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    Predefinito alcune verità su Gandhi

    Forse anche Gandhi non era questo gran santo

    Nell'agosto del 2012, appena prima del 65esimo anniversario dell'indipendenza dell'Inida, la rivista Outlook India ha pubblicato il risultato di un sondaggio condotto tra i propri lettori. Chi è stato, dopo il "Mahatma", il più grande indiano a calcare il suolo del paese? Il Mahatma al centro della questione era, ovviamente, Mohandas Karamchand Gandhi.
    Non c'è niente di sorprendente riguardo al fatto che Outlook abbia dato per scontato il suo primato. Gandhi è diventato il barometro indiscusso della grandezza indiana, se non della grandezza in generale. Dopotutto, chi ha da ridire su Gandhi? Abbiamo imparato a conoscerlo come l'anziano debole e malnutrito dalla morale pura e l'animo pio. Colui che ha inaugurato la nuova grammatica della resistenza non violenta in India, un paese che ha aiutato a liberarsi dalle catene del potere imperialista britannico. Ha combattuto in prima fila tramite scioperi della fame fino a che un fanatico indù lo ha ucciso, rendendolo di fatto un martire.
    Mio nonno materno è stato in galera con Gandhi nel 1933, e questo significa che sono cresciuto con la consapevolezza che il mito era alimentato da alcune mezze verità. Mio nonno ha usato ciò che ha imparato in carcere per fondare un ashram nel Bengala Occidentale. Di conseguenza, i miei genitori mi hanno trasmesso una conoscenza di Gandhi a metà tra l'elogio e la dura critica. La mia famiglia lo adorava, anche se non abbiamo mai creduto che da solo avesse orchestrato il movimento d'indipendenza dell'India. Nei decenni successivi al suo assassinio nel 1948, l'immagine di Gandhi è stata ripulita dei suoi aspetti opachi e ricostruita con una tale attenzione che è facile dimenticarsi che la sua retorica si reggeva sul razzismo contro i neri, su un'allergia veemente per la sessualità delle donne, e su un generale rifiuto nell'aiutare la liberazione dei Dalit, ovvero la casta degli "intoccabili", degli oppressi.
    Gandhi ha vissuto in Sudafrica per più di due decenni, dal 1893 al 1914, lavorando come avvocato e lottando per i diritti degli indiani—e solo degli indiani. Per lui, come ha ammesso piuttosto candidamente, i sudafricani erano a malapena umani. Si riferiva a loro usando il termine slang denigratorio sudafricano k affir. Si lamentava del fatto che gli indiani fossero considerati "leggermente meglio, al massimo, dei selvaggi o dei nativi africani." Nel 1903 ha dichiarato che "la razza bianca in Sudafrica dovrebbe essere la razza predominante." Dopo essere stato messo in carcere nel 1908, criticava il fatto che gli indiani fossero classificati con i prigionieri neri e non bianchi. Questi aspetti del pensiero di Gandhi sono stati riportati al centro dell'attenzione da alcuni autori sudafricani, come accaduto per questo libro, ma non sono riusciti a scalfire la visione dominante.
    Durante lo stesso periodo, Gandhi ha cominciato a coltivare la misoginia che ha mantenuto per il resto della sua vita. Nei suoi anni in Sudafrica, una volta ha reagito alle molestie sessuali di un ragazzo nei confronti di due donne seguaci di Gandhi tagliando loro con la forza i capelli, per assicurarsi che non attirassero su di sé l'attenzione. (Michael Connellan, sul Guardian ha dettagliatamente spiegato che Gandhi riteneva che le donne rinunciassero alla propria umanità nel momento in cui un uomo le stuprava.) Agiva con la convinzione che gli uomini non potessero controllare i loro impulsi più bassi, sostenendo al contempo che le donne erano responsabili—e completamente in balia—di questi impulsi. Le sue visioni in materia di sessualità femminile erano altrettanto deplorevoli. Rita Banerji, nel suo libro Sex and Power,sostiene che Gandhi considerasse le mestruazioni come "la manifestazione dell'assoggettamento dell'animo femminile alla sua sessualità." Credeva anche che l'uso di contraccettivi fosse segno di facili costumi.
