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    Predefinito Atei ed Agnostici famosi.

    Vorrei iniziare questa discussione con lo scopo di elencare alcuni atei ed agnstici famosi, per dimostrare che anche chi non è credente può dare un contributo alla società.
    Concedi alla ragione il privilegio di essere l'ultima pietra di paragone della verità. (Immanuel Kant)

  2. #2
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    Predefinito Riferimento: Atei ed Agnostici famosi.

    ANASSAGORA
    (500?-428? BCE)
    Filosofo greco, pensatore libero, considerava gli dei della tradizione come astrazioni dotate di attributi antropomorfi.

    L'idea migliore di Empedocle (la trasformazione perenne delle cose) è stata ripresa da Anassagora, il quale fece proprio anche l'ateismo di Senofane.

    Anassagora è uno "scienziato" (per come allora si potesse esserlo) che tiene rigorosamente separate la fisica dalla metafisica, l'astronomia dall'etica, ecc. Ed è uno scienziato che privilegia le scienze esatte: matematica, astronomia, medicina e biologia. Inoltre è uno scienziato dichiaratamente "ateo", tant'è che fu accusato dagli aristocratici di empietà. Dalla sua scienza dipende l'atomismo di Democrito.

    Anassagora assomiglia ad Empedocle quando afferma che il movimento dei fenomeni è generato da un Nous immobile (per Empedocle erano le quattro radici ad essere immobili). Ma se ne differenzia tantissimo quando evita di attribuire a questo Nous una qualche finalità etica o metafisica. Il Nous ordina il cosmo secondo una causa efficiente, non secondo un fine. Anassagora permette di distinguere la natura dall'essere umano, anche se fino a un certo punto.

    L'uomo, nella concezione fisicista di Anassagora, non è superiore alla natura in maniera qualitativa. La superiorità dell'uomo rispetto agli animali risiede nel fatto ch'egli dispone delle "mani", le quali gli hanno permesso di sviluppare il cervello, cioè l'intelligenza, l'esperienza, la memoria, il sapere e la tecnica.

    Il materialismo di Anassagora è meccanicistico (vedi ad es. quello di Monod). Egli tuttavia intuì -e questo è molto importante- sia l'infinità della materia che l'equivalenza tra microcosmo e macrocosmo ("nel tutto c'è tutto" -dice la sua cosmologia).

    Per Anassagora, "il tutto nel tutto" voleva senza dubbio essere un'affermazione scientifica. Senonché, con gli scarsi strumenti di cui allora si disponeva, essa ha finito col trasformarsi in un'affermazione filosofica. Non solo, ma quell'affermazione, di per sé, non era in grado di favorire lo sviluppo della conoscenza scientifica, poiché non poneva i limiti che distinguono un enunciato scientifico vero da uno falso.

    La sua stessa teoria scientifica delle omeomerie (particelle similari o semi) può indirettamente portare all'opportunismo gnoseologico. Egli infatti, sostenendo l'infinità della materia, senza specificare null'altro, può indurre a credere che la conoscenza della materia sia del tutto relativa (e non invece un'approssimazione progressiva alla verità).

    Insomma la sua teoria della conoscenza -in questo aveva ragione Aristotele- non sembra portare ad alcunché (soprattutto sul piano dell'interpretazione della società umana). E' una teoria aperta a qualunque soluzione. Probabilmente l'aspetto più significativo di questa teoria, è la concezione funzionale-strumentale del sapere, che -secondo Anassagora- va finalizzato a delle applicazioni tecniche (manuali), evitando risolutamente le mere astrazioni.

    Così pure, l'idea di far dipendere la conoscenza dalle sensazioni non è stata molto felice. Non si può ridurre l'esperienza umana a un complesso di sensazioni. E' vero che la sensazione, per Anassagora, va aldilà del concetto di "senso", riferito anche agli animali, in quanto la sensazione è strettamente legata all'intelligenza, tant'è che essa è in grado di cogliere un fenomeno anche a partire dal suo contrario (in questo Anassagora supera nettamente Empedocle).

    Tuttavia, resta limitativo il fatto di attribuire alla mera sensazione il motore che fa muovere l'intelligenza (questo modo di ragionare lo si ritroverà nei sensisti inglesi e francesi). Anche perché l'uomo viene ad essere sminuito rispetto alla natura, la quale viene mossa da un'intelligenza (il Nous) che assomiglia vagamente a un'entità divina.

    In realtà, l'intelligenza umana gode di una relativa autonomia rispetto alle sensazioni, o quanto meno essa è in grado di rielaborarle secondo meccanismi o schemi mentali che non sono impliciti nelle sensazioni, né da queste desumibili. Altrimenti non si spiegherebbe il motivo per cui davanti a fenomeni negativi, osservati quotidianamente, un individuo reagisce in maniera passiva e un altro in maniera costruttiva.

    Probabilmente, l'assenza di dialettica in Anassagora è dovuta all'assunzione inconsapevole del principio parmenideo dell'essere (identificato col Nous, in virtù del quale però egli pensava di superare Parmenide). La differenza tra i due principi è la stessa che passa tra uno scienziato e un metafisico. Di fronte a un metafisico, lo scienziato rischia sempre di sentirsi condizionato intellettualmente, se non trova il modo di agganciare le scienze naturali a quelle umane. Se Anassimandro l'avesse fatto, l'importanza di Parmenide sarebbe stata immediatamente oscurata.

