ADDIO A UN GRANDE PADANO CHE VOLEVA UNA SOLA COSA, LA LIBERTA? - Rischio Calcolato
ADDIO A UN GRANDE PADANO CHE VOLEVA UNA SOLA COSA, LA LIBERTA’
Di gianluca , il 20 novembre 2015 0 Comment
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di GIANLUCA MARCHI
“Sei una delle poche persone che ammiro senza se e senza ma”. Lui,Gilberto Oneto, non ha fatto in tempo a leggere questa frase, perché se n’è andato in serata, portato via dalla malattia, ma con quelle parole concludevo una mail che gli avevo inviato nel pomeriggio. Per tutto il giorno ero stato attanagliato da una sorta di inquietudine che si è trasformata in angoscia dopo che il mio breve scritto non aveva ricevuto risposta. Lui aveva lavorato fino a pochi giorni fa e quell’assenza di replica mi faceva pensare male. Così è stato, purtroppo.
Parallelamente cresce anche il mio senso di colpa, e gli avevo confessato pure questo, per aver diradato i contatti diretti da dopo l’estate. Noi ammalati di tumore (io e lui lo eravamo) abbiamo a volte degli strani meccanismi psicologici per cercare di difenderci dal terremoto che ci investe. Io, con un percorso finora apparentemente positivo dopo più di due anni dalla scoperta del problema, ho finito col proiettare le paure che non ho avuto per me stesso sugli amici e sui conoscenti finiti nello stesso tunnel. Ho paura per loro, temo che non ne vengano a capo come forse ne sto venendo a capo io. E Gilberto era il primo di questi. Quando venne a trovarmi all’ospedale dopo l’operazione (nel dicembre del 2013) lui era ancora esente dal problema, quantomeno quel nemico infido non si era ancora palesato. Poi è venuto a galla e per molti mesi i nostri discorsi sono stati prima di tutto un aggiornamento sui rispettivi percorsi sanitari. Ma prima dell’estate mi aveva aggiornato sul fatto che qualcosa non quadrasse, sempre con quel suo spirito indomito e indefesso di combattente, e a quel punto in me è scattata la paura che mi ha paralizzato. Oggi quasi me ne vergogno, ma siamo persone con un sacco di debolezze. E spero che lui, da uomo estremamente intelligente qual era, abbia capito in tempo i miei troppi silenzi.
Ora bando a questi discorsi. Gilberto Oneto è stato l’uomo più intelligente, più intellettualmente onesto e più fedele alla causa che io abbia conosciuto nel mondo dell’indipendentismo. Non ha mai preso scorciatoie per ottenere alcun vantaggio personale. La storia del suo rapporto con la Lega è tutta lì ben chiara a dimostrarlo. Ha abbracciato la causa, quella originaria, con entusiasmo, ed è stato ripagato in malo modo, costretto in pratica ad andarsene nonostante fosse una delle menti, se non la vera mente capace di dare un’elaborazione culturale a quel progetto. Nonostante l’allontanamento la Lega, intesa soprattutto come la “base leghista”, quella che lui ha tanto amato e dalla quale è stato ricambiato, il movimento dicevo è rimasto sempre nel suo cuore. Rischiando di apparire un nostalgico ha sperato quasi fino all’ultimo che il Carroccio ritornasse sulla retta via, soffriva come un tradimento per ogni idea bislacca di Padania partorita in via Bellerio e viveva come se fosse un’offesa personale ogni “sputtanamento” di quel concetto. Per lui la Padania era l’unica entità in grado di decretare la fine dello stato italico di cui continuiamo incomprensibilmente e colpevolmente a essere sudditi e prigionieri.
Nonostante le delusioni e i tradimenti politici patiti, che avrebbero potuto suggerire un distacco dall’impegno diretto, negli ultimi anni Oneto è stato il padre nobile delle iniziative editoriali online che hanno dato vita prima a L’Indipendenza e poi al MiglioVerde, le ha abbracciate con entusiasmo, vi ha lavorato umilmente senza percepire un soldo, anzi mettendoci del proprio, nella speranza che potessero essere da stimolo per la Lega a cambiare rotta e tornare sulla strada maestra e per la galassia indipendentista a muoversi in una sola direzione, senza disperdersi in mille ruscelletti insignificanti. Nonostante le sue analisi della realtà fossero lucidissime e quasi spietate, in lui albergava sempre la speranza che il popolo padano trovasse prima o poi la forza per spezzare le catene che lo imprigionano.
Se n’è andato troppo presto e con una disillusione che forse cominciava a farsi strada anche in lui. A noi, piccoli e pieni di limiti, tocca un solo compito: rendergli omaggio portando avanti le sue idee senza piegarci a compromessi e tenere in vita la sua speranza, che poi è anche la nostra: LIBERTA’.