    Ha affrontato direttamente la convinzione che gli uomini fossero incapaci di controllare la propria libido facendo voto di castità (senza parlarne prima con la moglie), e usando le donne—incluse alcune ragazze minorenni come la nipote—per testare i confini della sua astinenza. Dormiva nudo accanto a loro senza toccarle, assicurandosi che non si eccitasse.
    Kasturba, la moglie di Gandhi, era forse la vittima più frequente di queste visioni. "Non sopporto di guardare in faccia Ba," ha detto una volta Gandhi a tal proposito. "Spesso la sua espressione è quella sulla faccia di una vacca docile, e come spesso accade con le vacche, dà la sensazione che nel suo stupido modo stia cercando di dire qualcosa." Una risposta apologetica a questa dichiarazione, ovviamente potrebbe essere che nell'induismo le vacche sono sacre—e Gandhi paragonando la moglie a una vacca le avrebbe fatto un complimento molto velato. Quando Kasturba ha contratto la polmonite Gandhi le ha negato la penicillina, nonostante i dottori sostenessero che la avrebbe curata; ha insistito dicendo che la nuova medicina era una sostanza aliena al suo corpo che non avrebbe dovuto prendere. La malattia l'ha uccisa nel 1944. Solo un anno dopo, forse cosciente del grave errore commesso, Gandhi ha preso del chinino per curare la sua malaria. È sopravvissuto.
    In Occidente esiste una specie di istinto a vedere Gandhi come il silenzioso annientatore della casta. Eppure per Gandhi l'emancipazione dei Dalit era un obiettivo indifendibile. I Dalit continuano ancora oggi a soffrire per le dirette conseguenze dei pregiudizi inerenti al tessuto culturale dell'India.
    La storia, come ha scritto Arundhati Roy in una pubblicazione fondamentale dello scorso anno chiamata "The Doctor and the Saint", è stata incredibilmente benevola con Gandhi. Questo ci ha concesso di considerare i suoi pregiudizi semplici imperfezioni, piccole macchie in una figura altrimenti pulita. Gli apologeti insisteranno nel sostenere che Gandhi era imperfetto e umano. Magari trasformeranno i suoi pregiudizi in qualcosa di positivo, a dimostrare che era come noi. Oppure insisteranno su un altro aspetto: puntare l'attenzione sui pregiudizi di Gandhi è segno di un fascino malato di una certa parte di mondo per i problemi dell'India, come se gli scrittori occidentali fossero ossessionati con il minare la credibilità del Paese.
    Questo è ciò che facciamo nel tentativo di mitizzare. I tratti oscuri di Gandhi qui evidenziati persistono nella società indiana di oggi— il forte razzismo contro le persone di colore, il comune disprezzo per il corpo femminile, la miopia sulle condizioni dei Dalit. Non è una coincidenza il fatto che questi aspetti della retorica di Gandhi siano stati tagliati fuori dalla sua eredità.
    Ma come convivere con una definizione come "l'indiano più grande di tutti i tempi"? Questo è un fardello colossale per chiunque—nominarlo la persona più grande nata in un paese in cui vivono milioni di persone. Creare un falso idolo porta a grandi dimenticanze. E allora è più facile idolatrare un uomo che non è mai esistito per davvero.

