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Discussione: Pillole di Dante

  1. #11
    Blue
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    Predefinito Re: Pillole di Dante

    Citazione Originariamente Scritto da trash Visualizza Messaggio
    Troviamo la versione più antica dell'aneddoto dell'uovo di Dante nella rarissima "Biblioteca universale sacro-profana, antico-moderna: in cui si spiega con ordine alfabetico ogni voce, anco straniera, che può avere significato nel nostro idioma italiano, appartenente a'qualunque materia", alla voce 3855. ALDIGHIERI (Dante).
    Avrei due domande, se posso osare...
    1. Se la biblioteca universale sacro-profana è rarissima, in che modo hai potuto accedervi?
    2. Se la risposta alla domanda 1 è "gogglando", come facevi a sapere che la voce 3855 è quella corrispondente a Dante?

      

  2. #12
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    Predefinito Re: Pillole di Dante

    Citazione Originariamente Scritto da Blue Visualizza Messaggio
    Avrei due domande, se posso osare...
    1. Se la biblioteca universale sacro-profana è rarissima, in che modo hai potuto accedervi?
    2. Se la risposta alla domanda 1 è "gogglando", come facevi a sapere che la voce 3855 è quella corrispondente a Dante?

      
    Per trovare una fonte antica dell'aneddoto ho gugglato Dante uovo "col sale" in Google libri impostando la data di ricerca fino al 1/1/1800...

    https://books.google.it/books?id=H3B...ale%22&f=false

  3. #13
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    Predefinito Re: Pillole di Dante

    CXIV
    Lo eccellentissimo poeta volgare, la cui fama in perpetuo non verrà meno, Dante Allighieri fiorentino, era vicino in Firenze alla famiglia degli Adimari; ed essendo apparito caso che un giovane cavaliere di quella famiglia, per non so che delitto, era impacciato, e per esser condennato per ordine di justizia da uno esecutore, il quale parea avere amistà col detto Dante, fu dal detto cavaliere pregato che pregasse l’esecutore che gli fosse raccomandato. Dante disse che ’l farebbe volentieri. Quando ebbe desinato, esce di casa, e avviasi per andare a fare la faccenda, e passando per porta San Piero, battendo ferro uno fabbro su la ’ncudine, cantava il Dante come si canta uno cantare, e tramestava i versi suoi, smozzicando e appiccando, che parea a Dante ricever di quello grandissima ingiuria. Non dice altro, se non che s’accosta alla bottega del fabbro, là dove avea di molti ferri con che facea l’arte; piglia Dante il martello e gettalo per la via, piglia le tanaglie e getta per la via, piglia le bilance e getta per la via, e cosí gittò molti ferramenti. Il fabbro, voltosi con uno atto bestiale, dice:
    - Che diavol fate voi? sete voi impazzato?
    Dice Dante:
    - O tu che fai?
    - Fo l’arte mia, - dice il fabbro, - e voi guastate le mie masserizie, gittandole per la via.
    Dice Dante:
    - Se tu non vuogli che io guasti le cose tue, non guastare le mie.
    Disse il fabbro:
    - O che vi guast’io?
    Disse Dante:
    - Tu canti il libro e non lo di’ com’io lo feci; io non ho altr’arte, e tu me la guasti.
    Il fabbro gonfiato, non sapendo rispondere, raccoglie le cose e torna al suo lavoro; e se volle cantare, cantò di Tristano e di Lancelotto e lasciò stare il Dante; e Dante n’andò all’esecutore, com’era inviato. E giugnendo all’esecutore, e considerando che ’l cavaliere degli Adimari che l’avea pregato, era un giovane altiero e poco grazioso quando andava per la città, e spezialmente a cavallo, che andava sí con le gambe aperte che tenea la via, se non era molto larga, che chi passava convenía gli forbisse le punte delle scarpette; e a Dante che tutto vedea, sempre gli erano dispiaciuti cosí fatti portamenti; dice Dante allo esecutore.
    - Voi avete dinanzi alla vostra Corte il tale cavaliere per lo tale delitto; io ve lo raccomando, come che egli tiene modi sí fatti che meriterebbe maggior pena; e io mi credo che usurpar quello del Comune è grandissimo delitto.
    Dante non lo disse a sordo; però che l’esecutore domandò che cosa era quella del Comune che usurpava. Dante rispose:
    - Quando cavalca per la città, e’ va sí con le gambe aperte a cavallo, che chi lo scontra conviene che si torni adrieto, e non puote andare a suo viaggio.
    Disse l’esecutore:
    - E parciti questo una beffa? egli è maggior delitto che l’altro.
    Disse Dante:
    - Or ecco, io sono suo vicino, io ve lo raccomando.
    E tornasi a casa, là dove dal cavaliere fu domandato come il fatto stava.
    Dante disse:
    - E’ m’ha risposto bene.
    Stando alcun dí, il cavaliere è richiesto che si vada a scusare dell’inquisizioni. Egli comparisce, ed essendogli letta la prima, e ’l giudice gli fa leggere la seconda del suo cavalcare cosí largamente. Il cavaliere, sentendosi raddoppiare le pene, dice fra sé stesso: «Ben ho guadagnato, che dove per la venuta di Dante credea esser prosciolto, e io sarò condennato doppiamente».
    Scusato, accusato, che si fu, tornasi a casa, e trovando Dante, dice:
    - In buona fé, tu m’hai ben servito, che l’esecutore mi volea condennare d’una cosa, innanzi che tu v’andassi; dappoi che tu v’andasti, mi vuole condennare di due -; e molto adirato verso Dante disse: - Se mi condannerà, io sono sofficiente a pagare, e quando che sia ne meriterò chi me n’è cagione.
    Disse Dante:
    - Io vi ho raccomandato tanto, che se fuste mio figliuolo piú non si potrebbe fare; se lo esecutore facesse altro, io non ne sono cagione.
    Il cavaliere, crollando la testa, s’andò a casa. Da ivi a pochi dí fu condennato in lire mille per lo primo delitto, e in altre mille per lo cavalcare largo; onde mai non lo poté sgozzare né egli, né tutta la casa degli Adimari.
    E per questo, essendo la principal cagione, da ivi a poco tempo fu per Bianco cacciato di Firenze, e poi morí in esilio, non sanza vergogna del suo Comune, nella città di Ravenna.

