In appendice al volume di Giovanni Spadolini su I repubblicani dopo l’unità, viene riprodotta la tavola rotonda su “Mazzini cent’anni dopo” promossa da Spadolini per il centenario della morte del profeta e che è stata pubblicata nel Corriere della Sera, diretto dallo stesso Spadolini, del 2 marzo 1972.
Cent’anni fa, e precisamente il 10 marzo 1872, moriva Giuseppe Mazzini: “esule” in patria, nella solitudine complice dei lungarni di Pisa, ospite dei Nathan-Rosselli, con falso nome e sotto l’occhio distratto della polizia italiana. Erano stati, gli ultimi anni del profeta, amarissimi: la conquista di Roma attraverso l’iniziativa monarchica gli era sembrata una “profanazione” dell’ideale unitario e nazionale, la speranza di un moto repubblicano era stata delusa e smentita da Piacenza alla Sicilia, la Comune di Parigi lo aveva atterrito, il contrasto con Garibaldi aveva approfondito il solco dei nuclei di democrazia ortodossa dai gruppi internazionalisti o radicali.
L’ideale mazziniano di un’Italia rigenerata per via di popolo si opporrà, per tutti i decenni successivi, alla realtà dei compromessi e degli adattamenti della Monarchia costituzionale: alimentando i settori più animosi della protesta repubblicana. Ed insieme l’eredità morale del maestro continuerà a nutrire una polemica che spesso coinciderà con un esame di coscienza. Sarà il nucleo più vivo del mazzinianesimo, al di là di tutte le retoriche. In questo spirito abbiamo promosso un dibattito, con storici, scrittori e uomini di cultura e d’azione, su quello che si può considerare vivo e morto dell’insegnamento mazziniano, un secolo dopo. Pur nella smentita a tante delle posizioni o delle pregiudiziali del grande genovese, sopravvive il lievito morale incomparabile che egli ha trasfuso nel Risorgimento. Torna in mente il giudizio di Francesco De Sanctis: egli fu il “Mosè dell’unità”, il profeta che intravide la terra promessa ma senza riuscire ad entrarvi.
G. S.
Ugo La Malfa
Corriere. - Vuole parlarci della presenza di Mazzini nell’Italia di oggi?
La Malfa. – Debbo subito confessare che se il contenuto etico dell’azione politica, quel senso del dovere e delle responsabilità che bisogna avere verso la comunità, si considera, come deve essere considerato, un elemento altamente qualificante della personalità mazziniana, bisogna purtroppo ammettere che Mazzini non è molto presente nell’Italia di oggi.
Dal punto di vista più strettamente politico, la presenza di Mazzini non è stata in Italia, fino a qualche tempo fa, quella che doveva e poteva essere, per due motivi o contingenze facilmente identificabili: per quanto riguarda la sua grande azione nel Risorgimento, dalla necessità e convenienza che la corrente moderata e monarchica risorgimentale e post-risorgimentale aveva di sottovalutarne il significato e l’apporto; per quanto riguarda la altrettanto grande capacità di organizzare, intorno al suo pensiero e alle sue battaglie, forze popolari e sociali (non bisogna dimenticare che egli creò e guidò il primo grande movimento popolare di sinistra e organizzò nel 1871 il primo congresso delle “società operaie”), dall’irrompere prepotente del pensiero e dell’organizzazione marxisti.
Oggi, tuttavia, la prima ragione di limitazione della presenza di Mazzini è completamente superata, mentre la seconda è in via di superamento. Dopo la revisione storica magistralmente condotta da Omodeo e Salvatorelli, l’opera risorgimentale di Mazzini, e quindi la sua presenza nell’Italia di oggi, appare in tutta la sua grandezza. In quanto alla potente irruzione marxista e poi leninista, nel campo proprio della sinistra popolare e rivoluzionaria, basta guardare alla revisione largamente in atto che si va operando sul pensiero marxista, alle esperienze non certo positive delle società socialiste dell’Oriente, in confronto al contenuto di libertà umana che ogni rivoluzione di tipo mazziniano dovrebbe portare con sé, per comprendere come la presenza di Mazzini si faccia sempre più alta e più forte. Del resto, questi sono i due temi sui quali è ingaggiata la battaglia delle forze culturali e della forza politica, che ne hanno compreso ed ereditato il pensiero.
Segni evidenti della presenza del pensiero e della azione di Mazzini si possono trovare, peraltro, nel corso di tutta la lotta antifascista, nella resistenza, nella conseguente e connessa battaglia contro la monarchia, nella Costituzione repubblicana, quando si pensi all’esperienza mazziniana del 1849 a Roma, in tutta l’ampia area della scuola, dove il pensiero educativo di Mazzini viene oggi diffuso e potrà certamente influire sul costume delle nuove generazioni.
La ricorrenza della morte sarà l’occasione solenne per constatare, in tutta la sua grandezza e vastità, tale presenza di Mazzini. Ed il momento più cospicuo, per celebrarla, sarà dato dal completamento dell’edizione nazionale dei suoi scritti per un complesso di 106 volumi (100 di scritti e di epistolario più 6 di protocollo della “Giovine Italia”) mentre il favore della sua opera più popolare Doveri dell’uomo è dimostrato dalle numerosissime edizioni in circolazione. Non a caso, perciò, il nuovo Presidente della Repubblica, nel messaggio inaugurale, ha ricordato Mazzini come ispiratore non solo passato, ma presente, della vita italiana.
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