    Forse anche Gandhi non era questo gran santo | VICE | Italia


  2. #2
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    Predefinito Re: alcune verità su Gandhi

    Personalmente non ho mai simpatizzato per Gandhi e i motivi sono tantissimi, a cominciare dalla sua concezione anti-tradizionale del Sanatana Dharma, passando alla sua erronea interpretazione del concetto di Ahiṃsā (che ha provocato centinaia di vittime inermi) e proseguendo con il suo estremo puritanesimo, una sessuofobia e una misoginia tali da indurlo a voler far distruggere le sacre statue dei templi antichi di Khajuraho (che mostrano orge di uomini e donne nei più svariati amplessi). Fortunatamente il suo folle piano non fu portato a termine, principalmente grazie alla mediazione di Rabindranath Tagore e l'antico splendore di Khajuraho si trova ancora intatto al suo posto. Gandhi era infatti estremamente influenzato dalle forme più bigotte del peggior cristianesimo e la sua avversione nei riguardi del sessualità era una vera e propria ossessione e se ne potrebbero raccontare tante di nefandezze legate all'uomo più sopravvalutato del '900, che in occidente è divenuto una sorta di "icona dell'induismo" quando in realtà si è trattato soltanto di un uomo politico, astuto e carismatico, ma soltanto un uomo politico, la cui veste di santità che gli è stata ricamata negli anni è nient'altro che una perversa mistificazione. Le elìte tradizionali hindù non hanno mai visto di buon occhio questo ambiguo personaggio e come scrisse Alain Danieolu, in molti lo consideravano una specie di anticristo e in India non furono in pochi a festeggiarne la morte.

    A tal proposito, inserisco uno stralcio di Danielou su Gandhi (La Storia dell’India, Ubaldini, 1994):

    "Fu praticamente con lui solo che il governo britannico decise dell’avvenire dell’India, il più disastroso che si potesse immaginare, dal momento che si arrivò alla divisione del Paese, a uno dei più grandi massacri della storia, all’eliminazione del sistema sociale e della cultura tradizionale, alla soppressione della casta dei principi, al genocidio delle tribù primitive, alla rovina delle caste artigianali e alla loro trasformazione in un miserabile proletariato. Tutto ciò presentato come un progresso. I letterati hindu consideravano Gandhi una specie di anticristo e quando venne assassinato resero cerimonie di ringraziamento. Ma ormai era troppo tardi.
    … Per comprendere la figura di Gandhi si deve ricordare che egli era un bania, cioè un membro della casta dei mercanti, e che, in India, a ciascuna casta corrispondono precise concezioni morali, intellettuali, religiose, che ne fanno una specie di setta… Le caratteristiche della casta dalla quale era nato Gandhi sono l’estremo puritanesimo, il più assoluto vegetarianismo, l’assenza totale di preoccupazioni metafisiche come di cultura filosofica e, per contro, la più grossolana sentimentalità religiosa… La carità è una di quelle virtù che possono riscattare un commerciante avido di guadagno, ma su cui non si può fondare la giustizia sociale. Un puritanesimo glaciale maschera la disonestà in tutto ciò che concerne le questioni di denaro e gli affari. Dovunque si trovino i mercanti indiani finiscono per impossessarsi di tutto.
    Il fatto delle sue origini spiega perché questo personaggio in apparenza ascetico ebbe sempre l’appoggio incondizionato del grande capitale (i Birla, i Tata) e d’altra parte perché le riforme sociali che egli intraprese finirono sempre per giovare alla borghesia commerciante e ai possidenti terrieri."

    ...

    Chi coltiva un pensiero raccoglie un'azione, chi coltiva un'azione raccoglie un'abitudine, chi coltiva un'abitudine raccoglie un carattere, chi coltiva un carattere raccoglie un destino.

  3. #3
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    Predefinito Re: alcune verità su Gandhi

    Citazione Originariamente Scritto da Zed Visualizza Messaggio
    Personalmente non ho mai simpatizzato per Gandhi e i motivi sono tantissimi, a cominciare dalla sua concezione anti-tradizionale del Sanatana Dharma, passando alla sua erronea interpretazione del concetto di Ahiṃsā (che ha provocato centinaia di vittime inermi) e proseguendo con il suo estremo puritanesimo, una sessuofobia e una misoginia tali da indurlo a voler far distruggere le sacre statue dei templi antichi di Khajuraho (che mostrano orge di uomini e donne nei più svariati amplessi). Fortunatamente il suo folle piano non fu portato a termine, principalmente grazie alla mediazione di Rabindranath Tagore e l'antico splendore di Khajuraho si trova ancora intatto al suo posto. Gandhi era infatti estremamente influenzato dalle forme più bigotte del peggior cristianesimo e la sua avversione nei riguardi del sessualità era una vera e propria ossessione e se ne potrebbero raccontare tante di nefandezze legate all'uomo più sopravvalutato del '900, che in occidente è divenuto una sorta di "icona dell'induismo" quando in realtà si è trattato soltanto di un uomo politico, astuto e carismatico, ma soltanto un uomo politico, la cui veste di santità che gli è stata ricamata negli anni è nient'altro che una perversa mistificazione. Le elìte tradizionali hindù non hanno mai visto di buon occhio questo ambiguo personaggio e come scrisse Alain Danieolu, in molti lo consideravano una specie di anticristo e in India non furono in pochi a festeggiarne la morte.