    Egli comunque resta la terza via originata dalla concezione dell'essere di Parmenide, dopo quella estremista di Zenone e quella moralista di Empedocle.

    Enrico Galavotti

    * * *

    Verso la fine del VI sec. a.C. i persiani distrussero le colonie ioniche, arrestando anche il progresso della filosofia che proprio lì aveva avuto inizio. Nel 480 a.C. una coalizione greca guidata da Atene riprende il controllo sull'Egeo creando una zona di influenza cui saranno soggette le città ioniche. Atene così sostituisce Mileto nel ruolo di guida dal punto di vista economico, politico e culturale, spingendo per questo motivo molti filosofi a trasferirvisi. Il primo di questi è Anassagora di Clazomene, ritenuto colui che per primo ha portato la filosofia ad Atene, anche se nonostante questo e nonostante il contesto storico già mutato le sue radici affondano nel pensiero ionico.

    L'ambiente che egli trovò era favorevole alla riflessione, in quanto l'aristocrazia si fece interprete delle esigenze provenienti dal nuovo ceto degli artigiani e dei commercianti. Anassagora fu consigliere personale di Pericle, ma anche ideologo del demos, cerniera di un equilibrio che cesserà nel 430 a.C., quando egli sarà processato per empietà a causa della concezione ateistica della sua astronomia (sosteneva che il sole era solo un metallo infuocato).

    Anassagora nasce a Clazomene (in Asia Minore) nel 500 a.C., ma dal 463 al 433 a.C. vive ad Atene, da cui sarà costretto ad andarsene per le accuse di ateismo che gli furono rivolte; la morte si colloca nel 428 a.C.. Oltre ad essere consigliere di Pericle, egli fu anche maestro e tenne pubbliche lezioni (fra i suoi uditori ci furono Ippocrate e Socrate). Anche a Lampsaco, dove morì, egli fondò una scuola. Si occupò di matematica, astronomia, medicina e biologia, e compose un trattato cui venne dato poi il titolo Sulla Natura (opera che egli diffuse anche al di fuori della cerchia dei suoi uditori, tanto da essere considerata la prima opera venduta sull'agorà), di cui ci restano numerosi frammenti.

    La sua cosmologia pone all'origine del mondo non un materiale indistinto, ma i semi (omeomerie) da cui poi avrebbero avuto origine tutte le cose. Questi esistono in numero illimitato e si compongono fra loro dando luogo a diversi aggregati (teoria questa che aprirà la strada all'atomismo). Piuttosto che di nascita e morte, egli preferisce parlare solo di composizione e scomposizione degli elementi. Il passaggio dal disordine originario all'ordine, avviene grazie ad un principio ordinatore che agisce dall'esterno, il Nous, una intelligenza che non genera il mondo (non dimentichiamo che nel pensiero greco dei primi secoli è assente il concetto di creazione) ma che lo forma soltanto (come farà poi anche il demiurgo platonico). E' importante precisare che per Anassagora questo nous non è un dio, ma un principio materiale la cui azione non è provvidenziale o finalistica, ma meccanica.

    Anassagora riprende la concezione di Senofane per la quale il sapere è ricerca attiva, ma aggiunge anche che questa consiste in un processo che si sviluppa attraverso le fasi dell'esperienza, della memoria, del sapere e della tecnica. Il sapere poi non è fine a se stesso, ma culmina nelle applicazioni tecniche manuali (mostrando così come egli sia l'espressione di quel ceto artigianale che si andava candidando ad un ruolo di antagonista all'aristocrazia nella guida della città). Anassagora sarà perciò vittima della controffensiva aristocratica che vedrà soccombere il demos e quella cultura che da Talete in poi ne era venuta esprimendo le esigenze.

    * Anassagora, Frammenti e testimonianze. Testo greco a fronte, Bompiani
    * Anassagora, Testimonianze e frammenti, La Nuova Italia
    * Anassagora, Frammenti, Marcos y Marcos
    * Pepe Lucio, La misura e l'equivalenza: la fisica di Anassagora, Loffredo
    * Romano Francesco, Anassagora, CEDAM
    * Hegel Friedrich, Lezioni sulla storia della filosofia. La filosofia orientale. La filosofia greca dalle origini ad Anassagora, La Nuova Italia
    * Zeller Eduard, Mondolfo Rodolfo, La filosofia dei greci nel suo sviluppo storico. Parte I [vol 5], Empedocle, atomisti, Anassagora, La Nuova Italia, 1969
    * Curato da Bonazzi M., Filosofia antica, Cortina Raffaello, 2005
    * West Martin L., La filosofia greca arcaica e l'Oriente, Il Mulino, 1993
    * Ciurnelli Davide, La filosofia di Anassagora, CEDAM, 1947

    Giuseppe Cantarelli

    Anassagora
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  3. #3
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    Predefinito Riferimento: Atei ed Agnostici famosi.


  4. #4
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    Richard Dawkins,mi pare ovvio....

  5. #5
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    Darwin sicuramente nella seconda parte della sua vita.
    Einstein lo tirano pe la giaccavari fedeli ma in realtà :
    La lettera di Einstein sulla fede: «Superstizione infantile»

  6. #6
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    Darwin più che ateo mi risulta agnostico....:mmm:

  7. #7
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    Predefinito Riferimento: Atei ed Agnostici famosi.



