VICE Italia

Il fotografo Simone Donati, del collettivo TerraProject, ha attraversato l'Italia in lungo e in largo dal 2009 a oggi per documentare i luoghi di aggregazione delle persone, ritraendo tutti i crismi e le liturgie della massa.

VICE: Perché hai deciso di fare questo progetto?
Simone Donati:
Il progetto
è nato dopo che ho fatto due lavori, nel 2009 e nel 2010: il primo si è concentrato sui supporter di Berlusconi, l'ho seguito per un anno e mezzo dalla formazione del Popolo delle Libertà in avanti. Dopo quello feci un altro lavoro a San Giovanni Rotondo sul culto di Padre Pio. Mettendo insieme queste immagini pensai che sarebbe stato interessante ricercare un comportamento simile a quello che avevo visto in situazioni anche molto diverse—su altri temi che non fossero né la religione né la politica. Ho iniziato un po' a pensare a quali potessero essere le altre possibilità in Italia e ne ho trovate tante.

Qual era il tema di fondo che hai trovato in queste situazioni?
Direi i vari tipi di fede che uniscono persone anche molto diverse, in situazioni diverse ma accomunate da determinati comportamenti: il volersi riunire, il decidere di andare in certi luoghi tutti insieme per vedere o semplicemente per "esserci". Come quelli che vanno sotto la casa di Vasco Rossi a Zocca anche se Vasco Rossi non c'è. O quelli a Predappio che tre volte l'anno fanno pellegrinaggio, si riuniscono lì, fanno sempre la stesa cosa—la processione, il rosario, la visita alla cripta—e poi vanno a casa.

Che tipo di persone hai incontrato?
Di tutto. Anche solo tra i fan di Berlusconi ci sono vari mondi, dalla persona benestante a quella senza lavoro che spera in un cambiamento. In generale non credo di aver individuato una similarità di persone, ecco. Anzi, c'è una bella varietà. Del resto quello che mi piace di questo lavoro è proprio il fatto di vederlo come un insieme: infatti il libro non è diviso per capitoli, si passa da una situazione all'altra, che magari è molto diversa ma che ha comportamenti e similitudini forti.

Qual è la situazione più assurda in cui ti sei trovato?
Partendo dall'inizio, dal lavoro su Berlusconi, mi ricordo che a volte sembrava di essere a un concerto degli U2, con la gente che si buttava per toccarlo come se fosse una rock star. Un lavoro particolare in sé invece è stato quello sui veggenti: ho partecipato a vari incontri, sia della veggente di Medjugorje Marija Pavlovich che con veggenti meno conosciuti, a Brindisi e Ischia. A Brindisi per esempio c'era questo Mario, di una trentina d'anni, che da tre o quattro anni vede la Madonna tutti mesi. Lì ci sono state scene pazzesche di convulsioni, cose che negli incontri degli altri veggenti non avevo visto. Un'altra situazione abbastanza folle è la sera prima del Gran Premio al Mugello, quando tutto il campeggio intorno al circuito si trasforma in una bolgia, discoteche, moto dappertutto. E tu non ci pensi, pensi a Valentino che corre, mentre la sera prima non la fa vedere mai nessuno.

Tornando un attimo su Berlusconi e il berlusconismo: avendolo tu seguito per anni, pensi che il suo declino politico corrisponda a un declino dei codici culturali berlusconiani?
No, secondo me no. O almeno ci vorrà un bel po' di tempo per cambiare questi codici, questo modo di essere. Negli ultimi anni ho seguito la politica per una serie di lavori per l'Espresso, e sicuramente ho visto che a livello di attaccamento le cose sono cambiate radicalmente dal 2009-2010. Però ho l'impressione che gli "effetti" del berlusconismo sulla gente non siano passati.

Nel libro affianchi l'immagine con i commenti sui social network. Mi spieghi questa scelta?
Sì, mentre facevo ricerca sugli eventi per i neomelodici a Napoli, dato che molte notizie dei concerti le trovavo direttamente sulle varie pagine Facebook, mi sono soffermato sui commenti. C'era gente con un attaccamento pazzesco. Allora sono andato a vedere sulla pagina di Predappio, sulle pagine dei veggenti, su quelle delle selezioni del Grande Fratello, ovviamente anche su quelle dei berlusconiani, e ho trovato tutta una serie di frasi che mi hanno molto colpito [ e ho deciso di inserirle nel libro]. Oggi i social network sono una parte molto importante della vita delle persone e quindi anche lì ci si sfoga e si partecipa.

In queste foto hai coperto un periodo che va dal 2009 al 2015, quindi diciamo dall'inizio della crisi alla fase attuale, e il ritratto che ne esce sembra un po' quello di un paese in transizione.
Avendo preso situazioni molto diverse non credo si possa parlare di un ritratto dell'Italia rispetto alla crisi, però è anche vero che il progetto è stato fatto in quel periodo lì. E nella politica forse è così, ma non so se il periodo di crisi ha influito sui comportamenti delle persone anche nella musica, nello spettacolo, nello sport.

Magari più che il ritratto della crisi è il ritratto di un paese alla ricerca di un'identità.
Sì, certo. Per certe persone quello che ho fotografato è la ricerca di un'identità, o in generale l'andare a cercare qualcuno per sentirsi appagati, felici, partecipare a certe situazioni. E queste sono tutte cose che sicuramente creano un'identità.