    A tal proposito, inserisco uno stralcio di Danielou su Gandhi (La Storia dell’India, Ubaldini, 1994):

    "Fu praticamente con lui solo che il governo britannico decise dell’avvenire dell’India, il più disastroso che si potesse immaginare, dal momento che si arrivò alla divisione del Paese, a uno dei più grandi massacri della storia, all’eliminazione del sistema sociale e della cultura tradizionale, alla soppressione della casta dei principi, al genocidio delle tribù primitive, alla rovina delle caste artigianali e alla loro trasformazione in un miserabile proletariato. Tutto ciò presentato come un progresso. I letterati hindu consideravano Gandhi una specie di anticristo e quando venne assassinato resero cerimonie di ringraziamento. Ma ormai era troppo tardi.
    … Per comprendere la figura di Gandhi si deve ricordare che egli era un bania, cioè un membro della casta dei mercanti, e che, in India, a ciascuna casta corrispondono precise concezioni morali, intellettuali, religiose, che ne fanno una specie di setta… Le caratteristiche della casta dalla quale era nato Gandhi sono l’estremo puritanesimo, il più assoluto vegetarianismo, l’assenza totale di preoccupazioni metafisiche come di cultura filosofica e, per contro, la più grossolana sentimentalità religiosa… La carità è una di quelle virtù che possono riscattare un commerciante avido di guadagno, ma su cui non si può fondare la giustizia sociale. Un puritanesimo glaciale maschera la disonestà in tutto ciò che concerne le questioni di denaro e gli affari. Dovunque si trovino i mercanti indiani finiscono per impossessarsi di tutto.
    Il fatto delle sue origini spiega perché questo personaggio in apparenza ascetico ebbe sempre l’appoggio incondizionato del grande capitale (i Birla, i Tata) e d’altra parte perché le riforme sociali che egli intraprese finirono sempre per giovare alla borghesia commerciante e ai possidenti terrieri."

    Concordo in toto.

    Un personaggio posto su un piedistallo ed osannato a livello universale che presenta molte più ombre che non luci.
    Paradossale quanto da lui ottenuto attraverso la pratica fondamentalista dell'ahimsa: i massacri di folle di gente indifesa, la responsabilità dei quali è in origine da ascrivere proprio a l lui, prima ancora che agli inglesi.

    L'ho sempre trovato vagamente repellente persino fisicamente nelle foto che circolano. E poi io detesto ogni integralismo bigotto, figurarsi quello pacifista, che considero un vero flagello della nostra epoca. E questo pur respingendo in generale ogni violenza gratuita.
    "Così penseremo di questo mondo fluttuante: una stella all'alba; una bolla in un flusso; la luce di un lampo in una nube d'estate; una lampada tremula, un fantasma ed un sogno:"
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  4. #4
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    Predefinito Re: alcune verità su Gandhi

    Potrebbe essere interessante analizzare fino a che punto un concetto di non violenza così radicale (bigottismo non violento che anche io trovo fortemente dannoso e repellente) sia un travisamento o addirittura una voluta manipolazione di un concetto pur presente all'interno delle tradizionali vie ascetiche orientali (ma appunto in un altro ambito, non in quello dell'agitazione politica), specialmente con riferimento al jainismo, sui cui sarebbe interessante leggere qualcosa da parte di chi lo conoscesse eventualmente bene; fino a che punto il jainismo ha influenzato Gandhi? Se sì, fino a che punto è stato da Gandhi travisato, ammesso che lo sia stato?

