #301
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    Predefinito Re: Ci lascia Gilberto Oneto.

    Associazione Gilberto Oneto

    Nuovo libro in distribuzione ai soci della nostra Associazione

    Carissimi soci e simpatizzanti,
    nelle prossime settimane sarà dato in distribuzione a tutti i nostri soci in regola con l'iscrizione per l'anno 2021 il libro "La difesa dell'italianità - l'Ufficio per le zone di confine a Bolzano, Trento e Trieste (1945 - 1954)", edito da il Mulino.

    Innanzi tutto... non spaventatevi per il titolo di questo libro. In realtà questo testo, che abbiamo deciso di inviare ai nostri soci come primo volume del 2021, è il naturale completamento di “Padania Separatista “ pubblicato dall’Associazione nel 2020.
    Preciso, attento, documentatissimo lavoro fatto da tre professori universitari, Diego D’Amelio, Andrea Di Michele e Giorgio Mezzalira, in cui si analizza l’opera di “italianizzazione forzata” effettuato dall’UZC (Ufficio per le zone di confine a Bolzano, Trento, Trieste). Essenziale per comprendere le politiche usate dallo stato italiano contro quei territori e quei movimenti che mettevano in discussione la sovranità italiana.
    L’Ufficio, attivo dal 1947 al 1954 sotto la responsabilità politica di Giulio Andreotti, in verità prosegue, come dimostrano efficacemente gli autori, le politiche nazionaliste partite storicamente subito dopo il Risorgimento, continuate con vigore subito dopo la Prima guerra Mondiale e il Fascismo, nel dopoguerra e oltre fino ad arrivare ai nostri giorni.
    In realtà l’UZC non si occupò solo delle zone di confine, ritenute più a rischio, ma di tutta l’Italia Settentrionale, soprattutto dove le esigenze di autogoverno e il fervore autonomistico avevano storicamente attecchito con maggior vigore.
    Un'ingentissima mole di finanziamenti, un fiume di denaro a sostegno e a difesa della propaganda italianista furono usati in una complessa trama di attività politiche, sindacali, culturali, assistenziali, sportive, ricreative fino ad arrivare alla modifica fisica di intere porzioni di territori (attraverso la distruzione dell’ambiente, dell’agricoltura e dell’architettura tradizionale) e sociale (favorendo l’immigrazione interna).
    Un libro impegnativo di ben 600 pagine che, pur richiedendoci uno sforzo economico davvero non indifferente, siamo oggi molto contenti di poter offrire ai nostri soci.
    Quello che è stato fatto e che continua a essere fatto alle nostre terre va davvero oltre ciò che si potrebbe immaginare.
    Vi invitiamo dunque, se non l'avete ancora fatto, a rinnovare la vostra iscrizione alla nostra Associazione, o ad associarvi per la prima volta, per ricevere al più presto questo libro, a cui, come ogni anno, nei prossimi mesi ne seguirà un secondo da noi pubblicato.

    Vi ricordiamo che trovate le istruzioni per iscrivervi, o per rinnovare l'iscrizione, alla nostra Associazione sul nostro sito web:

    https://www.associazionegilbertoonet...scrizioni.aspx

    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
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  2. #302
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    Predefinito Re: Ci lascia Gilberto Oneto.



    https://www.lanuovapadania.it/wp-con...-1536x981.jpeg

    15 settembre, l’evento dell’Associazione Gilberto Oneto
    4 SETTEMBRE 2021 CRONACA LETTURA 1 MIN

    Per molti, ma non per tutti. La libertà non è scontata, la si conquista. E una battaglia politica è essenzialmente una battaglia culturale. Il 15 settembre, data simbolo di una rivoluzione incompiuta, viene celebrato, ricordato così dall’Associazione Gilberto Oneto: una giornata di riflessione, di analisi, di memoria. La memoria, appunto che ci ricorda da dove si arriva, per non snaturare l’identità e i sogni. Indizi di una verità oggi censurata, messa al margine della politica parlamentare. Mentre, sul territorio, covano le braci. (ste.pi).

    https://www.lanuovapadania.it/cronac...ilberto-oneto/
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  3. #303
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    Predefinito Re: Ci lascia Gilberto Oneto.



    15 settembre, io c’ero
    15 SETTEMBRE 202114 SETTEMBRE 2021 OPINIONI LETTURA 3 MIN

    di Pier Luigi Crola – 25 anni fa si verificava un evento “storico”: Umberto Bossi proclamava l’Indipendenza della Padania. Un momento unico, irripetibile che mi lascerà un segno indelebile per tutta la vita.

    Questo fatto però, non è stato un momento isolato di folklore da quattro soldi.

    Alle spalle c’era un grande lavoro che aveva portato alla costruzione di una vera società alternativa: sindacati, Confindustria, mass media (radio, giornale e televisione), banca, associazioni ed eventi sportivi (la nazionale Padana 3 volte campione del mondo delle nazioni non riconosciute, il giro ciclistico della Padania, riconosciuto persino dai vertici sportivi italiani), un Parlamento e una serie di associazioni che coprivano tutti i settori della società (dal volontariato alla cultura), tutte rigorosamente Padane.

