La Repubblica

È stato il primo a candidarsi, in piena estate e quando le primarie sembravano già archiviate, ed è
il primo a raggiungere le duemila firme necessarie per presentarsi alla sfida del 7 febbraio, quella che a Milano deciderà chi sarà il candidato sindaco del centrosinistra che dovrà doppiare il successo di Giuliano Pisapia.

Pierfrancesco Majorino, 42 anni, iscritto al Pd e assessore al Welfare di Milano: è dispiaciuto che il sindaco preferisca Francesca Balzani a lei?
"Non lo sono assolutamente, anche perché fino al 7 febbraio tenterò di convincerlo a votarmi. Pisapia mi ha scelto nella sua squadra, penso che lui sia una delle figure più belle del centrosinistra italiano: fossi in Matteo Renzi proporrei a Pisapia di fare il presidente nazionale del Pd".


Non è un po' troppo, per un sindaco vicino a Sel?
"Credo che Giuliano possa fare tantissimo per moralizzare il nostro partito in quelle città - e non parlo di Milano - in cui il Pd non è diverso da Forza Italia, sul piano della legalità. E questo rappresenta un problema gigantesco troppo rimosso dalle parti del Nazareno".


Anche se scompagina lo scontro diretto tra Giuseppe Sala e Francesca Balzani, tutti le riconoscono il merito di averle volute, queste primarie.
"Ci ho messo molta ostinazione, è vero, e sono contento di esserci riuscito senza chiedere permessi a nessuno, senza fare anticamere a Roma, senza andare con il piattino in mano da Matteo Renzi a chiedere autorizzazioni ".


Si riferisce ai suoi avversari?
"È un dato oggettivo che entrambi abbiano interloquito con il Pd nazionale per fare le loro scelte. A me è bastato il confronto con il mondo che rappresento, quello di una sinistra sociale, milanese, di base".


Vuole darsi la medaglia del candidato più di sinistra?
"Beh, lo sono sicuramente, ma non ci vuole molto, considerando che gli altri hanno storie molto diverse, e va bene così. Io mi ispiro al sindaco di Londra Ken Livingstone, alle sindache di Madrid e Barcellona, quelle della svolta sociale e popolare".


Con quale programma?
"Vorrei che Milano avesse il primo reddito minimo comunale d'Italia. Radicalità è questo, ed è superare le altre capitali europee sui temi ambientali, portare l'innovazione tecnologica nelle periferie, assicurare il presente ai trentenni, investire nelle infrastrutture culturali come principali leve dello sviluppo".


Sarebbe il candidato ideale di Sel, se il partito non le chiedesse di fare spazio a Balzani.
"La rete che mi sostiene è fatta da gente del Pd, di Sel, dei comitati, senza tessera, e non certo dei salotti. Per me è un'emozione avere il sostegno di Massimo Recalcati come di Gianluca, operatore sociale di Quarto Oggiaro. Se parliamo di Sel, due dei sette assessori pro-Sala sono proprio di Sel".


Quanti continuano a chiederle di ritirarsi?
"È da mesi che mi propongono di tutto per non farmi candidare. Ma io vado avanti con decisione. Per altro, se mi ritirassi io non ci sarebbe comunque soltanto Balzani, ma si presenterebbe l'ex vicesindaco Ada Lucia De Cesaris. Quello che non capisco è questa idea delle primarie anti-Sala, invece che per un progetto".

Ma non è che, come sostengono i maligni, non si ritira perché ha fatto un accordo con Sala?
"È assurdo solo pensarlo: io mi candido per batterlo, non per fare accordi. Semmai a Sala dico che non può cavarsela con due battute su Expo, visto che i vertici della società sono stati pesantemente coinvolti dalle inchieste. Se perderò darò una mano al centrosinistra e al vincitore, chiunque sia. Ma se vinco mi aspetto la stessa correttezza dagli altri".