    Paul Dirac - Wikipedia

    Paul Dirac

    "If we are honest—and scientists have to be—we must admit that religion is a jumble of false assertions, with no basis in reality. The very idea of God is a product of the human imagination. It is quite understandable why primitive people, who were so much more exposed to the overpowering forces of nature than we are today, should have personified these forces in fear and trembling. But nowadays, when we understand so many natural processes, we have no need for such solutions. I can't for the life of me see how the postulate of an Almighty God helps us in any way. What I do see is that this assumption leads to such unproductive questions as why God allows so much misery and injustice, the exploitation of the poor by the rich and all the other horrors He might have prevented. If religion is still being taught, it is by no means because its ideas still convince us, but simply because some of us want to keep the lower classes quiet. Quiet people are much easier to govern than clamorous and dissatisfied ones. They are also much easier to exploit. Religion is a kind of opium that allows a nation to lull itself into wishful dreams and so forget the injustices that are being perpetrated against the people. Hence the close alliance between those two great political forces, the State and the Church. Both need the illusion that a kindly God rewards—in heaven if not on earth—all those who have not risen up against injustice, who have done their duty quietly and uncomplainingly. That is precisely why the honest assertion that God is a mere product of the human imagination is branded as the worst of all mortal sins."

    Physics and Beyond: Encounters and Conversations (1971)

    da applausi.

  8. #8
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    Predefinito Riferimento: Atei ed Agnostici famosi.

    Leucippo
    (Mileto, inizio-prima metà del V secolo a.C. – terzo quarto del V secolo a.C.) è stato un filosofo greco antico.

    Di una biografia in senso stretto di Leucippo non si può parlare in relazione all'estrema scarsezza di notizie attendibili sulla sua figura. Alcuni arbitri di una certa storiografia superficiale impongono la necessità di fare per quanto possibile chiarezza, con una revisione attenta ed analitica di quel poco di definito e chiaro nella sua figura di pensatore. Qulacuno ha persino messo incautamente in dubbio l'esistenza del padre dell'atomismo sulla base di testimonianze storiche false o interessate (è il caso di Epicuro). Leucippo di Mileto è invece personaggio assolutamente reale e probabilmente uno dei principali filosofi del mondo antico; certamente il più rivoluzionario. Ci sono a provarlo anche autorevoli testimonianze di Aristotele e Teofrasto, i più vicini nel tempo, sia sulla sua esistenza e sia sulle sue teorie.

    Avrebbe lasciato la sua città dopo la rivoluzione aristocratica del 450 a.C., passando ad Abdera, dove fondò la scuola atomista. La tesi di un suo soggiorno ad Elea è solo frutto di pura fantasia e disinformazione, così come un suo contatto con Zenone, dal quale non potrebbe essere più lontano come mentalità. Ad Abdera Leucippo fonda una scuola di filosofia ed ha come allievo principale Democrito, il quale un pò subdolamente si appropria della paternità di opere dl maestro e col suo determinismo contribuisce a creare quella confusione e quelle contraddizioni che pesano da millenni sull'atomismo.

    Leucippo e l’ontologia atomistica da lui avanzata costituiscono infatti due enormi problemi che la storiografia filosofica ha lasciato languire per secoli senza mai cercare di fornire risposte definitive e nemmeno accettabili. Restano infatti dubbiosi i suoi natali, i suoi viaggi e soprattutto le sue tesi cosmologiche in rapporto a quelle di Democrito. Ma se relativamente ai primi due punti nulla è possibile aggiungere alle scarse fonti disponibili, sul terzo è possibile analizzare e confrontare le fonti, espungere quelle inattendibili, connettere quelle attendibili, fornire risposte credibili alle questioni più intricate.

    Le confusioni maggiori sono nate dall’aver dato credito a dichiarazioni molto tarde e non corredate da alcune elemento di credibilità, ma catalogate insieme ad alte attendibili emesse sullo stesso piano. Tra esse spiccano quelle già ritenute di Galeno e più tardi scoperte apocrife. Oggi attribuite a un misterioso Pseudo-Galeno, autore di una ‘’Historia philosopha’’ databile tra il II e il II secolo e nata in ambito romano ottocento anni dopo la morte di Leucippo e in un ambito culturale ad esso totalmente estraneo. Ma anche Giamblico ripete cose simili, accennando persino ad un alunnato di Leucippo presso Melisso! Non è neppure un caso che gli autori di queste fonti appartengano a indirizzi di pensiero platonici o neoplatonici, notoriamente nemici dell’atomismo. E queste “bufale” non sono le sole, e purtroppo anche Diogene Laerzio ha utilizzato talvolta fonti di questo tipo; però egli è un dossografo, che semplicemente registra notizie, ed è difficile imputargli responsabilità in tal senso, tanto più che viene dopo, a “leggende” già costruite. E’ anche degno di nota che sia ancora un neoplatonico del VI secolo, Simplicio, che scrive ben undici secoli dopo Leucippo, a darci una messe notevole di testimonianze su di lui, alle quali però non si deve dare più credito di quanto se ne possa dare a chi oggi volesse farsi testimone di Carlo Magno.

