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  1. #1731
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    Predefinito Re: Genetica, razza e differenze

    Diving into Gene-Editing Data

    Published on Dec 13, 2018
    The Wall Street Journal reports there is uncertainty surrounding whether He Jiankui's embryo editing did what he said it did. Read more >

  2. #1732
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    Predefinito Re: Genetica, razza e differenze

    orme di Creta, oreopitecus bambolii ed altre cose in un articolo del 2017 (mancano le scoperte 2018) link: https://www.repubblica.it/venerdi/ar...ppo-182013654/

    Crescono le scoperte di nostri antenati, anche lontano dall’Africa. I paleontologi avevano sbagliato tutto? Macché, dicono. Basta non ostinarsi a mettere in fila gli ominidi
    di Alex Saragosa

    «Grande è la confusione sotto al cielo: la situazione è eccellente» direbbe Mao Tse-tung, se fosse vivo e si occupasse di paleoantropologia. Grande è la confusione per il pubblico, visto il recente bombardamento mediatico di notizie “rivoluzionarie” sull’origine di Homo sapiens: dalle orme fossili vecchie di milioni di anni trovate a Creta, alle ossa di ominide emerse in Bulgaria, fino al cranio trovato in Cina, che pochi giorni fa è stato presentato come una prova del fatto che i Sapiens siano apparsi a diecimila chilometri dalla presunta culla africana. La situazione è eccellente, invece, per i paleoantropologi: nel settore, anche grazie a nuove tecniche di indagine, non ci sono mai state tante scoperte e tanti progressi come in questi ultimi anni.

    «La confusione deriva dal fatto che nella divulgazione spesso si usa una visione lineare della successione degli antenati umani, che la scienza ha in realtà abbandonato ormai da almeno venti anni» dice Giorgio Manzi, ordinario di Paleoantropologia alla Sapienza di Roma e autore del recente saggio Ultime notizie sull’evoluzione umana (Il Mulino, pp. 248, euro 16). «Questa visione è ben sintetizzata dall’immagine degli scimmioni in fila, sempre più eretti, sempre meno pelosi e dallo sguardo sempre più intelligente, che culmina in Homo sapiens. Quell’immagine però è datata e fuorviante». L’idea che l’evoluzione umana avesse seguito una linea retta si era formata quando si conoscevano solo pochi fossili di ominidi, di epoche e aspetto molto diversi fra loro: veniva allora naturale allinearli dall’esemplare più antico fino all’uomo moderno. «Ma sarebbe strano se il percorso del genere Homo fosse così semplice: ogni altra specie animale ha una storia evolutiva ben più complicata, perché dovremmo essere diversi?» dice Jacopo Moggi, paleoantropologo all’Università di Firenze. «E infatti la scoperta di migliaia di resti di ominidi, dei loro utensili, delle loro orme, e ora anche l’analisi del loro Dna, ha trasformato la nostra “linea” evolutiva in un intricato cespuglio di specie e sottospecie simili, sparse in mezzo mondo, che convivevano e talvolta si incrociavano fra loro». A questa oggettiva complicazione del quadro, si è aggiunto anche qualche peccatuccio di vanità dei paleontologi. «Spesso si annuncia ai media il rinvenimento di reperti come quelli di antenati diretti di Homo sapiens per fare più notizia e attrarre fondi» aggiunge Moggi. «Ma si può essere così fortunati da mettere sempre le mani su fossili dei nostri avi, e mai su quelli delle tante specie simili che con loro hanno convissuto nel corso di milioni di anni?».