    CXV
    Ancora questa novella passata mi pigne a doverne dire un’altra del detto poeta, la quale è breve, ed è bella. Andandosi un dí il detto Dante per suo diporto in alcuna parte per la città di Firenze, e portando la gorgiera e la bracciaiuola, come allora si facea per usanza, scontrò uno asinaio, il quale avea certe some di spazzatura innanzi; il quale asinaio andava drieto agli asini, cantando il libro di Dante, e quando avea cantato un pezzo, toccava l’asino, e diceva:
    - Arri.
    Scontrandosi Dante in costui, con la bracciaiuola li diede una grande batacchiata su le spalle, dicendo:
    - Cotesto arri non vi miss’io.
    Colui non sapea né chi si fosse Dante, né per quello che gli desse; se non che tocca gli asini forte, e pur:
    - Arri, arri.
    Quando fu un poco dilungato, si volge a Dante, cavandoli la lingua, e facendoli con la mano la fica, dicendo:
    - Togli.
    Dante veduto costui, dice:
    - Io non ti darei una delle mie per cento delle tue.
    O dolci parole piene di filosofia! che sono molti che sarebbono corsi dietro all’asinaio, e gridando e nabissando ancora tali che averebbono gittate le pietre; e ’l savio poeta confuse l’asinaio, avendo commendazione da qualunche intorno l’avea udito, con cosí savia parola, la quale gittò contro a un sí vile uomo come fu quell’asinaio.