    Pensiero

    Esclusa ogni sua permanenza a Elea che si può pensare originata da presunte considerazioni del parmenideo Melisso circa un rapporto tra pluralismo e monismo tale che questo avrebbe avuto senso solo se avesse attribuito alle diverse realtà gli stessi caratteri che Parmenide attribuiva all'unica realtà. Asserzione palesemente assurda poiché l'ontologia pluralistica è originaria e tipica del mondo ionico, e non vi è rapporto tra la Ionia e la Magna Grecia all'infuori del fatto che lo ionico Senofane verso il 545 a.C. sia emigrato ad Elea forse proprio perché in patria non godeva di alcun credito.

    La fonte più attendibile su Leucippo resta la più vicina nel tempo, quella di Aristotele, che dista dalla morte di Leucippo non più di un centinaio d’anni ed è su lui che ci si deve soffermare per aver giudizi presumibilmente abbastanza corretti a dispetto della sua posizione in buona sostanza anti-atomista e da cui, in quanto determinista, deve prendere le distanze già nelle prime pagine della Fisica:
    « Vi sono alcuni, al contrario, che considerano il caso come causa di questo cielo e di tutti i mondi: ché dal caso deriverebbero il vortice e il movimento che separa e dispone il tutto secondo quest’ordine [1] »


    Proseguiamo quindi con la Fisica (IV, 6, 213 a-b)e con le affermazioni seguenti:
    « Ora non è questo che si deve mostrare, ossia che l’aria è qualcosa, ma che non vi è un intervallo diverso dai corpi, né come separabile né come esistente in atto, il quale separi ogni corpo così da non essere continuo, come affermano Democrito, Leucippo e molti altri tra i fisiologi, o anche se sia alcunché d’esterno a ogni corpo continuo. Ebbene, costoro [i seguaci di Anassagora] non giungono neppure alle porte rispetto al problema, ma piuttosto coloro che sostengono che [il vuoto] esiste [2] »


    Aristotele riconosce che il vuoto esiste e con ciò aderisce, almeno su questo punto, all’ontologia atomistica, ma mostra anche di associare Democrito e Leucippo senza preoccuparsi di una possibile successione temporale tra i due. Ciò significa che già a metà del IV secolo a.C. non esistevano più opere atomistiche in circolazione e né testimonianze dirette dei loro autori, e perciò che le opere dei due venivano già confuse.. E dell’accettazione del vuoto, che è sicuramente l’intuizione più straordinaria di Leucippo, ma anche del fatto che tra i due atomisti vi fosse comunanza temporale abbiamo conferma nella Metafisica (I, A,4, 985 b) quando dice che ssi sono “compagni”:
    « Leucippo, invece, e il suo compagno Democrito affermano che sono elementi il pieno e il vuoto, [considerando l’uno come essere, l’altro come non-essere], identificando il pieno e il solido con l’essere, il vuoto col non-essere (perciò essi sostengono anche che l’essere non esiste affatto più del non-essere, giacché il vuoto è reale come il corpo), e secondo loro queste sono le cause della realtà, e cause in senso materiale[3] »


    Bisogna arrivare al De generatione et corruptione (I, 8, 324-325) per trovare Leucippo citato da solo, dove Aristotele dice:
    « Leucippo, invece, credeva di essere in possesso di argomentazioni le quali, svolgendosi in accordo con la percezione sensibile, non avrebbe eliminato né la generazione né la corruzione, e neppure il movimento e la pluralità delle cose esistenti. Egli afferma che il vuoto è non-essere e che nulla di ciò-che-è si identifica col non-essere: difatti l’essere nella sua più autentica accezione, si identifica con ciò-che-è-tutto-quanto-pieno [4] »


    Il modo più opportuno di avvicinarci maggiormente al vero pensiero di Leucippo consiste nel confrontare le testimonianze di Aristotele con le poche altre attendibili relativamente ai frammenti più o meno estesi attribuiti alla Mégas Diàkosmos (la Grande cosmologia). Di essa abbiamo fortunatamente un lungo frammento raccolto dal grecista e filosofo Hermann Diels che compare con n° di catalogo <289> nel Doxographi Greci del 1897 e al n° <A 24> nei Fragmente der Vorsokratiker del 1903 e nelle edizioni successive dell'opera con la collaborazione di Walter Kranz. Esso è il solo del tutto compatibile con ciò che si sa di certo del pensiero di Leucippo, per quanto carente su numerosi aspetti.
    « (1)Il mondo pertanto si costituì assumendo una forma ricurva; e la sua formazione seguì questo processo: poiché gli atomi sono soggetti a un movimento casuale e non preordinato e si muovono incessantemente e con velocità grandissima; parecchi di essi (e appunto per ciò delle più varie forme e grandezze) si raccolsero in uno stesso luogo. (2) Raccoltisi questi atomi nello stesso luogo , una parte, quelli che erano più grossi e pesanti, si andarono a collocare completamente al fondo; gli altri, quelli piccoli e rotondi e lisci e facilmente scorrevoli, venivano espulsi in seguito all’affluire di altri atomi e spinti verso l’alto. Come poi venne a cessare quella forza repulsiva che li sollevava e l’urto non riuscì più a spingerli verso l’alto, mentre d’altro lato essi non trovavano ostacolo [in quelli sottostanti] e non potevano più discendere, essi vennero a comprimersi nei luoghi che potevano accoglierli, cioè nei luoghi tutt’intorno [alla massa centrale]: e in questi si dispose in giro la moltitudine degli atomi sottili, i quali intrecciandosi lungo tutta la curvatura generarono il cielo. (3) Siccome gli atomi, pur essendo della medesima sostanza, erano di varie sorte, come sopra detto, questi respinti nella regione più alta formarono la materia degli astri. La moltitudine dei corpuscoli che salivano continuamente per mezzo dell'evaporazione percuoteva l'aria e la comprimeva, e questa, trasformatasi in vento per il movimento che le veniva importo e avvolgendo interamente gli astri, li trascinò con sé nel suo giro e mantenne poi sempre e determina anche ora il loro movimento rivolutivo nella regione più alta [5] »