    E vediamo allora come i paleontologi spiegano le notizie rivoluzionarie di questi ultimi tempi, partendo dalle orme di Creta e dai fossili trovati in Bulgaria, che proverebbero l’esistenza di ominidi lontani dall’Africa rispettivamente 5,7 e 7,2 milioni di anni fa. «Le orme di Creta sembrano in effetti lasciate da una specie che, pur vivendo molto prima del genere Homo, già aveva un piede simile al nostro ed era bipede» spiega il paleontologo Fabio Di Vincenzo, della Sapienza. «Quanto al Graecopithecus trovato in Bulgaria, avrebbe avuto denti simili a quelli degli ominidi, 200 mila anni prima del periodo in cui si ritiene che, in Africa, sia avvenuta la divisione fra antenati umani e antenati degli scimpanzé. È sconvolgente tutto ciò? No, perché in quei lontani periodi di specie di primati ce n’erano molte, sparse fra Africa ed Eurasia: nulla di strano che alcune di esse, pur non essendo nostri antenati diretti, in risposta alle pressioni dell’ambiente abbiano sviluppato caratteristiche fisiche simili a quelle umane, come il bipedismo o denti più piccoli».
    Anche l’Oreopithecus bambolii, una scimmia che viveva dieci milioni di anni fa in Maremma e Sardegna, era bipede, ma nessuno ha mai pensato fosse un trisnonno dei Sapiens. «E comunque non sarebbe una rivoluzione neanche se fosse confermato che il Graecopithecus è veramente un nostro lontano antenato: 7 milioni di anni fa il Sahara non esisteva e c’era più continuità biogeografica fra Eurasia ed Africa, non è impossibile quindi che una specie dei Balcani si sia spinta verso sud. Il seguito, però, sembra essere avvenuto solo in Africa, in quanto tutti i resti degli antenati del genere Homo, fra 7 e 2 milioni di anni fa, si sono trovati lì» aggiunge Di Vincenzo.

    Quel periodo è caratterizzato dalla presenza in Africa degli australopitechi, come la famosa Lucy, ominidi bipedi che vivevano nella savana, avevano una complessa organizzazione sociale e forse sono stati i primi costruttori di utensili in pietra. Per quasi tutti i paleoantropologi non c’è dubbio che siano loro i nostri antenati diretti. Quelle che invece si sono complicate, sono le fasi successive. Dopo gli australopitechi, a partire da 2,5 milioni di anni fa, appare il genere Homo che, una specie dopo l’altra, è caratterizzato da un volume cerebrale sempre crescente, come se l’avere sempre più cervello fosse la direzione obbligata della nostra evoluzione.

    Nel 2015 il paleontologo Lee Berger ha però scoperto, in una grotta di difficilissimo accesso presso Johannesburg, i resti di quindici individui di una nuova specie umana, Homo naledi, vissuti 230 mila anni fa, che avevano un cervello grande la metà di quello del contemporaneo Homo erectus. Secondo Berger, inoltre, i Naledi avevano anche un comportamento tanto complesso da aver inumato intenzionalmente i loro morti in quel protocimitero sotterraneo.«Homo naledi è certo una delle scoperte più interessanti di questi ultimi anni: è sorprendente che uomini con il cervello poco più grande di quello di uno scimpanzé convivessero con altri molto più evoluti. Ma forse i Naledi vivevano in una particolare e isolata nicchia ecologica, evitando la competizione con gli altri ominidi. È poi molto controversa l’idea che inumassero i morti: magari buttavano solo i cadaveri in caverne isolate, per evitare di attrarre predatori, come nello stesso periodo facevano anche gli antenati dei Neanderthal in Spagna» dice Moggi.
    E, a proposito di Neanderthal, si credeva che si fossero estinti anche perché non erano capaci di pensiero simbolico, quella forma di immaginazione che portava invece i Sapiens a produrre graffiti, ornamenti o oggetti artistici. Nel 2016 ricercatori francesi hanno rinvenuto però, in una grotta troppo profonda per essere una abitazione, segni di focolari e cerchi di stalattiti spezzate, vecchi di 176 mila anni, forse un luogo di culto o di iniziazione neanderthaliano. «In effetti in questi ultimi anni l’immagine dei Neanderthal come “bruti” è stata rimessa in discussione. Anche se non è certo che quei cerchi di pietre dimostrino un culto, sappiamo di sicuro che seppellivano i morti, costruivano collane con denti, conchiglie e artigli di uccelli rapaci e, secondo una ricerca fatta in Italia, si ornavano di penne, un po’ come i Sioux» dice Manzi.