    A distanza di 25 anni il sogno sembra essersi spezzato, ma io credo che sia solo un intoppo momentaneo, anche se serio.

    Ed una delle principali cause è il tradimento di un capopopolo che, per motivi fin troppo scontati, ha barattato un sogno di molti con dei seggi nel Parlamento “straniero” per pochi nominati da lui stesso.

    Potrebbe essere una strategia: prendere il potere camuffandosi da italiano per poi riportare al centro la questione padana. Purtroppo non è così: il referendum per l’autonomia (blanda) della Lombardia e del Veneto sono ormai un pallido ricordo, il Ministro per le Autonomie Erika Stefani ha fatto poco più che niente, e persino le leggi della Regione Lombardia sulla tutela e valorizzazione delle lingue locali e l’operato dei relativi assessori sembrano solo operazioni di facciata. Ma niente di concreto.

    L’autonomia e l’attenzione alle culture e identità locali sembrano sostituite da altri obiettivi, che nulla o poco hanno a che fare con la Padania direttamente: la limitazione della immigrazione, il DDL ZAN contro l’omotransfobia, il ponte sullo Stretto, il dibattito sull’immunità di gregge e i vaccini, la riforma della giustizia. Tutte armi di distrazioni di massa.

    E allora? Tutto fermo. No. Un timido segnale potrebbe venire dalle ormai prossime elezioni amministrative dove un movimento davvero autonomista, Grande Nord, alleatosi con la lista dell’ex direttore del quotidiano La Padania, Gianluigi Paragone, sfida i due poli centralisti di centro destra e centro sinistra per riportare in auge quei valori in cui molta gente comune ha creduto. Ho ancora l’immagine di una lunga schiera di persone che erano con me sul Po in quel giorno memorabile. Speriamo che sia la volta buona per ritornare a quei valori che avevano fatto battere i cuori di molti.

    https://www.lanuovapadania.it/opinio...embre-io-cero/
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  4. #304
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    Predefinito Re: Ci lascia Gilberto Oneto.



    Conferenza in streaming trasmessa in diretta Facebook Mercoledì 15 Settembre 2021 alle ore 21:00​. Con Alessandro Vitale, Giancarlo Pagliarini, Gianluca Marchi, Daniela Piolini, Roberto Stefanazzi e Giovanni Polli.
    Ultima modifica di Eridano; 17-09-21 alle 11:52
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  5. #305
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    Predefinito Re: Ci lascia Gilberto Oneto.

    Il Sole delle Alpi alla Diada. Ma non lo porta più la Lega
    16 SETTEMBRE 202116 SETTEMBRE 2021 LOMBARDIA LETTURA 1 MIN

    Arichiata la Diada del 2021, restano a parlare le immagini e la presenza di centinaia di migliaia di persone, 400mila secondo gli organizzatori. L’autodeterminazione resta nell’agenda dei catalani. Non più della Lega, anche la bandiera della Padania era nel lungo il fiume umano di Barcellona, portata da Alessio Anghileri, vicesindaco uscente di Biassono ora impegnato nella lista Biassono nel cuore, e da Siro Villa, fondatore dell’associazione La Fara.

    L’importante è non ammainare mai una bandiera.

    “Un grazie particolare – commenta Anghileri – a Joan Maria Vallvé i Ribera, già direttore della Generalitat catalan e del Parlamento catalano, per averci invitati e ospitati durante questo grande evento di libertà dei popoli. C’è solo da imparare, non da archiviare!”.









    https://www.lanuovapadania.it/lombar...a-piu-la-lega/
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  6. #306
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    Predefinito Re: Ci lascia Gilberto Oneto.

    Il Risorgimento, mito di fascisti e antifascisti, con Roberto Gremmo il 9 novembre su Fb con l’Associazione Oneto
    6 NOVEMBRE 20216 NOVEMBRE 2021 CULTURA LETTURA 1 MIN

    Riprendono le serate del Drago. Inizia un nuovo ciclo di conferenze in streaming a partire damMartedì prossimo 9 Novembre alle ore 21:00. Parleremo di storia e in particolare di Risorgimento in compagnia di Roberto Gremmo. Condurrà la serata Giovanni Polli, come sempre in diretta streaming dalla pagina Facebook https://www.facebook.com/www.associa...bertooneto.org

    https://www.lanuovapadania.it/cultur...iazione-oneto/
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  7. #307
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    Predefinito Re: Ci lascia Gilberto Oneto.

    Basta Draghi! 😂

  8. #308
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    Predefinito Re: Ci lascia Gilberto Oneto.

    La retorica della patria, di Gilberto Oneto

    Oggi è il 4 Novembre, ricorrenza che naturalmente rispettiamo ma che, come ben sapete, Gilberto Oneto vedeva in modo ben diverso da quello che la retorica nazionalista di questo stato ci vorrebbe imporre. Eccovi dunque un suo articolo di qualche anno fa, che vuole anche essere un'anteprima del prossimo libro della nostra Associazione, che vedrà la luce entro qualche settimana. Un libro che sarà dedicato alla visione della Storia di Gilberto e che conterrà una raccolta dei suoi scritti brevi su questo tema.