    Malgrado il linguaggio epico, noi riusciamo a capire chiaramente che il movimento degli atomi è sotto forma di vento, ma che questo vento è provocato dagli atomi stessi, più piccoli e leggeri in ascesa, mentre i più pesanti scendono verso il basso per gravità. Il movimento è perciò un effetto atomico che diventa causa del successivo posizionamento dgli atomi nel cosmo:
    « In seguito, dagli atomi rimasti a giacere sul fondo [i più pesanti] fu prodotta la terra, mentre da quelli portatisi nella regione più alta furono trasformati il cielo, il fuoco e l'aria.(4) E poiché vi era ancora molta materia accumulata nella terra e si andavano condensando sotto gli urti dei venti e delle esalazioni degli astri, tutta la parte di essa avente una configurazione minuta venne maggiormente compressa e così diede origine alla materia liquida; la quale, essendo di natura fluida, scese nelle cavità, nei luoghi più adatti cioè a contenerla e a serbarla; oppure, altrove, l'acqua depositatasi scavò da sé i luoghi su cui si trovava. Seguendo questo processo dunque, si formarono le principali parti del mondo [6] »


    A parte la chiara ingenuità dell'esposizione ciò che è veramente straordinario è che questo processo e tutta questa fenomenologia cosmica nei suoi vari aspetti, anche se fantasiosi, è completamente priva di ogni elemento trascendentalistico, misterioso, divino. È tutto naturale e materiale senz neppure un cenno a qualcosa di extra materiale.

    Gli atomi di Leucippo hanno poi la stessa sostanza, ma questa sostanza è di diverso tipo e da ciò la diversità degli aggregati corporei. Qui Leucippo sembrerebbe non essere poi troppo lontano da Anassagora, perché la diversità potrebbe riferirsi alle qualità dei corpi. Ma il rigoroso criterio fisico posto da Leucippo, ponderale e densimetrico quanto depressivo e compressivo, marca la differenza di visione ontologica tra lui e Anassagora. Anche Anassagora, a dispetto delle sciocchezze dette intorno al nous, ma qui siamo di fronte a una materialità puramente "quantitativa", molto più coerente e concreta.

    Opere

    Tutte le sue opere sono andate perdute e gliene vengono attribuite due di cui solo la prima in termini di correttezza d'indagine. Essa è La Grande Cosmologia, sicura e ben documentata, certamente di Leucippo. Una seconda, con titolo Dell'Intelletto, è invece di Democrito e falsamente attribuita al suo maestro. Quest'errata attribuzione è stata estremamente nociva per la storiografia leucippea (e non meno per quella democritea) a causa della superficialità degli storiografi platonici ed hegeliani dell'800, tra i quali Zeller, Mondolfo e lo stesso Diels. Questo ha fatto sì che i frammemti Diel-Kranz n° 67 A 28 e n° 68 A 33 abbiano messo completamente fuori strada gli esegeti poco preparati, con una falsa attribuzione a Leuccippo, e per di più come ipsissima verba. È certo che ipsissima verba lo siano, ma di Democrito e non di Leucippo.

    Note

    1. ^ Aristotele, Fisica, UTET 1999, pag. 37
    2. ^ Aristotele, Fisica, cit., pag. 225
    3. ^ Aristotele, Metafisica, Laterza 1973, pag.19
    4. ^ Aristotele, Generazione e corruzione, Laterza 1983, pag.44-45
    5. ^ I Presocratici, vol.II, Laterza, pagg.656-657
    6. ^ I Presocratici, cit, pag.657

    Bibliografia

    * C.Bailey, The Greek Atomists and Epicurus, Oxford 1928
    * B.Kupis, De Leucippo philosopho, in: “Meander”, 22, 1967
    * B.Kupis, La doctrine scientifique de Leucippe, in: “Meander”, 23, 1968
    * Theodor Gomperz, Pensatori greci, vol.I, La Nuova Italia, Firenze 1950
    * E.Zeller - R.Mondolfo, La filosofia dei greci, La Nuova Italia 1969.
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  9. #9
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    Abbiamo dimenticato grandi personaggi vedo...:

    Margherita Hack
    Fiorella Mannoia
    Fabrizio de Andrè

  10. #10
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    Democrito
    (in greco Δημόκριτος) (Abdera, 460 a.C. – 360 a.C.) è stato un filosofo greco antico presocratico. Allievo di Leucippo, fu co-fondatore dell'atomismo. È praticamente impossibile distinguere le idee attribuibili a Democrito da quelle del suo maestro.

    Vita e opere

    Poco sappiamo della sua vita, che si perde nell'aneddoto e talora nella leggenda. Cresciuto, parrebbe, tra agi e ricchezze, avrebbe rinunciato, in seguito ad una parte dei suoi averi per dedicarsi esclusivamente agli studi e ai viaggi. Pare invece certo avesse perso la vista, forse per il lungo studio e per l'affaticamento dovuto all'indefessa osservazione della natura, ma è falso che si sia accecato volontariamente (Aulo Gellio, Noctes Atticae, X, 17) come Plutarco aveva capito (De curiositate, 12, 521 d).