  5. #5
    Papessa
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    Predefinito Re: alcune verità su Gandhi

    Citazione Originariamente Scritto da Tular Visualizza Messaggio
    Potrebbe essere interessante analizzare fino a che punto un concetto di non violenza così radicale (bigottismo non violento che anche io trovo fortemente dannoso e repellente) sia un travisamento o addirittura una voluta manipolazione di un concetto pur presente all'interno delle tradizionali vie ascetiche orientali (ma appunto in un altro ambito, non in quello dell'agitazione politica), specialmente con riferimento al jainismo, sui cui sarebbe interessante leggere qualcosa da parte di chi lo conoscesse eventualmente bene; fino a che punto il jainismo ha influenzato Gandhi? Se sì, fino a che punto è stato da Gandhi travisato, ammesso che lo sia stato?
    Il problema non è l'essere seguaci del jainismo, come pare Gandhi fosse, ma l'aver applicato posizioni personali ad un progetto politico che convinse e coinvolse grandi masse provocandone torture, vessazioni, morte al punto che ad un certo momento la metodica del satyagraha fu sospesa e lo stesso Gandhi fece autocritica, come riportano i fatti.

    La domanda è: aveva il diritto di influenzare un intero popolo con le sue convinzioni personali determinando conseguenze che erano il contrario esatto dell'ahimsa?

    Fuori dal mito egli fu sostanzialmente un uomo politico che perseguì un ambizioso obiettivo tramite mezzi derivanti dalle sue adesioni personali, della cui bontà egli convinse una intera popolazione, con discutibili risultanze, se facciamo un bilancio globale. Non mosse animato da amore per l'umanità, applicò una strategia che appariva aderente al suo credo personale, da lui perseguito in modo assolutista e bigotto.

    L'appellativo "mahatma" mi appare perciò gratuito, effetto più di una suggestione collettiva che non di un'autentica realtà di fatto.
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  6. #6
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    Predefinito Re: alcune verità su Gandhi

    Concordo su quanto dici; penso comunque che il legame Gandhi-jaina, ammesso che ci sia stato davvero, andrebbe approfondito con calma, se non altro perché di solito non si guarda in quella direzione che coinvolge una tradizione orientale poco nota qui in occidente (almeno a livello di divulgazione di massa) e che, almeno a prima vista, si presta bene ad interpretazioni fanatiche del concetto di ahimsa, almeno a prima vista ripeto.

    Faccio notare poi una cosa, aprendo e chiudendo al volo una parentesi fuori tema proprio per quanto riguarda i miti costruiti ad arte, prendendo spunto dai massacri inglesi in India (e non solo); molti oggi in Italia quando pensano con gratitudine (io non sono fra questi) al fatto che inglesi ed americani ci "liberarono" dal fascismo (in realtà semplicemente invasero l'Italia paese in quel momento loro nemico) di solito si rappresentano gli inglesi e gli americani come se fossero i "buoni" inglesi ed americani di oggi; ma dimenticano quello che gli inglesi fecero nelle loro colonie ben dopo la fine della seconda guerra mondiale (figuriamoci negli anni '40), a tacere del razzismo praticato in certe zona degli USA in modo ufficiale fino agli anni '60 almeno (figuriamoci negli anni '40). Questo solo per far notare la contraddizione che c'è spesso tra rappresentazioni e realtà. Chiusa parentesi.

