I motori di un aereo italiano 82 anni fa sono stati trovati in Russia, conservati in ottimo stato.


La scoperta, avvenuta nella taiga russa, dell'idrovolante "Savoia-Marchetti S.55X" può essere paragonata al ritrovamento del cucciolo di mammut Dima, allora primo caso al mondo di un animale del Periodo Quaternario conservatosi perfettamente sino ai nostri giorni. Mentre il mammut è stato scoperto nella regione di Kolyma, il velivolo degli inizi del XX secolo è stato trovato poco più a sud nel Territorio di Khabarovsk, nei pressi di un fiume a ridosso dello Stretto dei Tartari.
L'idrovolante italiano, o meglio catamarano volante, era precipitato nella foresta siberiana il 26 giugno 1935: in quasi 80 anni era stato portato via quasi tutto. Si è riusciti a salvare solo il cuore del velivolo, i 2 motori "Isotta Fraschini Asso-750", ognuno da mezza tonnellata di peso. L'operazione di recupero è stata condotta da Ivan Shylo, un abitante del posto insieme ai suoi figli, che ha organizzato l'intera operazione per portare via dalla taiga della montagna questi motori.



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Shylo conserva i motori nel suo giardino, in una villetta a Komsomolsk sull'Amur. In questa città, centro aeronautico dell'Estremo Oriente, c'è la fabbrica aerospaziale "Gagarin", facente parte della holding "Sukhoi". Lo stesso Ivan si è rivolto ai tecnici dell'impianto per capire che tipo di motori fossero. Shylo è stato mandato dai produttori italiani di aerei che hanno lavorato nell'impianto. Carlo Bassani, a suo tempo vicepresidente della società "Sukhoi Civil Aircraft", appartenente al gruppo "Sukhoi" e il suo partner strategico, la società contollata "Alenia Aermacchi" del gruppo "World's Wing SA", si è interessato della scoperta. Ha promesso ad Ivan Shylo che in base al numero di motore in Italia gli avrebbero raccontato tutto sull'aereo ed avrebbero confermato inoltre la sua autenticità.
Il numero "10531 (IV AAB)" è stato trasmesso alla "Società Italiana degli Autori ed Editori" (SIAI), che conserva i dati sui modelli brevettati a partire dagli anni '20. Si è scoperta l'autenticità del "Savoia S.55H", costruito nel 1933 e primo velivolo dell'Urss acquistato in cambio di oro! All'epoca l'Unione Sovietica aveva comprato in Italia altri velivoli, che avevano prestato servizio nell'Aviazione civile per il trasporto dei passeggeri nell'Estremo Oriente russo.
Su questo velivolo i piloti sovietici, il comandante Demchenko (insignito dell'Ordine della Stella Rossa per il volo su lunga distanza effettuato), il co-pilota Konkin, il navigatore Petrov e il meccanico Erenpreis, l'8 luglio 1933 erano decollati da Sesto Calende alla volta di Vladivostok, e attraverso Istanbul, Odessa, con soste tecniche a Sebastopoli e in altre città, alla fine del settembre 1933 avevano raggiunto la penisola della Kamchatka dopo 22mila chilometri di volo.



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L'aereo era di tipo militare, un bombardiere a lungo raggio, capace di trasportare un siluro! Tuttavia il modello "Savoia S.55", versione aggiornata dell'esemplare "X", non era stato progettato per disporre di armamenti. Nel 1935 il velivolo era stato immatricolato con la numerazione sovietica "URSS L 840" ed era stato trasferito alla stazione aerea di Khabarovsk, dove effettuava i voli passeggeri sulla rotta "Khabarovsk/Aleksandrovsk-Sakhalinsky" (allora la capitale di Sakhalin era occupata per metà dai giapponesi). Aveva volato su questo velivolo Alexander Svetogorov, leggendario pilota polare del dell'URSS, membro della squadra di soccorso del traghetto sovietico Cheliuskin in Chukotka nel 1934. Proprio lui col maltempo venne mandato il 26 giugno 1935 da Alexandrovsk-Sakhalinsk a Khabarovsk. Il velivolo si addentrò in una zona di nebbia fitta, andò fuori rotta verso le montagne e qui, secondo gli esperti, la quota di volo di 30 metri non fu sufficiente per superare i rami degli alberi secolari. Il velivolo si schiantò e tutte le 12 persone a bordo, 9 passeggeri e 3 membri dell'equipaggio, rimasero uccise. Il caso fu segretato, dal momento che a bordo del velivolo si trovava una grossa cifra, 1 milione di rubli. Per più di mezzo secolo la zona venne isolata, i resti dei passeggeri e dell'equipaggio fino ad oggi non hanno trovato una degna sepoltura…
Nel frattempo i motori dell'aereo italiano "Savoia S.55" sono davvero unici, sottolinea il vicepresidente della "Sukhoi Civil Aircraft" Carlo Bassani. Non sono conservati in nessun museo del mondo, persino nel museo dell'aviazione di Milano "Volandia" non c'è nemmeno un modellino esposto. Pertanto la scoperta avvenuta in Russia nella regione di Khabarovsk è sensazionale! Come affermato da Ivan Shylo, gli aviatori professionisti hanno confermato che i motori potrebbero essere messi in moto sin da subito!

© Foto
Savoia-Marchetti S.55X

Si è scoperto che nel 1933 l'Unione Sovietica aveva acquistato in Italia 6 catamarani volanti "Savoia S.55X» (complessivamente in Italia ne erano stati costruiti 243), uno dei quali andato perduto a seguito di un incidente. Nel museo dell'aviazione "Volandia" hanno chiarito che un velivolo "Savoia S.55" nel 1933 valeva 477mila lire, equivalente al cambio di allora ad 1 milione di rubli d'oro: col denaro dei nostri giorni equivale ad 1 miliardo di lire, ovvero 530mila euro o 37,3 milioni di rubli. Tutta la produzione dei "Savoia S.55" dell'Estremo Oriente, così come di tutto il mondo, venne smantellata alla fine degli anni '30 e '40. La struttura in legno richiedeva hangar non sempre disponibili nelle condizioni dell'epoca.
L'ingegnere aeronautico Franco Bugada, collaborando con il museo, "Volandia", sta raccogliendo informazioni sul velivolo italiano "Savoia S.55" in tutto il mondo. In una recente lettera indirizzata a Khabarovsk Franco Bugada fa riferimento ai suoi colleghi, i rappresentanti della SIAI Filippo Meani e il presidente del comitato tecnico del Museo "Volandia" Claudio Tovaglieri, a cui è stata raccontata la vicenda del velivolo italiano nell'Estremo Oriente russo. Bugada è disposto a comprare i motori ritrovati! Allo stesso tempo il governo della regione di Khabarovsk non ritiene opportuno conservare i motori "Isotta Fraschini Asso" nel museo "Grodekov."
Ma c'è un'altra proposta: cedere agli aviatori italiani un solo motore, mentre il secondo rimarrebbe ai posteri in Russia. Il "Savoia S.55" è stato il primo idrovolante passeggeri, che collegava la città dell'Estremo Oriente, nella parte orientale del Paese, dove allora non c'era alcun aeroporto terrestre. Proprio su questo velivolo aveva viaggiato la commissione statale, partita da Khabarovsk, per determinare il luogo di costruzione di una nuova città, Komsomolsk sull'Amur. E' giunto il momento di fare un monumento al velivolo italiano "Savoia S.55" con la leggendaria storia russa.