    Si favoleggia anche che si sia spinto in Egitto, in Etiopia e in India ma è assai poco probabile. Egli stesso avrebbe però affermato: "Io sono, tra i miei contemporanei, quello che ha precorso la maggior parte della Terra, facendo ricerca delle cose più strane; e vidi cieli e terre numerosissime; e udii la maggior parte degli uomini dotti". Altri aneddoti lo raffigurano talmente preso dalle sue speculazioni da dimenticare anche il cibo. Fu ovviamente, anche ad Atene. Qui, sebbene non abbia trovato considerazione, ebbe modo di vivere a contatto con la cultura sofistico-socratica, che lasciò tracce visibili sul suo sistema di natura enciclopedica. Egli scrisse più di qualunque altro presocratico o fisico pluralista. A lui dobbiamo le opere "La piccola cosmologia", "Sulla natura", "Sulle forme degli atomi", "Sulle parole". Si sa che morì vecchissimo e a detta di alcuni più che centenario, ma in qualunque caso depositario di un sapere senza precedenti, forse superiore addirittura a quello di Socrate, e forse per questo non gradito ai suoi discepoli (vedi sotto) . A livello di contenuti Democrito comprende sia la sfera filosofica dei presocratici (archè) sia altri argomenti filosofici quali la natura, l'uomo, la vita e la giustizia. Il riferimento a questi contenuti socratici è quindi ulteriore conferma della sua posteriorità a Socrate.

    Democrito e i suoi nemici e allievi

    Democrito non godette di buona fama presso Platone e Aristotele. Infatti Democrito fu giudicato duramente da Platone all'interno delle sue opere rifiutando di citarlo, nonostante nel "Timeo" mostri di conoscerne le teorie. Secondo una leggenda diffusa nell'Accademia fu proibito pronunciare anche solo il nome di Democrito. Lo stesso Platone ne bruciò i libri scoprendo un suo discepolo che ne leggeva uno di nascosto. Platone non riuscì ad accettare il fatto che la natura possa avere una spiegazione in se stessa, escludendo qualsiasi intervento soprannaturale o divino. Oltretutto Platone fu fortemente convinto dell'immortalità dell'anima, possibilità negata da Democrito. Aristotele, invece, nella "Metafisica" dimostra di conoscere le teorie dell'atomismo, citando più volte Democrito. Egli paragonò gli atomi alle lettere dell'alfabeto: combinazioni di lettere danno origine a infinite parole, così come combinazioni infinite di atomi danno origine all'universo. Tuttavia Aristotele non condivise i principi dell'atomismo e le dottrine meccaniche democritee, poiché non accettò il fatto che l'atomismo riducesse tutta la realtà al sensibile, ossia ricorrendo a spiegazioni meccaniche e materialistiche.

    La filosofia

    La teoria atomistica

    Il nome di Democrito è rimasto legato alla sua celebre teoria atomista considerata, anche a distanza di secoli, una delle visioni più “scientifiche” dell’antichità: l’atomismo democriteo infatti fu ripreso non solo da altri pensatori greci, come Epicuro, ma anche da filosofi e poeti romani (Lucrezio) nonché da filosofi del tardo medioevo e dell’età rinascimentale. Come è stato rilevato dal Gomperz e da altri studiosi, Democrito può essere considerato il “padre delle fisica”, così come Empedocle lo era stato della chimica. Geymonat afferma che “l’atomismo di Democrito… ebbe una funzione determinante, nel XVI e XVII secolo, per la formazione della scienza moderna”.