  7. #7
    Papessa
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    Predefinito Re: alcune verità su Gandhi

    Citazione Originariamente Scritto da Tular Visualizza Messaggio
    Concordo su quanto dici; penso comunque che il legame Gandhi-jaina, ammesso che ci sia stato davvero, andrebbe approfondito con calma, se non altro perché di solito non si guarda in quella direzione che coinvolge una tradizione orientale poco nota qui in occidente (almeno a livello di divulgazione di massa) e che, almeno a prima vista, si presta bene ad interpretazioni fanatiche del concetto di ahimsa, almeno a prima vista ripeto.
    Il concetto di ahimsa è caratteristico delle discipline orientali in genere: induiste, buddhiste, non solo jainiste. Buono in sè quale antidoto karmico, se portato all'eccesso si tramuta in nefasta ossessione ed assume il carattere controproducente di qualunque elemento diadico che spinto all'eccesso diviene il proprio opposto.
    Restare nell'equilibrio è difficile, ma indispensabile e la flessibilità è assolutamente necessaria. Io posso essere contraria ad ogni forma di violenza gratuita, ma se questo deve paralizzare o stravolgere la mia vita è chiaro che sto andando oltre la logica e l'opportunità. Se per seguire l'ahimsa io consento che il male avvenga davanti a me senza che io mi opponga, mi caricherò karmicamente della responsabilità di averlo consentito, mentre credo di aver rispettato un precetto salvandomi da altri carichi di coscienza. E questo accade perchè è sempre nella dinamica duale che sto muovendomi, anche se credo di agire su piani slegati dall'ordinario.

    Siamo sempre nell'ambito delle prescrizioni etiche tipo i 10 comandamenti: buoni in sè allo scopo di evitare le trappole karmiche e non farsi troppo del male, ma controproducenti non appena li si utilizza senza criterio e senza contestualizzazione adeguata.

    Resta inutile sottolineare che un autentico "mahatma" non avrebbe minimamente partecipato a dinamiche terrene quali quelle agite da Gandhi, ma sarebbe rimasto quietamente polarizzato nella propria interiorità soffermato su quel punto ideale laddove ogni dualità si compone e scompare: lontano dal brusio del mondo manifesto.
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  8. #8
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    Predefinito Re: alcune verità su Gandhi

    Citazione Originariamente Scritto da primahyadum Visualizza Messaggio
    Il concetto di ahimsa è caratteristico delle discipline orientali in genere: induiste, buddhiste, non solo jainiste. Buono in sè quale antidoto karmico, se portato all'eccesso si tramuta in nefasta ossessione ed assume il carattere controproducente di qualunque elemento diadico che spinto all'eccesso diviene il proprio opposto.
    Restare nell'equilibrio è difficile, ma indispensabile e la flessibilità è assolutamente necessaria. Io posso essere contraria ad ogni forma di violenza gratuita, ma se questo deve paralizzare o stravolgere la mia vita è chiaro che sto andando oltre la logica e l'opportunità. Se per seguire l'ahimsa io consento che il male avvenga davanti a me senza che io mi opponga, mi caricherò karmicamente della responsabilità di averlo consentito, mentre credo di aver rispettato un precetto salvandomi da altri carichi di coscienza. E questo accade perchè è sempre nella dinamica duale che sto muovendomi, anche se credo di agire su piani slegati dall'ordinario.

    Siamo sempre nell'ambito delle prescrizioni etiche tipo i 10 comandamenti: buoni in sè allo scopo di evitare le trappole karmiche e non farsi troppo del male, ma controproducenti non appena li si utilizza senza criterio e senza contestualizzazione adeguata.
    Sono d'accordo.

    Resta inutile sottolineare che un autentico "mahatma" non avrebbe minimamente partecipato a dinamiche terrene quali quelle agite da Gandhi, ma sarebbe rimasto quietamente polarizzato nella propria interiorità soffermato su quel punto ideale laddove ogni dualità si compone e scompare: lontano dal brusio del mondo manifesto.
    Molto probabilmente è così; ma forse così facendo non sarebbe riuscito ad ottenere ciò che Gandhi invece riuscì ad ottenere per la sua India, con il suo agire in fondo spietato, anche se ipocrita.