    Anche il momento della nostra origine sta venendo messo in discussione: veramente Homo sapiens è apparso intorno a 200 mila anni fa in Africa orientale? A primavera è stato annunciato che un cranio trovato in Marocco e risalente a oltre 300 mila anni fa avrebbe già caratteristiche da Sapiens, così come, secondo una ricerca apparsa due settimane fa, sembra averne un secondo cranio, vecchio di 260 mila anni, trovato però addirittura in Cina. «In realtà il reperto marocchino ha caratteri moderni, come la faccia piatta, mischiati a caratteri arcaici, come il cranio allungato. È quindi una fase tardiva di Homo heidelbergensis, la specie che si evolverà in Homo sapiens in Africa, e nell’uomo di Neanderthal in Europa. Crani simili erano stati già trovati in altre parti dell’Africa» dice Di Vincenzo «I resti dei primi, veri Sapiens, per ora, restano quelli etiopi, vecchi di 195 mila anni».

    Quanto al reperto cinese, «prima di pensare a un Sapiens arcaico è più ragionevole ritenerlo una varietà di Erectus, la specie che allora popolava l’Asia, magari un antenato dei Denisoviani, una specie umana asiatica scoperta solo nel 2010, di cui si sa pochissimo» dice Moggi. «Comunque siamo alle solite: attribuire parentele con i Sapiens fa più notizia».
    Una cosa comunque è sicura: i Sapiens si sono dimostrati da subito la specie più invasiva della Terra. Una volta apparsi hanno rapidamente occupato l’intero Pianeta e, alla fine della loro espansione, per la prima volta dopo sette milioni di anni, di specie umane ne è rimasta una sola. Ma anche in questa ricostruzione qualcosa è cambiato. «Pensavamo che fra Sapiens e altre specie “cugine” ci fossero stati solo scontri e competizione per le risorse, invece, grazie al Dna, ora si è scoperto che portiamo in noi un po’ dei geni dei Neanderthal, dei Denisoviani e forse persino degli ultimi esemplari di Erectus. Quindi non ci siamo solo scontrati, ma anche accoppiati e incrociati con loro» conclude Manzi. Nel nostro lontano passato, insomma, non abbiamo fatto soltanto la guerra, ma anche l’amore.

    (1° dicembre 2017)

  3. #1733
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    Predefinito Re: Genetica, razza e differenze

    anche questo articolo è interessante (in inglese)
    On the origin of our species | Julia Galway-Witham - Academia.edu

  4. #1734
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  5. #1735
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    Predefinito Re: Genetica, razza e differenze

    Per la scienza attuale, può esistere una coscienza trascendentale o un “io puro”, che potremmo identificare, per i credenti, con l’anima, oppure è dimostrato che la mente è soltanto la manifestazione di processi biologici? In quest'ultimo caso il libero arbitrio è soltanto un'illusione?