    Alla base dell'ontologia di Democrito c’erano i due concetti di atomo e di vuoto. Democrito per certi aspetti sostituì l’opposizione logica eleatica tra essere e non essere con l’opposizione fisica tra atomo e vuoto: l’atomo costituiva l’essere, il vuoto rimandava in un certo senso al non essere. Ma cos’era un atomo per Democrito? Esso costituiva il fondamento metafisico della realtà fisica; ciò significava che gli atomi non venivano percepiti a livello sensibile (realtà fisica) ma solo su un piano intellegibile, ossia attraverso un procedimento intellettuale che scomponeva e superava il mondo fisico-corporeo. C’è da precisare che l’atomo democriteo non costituiva in sé una intellegibilità pura, come sarà l’idea di Platone, in quanto esso possedeva una essenziale consistenza materiale: tuttavia era pur sempre una realtà intellegibile poiché sfuggiva ai sensi e si coglieva solo mediante l’intelletto. La realtà degli atomi costituiva per Democrito l’arché, quindi l’essere immutabile ed eterno. Gli atomi erano concepiti come particelle originarie indivisibili: essi cioè erano quantità o grandezze primitive e semplici (= non composte), omogenee e compatte, la cui caratteristica principale è l'indivisibilità[1].
    Democrito, quindi, contrappose alla divisibilità infinita dello spazio geometrico, sostenuta da Zenone con i suoi paradossi(celebre tra tutti quello della corsa tra Achille e la Tartaruga), l’indivisibilità dello spazio fisico, che trovava appunto nell’atomo un limite invalicabile. Gli atomi dunque, in quanto principio primo di ogni realtà, erano eterni ed immutabili: essi non erano stati generati né potevano essere distrutti, ma esistevano da sempre e sempre sarebbero esistiti. Gli atomi, però, in quanto particelle quantitative (quindi del tutto diversi dai semi qualitativi di Anassagora), costituivano il pieno, che rimandava necessariamente alla realtà di un vuoto in cui potersi collocare, in cui poter esistere. Il vuoto infinito costituiva quindi anch’esso una realtà originaria analoga a quella degli atomi, poiché rendeva possibile la loro esistenza: infatti gli atomi non sarebbero stati nemmeno pensabili senza uno spazio vuoto infinito entro cui potersi muovere incessantemente. In questo illimitato vuoto spaziale non esistevano più punti di riferimento, tanto è vero che il filosofo greco, quasi anticipando il moderno concetto di infinito fisico, così affermò: «non esiste basso né alto, né centro né ultimo, né estremo». Fin da Aristotele, atomi e vuoto sono stati variamente interpretati; infatti, lo stesso Aristotele così si espresse nella sua Metafisica:«Leucippo e il suo discepolo Democrito pongono come elementi il pieno e il vuoto, chiamando l’uno essere e l’altro non essere».
    Di fronte alla realtà di qualcosa (l’atomo), Democrito avrebbe ammesso l’esistenza di un "non qualcosa", il vuoto appunto, il nulla inteso come spazio. Quindi il vuoto di Democrito non stava ad indicare l’esistenza del non essere ma più semplicemente la mancanza di materia, coincidente appunto con lo spazio. Pieno e vuoto costituivano pertanto i due principi originari a cui ricondurre l’esistenza di tutte le cose: l’uno rimandava all’altro, lo implicava necessariamente, poiché la realtà era il risultato della loro sintesi.
    Come si è già accennato, gli atomi possedevano il movimento come loro caratteristica intrinseca: essi infatti si muovevano eternamente e spontaneamente nel vuoto, incontrandosi e scontrandosi. Il divenire del cosmo e della natura e la molteplicità degli enti erano dovuti proprio a questo incessante movimento da cui tutto si formava per poi disgregarsi. Il movimento quindi costituiva una proprietà intrinseca e spontanea degli atomi e, come tale, non era generato da una causa esterna ad essi: spontaneamente, per loro natura, essi si muovevano (Epicuro, un filosofo atomista successivo, disse che gli atomi si muovevano a causa del loro peso).

    In questo eterno e naturale movimento degli atomi di Democrito alcuni studiosi hanno visto una sorta di primitiva intuizione del principio di inerzia. È stato notato che «il principio di inerzia, fondamento della dinamica galileiana, dice pressappoco la stessa cosa: afferma infatti che il moto rettilineo uniforme non richiede la presenza di alcuna causa che lo provochi; solo dove si ha accelerazione deve esserci una causa che lo produce» (Geymonat). In Democrito, come osservò Aristotele, era assente il concetto di una causa del movimento; non era chiaro «il perché del movimento, né di quale specie esso sia né la causa per cui il movimento avviene in un modo o in un altro»[senza fonte].
    Come abbiamo già detto, gli atomi democritei, essendo definiti come quantità infinitesime, erano del tutto privi di determinazioni qualitative: non esistevano atomi di ferro, di legno o di acqua ma solo realtà omogenee differenziate tra loro soltanto da un punto di vista quantitativo. Democrito ammise l’esistenza di tre differenze fondamentali: forma (o figura), contatto reciproco (o ordine), posizione (o direzione). Dal punto di vista della forma, ad esempio, l’atomo A era diverso dall’atomo B (la forma evidentemente includeva anche la grandezza). La posizione indicava il fatto che l’atomo A occupasse un posto diverso da quello di B; infine l’ordine (o contatto reciproco) indicava l’esistenza di una relazione AB che era diversa da BA. Utilizzando l'esempio di Aristotele, le differenze tra gli atomi possono essere spiegate al pari delle differenze che costituiscono le lettere dell'alfabeto: A differisce da N per la forma, AN da NA per l'ordine, mentre Z differisce da N per la posizione. Tutte queste differenze, come si vede, erano di natura geometrico-quantitativa e davano luogo ad una realtà caratterizzata esclusivamente da rapporti quantitativi, secondo quell’idea che era stata già intuita dalla scuola pitagorica.

    Nella sua lunga esistenza Democrito scrisse anche opere di etica, in cui affermava che l'interesse maggiore dell'Uomo deve essere la felicità, che si ricerca attraverso una moderata cancellazione della paura: per questo egli divenne noto come il "filosofo del riso", a differenza del triste e pessimista Eraclito che venne definito il "filosofo del pianto".

    Il divino

    Così come per il resto della materia, anche l'anima (psychè) per Democrito era costituita da atomi, atomi più sottili e lisci, di natura ignea. Essi penetrano tutto il corpo e gli danno vita e vengono mantenuti in esso grazie alla respirazione, inoltre grazie a questa capacità di vivificare, di render pensante l'uomo, erano considerati divini. Infine Democrito, sostiene che gli dei sono fatti di atomi proprio come gli esseri umani, ma che non interagiscono affatto con noi: questo fatto lo fece considerare come un vero e proprio anticonformista e ateo, una vera rarità ai suoi tempi.

