L’Unione Europea non si puo’ riformare
Come accadde all’Unione Sovietica una riforma dell’UE provocherebbe l’implosione dell’intero sistema
L’Unione Europea assomiglia sempre più all’Unione Sovietica negli anni che precedettero la sua implosione.
Come la vecchia URSS, l’UE è consapevole della propria crisi, ma non è in grado di riformarsi. L’Unione Sovietica cercò di rinviare il giorno della verità il più possibile, ma quando Gorbaciov lanciò la glasnost per rendere il regime più aperto e la perestroika per riformare un’economia in profonda crisi, il regime implose. I leader europei si trovano nella medesima situazione,
poiché l’Unione Europea non è una istituzione fondata su un regime democratico, ma un insieme di accordi giuridici decisi da élites che pretendevano e pretendono tuttora di avere la prerogativa esclusiva di conoscere cosa è bene e cosa è male per il Vecchio Continente. Quindi, di fronte alla crisi economica, a quella dei migranti, alla sfida del terrorismo e delle crisi in Vicino Oriente e in Ucraina al confronto con la Russia di Putin si risponde sempre con nuove aggiunte giuridiche ai trattati e alle norme che regolano l’Unione senza rendersi conto che bisogna rivedere l’intera costruzione europea. Molti sostengono che l’Europa così come è non va bene e bisogna riformarla.
Essi non si rendono conto che riformare l’Unione Europea è impossibile, poiché si avrebbe il medesimo risultato delle riforme avviate da Gorbaciov: l’intero sistema imploderebbe e ogni Paese andrebbe per la sua strada. Di questo sono consapevoli la Commissione europea e i principali leader europei che propongono rattoppi per affrontare le crisi che continuano a susseguirsi. Di questa impossibilità di riformare l’Unione Europea e di cambiare le sue politiche economiche, determinate dai poteri forti (finanza e multinazionali) e la sua politica estera asservita agli Stati Uniti è pure consapevole la popolazione, che a ogni consultazione elettorale vede crescere i partiti alternativi ed euroscettici. E’ successo in Francia e si è ripetuto in Spagna con la sconfitta del Partito Popolare e l’affermazione di Podemos.
Insomma, l’Europa si sta trasformando in un campo di battaglia tra un elettorato che dà segni di crescente insofferenza, da una parte, e le istituzioni comunitarie e le leadership politiche dei principali Paesi europei, dall’altra. Lo scontro sta diventando maggiormente aspro, poiché l’insofferenza dell’elettorato ha cominciato a trovare espressione anche in Governi, come quelli di Polonia ed Ungheria che non accettano i diktat di Bruxelles. Nel 2016 la situazione non migliorerà anche perché nel migliore dei casi l’economia europea continuerà a stagnare.
Di fronte a questa realtà non è casuale che si levino voci che mettono in dubbio la validità del sistema democratico, sostenendo che non deve essere demandata all’elettorato la decisione su problemi gravi e complessi come quelli che il Vecchio Continente è chiamato ad affrontare. Insomma, in nome dell’ideale europeo, reso misero da questa Europa, si comincia a ventilare l’ipotesi di ridurre il potere di voto del popolo, che l’Unione Europea ha spesso già ignorato e contraddetto. Prestiamo attenzione a questi processi estremamente pericolosi e prepariamoci a difendere le istituzioni democratiche nazionali.
Questo è l’ultimo blog di quest’anno, colgo l’occasione per augurare a tutti coloro che hanno avuto la pazienza e la generosità di frequentarlo i miei cari auguri di Buon Natale e di un Felice Anno Nuovo.