    Santo Cerfeda, Ex Dirigente Medico Psichiatra
    Ha risposto il 11 di agosto




    Bella domanda.
    Comincerei con il fare una distinzione tra i termini “Mente” ed “Anima”.
    Con il primo termine intendiamo un insieme di funzioni: la capacità di recepire informazioni dall’ambiente interno ed esterno tramite i nostri sensi (percezione), la capacità di elaborare tali informazioni al fine di costruire una immagine forzatamente limitata (perchè i nostri sensi sono limitati) ma comunque coerente dell’ambiente esterno cui diamo nome di “realtà”, la capacità di elaborare ipotesi, eventualmente verificabili, sul significato dei vari elementi costituenti la realtà e conseguentemente risposte motorie in risposta a tali dati. Esempio: Sento che il mio stomaco brontola (percezione dell’ambiente interno) e che su un tavolo c’è una mela (percezione dell’ambiente esterno), capisco che ho fame (elaborazione dei dati), prendo la mela e la mangio (risposta motoria).
    L’organo deputato a svolgere tale funzione di elaborazione e costruzione della realtà soggettiva è il nostro cervello, che si serve per tale compito anche della memoria, che attraverso il continuo raffronto dei dati della realtà con quelli precedentemente immagazzinati ne permette il riconoscimento, e dell’affettività che in qualche maniera da un valore ed una importanza ai dati ambientali e serve a programmare le azioni da svolgere.
    Tutte queste “Funzioni mentali” vengono svolte in aree diverse del cervello, che i neuroscienziati hanno già esplorato o lo stanno facendo. Per ciò che riguarda l’autocoscienza (ovvero la consapevolezza di essere se stessi e del proprio pensiero (il “Cogito ergo sum” Cartesiano)) sembra che questa sia una proprietà emergente dell’estrema complessità del cervello, composto, come si sa, da decine di miliardi di cellule nervose connesse tra loro da trilioni di sinapsi.
    In sintesi la mente è un insieme di funzioni del nostro cervello e dunque è organica. Esattamente come è per il nostro computer, le capacità di interfacciarsi con l’ambiente esterno elaborare le informazioni ricevute e memorizzarle hanno bisogno di un hardware per poter essere svolte, e la coscienza è il risultato dell’attività di tale macchina e da essa dipende.
    In realtà la connessione tra mente e cervello non appare così chiara a chi non si occupa di tali materie: i pensieri sembrano presentarsi spontaneamente alla nostra mente, come pure i nostri ricordi e le sensazioni. Nessuno di noi si accorge dell’enorme processo di elaborazione che sta dietro ai nostri pensieri, e men che meno del funzionamento della macchina del nostro cervello, almeno fino a che non si guasta. Ed è stato probabilmente questo il motivo che sin dall'antichità la mente è stata considerata scissa dal corpo, una entità in qualche maniera separata e senza connessioni con il cervello. Anche perchè sino a pochi secoli fa non si aveva idea dell’importanza di quest’organo.
    Per tornare alla domanda, la mente e l’anima sono la stessa cosa?
    A mio parere no: la mente è sicuramente organica, ed è facilmente dimostrabile. Senza andar troppo per il sottile, se il cervello viene in qualche modo danneggiato in alcune sue parti (ad esempio i lobi frontali o temporali, o il lobo limbico) la personalità cambia, le percezioni si modificano, la memoria si dissolve (si veda ciò che succede nel morbo di Alzheimer) le capacita di pensare vengono profondamente alterate… Se l’anima esistesse essa dovrebbe essere una sorta di doppio spirituale della mente, tra l'altro capace di sopravvivere alla distruzione del corpo. Come per la faccenda dell’esistenza di Dio, l’eventuale esistenza di un quid con tali caratteristiche è questione che riguarda la religione, la fede, eventualmente la filosofia e non ha nulla a che vedere con la scienza. Per essa non è possibile indagare su qualcosa che non ha esistenza materiale.
    Per ciò che riguarda il libero arbitrio ti rimando a questo articolo di “Scienze” ove la questione viene illustrata molto bene: http://www.lescienze.it/news/2016/05...ienze-3080359/

  6. #1736
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    Predefinito Re: Genetica, razza e differenze

    pubblico uno stralcio da un libro che ho appena letto che riguarda "cosa sappiamo in questo momento del cervello degli ominini che ci hanno preceduto confrontato col nostro".

    le neurocienze moderne descrivono le manifestazioni cerebrali in termini di elementi biologici come i neuroni e le sinapsi (connessioni tra neuroni) che sono i componenti di circuiti molto complessi. secondo le stime più recenti, nel cervello ci sarebbero 100 miliardi di neuroni, ciascuno connesso a migliaia di altri tramite centinaia di migliaia di miliardi di sinapsi distribuite su tutta la corteccia. esse portano gli impulsi nervosi ai neuroni e ad altre componenti del corpo, come le fibre muscolari. si è anche scoperto che il cervello funziona a moduli specializzati che si connettono tra loro : una divisione del lavoro, tipica dei sistemi complessi, che aumenta l'efficienza nell'elaborare le informazioni. nelle applicazioni mediche, le funzioni del cervello sono analizzate secondo il metodo della neuroradiologia, con cui si possono visualizzare le attività cerebrali in vivo. negli anni sessanta una delle prime tecniche è stata la scintigrafia cerebrale, basata sull'uso di traccianti radioattivi. con tale metodo sono state confermate le correlazioni tra la morfologia dell'emisfero sinistro del cervello e il linguaggio, come già ipotizzato da Broca. negli anni settanta la neuroradiologia fece uso di metodi ancora più sofisticati, come la tomografia a emissione di positroni (antielettroni). con questa tecnica è immesso nel cervello un tracciante radioattivo che emette positroni, e ciò permette di individuare il modo in cui le diverse parti del cervello lavorano, seguendo specifici processi chimici che regolano le diverse funzioni cerebrali. altre metodiche complementari di "imaging" cerebrale si basano sulla TAC a raggi X e sulla risonanza magnetica : entrambe permettono di studiare in dettaglio l'anatomia della struttura cerebrale. con la PET (Positron Emission Tomography) e le altre tecniche possiamo "vedere" quali parti del cervello si attivano quando proviamo diverse emozioni. possiamo individuare anche problemi che riguardano la nostra salute, le nostre capacità cognitive e mnemoniche e il nostro equilibrio mentale. possiamo persino "fotografare" disturbi quali la schizofrenia e le diverse agnosie (incapacità a riconoscere oggetti, persone, forme. odori). attualmente la stessa psicologia sta diventando una branca delle neuroscienze, basandosi su simulazioni e modelli informatici che la connettono con le altre scienze "dure" (sperimentali). anche la genomica è entrata nelle neuroscienze : si possono ora identificare i geni responsabili dello sviluppo cerebrale. nasce così una nuova area interdisciplinare, la psicologia molecolare, in cui i dati ottenuti con la neuroradiologia si incrociano con quelli che provengono dall'analisi del genoma umano. questi metodi riguardano principalmente gli aspetti medici che concernono l'umanità attuale. essi però sono applicabili anche allo studio del cervello dei nostri antenati nel tempo profondo. in effetti questa affermazione può risultare sorprendente. come facciamo a disporre di informazioni strutturali e funzionali del cervello, visto che esso è uno degli organi più deteriorabili e di certo non si conserva nel registro geologico ? in effetti un sistema c'è.
    (continua, se interessa)