    Conoscenza

    La conoscenza sensibile si basava sulla meccanica atomistica: ogni oggetto, anche se appariva immobile e statico, era costituito da atomi, intervallati dal vuoto, i quali si muovevano continuamente. In particolare la superficie dei corpi era formata da uno strato di atomi più leggeri che si staccavano dal corpo stesso, di cui conservavano però la configurazione esteriore, producendo delle "emissioni atomiche", ossia degli "idoli" (o simulacri) che, attraversando l’aria, colpivano gli organi sensoriali degli animali e degli uomini: l’urto tra gli idoli e gli organi di senso giungeva, attraverso il corpo, fino all’anima, generando la cosiddetta immagine sensibile, che veniva poi trasformata in un contenuto logico. La conoscenza sensibile tuttavia forniva informazioni piuttosto superficiali e spesso ingannevoli sulle qualità degli oggetti percepiti (tanto da far credere che colori sapori e odori fossero proprietà intrinseche delle cose ed invece non lo erano): essa non era in grado né di cogliere la struttura profonda degli enti, quindi la loro natura atomica, né i rapporti causali esistenti tra essi. Pertanto anche Democrito, come Parmenide, svalutò la sensibilità, anche se, diversamente dal filosofo di Elea, gli riconobbe un valore oggettivo e reale, mentre Parmenide la considerò solo un’illusione. Sicuramente superiore ai sensi era la conoscenza logica e razionale, in quanto con il pensiero era possibile raggiungere la realtà metafisica degli atomi ed era possibile comprendere le leggi meccaniche e necessarie della natura.

    Da questo punto di vista la gnoseologia democritea può essere senz’altro definita razionalistica, dove per razionalismo s’intende in questo caso che le verità fondamentali sul mondo, sia quelle che riguardavano la natura fisica che quelle concernenti la metafisica, si potevano raggiungere soltanto tramite un procedimento intellettuale e razionale e non sulla base delle semplici percezioni sensibili: solo la ragione logica, il logos, consentiva di comprendere le leggi e i principi della realtà.
    Strettamente collegata a questa teoria fu la distinzione tra "qualità soggettive" (o sensibili) e "qualità oggettive" (relative agli oggetti): distinzione fondamentale, che sarà poi ripresa da molti filosofi, anche in Epoca Moderna. Democrito ritenne che alcune qualità fossero oggettive, ossia realmente presenti nelle cose, e altre invece fossero soltanto soggettive o sensibili, dovute cioè alla struttura e alla natura degli organi di senso umani.

    La morale

    La moralità per Democrito consiste essenzialmente nel perseguire la felicità. Ma, come per tanti pensatori suoi contemporanei, la felicità non è da identificarsi nel possesso di beni materiali, nel prestigio o nel potere, ma nell'esser moderati e nel condurre una vita giusta. Bisogna esser coraggiosi non in guerra, bensì contro i piaceri sensibili che rendono l'uomo schiavo dei sensi. Il razionalismo etico di Democrito assume come concetto guida il raggiungimento dell’euthymìa, ossia della tranquillità, della serenità dell’animo. Vero saggio dunque è colui che impronta la sua vita a regole di moderazione, di accorta misura e di equilibrio, rifuggendo i turbamenti e le passioni. Il discorso morale di Democrito ha un carattere prevalentemente personale e privato, in quanto si rivolge al singolo e alla sua ricerca della felicità e del bene più che alla comunità sociale e politica. La tranquillità interiore d’altro canto non implica affatto la passività e l’ozio, anzi Democrito apprezza la vita attiva e produttiva, affermando tra l’altro che: Le fatiche sono piu piacevoli dell'inerzia

    Civiltà, linguaggio e religione


    La riflessione di Democrito sulla civiltà, sul linguaggio e sulla religione è molto probabilmente frutto del razionalismo della sua epoca.

    * Civiltà: gli uomini, inizialmente, vivevano senza leggi e solitari, compresa l'utilità della vita sociale stabilirono delle regoli di comune convivenza.
    * Linguaggio: è una tacita convenzione risalente all'epoca dell'organizzazione in società dei primi uomini.
    * Religione: osservando i fenomeni naturali e non sapendosene dare una spiegazione gli Uomini pensarono che fossero opera di entità soprannaturali (gli dei)[2].

    Note

    1. ^ La parola atomo deriva dal greco ἄτομος (atomos): non divisibile.
    2. ^ N.Abbagnano-G.Fornero, Protagonisti e testi della filosofia, Volume A, Tomo 1, Paravia Bruno Mondadori Editori, Torino, 1999, p.92

    Bibliografia [modifica]

    * N. Abbagnano - G. Fornero, Protagonisti e testi della filosofia, Vol. A, Tomo 1, Paravia Bruno Mondadori Editori, Torino, 1999. ISBN 88-395-3311-7
    * V.E. Alfieri, Gli atomisti, , Laterza, Bari 1936.
    * C. Bailey, The Greek Atomists and Epicurus, Oxford 1928
    * H. Diels - W. Kranz, Atomisti antichi, frammenti e testimonianze, a cura M.Andolfo,
    * F. Enriquez – M. Mazziotti, Le dottrine di Democrito d’Abdera, Bologna, Il Mulino 1948
    * T. Gomperz, Pensatori greci, vol.I, La Nuova Italia, Firenze 1950
    * E. Zeller - R. Mondolfo, La filosofia dei greci, La Nuova Italia 1969.
    Concedi alla ragione il privilegio di essere l'ultima pietra di paragone della verità. (Immanuel Kant)

 

 
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