tra gli elementi non proteici c'è in particolare il gruppo metile, composto da un atomo di carbonio e da tre di idrogeno, che può legarsi alle basi azotate della macromolecola del DNA. la presenza o l'assenza di gruppi metile può fare la differenza nell'attivare o disattivare parti del genoma. nei mammiferi la metilazione avviene tipicamente a carico della base azotata citosina seguita da guanina (CG), e i suoi effetti cominciano ad essere noti : si associano alla repressione della trascrizione. inoltre c'è da dire che i biologi molecolari sono in grado di mappare i diversi modelli di metilazione anche negli esseri umani. ma se questo è possibile per una specie vivente, come si possono conoscere i modelli di metilazione del DNA in quelle dei nostri antenati, cugini e fratelli estinti ? insomma come possiamo sapere qualcosa dell'epigenoma di resti ormai fossili ? bene, ecco allora la notizia d'interesse per la paleoantropologia. arriva dalle pagine di "Science", dove sono riportati i primi risultati ottenuti da un gruppo di ricercatori di varia estrazione e provenienza. basandosi su una tecnica messa a punto nel 2010, hanno ottenuto l'intera mappa di metilazione del genoma di un Neanderthal e quella di un rappresentante dei Denisoviani, mostrando dunque che siamo in grado di affrontare lo studio delle caratteristiche epigenetiche (solo relative alla metilazione) di specie umane estinte. la ricerca ha un duplice significato : possiamo iniziare a capire meglio che cosa ha fatto la differenza tra noi (viventi) e loro (estinti) al di là del linguaggio sequenziale del DNA, ma possiamo anche iniziare a comprendere il ruolo dell'epigenetica nell'evoluzione in genere, proprio attraverso il caso-studio dell'evoluzione umana. poi c'è un risultato di rilievo : tra le differenze epigenetiche che sembra ci abbiano resi diversi dai nostri cari estinti (Denisova e Neanderthal) ci sarebbero aspetti relativi allo sviluppoe al funzionamento del cervello.
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