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Discussione: Pillole di Dante

  1. #51
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    Predefinito Re: Pillole di Dante

    Tra le pillole più avvelenate che ci ha lasciato Dante, forse la peggiore è "Pape Satàn, pape Satàn aleppe", di cui Wikipedia elenca numerosi e falliti tentativi di spiegazione.
    Tra tutte le analisi critiche della oscura frase, l'analisi più acuta e conclusiva la dobbiamo a Topolino:


  2. #52
    Blue
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    Predefinito Re: Pillole di Dante

    Citazione Originariamente Scritto da trash Visualizza Messaggio
    Tra le pillole più avvelenate che ci ha lasciato Dante, forse la peggiore è "Pape Satàn, pape Satàn aleppe", di cui Wikipedia elenca numerosi e falliti tentativi di spiegazione.
    Tra tutte le analisi critiche della oscura frase, l'analisi più acuta e conclusiva la dobbiamo a Topolino...
    D'accordo... ma la tua spiegazione, qual è?

  3. #53
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    Predefinito Re: Pillole di Dante

    Citazione Originariamente Scritto da Blue Visualizza Messaggio
    D'accordo... ma la tua spiegazione, qual è?
    Diciamo che non ho ancora affrontato il problema: però la spiegazione più simpatica l'ho trovata leggendo la "Vita di Benvenuto Cellini scritta da lui medesimo", spassosissima cronaca di una vita che ha attraversato da protagonista il Rinascimento.
    Trattandosi di un concittadino di Dante, potrebbe anche aver ragione con la sua apparentemente stiracchiata spiegazione: che comunque fu presa sul serio (come unica spiegazione possibile) nell'edizione delle opere di Dante fatta in Venezia nel 1760, e dal Dionisi nella "Prefazione istorica e critica" premessa all'edizione Bodoniana del Dante del 1795. E pure Wikipedia la cita come "interessante".
    La riporto direttamente dal Cellini, con qualche "ammodernamento" al suo italiano un po' arcaico, per renderla più leggibile:

    [...]comparsi al Tribunale di Parigi per difender le mie ragioni, dove io vidi un Giudice Civile, luogotenente del re, posto su un altro scranno.
    Questo uomo era grande, grosso e grasso, e d'aspetto austerissimo: aveva intorno a se da una parte e dall'altra molti procuratori e avvocati, tutti messi per ordine da destra e da sinistra. [...]
    E tenevano la porta serrata e una guardia a quella porta: la qual guardia talvolta, per impedire l'entrata ai non addetti, alzava la voce con gran rumore disturbando quel maraviglioso giudice, il quale adirato sgridava la guardia: mi capitò spesso e feci questa riflessione: le parole che usava sempre il giudice per zittire la guardia erano esattamente queste, gridate ad alta voce: "sta zitto, sta zitto, Satanasso... andiamo, sta zitto!": queste parole nella lingua francese suonano in questo modo; phé phé Satan phé phé Satan alé phé." ["Paix, paix, Satan, paix, paix, Satan, allez, paix"]
    Io che benissimo avevo imparata la lingua franzese, sentendo questo motto, mi venne in memoria quel che Dante volle dire quando lui entrò con Virgilio suo maestro dentro alle porte dello Inferno; perchè Dante, insieme al pittore Giotto, andò in Francia e soprattutto a Parigi, dove per le ragioni dette si può dire che quel Tribunale sembri un Inferno; perciò anche Dante, che capiva bene la lingua francese, si servì di quel motto: e m'è parso incredibile che mai non sia stato inteso per tale; di modo che io dico e credo, che questi commentatori gli fanno dir cose, le quali lui non pensò mai."

  4. #54
    Blue
    Ospite

    Predefinito Re: Pillole di Dante

    Un po' tirata per i capelli, forse, ma spiegazione simpatica... e, se si è riconosciuto nella descrizione di Bellini, chissà come l'avrà presa quel giudice del Tribunale di Parigi a vedersi paragonare ad un diavolo.

  5. #55
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    Predefinito Re: Pillole di Dante

    Nella copia più antica della Divina Commedia che ho, quella stampata da Numeister nel 1472 (*), nell'incipit del settimo canto si legge "Ape satan, pape satan aleppe", ma non è il caso di stravolgere sette secoli di commenti alle parole di Pluto ripartendo dall'alveare: semplicemente, lo stampatore lascia il posto per il capolettera "P" miniato e decorato.




    (*) anastatica, purtroppo...