    Da "Il Trecentonovelle" di Franco Sacchetti.
    Ultima modifica di vanni fucci; 07-01-16 alle 11:06

  4. #14
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    Predefinito Re: Pillole di Dante

    La numerologia ricorrente inizia fin dalla composizione dell’opera stessa. La Divina Commedia è formata infatti da 3 cantiche comprendenti complessivamente 100 canti:la prima cantica,l’Inferno, è di 34 canti,le altre due di 33 ciascuna. Il primo canto dell’Inferno viene considerato un prologo a tutta l’opera. Quindi abbiamo già i numeri 10 e i suoi multipli. Tutti i canti sono scritti in terzine incatenate di versi endecasillabi( ritroviamo il 3 e inseriamo l’11). La lunghezza di ogni canto va da un minimo di 115 versi ad un massimo di 160;l’intera opera consta complessivamente di 14.233 versi. La Divina Commedia è dunque superiore in lunghezza sia all’Eneide virgiliana( 9.896 esametri),sia all’Odissea omerica(12.100 esametri)Analizzando ora le singole cantiche distinguiamo anche qui le varie simbologie numeriche:l’Inferno è la cantica del 3 e dei suoi multipli:9 sono i cerchi lungo i quali Dante scenderà fino al centro della terra,10 le bolge infernali, 3 i fiumi che attraverserà(Acheronte – Stige – Flegetonte), 3 le fiere che incontrerà entrando nella selva le quali hanno il nome che inizia con la lettera n.10 dell’alfabeto :lonza,lupa e leone. Tre sono inoltre le guide:Virgilio,simbolo della ragione,Beatrice della Grazia e S.Bernardo che rappresenta l’ardore mistico. Un’ulteriore curiosità riguarda Beatrice(che Dante aveva incontrato per la prima volta a 9 anni!): il suo nome infatti,in latino recita BEATRIX, dove le due lettere finali indicano nuovamente il n.9 che significa fonte della beatitudine ed è simbolo di perfezione e miracolo.”Lo numero del tre è la radice del nove,pero che,senza numero altro alcuno,per sé medesimo fa nove,sì come vedemo manifestamente che tre via tre fa nove. Dunque se lo tre è fattore per sé medesimo del nove,e lo fattore per sé medesimo de li miracoli è tre,cioè Padre e Figlio e Spirito Santo,li quali sono tre e uno,questa donna fue accompagnata da questo numero del nove a dare ad intendere ch’ella era uno nove,cioè uno miracolo,la cui radice,cioè del miracolo,è solamente la mirabile Trinitade”(Vita Nuova -vol.I-tomo I).Passando ad analizzare il secondo regno troviamo qui il n.7 e i suoi multipli. Un angelo accoglie i due poeti sulla soglia del Purgatorio e appoggiando i piedi su un gradino rosso incide setteP” sulla fronte di Dante:esse rappresentano i peccati capitali e verranno cancellate a mano a mano che egli salirà superando le 7 cornici dove le anime si purificano prima di accedere al Paradiso. Il numero sette rappresenta una delle tre religioni monoteistiche,l’ebraica: sette sono infatti i bracci del candelabro,simbolo di tale credo. Il numero tre, peraltro rappresentava la religione cattolica(Padre,Figlio e Spirito Santo) mentre il 10 simboleggerà quella musulmana e sarà anche il simbolo della completezza. Quasi alla fine del secondo regno Virgilio lascerà il posto a Beatrice che apparirà al Sommo Poeta vestita di tre colori :bianco rosso e verde simbolo nuovamente della Trinità.Salendo infine al Paradiso troviamo una struttura di 9 cieli che sono i sette del sistema tolemaico- Luna, Mercurio,Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno- più il cielo delle Stelle fisse e del Primo Mobile. Oltre i cieli troviamo l’Empireo per un totale di 10.All’inizio di questo ultimo viaggio Dante deve sostenere una sorta di “esame” in Fede,Speranza e Carità da parte di 3 professori particolari :San Pietro,San Giacomo,San Giovanni.Giunto al Primo Mobile osserverà poi un punto luminosissimo,contornato da nove cerchi di fuoco,vorticanti attorno ad esso. Il punto,gli spiega Beatrice,è Dio,e attorno a lui stanno i nove cori angelici,divisi per quantità di virtù. Nel punto più centrale di questa grande luce Dante vede tre cerchi,le tre persone della Trinità,il secondo del quale ha immagine umana,segno della natura umana di Cristo.Il viaggio, giunto a questo punto al termine,è durato 7 giorni,essendo iniziato alle 7 di sabato santo del 1300,esattamente il 9 aprile.Un famoso storico francese,Jacques Le Goff, nel suo libro ”L’uomo medievale” ci illustra l’importanza e i significati che i numeri assumevano per l’uomo di quel tempo. Egli afferma che l’uomo medievale è affascinato dal numero. Fino al secolo XIII ad esercitare il maggior fascino è il numero simbolico. Tre,il numero della Trinità; quattro il numero degli evangelisti,dei fiumi del Paradiso,delle virtù cardinali, dei punti cardinali;sette il numero dei settenari della religione (sette doni di Dio,sette sacramenti,sette peccati mortali … ); dieci il numero del Decalogo,dei comandamenti di Dio e della Chiesa;dodici,il numero degli apostoli e dei mesi dell’anno, etc… etc.. .[…] Sotto la pressione di nuovi bisogni della società(contabilità dei mercanti,del Signore,degli “Stati”nascenti),della diffusione della matematica(in particolare delle tradizioni latine degli Elementi non più di Euclide e di manuali come il Liber Abaci del pisano Leonardo Fibonacci nel 1202) a sostituirsi in questa posizione fascinosa è il numero esatto,scientificamente calcolabile,oggetto di operazioni aritmetiche. L’uomo del Basso medioevo è infiammato da una moda, da una mania,da una passione dell’aritmetica. Introduce la follia aritmetica perfino nell’ambito della religione:nei testamenti si chiedono delle messe a centinaia,a migliaia,a decine di migliaia;l’aritmetica delle indulgenze e il calcolo affannoso degli anni di Purgatorio che susciteranno la collera di Lutero creano quello che Jacques Chiffoleau ha chiamato “La contabilità dell’aldilà” J.Le Goff- L’uomo medievale Laterza Bari, 1988.

