L'Espresso
Eugenio Scalfari
Il tema della famiglia è tornato in primo piano nella politica italiana, non soltanto per il disegno di legge del governo né per l’intervento di monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, ma soprattutto per la realtà sociale dell’intero mondo che ci circonda, le società dell’Occidente in primo luogo per il loro intenso laicismo, ma anche in altri Paesi e continenti, musulmani, induisti, buddisti, taoisti che siano.
Esiste ancora la famiglia? La risposta è affermativa, esiste, ma è profondamente cambiata. Quali sono le caratteristiche del cambiamento e la data in cui è avvenuto? Questo è il punto da approfondire perché solo quando le cause saranno chiare, altrettanto chiara sarà la soluzione istituzionale che dovrà avere.
Naturalmente le religioni hanno un ruolo notevole e lo esercitano, ciascuna a suo modo; quella cattolica in particolare, che della famiglia ha una sua visione molto precisa al punto d’aver fatto del matrimonio uno dei suoi sacramenti. E tuttavia è proprio il cattolicesimo che a sua volta attraversa una fase di profonda evoluzione e di apertura verso la modernità. L’Islam non sembra stia ragionando su questo tema, anche se la parte culturalmente più evoluta di quei Paesi di religione musulmana vive anch’essa (le donne soprattutto) le sue primavere rivoluzionarie.
Dunque i cattolici. I “media” italiani hanno dato nei giorni scorsi molto rilievo alle dichiarazioni di monsignor Galantino che, come è noto, interpreta fedelmente il pensiero del Papa. Che cosa ha detto Galantino? Brevi parole che qui vogliamo riportare: «Chiedo che la politica non sia strabica. Non si può pensare a un governo che sta manifestando tanta energia per queste forme di unioni particolari e di fatto stia mettendo all’angolo la famiglia tradizionale che deve essere il pilastro della società».
Questo è tutto. Ha sconfessato l’intenzione del governo di dare una forma istituzionale alle unioni civili? No. Ha ribadito il valore della famiglia tradizionale e qui ha sbagliato perché la famiglia tradizionale non c’è più. Dobbiamo recuperarla? Ogni parere in merito è rispettabile e certamente le nuove forme di famiglia sono per molti aspetti deteriori, ma resta il dato di fatto: il cambiamento ha un carattere rivoluzionario e le forme tradizionali non sono più recuperabili. Del resto papa Francesco, nella prefazione al libro che raccoglie i pensieri del cardinale Martini, così scrive: «Martini ha spinto il suo sguardo oltre i confini consolidati, favorendo una Chiesa missionaria “in uscita” e non chiusa su se stessa, facendo emergere il messaggio universale del Vangelo, portatore di luce e di ispirazione per tutte le persone».
Personalmente conosco bene il pensiero di Martini che incontrai varie volte a Gallarate dove passò i suoi ultimi anni. Era esplicitamente favorevole alla legalizzazione delle coppie di fatto, quelle omosessuali comprese; favorevole all’ammissione dei divorziati ai riti della Chiesa, sacramenti compresi; favorevole alle adozioni da parte delle coppie non sposate. Il tema delle adozioni da parte delle coppie omosessuali allora non si poneva perché le tecnologie di assistenza alla procreazione dieci anni fa non avevano ancora raggiunto le tecniche attuali, quindi su questo punto Martini non si espresse ma le premesse per una sua opinione favorevole sarebbero state in piena coerenza con il suo pensiero. Naturalmente resta da vedere quale sia il vero bene per un bambino che viva in una famiglia eterosessuale o omosessuale, essendo figlio biologico sia in un caso sia nell’altro di almeno uno dei genitori adottanti.
Ma vediamo ora come è cambiata la famiglia. Il primo e principale di quei cambiamenti riguarda il rapporto tra genitori e figli ed anche tra fratelli. Di fatto è un rapporto o inesistente o debole, largamente sostituito da rapporti con coetanei, con ampie fasi di solitudine dovuta all’uso e all’abuso delle tecnologie dell’informazione via Internet.
Quando il figlio torna a casa per mangiare e dormire - quando e se questo ritorno c’è - la comunicazione con i membri della famiglia è pressoché inesistente. Per quel tanto che c’è, il rapporto col padre è nel migliore dei casi con un amico, non con un educatore. Il ruolo paterno insomma non c’è più a partire dall’adolescenza e in attesa che il figlio metta casa per proprio conto o con altri amici o solo o con una compagna che può anche (di rado) avere sposato.
Spostiamoci dunque sul rapporto tra moglie e marito (o compagni tra di loro). La donna cerca e spesso trova lavoro come il suo coniuge, anche se i figli sono ancora bambini. Suppliscono asili infantili, scuole materne, e badanti. Non manca il rapporto dei bambini con i genitori ma è temporalmente molto ridotto e - specie per quanto riguarda il padre - non è quello di un educatore. Perché? L’educazione del bambino è lasciata alla mamma e/o alla badante e/o agli asili infantili. Quando il bambino diventa ragazzo il padre punta piuttosto al ruolo di amico. I padri di oggi sono figli o addirittura nipoti della generazione che visse il “sessantottismo” i cui esiti positivi furono quelli della “liberazione” antitradizionalista. La paternità fu messa in crisi, resistette debolmente e cambiò natura. Sostanzialmente divenne fratellanza, amicizia, magari esempio (buono o cattivo che fosse). Intanto le nuove tecnologie si diffusero ed ebbero un ulteriore effetto sui giovani: li allontanarono dalla parola scritta salvo rari casi.
I ventenni di oggi, come ho già ricordato, sono figli o nipoti del “sessantottismo”. Ecco perché la famiglia è cambiata, almeno nell’Occidente, ma non soltanto.