Tra coloro i quali invitavano Nenni a staccarsi dai PCI vi era Ugo La Malfa. L’allora “leader” azionista sosteneva che una forte sinistra spingeva verso destra i ceti medi che hanno paura del comunismo, e obbligava la DC ad inseguirli rinunciando alla sua naturale vocazione riformatrice.
La DC – scrive La Malfa su “L’Italia Libera” del 23 gennaio 1945 – “avrebbe virtuale tendenza a gravitare verso le riforme strutturali di Pietro Nenni e del Partito d’azione e (invece) si muove da giugno da sinistra verso destra, quasi avvertendo la debolezza delle forze democratiche alla sua sinistra”.
Nel 1977, nell’ “Intervista sul non governo” curata da Ronchey (edizioni Laterza), lo stesso La Malfa ricorda quella polemica in questi termini: “Sostenevo che la posizione dei socialisti doveva essere non vicina ai comunisti, ma alle forze laiche. Nenni mi rispose (per una polemica che prese una trentina di articoli, vi entrarono “Il Tempo” e “Il Messaggero”) sostenendo l’unità della classe operaia. Fin da allora avevo l’impressione che se lui non si fosse legato ai comunisti, se si fosse legato a noi, saremmo stati l’asse portante di tutto”.
Dal canto suo Nenni osserva che le riforme di struttura non si possono fare contro un grande partito di sinistra come il PCI e, rispondendo a La Malfa sull’ “Avanti!” del 24 gennaio 1945, afferma: “Preferiremmo rifare conoscenza con le prigioni o riprendere la via dell’esilio quali difensori dell’unità della classe lavoratrice, piuttosto che accedere alle più alte cariche dello Stato sulla base di una lacerazione del patto di unità d’azione”. Mentre in un altro articolo del 24 maggio ribadisce le ragioni della sua ferma politica unitaria: “Mussolini da noi, Hitler in Germania, Franco in Spagna, Laval in Francia sono arrivati al potere per la breccia aperta dal dissidio socialcomunista. […] Quando si dice che questa è l’ora dei socialisti e si aggiunge che i socialisti dovrebbero però rompere ogni legame politico con i comunisti, ci si prende gioco di noi”.