    Dante e la matematica nella Divina Commedia | Rosebud ? Critica, scrittura, giornalismo online

  5. #15
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    Predefinito Re: Pillole di Dante

    Dante andava per la campagna immerso nei suoi pensieri e spesso si fermava a parlare con chi incontrava.
    Una volta s'era fatto tardi e, volendo sapere che ora fosse, si avvicinò ad un contadino che lavorava in un campo, conoscendo quanto son bravi gli uomini di campagna nel giudicare l'ora dall'altezza del sole.
    "Che ora è? " chiese Dante.
    Ma quello o perché era di malumore o per maleducazione gli rispose:
    "Cosa volete che ne sappia io che ore sono, non son mica la meridiana? Guardate, io so solo questo: che è l'ora di dar da bere alle bestie e con questo me ne vado!"
    "E tu non bevi?" chiese Dante.

    Da "La bibbia dei poveri" (cit.)

  6. #16
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    Predefinito Re: Pillole di Dante

    Del volgar parlare - Quando la parolaccia è sublime





    Il plurilinguismo della Divina commedia si estende anche ai termini osceni, che sono normalmente interdetti nel linguaggio comune. Questi termini fanno riferimento all’ambito sessuale o a quello della sporcizia e contengono - in modo implicito o esplicito - un duro giudizio morale che altri termini meno crudi non renderebbero con uguale efficacia. Com'è facile prevedere, il turpiloquio è più frequente nell'Inferno e più raro nelle altre due cantiche, dove compare in situazioni in cui il poeta vuole enfatizzare il suo giudizio di condanna. Ecco alcuni esempi tratti dalle tre cantiche...

    Inferno, Canto XVIII (Ruffiani e seduttori)
    Quivi venimmo; e quindi giù nel fosso
    vidi gente attuffata in uno sterco
    che da li uman privadi parea mosso.

    E mentre ch’io là giù con l’occhio cerco,
    vidi un col capo sì di merda lordo,
    che non parea s’era laico o cherco.
    (vv. 112-117)

    [...]

    Appresso ciò lo duca «Fa che pinghe»,
    mi disse «il viso un poco più avante,
    sì che la faccia ben con l’occhio attinghe

    di quella sozza e scapigliata fante
    che là si graffia con l’unghie merdose,
    e or s’accoscia e ora è in piedi stante.

