L'autorità di p. Jone fra i moralisti più recenti è indiscussa, quindi non è affatto da sminuire come fonte. Il suo Compendio di teologia morale non solo fu pubblicato con imprimatur, ma è stato ampiamente utilizzato (in merito, segnalo una recensione molto positiva che ne fece nel 1950 "La Civiltà Cattolica", i cui numeri sono tradizionalmente vistati dalla Segreteria di Stato vaticana). Certamente parliamo di un testo che non gode del livello di approfondimento che si può riscontrare in un manuale dedicato interamente alla materia canonistica, ma questo non ne sminuisce affatto il valore.
Se fosse vero che un matrimonio non è tale se i due coniugi decidono concordemente di astenersi dai rapporti sessuali, vorrebbe dire che la Chiesa si contraddice sostenendo da sempre che il matrimonio fra la Madonna e San Giuseppe fu un vero matrimonio, nonostante entrambi avessero concordemente rinunciato all'esercizio dello ius in corpus (vedasi a riguardo quanto disse S. Tommaso d'Aquino in Summa theologiae IIIª q. 29 a. 2). Ma ciò è impossibile. Peraltro, nel saggio che tu stesso riporti viene ammesso previamente che tutta la prassi rotale sia precedente che conseguente al Codice pio-benedettino (seguita anche successivamente: sia dopo il CVII che dopo la promulgazione del Codice di diritto canonico giovanneo-paolino nel 1983) ammetteva la distinzione fra diritto ed esercizio del diritto, ritenendo che la rinuncia all'esercizio del diritto non implicasse di per sé l'intenzione di non assumere il diritto in questione.
Riguardo a quella che Catozelli chiama "terza posizione", vedo che cita come esempio di quest'ultima la posizione di Bernárdez Cantón, che però non sostiene l'inesistenza di una distinzione fra diritto ed esercizio del diritto, ma ritiene che sia sbagliato attribuire alla dottrina tradizionale una contraddizione che non le fu propria. Infatti, nella citazione di Cantón si parla di "intención de violar perpetuamente las obligaciones o de abusar constantemente de los derechos matrimoniale" come motivo che rende nullo il matrimonio perché tale intenzione implica la volontà di non assumere "el derecho en sí". Ma nel matrimonio giuseppino non c'è violazione o abuso dei diritti conferiti dal matrimonio, bensì astensione concordata dagli atti tipici del matrimonio. Astenersi consensualmente dall'esercizio di un diritto, infatti, non significa avere l'intenzione né di violarlo né di abusarne. Assumendo la tesi di Cantón, violazione ci sarebbe se, antecedentemente alla celebrazione delle nozze, uno dei due coniugi decidesse unilateralmente di non concedere il debito coniugale all'altro anche nel caso in cui lo chiedesse seriamente (per evitare una tentazione, ad es.), così come ci sarebbe abuso se uno dei due sposi o entrambi decidessero di convolare a nozze, ma con l'intenzione di avere solo rapporti sessuali infecondi. È evidente però che non si tratta del caso del matrimonio giuseppino.
Catozelli poi cita Pietro Antonio Bonnet che ritiene che in caso di intenzionale "esclusione perpetua e assoluta degli atti coniugali idonei alla procreazione" non vale la distinzione fra diritto ed esercizio del diritto perché "un diritto, privo di ogni possibilità di usarne, un diritto senza qualsivoglia capacità di utilizzazione, non è in effetti alcuna cosa e quindi neppure alcun diritto". È il caso del matrimonio giuseppino? Un matrimonio contratto con l'intenzione da parte di entrambi i nubendi di astenersi dai rapporti sessuali per osservare una castità perfetta certamente esclude gli atti coniugali, ma condizionatamente al consenso dell'altro coniuge, cosa che priva l'esclusione degli atti coniugali di un carattere assoluto. Questo forse porrebbe un problema qualora l'intenzione di osservare una perfetta castità riguardasse solamente uno dei nubendi e prescindesse dal consenso altrui, ma il matrimonio giuseppino è tale perché l'astensione dai rapporti sessuali (e quindi dall'esercizio dello ius in corpus) è concordata.
Ad ogni modo, a dottrine più recenti e non sempre chiare vanno preferite dottrine più antiche e più chiare, soprattutto se sono maggiormente in armonia con il depositum fidei.