    Comunque, tornando ai Jaina, io ammetto la mia ignoranza e già da tempo coltivavo l'idea di approfondirne un po' il pensiero per vederci più chiaro; anche perché curiosamente, in ambito jaina esiste un interesse particolare per certi aspetti della scienza moderna, in particolare della genetica, che tradiscono probabilmente (dico probabilmente perché non ho ancora approfondito, appunto) l'attuale volontà di riaffermare in ambito moderno tematiche a quanto pare molto sentite dai jaina come il karma e l'ereditarietà e di conciliarle con la scienza moderna; ad esempio vedere "the jain doctrine of karma and the science of the genetics", ma non solo; e visto questo forte interesse dei jaina per la dottrina del karma e per le tematiche correlate, si può capire che l'ahimsa sia tenuta da loro in grande considerazione.

    Detto questo non non posso non notare che:
    1) anche in ambito indù si dà molta importanza all'ahimsa; ma questo non ha mai impedito all'India antica e moderna di coltivare l'arte della guerra; addirittura c'è un'intera casta che si richiama ad un'etica guerriera; e l'India moderna ha fatto di tutto per dotarsi di armi nucleari.
    2) anche in ambito buddhista si dà molta importanza all'ahimsa; ma questo non ha mai impedito alle monarchie buddhiste di fare la guerra, non ha impedito il sorgere di figure come quelle dei monaci guerrieri e meno che mai in Giappone ha impedito il sorgere di un'etica guerriera cresciuta in parallelo al buddhismo quando non esplicitamente nutritasi di esso.

    Invece dei jaina cosa sappiamo? Mi domando: Non è che forse qui si è persa la giusta contestualizzazione dell'ahimsa? Non è che qui forse ha preso piede una forma bigotta e fanatica di non violenza? Non lo so, ma qualcosa mi dice che forse in questo ambito è più facile trovare simili deviazioni; forse mi sbaglio, occorrerebbe approfondire.
    Del resto nello stesso Cristianesimo recentissimo, fino agli ultimi Papi, l'interpretazione fanatica della non violenza è diventato un tema dominante e mediaticamente martellante. Nei jaina, magari in quelli più recenti, potrebbe essere successo qualcosa di analogo? E potrebbe Gandhi aver intercettato proprio questa corrente di pensiero e potrebbe essersi di essa in qualche modo nutrito?
    Ultima modifica di Tular; 10-12-15 alle 22:07

  9. #9
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    Predefinito Re: alcune verità su Gandhi

    IN PALESTINA È GENOCIDIO! ROSA E OLINDO LIBERI SUBITO!
    FUORI DALLA NATO! FUORI DALLA UE! BASTA ECOFOLLIE GREEN!


    “Sorgi, Dio, difendi la tua causa.”
    "Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli…"


  10. #10
    Papessa
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    Predefinito Re: alcune verità su Gandhi

    Citazione Originariamente Scritto da Tular Visualizza Messaggio
    Sono d'accordo.



    Molto probabilmente è così; ma forse così facendo non sarebbe riuscito ad ottenere ciò che Gandhi invece riuscì ad ottenere per la sua India, con il suo agire in fondo spietato, anche se ipocrita.
    E dunque è giusto considerare Gandhi un semplice politico, non un mahatma.

    Citazione Originariamente Scritto da Tular Visualizza Messaggio

    Comunque, tornando ai Jaina, io ammetto la mia ignoranza e già da tempo coltivavo l'idea di approfondirne un po' il pensiero per vederci più chiaro; anche perché curiosamente, in ambito jaina esiste un interesse particolare per certi aspetti della scienza moderna, in particolare della genetica, che tradiscono probabilmente (dico probabilmente perché non ho ancora approfondito, appunto) l'attuale volontà di riaffermare in ambito moderno tematiche a quanto pare molto sentite dai jaina come il karma e l'ereditarietà e di conciliarle con la scienza moderna; ad esempio vedere "the jain doctrine of karma and the science of the genetics", ma non solo; e visto questo forte interesse dei jaina per la dottrina del karma e per le tematiche correlate, si può capire che l'ahimsa sia tenuta da loro in grande considerazione.