  7. #1737
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    Predefinito Re: Genetica, razza e differenze

    può interessare però ha un che di lugubre, quest'ossessione di esaminare il cervello dall'esterno non la capisco
    fuori uso

  8. #1738
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    Predefinito Re: Genetica, razza e differenze

    pare che non ci siano altri modi. bisogna anche sapersi accontentare.
    inoltre è solo l'esterno del cervello degli ominini che è accessibile e a questo si arriverà se continuerò la pubblicazione del mio pezzo, ma non è detto ...

  9. #1739
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    Predefinito Re: Genetica, razza e differenze

    meanwhile (nel frattempo, proprio ieri) il vecchiaccio non molla :

    James Watson's Views on Race Have Not Changed
    Jan 02, 2019
    Save for later
    In a new documentary set to air on PBS this week, James Watson makes it clear that his views on the relationship between race and intelligence have not changed, reports the New York Times.
    It was in 2007 that Watson earned widespread condemnation and was forced to retire from his job as chancellor of Cold Spring Harbor Laboratory after he told a journalist that he was "inherently gloomy about the prospect of Africa" because "all our social policies are based on the fact that their intelligence is the same as ours, whereas all the testing says, not really." According to the Times, he then added that although he wished everyone were equal, "people who have to deal with black employees find this not true."
    He later apologized, and has suggested both that he was being a provocateur and that he didn't realize the comments were on the record.

    However, in the new documentary "American Masters: Decoding Watson," when asked if his views have changed, Watson replies on camera, "No, not at all. I would like for them to have changed, that there be new knowledge that says that your nurture is much more important than nature. But I haven't seen any knowledge. And there's a difference on the average between blacks and whites on I.Q. tests. I would say the difference is, it's genetic."
    Watson adds that he takes no pleasure in the difference between the races, the Times reports. "It's awful, just like it's awful for schizophrenics," he says. "If the difference exists, we have to ask ourselves, how can we try and make it better?" The Times also notes that Watson's son Rufus was diagnosed in his teens with schizophrenia.

  10. #1740
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    Predefinito Re: Genetica, razza e differenze

    Citazione Originariamente Scritto da dimecan Visualizza Messaggio
    pare che non ci siano altri modi. bisogna anche sapersi accontentare.
    inoltre è solo l'esterno del cervello degli ominini che è accessibile e a questo si arriverà se continuerò la pubblicazione del mio pezzo, ma non è detto ...

    ma tu pubblica che qualcuno che legge c'è, però siamo sicuri che l'indagine dall'esterno porti a qualcosa di seriamente utile per la società? so qualcosa di neuroscienze (in realtà sono fermo a diversi anni fa), capisco che in alcuni casi si possano raggiungere dei risultati per esempio nella cura delle malattie degenerative, ma mi sembra troppo poco e troppo alto il prezzo da pagare in termini di perdita di sensibilità, io opterei per l'indagine interiore e per una via né materialista né dualista, il sogno lucido collettivo insomma
    fuori uso

 

 
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