  6. #56
    Blue
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    Predefinito Re: Pillole di Dante

    Bellina la variante dell'ape satanica...



    A proposito delle possibili interpretazioni dell'oscura frase, la Treccani riporta un'estesa trattazione sull'argomento. Ma altrettanto interessante, per gli appassionati di Templari e misteri affini, è il libro di Piervittorio Formichetti "Pape satàn, pape satàn aleppe: Dante templare contro l'Anticristo francese?", sfogliabile online.

    La teoria sarebbe suffragata da quanto riportato da Ottavio Mazzoni Toselli nel "Dizionario gallo-italico. Raccolta di tremila e più voci primitive italiane aventi origine celtica e per conseguente gallo-italica" (1831). Nel terzo volume della maestosa opera, alla voce "Pape satan! Pape satan, aleppe!", si legge un'interpretazione quasi oscura quanto la frase dantesca:

    «Padre Satan! Padre Satan, gran Prence (V. Aleppe). I comentatori di Dante, non avendo trovato nella lingua latina le due voci Pape ed Aleppe, le giudicarono inventate dal poeta. Io però mi penso che Pape Satan, Pape Satan Aleppe fosse una di quelle invocazioni che solevano a que' tempi fare gl'Incantatori ed i Maghi ne' loro Incantesimi. In Bologna il giorno 5 di Maggio dell'anno 1577 fu dato alle fiamme certo Pietro di Ugolino De-Lucca accusato d'aver fatto incanti pronunciando verba idolatrya, così leggesi nella sentenza, videlicet congiuro vos demones infernales per Belcabut principem vestrum et dux ut eatis ad lectum ut ubi dormit Domina Johanna di Donna Jacoma et istam ac noctem etc. ..., indi: o tu diabole qui fecisti prevaricare mentem Evae fac prevaricare etc. ... Confessò inoltre d'aver detto in altro incantesimo: ZEMA, ZAY, SUBFALLA PRIMONEM PRINAMONEM etc. (Processi Crim. Bologn. Sentenze dell'anno 1576 al 1580). Non è dunque strano il supporre che Pape ed Aleppe fossero antichi vocaboli usati dagl'incantatori nelle loro invocazioni.»


    Che cosa ne pensi, @trash?
    Ultima modifica di Blue; 06-02-20 alle 20:53

  7. #57
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    Predefinito Re: Pillole di Dante

    La pista eretica mi pare del tutto cervellotica.
    Come sostiene il Sapegno, le parole di Pluto non sono demoniacamente inintelleggibili: "la frase è formata di termini che trovavan posto nei vocabolari e nei trattati di etimologia del medioevo" e i commentatori più antichi e più vicini a Dante ne danno infatti una interpretazione sostanzialmente concorde.
    "Pape" dal latino "papae" è una esclamazione di meraviglia che si trova in Terenzio e Plauto (e che i dizionari di latino oggi traducono con "caspita!") e "aleppe" è la prima lettera dell'alfabeto ebraico detta alla toscana e che si usava - dall'Apocalisse di San Giovanni in poi - per significare "primo", "capo", "principe".
    Uno dei primi commentatori di Dante, suo figlio Pietro Alighieri, la spiega quindi così: "Oh Satan, oh Satan, caput et princeps daemonum, quid est hoc videre?" che in italiano corrente si potrebbe tradurre "Oh Satana... oh Satana... ehi capo, cosa ci tocca di vedere!".
    E trattandosi del figlio, magari aveva chiesto spiegazioni al padre:

    - Papà, perché "papè" per Pluto veggio?
    - Perché "popò" e "pipì" pareanmi peggio.
    - Papà, però poi dice "aleppe", Pluto...
    - Pietro, passami il pepe e statti muto!

  8. #58
    Blue
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    Predefinito Re: Pillole di Dante

    Grazie per la risposta, trash, oltre che per il gustoso dialogo tra i due Alighieri...

    Anche a me la "pista eretica" è parsa piuttosto cervellotica e ho chiesto il tuo parere per esserne sicura.

