alla pg 2 de ilgiornale.it 30 06 2010 pg 2

di E. Lagattolla.

«Condannato a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa? Minchiate».
Una lunga giornata, per il senatore Marcello Dell’Utri. In mattinata, la corte d’Appello di Palermo ha pronunciato la sentenza. E lui dice che se la sentiva. «Questa mattina, mentre mi facevo la barba. Mi sono tagliato. Un brutto segno».
Un pomeriggio per sedimentare, e raccogliere le reazioni della politica. Poi, a sera, Dell’Utri risponde alle domande del Giornale dal suo studio in pieno centro a Milano. Circondato da libri. E davanti alla figlia. Più tesa di lui.

Senatore, cade l’accusa sulla trattativa Stato-mafia. Resta quella sui legami con i boss.
«Sa come si chiamano dalle mie parti? Minchiate».

Saranno minchiate, ma fanno sette anni.
«Anche quelle accuse cadranno. Sono solo invenzioni. Da quando sono entrato in politica hanno tirato fuori la spazzatura contro di me. Qual è il reato?».

Probabilmente, i suoi legami con Mangano, Bontade, Teresi, Cinà.
«Quei legami non esistono. Tutti quei boss io non li conosco. Ho conosciuto solo Cinà e Mangano. E ancora non esiste un reato di amicizia».

A proposito di Mangano. Ma perché ci cade ogni volta con la storia dell’eroe?
«L’ho detto e lo ripeto. Mangano è il mio eroe, perché ha preferito farsi la galera piuttosto che inventarsi accuse contro di me e Berlusconi.
E sì che se lo avesse fatto, sarebbe uscito dal carcere».

Ma non è più facile, e sicuramente meglio, dire che gli eroi sono altri? Chessò, Falcone, Borsellino. Tanto per evitare le polemiche...
«Ma è logico che gli eroi sono Falcone e Borsellino, come Enrico Toti e Pietro Micca».

Però, ancora una volta, a causa di Mangano è scoppiato un temporale. Fabio Granata dice che per la sentenza di oggi non c’è nulla da festeggiare, e che Mangano è un mafioso.
«Granata chi?».

Appunto. Granata, Camera dei deputati, Pdl. Un finiano.
«Bah, dica quello che vuole».

In Sicilia, i giovani del Pdl organizzano una fiaccolata pro-Falcone e contro-Mangano.
«E chissenefrega».

Passiamo all’Idv?
«Quelli sono dei beceri, anche se fossi San Francesco direbbero che sono un farabutto, un brigante».

Secondo Di Pietro, ora Berlusconi la farà ministro.
«Lasciamo stare, è un’osservazione alla Di Pietro. Che c’azzecca?».

Forse intendeva dire che ora le darà uno «scudo».
«Io non vorrei rispondere con cattiverie. Ma se c’è uno che deve andare in galera, quello è di Pietro. E una volta che è dentro, devono pure buttare via la chiave».

Dal presidente Berlusconi, però, qualche parola di conforto l’avrà avuta.
«Oggi (ieri, ndr), Berlusconi è in Brasile e non ci ho parlato. Ma mi ha chiamato due giorni fa, prima della sentenza».

E che le ha detto?
«Che non aveva sensazioni buone. Che nei giudici non ci crede».

E lei ci crede?
«Io sì. Almeno, credo in quelli della Cassazione».

Ma non nei giudici di Palermo.
«I giudici di Palermo sono delle persone per bene, ma la loro è una sentenza pilatesca. Il problema è la Procura».

Cioè?
«Cioè i vari Caselli, Ingroia. Loro sono potentissimi.
Sono in grado di condizionare l’ambiente.
Ci sono giornali, come Il Fatto, che quei Pm li cavalcano.
Ora spero solo di non trovare in Cassazione un giudice di Palermo».

Questa sentenza la condanna per fatti antecedenti al ’92. Si apre uno spiraglio verso la prescrizione.
«I fatti che mi vengono contestati fanno parte della preistoria.
E questa condanna dà un contentino alla Procura.
Ma io la prescrizione non la voglio. Anzi, se dovessero darmela farei ricorso.
Quanto al resto, la sentenza ha spazzato l’accusa politica che era una mistificazione. Ora, che andassero a cercare i veri responsabili di quella stagione».

Comunque, restano i sette anni. Qualcuno potrebbe dire che le dimissioni sono opportune.
«Dimettermi? Ma quando mai. Non ci penso neppure. E poi i gradi di giudizio sono tre».

E allora ci arriviamo. Cassazione. Prima ipotesi. Assolto.
«E io non festeggio. Non vado neanche a bere un bicchiere di champagne. Perché io la pena l’ho già scontata. In questi 15 anni».

Però, a quel punto, almeno qualche sassolino...
«Sassolino? Dalle mie parti si chiamano “balatoni”».

Ossia?
«Macigni. Ma aspettiamo a toglierceli».

Cassazione, seconda ipotesi. Condanna.
«La accetteremo».

Però, significa la possibilità che lei vada in carcere.
«Se c’è da andare in carcere, ci vado. Non si muore, in carcere. Non è morto nemmeno Tommaso Campanella, che in prigione ci è rimasto per una vita. Mi spiace solo per gli amici, e per la mia famiglia».
(Dell’Utri guarda la figlia, accanto a lui).

Non le fa paura l’idea di andare in prigione?
«Io non ho paura di nulla. E forse questo è il mio problema».

saluti