    Detto questo non non posso non notare che:
    1) anche in ambito indù si dà molta importanza all'ahimsa; ma questo non ha mai impedito all'India antica e moderna di coltivare l'arte della guerra; addirittura c'è un'intera casta che si richiama ad un'etica guerriera; e l'India moderna ha fatto di tutto per dotarsi di armi nucleari.
    2) anche in ambito buddhista si dà molta importanza all'ahimsa; ma questo non ha mai impedito alle monarchie buddhiste di fare la guerra, non ha impedito il sorgere di figure come quelle dei monaci guerrieri e meno che mai in Giappone ha impedito il sorgere di un'etica guerriera cresciuta in parallelo al buddhismo quando non esplicitamente nutritasi di esso.
    L'ahimsa è una prescrizione di tipo filosofico-religioso, ma non è universale in assoluto nel contesto orientale. Nella Bhagavad Gita Krishna esorta Arjuna a sterminare i propri nemici ottemperando al suo dharma. E i monaci guerrieri cui ti riferisci appartenevano a scuole che non prevedevano questo tipo di prescrizione. Il panorama non è univoco.

    Citazione Originariamente Scritto da Tular Visualizza Messaggio

    Invece dei jaina cosa sappiamo? Mi domando: Non è che forse qui si è persa la giusta contestualizzazione dell'ahimsa? Non è che qui forse ha preso piede una forma bigotta e fanatica di non violenza? Non lo so, ma qualcosa mi dice che forse in questo ambito è più facile trovare simili deviazioni; forse mi sbaglio, occorrerebbe approfondire.
    Come ho già avuto modo di scrivere ogni pratica, fosse pure la migliore e la più edificante, diventa controproducente allorchè venga applicata con fanatismo e assolutismo. Ne è un esempio oggi, a mio vedere la posizione ideologica vegana. E' comprensibile la scelta di coloro che rifiutano la carne e il pesce, assai meno il rifiuto di ogni prodotto animale (che non contempla uccisione), giustificato dal fatto che produrrebbe "sofferenza" all'animale stesso. In tal modo si produce danno all'integrità umana, che pare non interessare affatto, oltrechè imporre il ricorso a cervellotiche ricerche di integratori artificiosi che alimentano ricchi business internazionali di cui potremmo fare a meno tranquillamente.

    Citazione Originariamente Scritto da Tular Visualizza Messaggio

    Del resto nello stesso Cristianesimo recentissimo, fino agli ultimi Papi, l'interpretazione fanatica della non violenza è diventato un tema dominante e mediaticamente martellante. Nei jaina, magari in quelli più recenti, potrebbe essere successo qualcosa di analogo? E potrebbe Gandhi aver intercettato proprio questa corrente di pensiero e potrebbe essersi di essa in qualche modo nutrito?
    Il problema dell'adesione cristiano-papale all'ideologia sciocca della non violenza è un emblema chiarissimo dell'ignoranza e dell'ottusità in cui è precipitata ormai la Chiesa, lontana dalla saggezza derivante dal corretto ragionamento su base tradizionale. Poter credere, voler credere che sia possibile cancellare la violenza e la guerra dal mondo è pura follia. La violenza è insita nella natura dell'uomo, è parte integrante della sua composizione animica e sempre all'interno della storia ad un certo punto si virulenta e si accende, anche e nonostante lunghi periodi in cui rimanga latente. Far scomparire questo elemento dall'uomo significherebbe distruggere anche il suo contrario, l'amore benevolente, poichè nessun componente di una diade può esistere privo del suo opposto, che lo determina e lo giustifica. E' la dinamica del duale che è inesorabile e che può essere dissolta solo oltrepassando la dimensione stessa del duale, non altrimenti.

    Queste cose un capo spirituale non le sa? Non capisce che sta vaneggiando del nulla quando grida "Mai più guerre!"?

    Queste ingenuità possono essere consentite ai fanatici dei movimenti pacifisti senza se e senza ma che brandiscono le inutili bandiere arcobaleno. Ma ad un papa assolutamente no.
    "Così penseremo di questo mondo fluttuante: una stella all'alba; una bolla in un flusso; la luce di un lampo in una nube d'estate; una lampada tremula, un fantasma ed un sogno:"
    (Sutra di diamante)

 

 
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