    Taide è, la puttana che rispuose
    al drudo suo quando disse «Ho io grazie
    grandi apo te?»: «Anzi maravigliose!».
    (vv. 127-135)


    Inferno, Canto XX (Indovini)

    quando la nostra imagine di presso
    vidi sì torta, che ’l pianto de li occhi
    le natiche bagnava per lo fesso.
    (vv. 22-24)


    Inferno, Canto XXVIII (Seminatori di discordie)

    Già veggia, per mezzul perdere o lulla,
    com’io vidi un, così non si pertugia,
    rotto dal mento infin dove si trulla.

    Tra le gambe pendevan le minugia;
    la corata pareva e ’l tristo sacco
    che merda fa di quel che si trangugia.
    (vv. 22-27)


    Purgatorio, Canto XXXII

    Sicura, quasi rocca in alto monte,
    seder sovresso una puttana sciolta
    m’apparve con le ciglia intorno pronte;

    e come perché non li fosse tolta,
    vidi di costa a lei dritto un gigante;
    e baciavansi insieme alcuna volta.

    Ma perché l’occhio cupido e vagante
    a me rivolse, quel feroce drudo
    la flagellò dal capo infin le piante;

    poi, di sospetto pieno e d’ira crudo,
    disciolse il mostro, e trassel per la selva,
    tanto che sol di lei mi fece scudo

    a la puttana e a la nova belva.
    (vv. 148-160)


    Paradiso, Canto I

    Entra nel petto mio, e spira tue
    sì come quando Marsia traesti
    de la vagina de le membra sue.
    (vv. 19-21)


    Per una più esaustiva raccolta di esempi sul tema, rimando a:
    Letteratura italiana.com

  7. #17
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    Predefinito Re: Pillole di Dante

    Canto XXI, Inf.
    [...]
    Per l’argine sinistro volta dienno;
    ma prima avea ciascun la lingua stretta
    coi denti, verso lor duca, per cenno;

    ed elli avea del cul fatto trombetta. v. 139 (l'ultimo)


    Così all'inizio del successivo:

    Canto XXII

    Io vidi già cavalier muover campo,
    e cominciare stormo e far lor mostra,
    e talvolta partir per loro scampo; 3

    corridor vidi per la terra vostra,
    o Aretini, e vidi gir gualdane,
    fedir torneamenti e correr giostra; 6

    quando con trombe, e quando con campane,
    con tamburi e con cenni di castella,
    e con cose nostrali e con istrane; 9

    né già con sì diversa cennamella
    cavalier vidi muover né pedoni,
    né nave a segno di terra o di stella.


    cennamèlla

    Vocabolario on line

    cennamèlla s. f. [dal fr. ant. chalemel, che è il lat. tardo calamĕllus, dim. di calămus «canna»]. – Forma ant. o poet. perciaramella, cornamusa: ma tu sognavi ch’era di natale; udivi i suoni d’una c. (Pascoli).

  8. #18
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    Predefinito Re: Pillole di Dante

    Citazione Originariamente Scritto da Blue Visualizza Messaggio
    Avrei due domande, se posso osare...
    1. Se la biblioteca universale sacro-profana è rarissima, in che modo hai potuto accedervi?
    2. Se la risposta alla domanda 1 è "gogglando", come facevi a sapere che la voce 3855 è quella corrispondente a Dante?

      
    Trash oltre ad essere Webmaster è un abilissimo Hacker , è già riuscito ad infiltrarsi nei server della Nasa e del Pentagono cosa vuoi che sia per lui reperire due notiziucce su Dante usando google ..
    Regressista amante della pucchiacca.

  9. #19
    Blue
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    Predefinito Re: Pillole di Dante

    Citazione Originariamente Scritto da King Z. Visualizza Messaggio
    Trash oltre ad essere Webmaster è un abilissimo Hacker , è già riuscito ad infiltrarsi nei server della Nasa e del Pentagono cosa vuoi che sia per lui reperire due notiziucce su Dante usando google ..
    Ohhhhhh... *.*

  10. #20
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    Predefinito Re: Pillole di Dante

    Vi segnalo una lezione su Dante proprio adesso su Tv2000. Mi sembra sia un programma a puntate trasmesso tutte le settimane.
    La morte significava ben poco per me. Era l'ultimo scherzo in una serie di pessimi scherzi. Charles Bukowski
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