  9. #59
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    Predefinito Re: Pillole di Dante

    https://www.ogginotizie.it/324400-ch...di-san-nicola/

    Chi è Babbo Natale? Dante Alighieri e la leggenda di San Nicola

    San Nicola, vescovo di Myra, "portatore di doni" è all'origine della nascita della figura di Babbo Natale. Una leggenda accolta anche da Dante e diffusissima nel corso del Medioevo.
    Manca poco a Natale. Il Cristianesimo celebra la nascita di un Re, Gesù Bambino incarnatosi nel seno della Vergine Maria “figlia del tuo figlio” attraverso cui Dio Padre si fece creatura, si fece figlio per salvare il mondo. Sono celebri i versi della preghiera di San Bernardo alla Vergine nell'Ultimo del Paradiso affinché Dante, pellegrino e uomo tra gli uomini, abbia il privilegio di comprendere il mistero divino ed ottemperare alla missione di essere di esempio per ogni uomo che voglia essere salvato, confidando nella Grazia e nella Misericordia di Dio. Natale rimanda, soprattutto nell'immaginario dei bambini, alla figura del vecchio per eccellenza, vestito di rosso con la barba e gli occhiali, di statura corpulenta e rassicurante, Babbo Natale, della cui origine lo stesso Dante ci racconta nel XX canto del Purgatorio, il canto di Ugo Capeto e dell'invettiva contro la cupidigia che attanaglia la terra. Nella V cornice purgano le loro tendenze peccaminose gli avari ed i prodighi, coloro cioè che fecero un cattivo uso dei beni materiali sia nel senso dell'avarizia sia nel senso opposto della prodigalità. Le anime purganti sono legate sull'orlo della cornice con la faccia rivolta verso il suolo roccioso, così come in vita furono rivolte ai beni terreni, cantano il verso 25 del Salmo 118 “Adhaesit pavimento anima mea” e recitano di giorno esempi di povertà e liberalità, di notte esempi di avarizia punita. Tra gli esempi di liberalità oltre a quello di Maria che visse così poveramente da partorire Gesù in un'umile stalla e a quello del console romano Fabrizio Luscinio che preferì vivere povero che ricco e vizioso, Dante riporta la storia di San Nicola vescovo, diffusissima nel Medioevo, che donò tre sacchi di denaro a tre povere sorelle per evitare che compromettessero il loro onore. La nascita di Babbo Natale ha quindi origine dalla figura storica di San Nicola, rappresentato nell'iconografia con tre sacchi d'oro o sfere in mano e con il mantello rosso del vescovato, che viene celebrato proprio nel mese di dicembre. San Nicola nacque a Patara di Licia, Turchia, nel III sec. d.c. dove visse fino al trasferimento a Myra dove divenne sacerdote e poi vescovo eletto per acclamazione del popolo. Fu imprigionato durante le persecuzioni di Diocleziano e poi, liberato nel 313 grazie a Costantino, riprese la sua missione apostolica. Morì a Myra il 6 dicembre del 343 d.c. Il suo culto si diffuse dapprima in Asia Minore e poi a Roma e nel sud Italia soggetto a Bisanzio divenendo protagonista di molte leggende e miracoli a favore di poveri, umili e deboli. Nel corso del Medioevo alcuni marinai baresi partirono alla volta di Myra per trafugare il corpo del Santo da una città ormai in mano ai musulmani. I resti del Santo vennero portati a Bari che lo elesse come suo protettore e gli intitolò la basilica nel cuore della città vecchia. La leggenda più nota che lo riguarda, quella come “portatore di doni” accolta appunto anche da Dante, narra di un ricco signore che, caduto in disgrazia, voleva avviare le sue tre figlie alla prostituzione non potendo concedere loro una dote decorosa per farle maritare. San Nicola, venuto a conoscenza del fatto, per tre notti consecutive lanciò di nascosto, per tramite della finestra, dentro la casa delle giovani tre sacchi pieni di denaro in modo da garantire loro una dote dignitosa. La terza notte, avendo trovato la finestra chiusa, con coraggio si arrampicò sul tetto dell'abitazione e lanciò l'ultimo sacco attraverso la canna fumaria del camino diventando esempio di quella “larghezza” che permise “a le pulcelle” di “condurre ad onor lor giovinezza”. La consuetudine di scambiarsi doni però risale a tradizioni di origine pagana che trovano le loro radici nella cultura romana antica. Si ricordano “I Saturnalia”, feste in onore di Saturno che si celebravano dal 17 dicembre al 23 dicembre in favore di un'agricoltura prospera, durante le quali ci si scambiavano doni di buon augurio come avveniva anche a ridosso di capodanno, precisamente alle calende di gennaio. Dopo il Concilio di Nicea nel 325 a Roma iniziò ad affermarsi la festa per la Nascita di Gesù, il 25 dicembre, però la tradizione antecedente pagana dello scambio dei doni rimase in auge fino ai nostri giorni.

 

 
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