    La retorica della patria
    Di Gilberto Oneto, 4 Novembre 2008

    Riprende la grancassa attorno al 4 novembre. Era un po’ che non succedeva: comunisti e democristiani l’avevano tacitamente declassato. Oggi però torna forte l’esigenza di una festa patriottica, o - come la chiamano - dell’unità nazionale. I motivi ci sono: l’invasione extracomunitaria (peraltro invocata da molti patrioti proprio come viagra per una identità un po’ rilassata) e soprattutto i sempre più frequenti segni di autonomia e separatismo. È in momenti come questi che – diceva Miglio – si tirano fuori le sacre icone e sbrodolate di retorica.
    Il patriottismo italiano non riesce a togliersi di dosso l’aurea funesta di morti e catafalchi: nato con il “si scopron le tombe, si levano i morti” dell’inno di Garibaldi, si è nutrito di martiri, orfani, vedove, mutilati, sacelli e sacrari, fino alla sua suprema sublimazione nell’iconografia fascista, fatta di teschi, fiamme, feretri e spade insanguinate. Alla fine ci si stupisce dell’automatica associazione cromatica del tricolore con il nero, che induce a gesti apotropaici poco eleganti in confronto ai quali il dito di Bossi è stato un colpo di bon ton.
    Sfiga vuole che il 4 novembre cada anche proprio di fianco al giorno dei defunti e ad Halloween, e non deve stupire che i viali delle rimembranze il più delle volte portino ai cimiteri. Così, se gli americani festeggiano il 4 luglio (giorno dell’indipendenza, che è una bella cosa) con fuochi d’artificio e bevute, o i catalani il 21 aprile (San Giorgio, un gran bel santo) regalando fiori e libri, qui si ricorda la vittoria come un funerale. Ed è appropriato perchè la cosiddetta Grande Guerra è stata soprattutto un grande funerale: 650 mila morti, un milione e passa di feriti, altri 600.000 morti di epidemia “spagnola”, diretta conseguenza della guerra. Non stona che la memoria più tangibile siano ossari, cimiteri e monumenti di eroi morenti, quasi sempre nudi ma con l’elmetto.
    È anche comprensibile che non ci sia granché fra cui scegliere: quella del 15-18 è stata l’unica vera vittoria militare dell’Italia unita, visto che su quella di Abissinia è meglio stendere un patriottico velo.
    Certo non è neppure stata gloriosissima. Innanzitutto la gente non voleva la guerra, ad essa era contraria la maggioranza parlamentare (superata da un articolo dello Statuto che conferiva al re la prerogativa di dichiarare guerre): è stata voluta da una minoranza di esagitati e di furbacchioni. Cominciata rovesciando alleanze e patti sottoscritti e in seguito a un vergognoso mercato su due tavoli, è stata fatta per liberare gente che – in gran maggioranza – se ne stava bene dov’era: Cesare Battisti ha scritto che i trentini, potendo scegliere se ne sarebbero rimasti con l’Austria, che era – non dimentichiamolo – un paese assai più progredito, civile, efficiente e democratico del regno d’Italia. E a guerra finita s’è esagerato “liberando” anche un numero spropositato di tirolesi, sloveni, croati e altri che nessuno poteva ragionevolmente far passare per italiani neppure tirando in ballo Roma imperiale e la Serenissima. Neanche la vittoria militare è stata così fulgida: di fronte c’era un esercito esausto, male armato e male attrezzato che stava in piedi solo per la grande lealtà che soldati, che si diceva fossero oppressi, mostravano per l’oppressore. A contrastare Cadorna nel maggio del ‘15 c’erano pochi riservisti e territoriali, a fermare le sanguinose “spallate” sull’Isonzo truppe male in arnese ma comandate da un croato palluto. Sono bastati pochi battaglioni tedeschi a fare Caporetto e la rotta è terminata sul Piave più per stanchezza degli inseguitori che per baldanza degli inseguiti, peraltro abbondantemente rafforzati da truppe alleate. Neanche la partecipazione è stata un granché: 8.171 volontari contro 160.000 disertori, un esercito di renitenti, 330mila processati, 4mila condannati a morte e un numero imprecisato di decimati e fatti fuori lì per lì da ufficiali e carabinieri. Un costo economico e umano salatissimo: lutti, miseria, lotte sociali, emigrazione e fascismo. Uno sforzo del tutto sproporzionato agli effetti: l’Austria avrebbe lasciato Trento e Trieste anche senza la guerra.
    Dopo 80 anni ci raccontano di nuovo che è stata la quarta guerra di indipendenza, che lì si è forgiata l’unità d’Italia, fra sangue, fango, sporcizia, sudore, odore di paura e di grappa. Beato – diceva Brecht – il paese che non ha bisogno di eroi: che dire di uno cui non ne sono bastati milioni?

    Gilberto Oneto
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  9. #309
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    Predefinito Re: Ci lascia Gilberto Oneto.

    Il Risorgimento, mito di fascisti e antifascisti



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  10. #310
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    Predefinito Re: Ci lascia Gilberto Oneto.

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